00 16/11/2010 09:03
Boom di psicoterapia per gli animali domestici: "Sono vittime delle manie umane"

Tristi, stressati, presi dall’ansia e dalla paura di rimanere soli. No, non stiamo parlando di un gruppo di giovani Emo o di qualche malinconico anziano in crisi per il tempo che passa, ma dei cani e dei gatti che ci tengono compagnia dentro casa. Gli inseparabili amici dell’uomo condividono gioie e dolori di una convivenza forzata e spesso somatizzano molte delle patologie di origine mentale sviluppate dai loro padroni. E così si innesca una sorta di pet therapy alla rovescia: invece di aiutare i proprietari a superare solitudine e disturbi dell’umore sono loro a rimanere vittima di questi stessi mali (obesità, aggressività, fenomeni di autolesionismo).

Per dare una risposta a tali problemi, all’Università di Pisa è nato il master in «Medicina comportamentale degli animali d’affezione» che si pone l’obiettivo di formare medici veterinari esperti nella cura delle patologie comportamentali dei nostri amici a quattro zampe. «Le nostre case ospitano sette milioni di cani e altrettanti gatti, con notevoli influssi positivi sulla nostra vita ma con qualche inevitabile problema legato spesso a relazioni con il proprietario non perfette o a esigenze comportamentali dell’animale che non possono essere totalmente soddisfatte», spiega il dottor Angelo Gazzano, tutor didattico del master.

La convivenza fra uomini - si sa - non è facile, figuriamoci quando a dover rispettare le regole della buona società e a comportarsi da perfetto coinquilino è chiamato un incolto quadrupede: «I padroni rivolgono ai loro compagni-animali richieste sempre più impegnative – racconta il dottor Gazzano –. Li vogliono educati, silenziosi, buoni e amichevoli, capaci di accettare l’ingresso di estranei e di sopportare la solitudine per lungo tempo, anche se abitano in un appartamento privo di giardino». Noia, mancanza di stimoli, ma anche paura degli spazi stretti o dei propri simili: il campionario dei malesseri psicologici degli animali domestici è piuttosto ampio e non si fa mancare neanche la fobia da successo: «Una volta abbiamo dovuto curare un cane che aveva paura degli applausi – spiega il dottore –.

Trattandosi di un animale che faceva competizioni di agilità, il problema era non di poco conto, dato che nel mezzo di una gara nel momento in cui il pubblico lo applaudiva per un numero ben eseguito, scappava via terrorizzato senza completare la performance». Il problema è stato superato facendo ascoltare all’animale delle registrazioni di applausi a volume crescente finché non si è tranquillizzato e questo gli ha permesso di vincere diverse manifestazioni.

Spesso, però, le sedute sul lettino-cuccia dello specialista non sono sufficienti a risolvere il disturbo e occorre intervenire con un trattamento farmacologico, in cui si fa ampio uso di medicine studiate e utilizzate per gli esseri umani: «Ansiolitici, antiepilettici o antidepressivi con lo stesso principio attivo del Prozac – elenca il dottor Gazzano – Esistono farmaci registrati per gli animali, ma talvolta è possibile usare anche quelli somministrati all’uomo, ovviamente con il giusto dosaggio».

La visita da un esperto del settore dura circa un’ora e mezzo e costa una ottantina di euro, variabili a seconda del problema: il medico si informa con il proprietario sui problemi del malato, prescrive accertamenti per escludere cause organiche e infine parte con la verifica dei sintomi. Inutile dire che nella maggior parte dei casi, il problema deriva dal rapporto con il padrone: «Se abbiamo mai prescritto una cura al proprietario dell’animale? Be’ questo non è compito nostro – spiega il ricercatore – Ma è innegabile che spesso le patologie sviluppate da cani e gatti sono lo specchio di quelle dei loro padroni. Ci sono studi che dimostrano come l’animale sia capace di inferire dall’espressione del volto umano lo stato d’animo corrispondente. Capita di vedere pazienti a quattro zampe che sarebbero perfettamente normali in mano a un’altra persona». Facile immaginare che, dietro ai rassegnati «miao» e «bau» dei nostri amici, si nasconda questa (per loro) indicibile verità.