Forum del Poligono Pentimele

Lucrezia si sposa

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    basettun
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    00 13/08/2010 23:35
    24 tavolette cm 30x30 ciascuna, assieme cm 120x180, acrilici e olio su tavola, 2010
    Perché hai tardato tanto? (poesia di Nazim Hikmet, 1948)

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    basettun
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    00 13/08/2010 23:38
    forse così si vede per intero

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    basettun
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    00 13/08/2010 23:40
    la poesia

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    Carmen...
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    00 16/08/2010 17:19
    Bellissimo il dipinto!!!! colori magnifici!!!!
    bella la poesia!!!
    [SM=g7348] [SM=g7417] [SM=g8496]
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    Gabriella.75
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    00 19/08/2010 23:08
    Un augurio per Lucrezia.
    È un’opera composita, formata da 24 tasselli quadrati, disposti in maniera modulare secondo la formula 6x4. In quest’opera – quasi un polittico laico di colori – sono state sapientemente dosate una lunga esperienza artistica ed un innato amore per i cromatismi audaci, a volte spinti all’eccesso, che caratterizzano sempre sia lo sperimentalismo tecnico e la grande passione per la propria terra, la Calabria, terra dura ma anche generosa e bella di tinte che offre con magnanimità a chi la guarda con l’entusiasmo del bambino (o dell’artista). E così, nell’opera, assistiamo alla modulazione di gialli, di rossi, di azzurri, di verdi, che degradano verso altre tonalità o altre luminosità: il giallo, passando da un quadretto all’altro nella fila superiore, abbraccia un tono sempre più aranciato; il rosso, invece, passa man mano al violetto; il blu, dal canto suo, si addolcisce in un delicato celeste ed il verde, infine, si incupisce verso un tono molto scuro, quasi nero. In questo ci rivela maestri sapienti nel seguire regole e poi, inaspettatamente per noi, nel rivendicare la propria autonomia da tali regole, cambiando il gioco. La fila di blu – azzurri, per esempio, sembra seguire la regola generale delle due file superiori per cui passiamo in maniera graduale da un tono all’altro (gialli – aranci – rossi – viola – blu – azzurri) eppure poi, a sorpresa, ci si ribella a questa dittatura cromatica passando bruscamente ad un verde che potrebbe e vorrebbe legare con l’ultimo quadrato della fila superiore, ma in effetti non lo fa. Inoltre, l’ultima fila di tessere sembra quasi voler concludere il discorso, non adagiandosi in maniera ciclica verso toni sempre più vicini al giallo, ma anzi, scegliendo un percorso opposto, quello verso l’oscurità, la tenebra, la negazione di luce.
    Le quattro file di tessere sono caratterizzate da altrettanti segni ornamentali che le seguono in maniera più o meno tortuosa. Anche qui non ci si astiene da prove audaci e non si accettano accostamenti banali: la fila di gialli – oro è sormontata da una onda sinuosa di elementi ovoidali e dal tono timidamente azzurro, che qui, però, assume un impatto per l’occhio molto forte; più sotto, vediamo forme geometriche molto esatte e graziose, fiori gialli il cui fogliame però degrada senza soluzione di continuità nel motivo sottostante, forse una serie di infiorescenze pensili che ricordano molto il glicine ma anche le decorazioni di tanta arte antica (quasi dei tralci, come in un antico dipinto egizio od in mosaico paleocristiano): un glicine che nel linguaggio dei fiori significa amicizia e che qui appare sospeso e quasi fluttuante, immerso in toni azzurri intensi che creano una deliziosa profondità, tanto che più che nell’aria, essi sembrano quasi galleggiare indolenti in un oceano primordiale: infine nell’ultima fila una ripresa insospettabile di elementi violacei, stridenti col sottofondo verde, dalle forme geometricamente misteriose che si staccano e si accendono in maniera drammatica nell’ultimo riquadro, il riquadro dominato da un verde quasi nerastro.
    Ed in questo eterno gioco di colori, motivi, forme regolari ed irregolari si ritrova un artista – creatore – pantocratore, ispirato come sempre alle grandi lezioni di autori come Kandisky o Mondrian ma capace di reinventarsi e di mettersi in discussione continuamente, non dimenticando mai la grande lezione della maestra di ogni autore, la natura. E la natura calabrese, in quest’opera la fa da padrona in fondo, ispirando con i suoi tramonti incandescenti, con i suoi azzurri e blu di cieli e mari ineguagliabili, con i suoi verdi smaltati di prati colline e foreste, chi è pronto e sensibile a cogliere la bellezza sconvolgente del mondo naturale.
    Ma c’è un’ulteriore chiave di lettura di quest’opera, destinata ai commensali di questo felice convivio nuziale, e che è data dalle parole che solcano timidamente e con segni sottili, ora in maniera più luminosa, ora in modo più discreto, il polittico che stiamo ammirando. Si tratta dei versi tratti da Nazim Hikmet, poeta che ha tanto sofferto e tanto amato, simbolo di un tipo di artista che non si vuole piegare alle dittature della materia e dello spirito, e delicatissimo cantore dell’assenza: in questa lirica di breve respiro, si sente la mancanza della persona amata, che è lontana e lascia un mondo di cose che appaiono vivere esse stesse in questa attesa dell’oggetto d’amore: attesa che nella poesia e nell’arte di ogni tempo si rivela struggente ma anche dolce, perché aspettativa di un giorno radioso. E così la domanda iniziale del poeta, che appare come un dolce rimprovero, si stempera man mano che rivela il finale positivo di tanta attesa: finale bello indubbiamente, ma che fa “morire” l’attesa e di conseguenza anche terminare la poesia. In questo alto lirismo delle piccole cose si rivela uno scrittore semplice eppure profondissimo, capace di una delicatezza dolcissima: forse una delle più belle poesie d’amore dell’età contemporanea, capace di dire e di non dire.
    Ecco allora che tale soavissima lirica si ritrova smembrata in ventiquattro tasselli: viene lanciato un chiaro e dolce monito ai destinatari dei riquadri perché, se è vero che ogni singolo frammento, pittoricamente, potrebbe essere considerato un’opera a sé (ma non lo è), al fortunato possessore del quadretto viene anche rammentato che si tratta, per l’appunto, solo di un segmento del tutto. La frammentarietà della lirica, infatti, che perde ogni senso se isolata, ricorda a tutti che l’opera è un unicum e va sempre pensata e meditata insieme agli altri moduli. È un invito a pensare al momento conviviale, che ha visto parenti ed amici uniti, ma che poi, terminata la festa, prenderanno strade diverse: un invito a pensare al sentimento dell’amicizia che, anche di fronte alla lontananza degli uni dagli altri, non può essere spezzata. Un modo brillante ed originale per ricordare a noi stessi che non dobbiamo e non possiamo pensare di “frantumare” le nostre amicizie ed i nostri affetti come se fossero dei pezzi di una tavola, ma che, al contrario, dobbiamo sempre riavvicinarci per creare di nuovo l’unità. Una splendida opera dunque ed una splendida poesia.
    Concludo dunque qui il mio lungo intervento sul forum, sperando di non essere stata eccessivamente tediosa o sgradita; ma se l’ho fatto, mi si perdonino le mie ridondanze e la mia prolissità. Un abbraccio a tutti!

    Gabriella



    [SM=g7435]
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    basettun
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    Amministratore
    00 20/08/2010 16:11
    Secondo me hai sbagliato mestiere, ma che ci fai in polizia? Ciao prof. [SM=g7380]