00 28/07/2010 13:09
Ma perché solo in Italia si finanziano i giornali? Lo scandalo della pubblicità


Uno scandalo tutto italiano è dato dai finanziamenti pubblici ai giornali (Beppe Grillo ne chiese l’abolizione con una legge a iniziativa popolare, cassata per aver raccolto 550.000 sulle tre proposte insieme, mentre dovevano essere su ognuna separatamente o per essere stata la richiesta presentata nell’anno anteriore la scadenza di una Camera o nei 6 mesi dopo la convocazione dei comizi per elezioni successive (?).

La legge sul finanziamento ai giornali fu espressamente voluta dalla Lega, la stessa che nelle piazze finge di gridare contro Roma ladrona, ma che, per non perdere mangiatoie, si è opposto anche all’abolizione di enti inutili come le Province, la quale da sola avrebbe significato il risparmio di ben 17 MLD sui 25 della manovra di Tremonti, evitando i micidiali tagli inferti alla scuola, alla sanità e alle forze di polizia con grave danno per tutto il paese.


Naturalmente anche in tempo di crisi, nella manovra fiscale, si è evitato con cura di eliminare lo sperpero di denaro pubblico di 200 milioni di € l’anno regalato all’editoria e rubati dalle nostre tasche.


In nessun paese del mondo si finanziano i giornali, al contrario lo Stato offre loro importanti fette del mercato pubblicitario. Da noi Berlusconi, in quanto maggiore concessionario televisivo, ha preteso che il grosso della pubblicità forse riversato sulla televisione, voce che costituisce una fondamentale ricchezza di Mediaset. Così, mentre in Europa la televisione può assorbire al massimo il 30% del totale e il 70% è diviso tra stampa e radio.


Sempre per favorire le casse di Berlusconi, una Rai in deficit è stata obbligata dallo stesso a rifiutare l’offerta di Sky di distribuire sul satellite i programmi di Raisat (e cioè, Extra, Premium, YoYo, Smash e Gambero Rosso) e che offriva alla Rai ben 475 milioni di € per 7 anni, per i prodotti di Raicinema e per i proventi pubblicitari ricavati dalla Rai sulla piattaforma di Sky. 475 milioni di € è una cifra enorme (quasi il doppio del capitale sociale della RAI che è di 242 milioni 500 mila €), 5 volte superiore al buco pubblicitario stimato dal direttore Mauro Masi. Ma anche la Rai deve fare gli interessi di Berlusconi, il capo del partito-azienda e il cda RAI è in maggioranza formato da persone di Berlusconi, messe lì per fare gli interessi di Mediaset e non di RAI.

Masi
, rinunciando all’offerta Sky, che non è sua concorrente sul mercato, perderebbe anche i 100 milioni di share sul satellite, per favorire Mediaset che è invece la sua concorrente e farà di tutto per ammazzarla.


Bisognerebbe a questo punto che le associazioni consumatori ricorressero al TAR per interruzione di pubblico servizio, dato che la legge impone alla RAI programmi disponibili su tutte le piattaforme distributive.


Si tenga conto che grazie all’obbrobrio del canone, la Rai ha un tetto pubblicitario del 5% mentre Mediaset ha un tetto del 15 %.

Mediaset ricava dalla pubblicità il triplo della Rai, oltre a ciò è spesso Mediaset che fornisce gli spot anche alla RAI. Così Mediaset ricava dalla pubblicità il triplo della RAI. Anche sul canone alla fine ci guadagna Berlusconi con la sua azienda.


Feltri ha lanciato l’ipocrita campagna per l’abolizione del Canone Rai al grido di “Perché pagare per Santoro?”. Si dovrebbe rispondergli: “E perché pagare per Minzolini?”, ma la risposta vera che Lega e Feltri stanno bene attenti a non dare è: “Si paga il canone per assicurare gli incassi alle reti televisive del presidente del consiglio”.


Mediaset
dipende dalla pubblicità che le procura 1,9 miliardi di € su un giro di affari di 2,5 miliardi. La RAI, che ha un fatturato di 2,7 MLD, prende 1 MLD e 600 milioni dal canone e solo 900 milioni dalla pubblicità.


In Italia le tv si accaparrano il grosso, lasciando solo gli spiccioli ai giornali, In tal modo i nostri giornali incassano la metà dei concorrenti stranieri, l’altra metà è risarcita tramite le nostre tasse. Anche qui noi paghiamo più tasse per permettere a Berlusconi di fare più incassi.



Basterebbe fissare anche in Italia il tetto massimo di pubblicità in tv. Ma anche qui la condotta dell’attuale opposizione è stata squallida, permettendo tutto il peggio e anzi agevolando Berlusconi in ogni modo possibile. Ovviamente, se i giornali godessero di più introiti pubblicitari non avrebbero bisogno di finanziamenti statali e avremmo una tv più snella e non oberata da masse gigantesche di spot, che creano classi di consumatori e non di elettori.


Comunque, grazie a questi finanziamenti leghisti, sopravvivono giornali che in qualunque paese dovrebbero sparire o essere rifondati per legge, come Il Riformista e Libero. Il Riformista si appoggia a un partito “Le ragioni del sosicalismo’ che non esiste più. Libero si basa addirittura sul Partito Monarchico, ugualmente inesistente.


Al di fuori di queste vantaggiose spartizioni politiche e imprenditoriali di fondi pubblici, non si capisce perché lo Stato italiano dovrebbe finanziare l’editoria privata, tanto più che il grosso dei contributi all’editoria va ai grandi gruppi editoriali e, invece di favorire la concorrenza, non fa alimentare un oligopolio.


I contributi sono spesso assurdi, dati ad inutili giornali di partito che nessuno legge (provate a chiedere in edicola se solo sanno cosa sono ’Il Socialista Lab’ e ’Il Campanile Nuovo’, che insieme hanno avuto nel 2008 oltre un milione e mezzo di €) o improbabili testate come ’Zainet Lab’, ’Motocross’ e ’Il Mucchio Selvaggio’ (!?) che hanno ricevuto un milione e mezzo di €. Persino il quotidiano ’Sportsman - Cavalli e Corse’ solo nel 2008 ha avuto contributi pubblici per 2 milioni e 530.000 €. C’è poi la galassia di quotidiani e periodici clericali.

Con questa furbesca leggina leghista, i soli quotidiani di partito, che sono lobbyes e non organi di informazione, ci rubano 30 milioni di € l’anno. Ma ciò non basta: nel computo dei fondi da regalare ai giornali, si froda persino la legge, con contributi che la sforano ampiamente anche del doppio. Un giornale a caso, Europa, ex quotidiano della Margherita e ora del PD, calcolando il contributo di legge sul 40% dei costi fissi e il n° della tiratura, dovrebbe ricevere 1,7 milioni di €, invece ne ha avuti 3.599.00. Ed è così per tutti, allo stesso modo dei rimborsi elettorali che sono gonfiati o dell’8 per mille che calcolato una tantum.


La Lega parla tanto degli sprechi del Sud, ma qui non apre bocca. E persino la sua difesa della caccia allargati anche ai migratori e sforando i tempi dovuti e la sua richieste di un porto d’armi per tutti o del porto d’armi ai sedicenni nasconde un interesse a fondi pubblici, con una Federcaccia in rosso per almeno un milione di € malgrado riceva contributi pubblici per 1,8 milioni. Oltre ai 200 milioni di contributi diretti per l’editoria si aggiungono i contributi indiretti che sono enormi: tariffe postali e telefoniche agevolate (Mondadori, Sole 24 ore e RCS da sole, nel 2005 hanno avuto più di 50 milioni di contributi indiretti), contributi alle emittenti telefoniche e televisive.


Visto il livello bassissimo di informazione e verità italiana e il suo condizionamento a interessi forti, politici o di mercato, non si può prendere come alibi il sostegno a chi favorisce la concorrenza, il pluralismo, e la diffusione dei fatti e quindi il processo democratico.


In Italia, con l’appoggio implicito o esplicito della cosiddetta opposizione, si è ottenuto il risultato di asservire un intero paese agli interessi finanziari e di potere di un solo individuo, o di una sola cricca che in quell’individuo si identifica, calpestando ogni interesse generale.


Il caso Mediaset-RAI è illuminante
. Ma, dietro, non ci sono solo soldi che girano e affari a senso unico che corrono. C’è anche, per nostra sciagura, l’assassinio di diritti fondamentali, quali quelli di una giusta e pluralistica informazione, di una libera espressione del proprio giudizio, di una auspicabile concorrenza di mercato, della priorità che gli interessi generali di una Nazione prevalgano su quelli particolari di singoli e corrotti affaristi, del diritto sacrosanto di un paese ad essere rispettato nella sua formazione culturale, nella sua crescita morale, nel suo aprirsi a ideali e valori sempre più limpidi e universali, che non siano quelli turpi di un magnate del mercato che antepone il proprio interesse e potere a quelli di u nintero paese.



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Di : viviana vivarelli
domenica 25 Luglio 2010
[Modificato da ®@ffstef@n 28/07/2010 13:12]