SENTISTORIA RELOADED

 Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

SentiStoria: entità aliene, UFO, extraterrestri, misteri, scienze di confine SentiStoria Reloaded: Ripartiamo da qui

SITO WEB => WWW.SENTISTORIA.ORG

AI NUOVI UTENTI (MA NON SOLO):
prima di partecipare si richiede

la lettura del
->REGOLAMENTO<-


Entità extradimensionali, abduzioni/rapimenti alieni, incontri ravvicinati, ricercatori dell'ignoto e delle scienze di confine: raccontiamoci le nostre esperienze
Seguici anche sui canali:

Telegram - Facebook

>FORUM: PAGINA INIZIALE<
>BACHECA+CHAT<

Il dèjà-vu

  • Messaggi
  • Lucia_10
    00 26/10/2010 11:55
    Ciao! Vorrei chiedere agli altri utenti del forum se hanno un po' di notizie sul dèjà vu. Ho già controllato su wikipedia e altrove le possibili teorie scientifiche per spiegare il fenomeno.
    Secondo la mia personale esperienza, il dèja vu capita spesso quando ci si reca in luoghi dove si è già vissuti in vite precedenti. A me è successo così. Ne hanno parlato anche in una puntata di Voyager di circa un anno fa: c'era una signora che si trovava a Venezia in vacanza per la prima volta, e sembrava riconoscere alla perfezione i luoghi pur non avendoli mai visti in vita sua.
    Ora mi chiedo: è possibile che il dèjà vu derivi da un'interferenza o sovrapposizione nel modo di percepire il tempo da parte dei due emisferi cerebrali?
    Buona giornata!
  • OFFLINE
    _prettywoman_
    Post: 1.138
    Post: 13
    Registrato il: 21/07/2010
    Registrato il: 23/07/2010
    Città: ROMA
    Età: 45
    Sesso: Femminile
    00 31/10/2010 21:38
    il dejà vu...
    dunque io ho trovato questo: sul sito www.nienteansia.it

    «Il déjà vu è un errore di Matrix. Succede quando loro cambiano qualcosa». Dal Film Matrix (1999).

    La memoria è la capacità di un organismo vivente di mantenere tracce della propria esperienza pregressa e di utilizzarla per entrare in relazione con il mondo: il tutto è finalizzato a favorire il processo di adattamento. Nella specie umana, questa capacità si esplica attraverso il ricordo: il non riuscire a rievocare alcuni eventi è invece definito oblio.

    Della memoria sappiamo molto, eppure tutto questo non è sufficiente per svelarne i molteplici misteri: per fare un esempio, attualmente non siamo in grado di stabilire l’esatto centro neuronale in cui essa è collocata; infatti non è localizzata in precise aree cerebrali, piuttosto rappresenta il risultato dell’interazione di tutta l’attività corticale.

    Un’esperienza legata alla memoria che si ripete più o meno comunemente nella vita della maggior parte delle persone è rappresentata dal fenomeno del déjà vu, letteralmente “già visto”: si tratta della sensazione che proviamo di fronte ad un avvenimento mai visto, che pure ci sembra noto e familiare. Il mondo dell’arte, in particolare la cinematografia e la letteratura, hanno utilizzato questo tipo di spunto per realizzare opere di fantascienza creative ed assai suggestive. Ma ancora prima, nell’antichità, questo fenomeno aveva colpito e condotto alla riflessione alcuni celebri filosofi che già si interrogavano sul significato e l’origine del déjà vu (Aristotele, Pitagora, Sant’Agostino, e molti altri ancora). Inoltre, ha da sempre occupato una posizione di rilievo nella cultura popolare, nella superstizione e nel pensiero di poeti, musicisti, religiosi, scienziati.


    Molteplici sono gli studiosi che si sono dedicati all’argomento, e sono tuttora in corso numerose ricerche al riguardo.

    Si tratta di un tipo di esperienza sperimentata parimenti dal sesso maschile e da quello femminile, in condizioni di disagio o di benessere; è accompagnata da un intenso senso di familiarità ma anche dalla presa di coscienza che l’evento non corrisponde ad un fatto realmente già visto o vissuto. I bambini non sono quasi per nulla esposti a questo fenomeno. Di fronte all’esperienza del déjà vu ci si sente strani, quasi come se fossimo di fronte ad un evento paranormale, soprannaturale, misterioso. Questo fenomeno colpisce particolarmente i soggetti in situazioni di grave stress: è notevolmente diffuso, ad esempio, in caso di catastrofe naturale o durante un conflitto bellico.

    Il déjà vu è un’esperienza che può incuriosire, affascinare, ma anche spaventare, soprattutto nel caso in cui il soggetto che lo vive abbia un carattere tendenzialmente ansioso o soffra di un franco disturbo di tipo panico.

    Nei soggetti normali il déjà vu dura qualche istante; nei pazienti psichiatrici o neurologici (isterici, epilettici) può invece arrivare a prolungarsi per ore o addirittura per alcuni giorni. Questo fenomeno è correlato con diversi disturbi: la correlazione più intensa risulta quella con l’epilessia del lobo temporale (crisi dismnesiche).

    Ma andiamo per ordine e seguiamo il filo che ci conduce all’origine di questo fenomeno.

    Fu Émile Boirac, psicologo francese (1851-1917) a coniare questo termine, nel testo L’Avenir des sciences psychiques (”Il futuro delle scienze psichiche”).

    Già Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, riteneva si trattasse di un evento connesso con l’emergere di elementi inconsci della psiche: tale esperienza poteva essere paragonata quindi al sogno, al lapsus, alla dimenticanza, in quanto messaggera di informazioni inconsapevoli ed ignote al soggetto. Secondo Carl Gustav Jung, il déjà vu rappresentava uno dei punti di incontro tra psiche individuale e collettiva, quasi una modalità inconsapevole della mente del soggetto di connettersi a quella degli altri individui suoi simili.

    Secondo le stime di Alan S. Brown (2003), psicologo ricercatore alla Southern Methodist University di Dallas, il 60% della popolazione ha sperimentato questo tipo di esperienza almeno una volta nella vita. Secondo altri studiosi, la percentuale si aggirerebbe addirittura attorno al 90%.

    Come spiegare il déjà vu? Si tratta di un fenomeno complesso da studiare, anche perché non è riproducibile in laboratorio. Gli attuali studi psicologici e neuropsicologici sembrano concordare sul fatto che si tratti di una “anomalia” della memoria, un ricordo errato o impreciso, detto anche paramnesia. “Il déjà vu è uno stimolo elettrico anomalo”: queste le parole di C. Caltagirone, docente di Neurologia all’Università Tor Vergata di Roma. Su questo sembra concorde anche A. Oliverio, psicobiologo de La Sapienza (Roma), che dice: “Sotto l’aspetto fisiologico è una sorta di imprecisione della memoria, gli stimoli attivano un aspetto del ricordo e questo può essere associato a memorie del passato”.

    Secondo altri autori, questo evento sarebbe connesso con la teoria della reincarnazione (specie secondo la corrente buddista); secondo altri ancora, invece, l’impressione del “già visto” sarebbe scatenata da luoghi visitati durante il sonno. Alcuni lo associano alle prodigiose e sconosciute possibilità della mente umana di funzionare, possibilità che come sappiamo, al momento attuale conosciamo bene solo parzialmente. Altri ancora lo connettono con la comunicazione con entità extraterrestri o ultraterrene. Come possiamo notare, le spiegazioni di questo evento sono diverse e spesso in netta contrapposizione tra di loro. Cerchiamo di fare chiarezza, classificando le varie teorie in alcune grandi categorie.

    L’esperienza del déjà vu viene anche detta “falso riconoscimento”, definizione che conduce ad una delle possibili spiegazioni di questo comune fenomeno: un’errata generalizzazione di esperienze passate applicata ad una situazione presente (causata da una apparente somiglianza).

    Sempre seguendo la corrente che vede il déjà vu un “errore della memoria”, secondo Susumu Tonegawa, biologo premio Nobel per la medicina (1987), si tratterebbe di un errore della memoria episodica, cioè una temporanea impossibilità del giro dentato ippocampale (area encefalica che funge da “scrigno dei ricordi”) di svolgere il proprio compito di riconoscimento di luoghi. Questa ipotesi è anche nota come “ipotesi neurologica”. Quando ci troviamo di fronte ad un luogo non conosciuto, un gruppo di neuroni - chiamati ‘place cells’ - genera una mappa neurale che ci permette di riconoscere quel luogo ogni volta che ci troviamo lì. Questa scarica neuronale fa in modo che le caratteristiche spaziali del luogo vengano memorizzate, rendendo quest’ultimo noto e familiare. Se però ci imbattiamo in un luogo molto somigliante a quello già in precedenza visitato, avviene una sorta di sovrapposizione di mappe che porta ad uno stato di confusione tra le due, quasi come se non ci fossero distinzioni tra i due luoghi. Ed è in questo momento che, secondo il ricercatore giapponese, avverrebbe il fenomeno del déjà vu.

    Sempre secondo i teorici dell’area neurologica, il déjà vu potrebbe essere generato da un breve attacco epilettico (Hegren, 1978) o da un rallentamento dell’attività neuronale.

    Qualche anno dopo gli studi di Tonegawa, nel 1990 Pierre Gloor portò a termine alcuni esperimenti grazie ai quali trasse importanti conclusioni relative al fenomeno del déjà vu: secondo questo studioso, la memoria attivava due diversi sistemi neuronali, il primo deputato al recupero del ricordo, il secondo dedicato alla sensazione di “familiarità”: nelle rare occasioni in cui quest’ultimo sistema si attiva e quello del recupero mnestico resta inattivo, si verificherebbe il déjà vu. È questa la cosiddetta “teoria del processamento duale”.

    Secondo altri teorici (teoria mnestica), il dé-jà vu sarebbe il risultato di un “effetto eco” causato da una asincronia tra i due emisferi cerebrali: la sensazione di familiarità deriverebbe dal fatto che una metà dell’encefalo ha già percepito l’evento, che verrebbe perciò rivissuto attraverso l’altra porzione del cervello. Una ipotesi similare teorizza un ritardo nella comunicazione tra organi sensoriali e strutture cerebrali superiori.

    Esiste un’altra ipotesi, quella riferita alla teoria attenzionale e nota come “teoria della doppia percezione”, in base alla quale alcune informazioni verrebbero incamerate in maniera non consapevole (o in modalità subliminale); in un secondo momento, gli stessi dati verrebbero processati consapevolmente, dando quindi al soggetto l’impressione di essere di fronte ad una scena “già vista”.

    Esistono altri fenomeni simili a quello poco sopra descritto:

    - Déjà vecu: l’impressione di aver già “vissuto” una particolare esperienza

    - Jamais vu: la sensazione di non ricordare di aver visto un luogo o una persona che invece sono stati già visti in passato

    - Presque vu: il ricordare qualcosa ad eccezione di un piccolo particolare (che sperimentiamo quando esclamiamo “Ce l’ho sulla punta della lingua…”)

    - Déjà eprouvé: letteralmente “già provato a fare”.

    Attualmente, in conclusione, il fenomeno del déjà vu e, più in generale, il funzionamento della memoria, rappresentano campi del sapere ancora da esplorare: molto deve essere ancora studiato affinché si possa rispondere ai numerosi interrogativi di fronte ai quali la mente umana ci pone.

    Ciò non toglie che il misterioso meccanismo della psiche e quello della memoria nello specifico rappresentino fenomeni in grado di stupirci ed affascinarci ancora oggi.


    spero ti sia utile ...
    a presto
    prettywoman [SM=x1787328]
    [Modificato da _prettywoman_ 31/10/2010 21:41]

    Gli angeli possono volare perchè si prendono alla leggera - J. Cocteau


  • Lucia_10
    00 01/11/2010 14:42
    Grazie di cuore Pretty! Sei stata gentilissima come sempre
    [SM=x1787328]
  • OFFLINE
    ninmah62
    Post: 12.907
    Post: 993
    Registrato il: 05/01/2006
    Registrato il: 25/11/2008
    Città: UDINE
    Età: 62
    Sesso: Femminile
    Amministratore
    00 29/11/2010 09:10
    Chiedo scusa, non riesco a seguire tutto.
    Una volta avevamo dei collaboratori poi c'è stata una diaspora.
    Chi ha voglia di darmi una mano con questo forum?
    Potranno fermarne uno ma non potranno fermarci tutti!