Forum del Poligono Pentimele

Le spose bambine.

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    Gabriella.75
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    Registrato il: 14/08/2009
    Sesso: Femminile
    Utente Senior
    00 25/05/2010 22:48
    Piccole grande vittime.
    Oggi con delle mie colleghe si parlava di alcune aberrazioni che avvengono nel Sud del mondo e qualcuna diceva: “ Certo, sono comportamenti sbagliati, ma fanno parte della cultura di quei popoli”. Io aggiungerei una parolina e completerei la frase dicendo: “Certo, sono comportamenti sbagliati, ma fanno parte della non cultura di quei popoli”.
    Anche noi europei nei secoli scorsi abbiamo compiuto ignominie di ogni tipo, ma sarebbe francamente ridicolo affermare che le abbiamo commesse in nome della nostra “cultura”.
    Un’aberrazione, figlia dell’arretratezza (e non certo della cultura), che attualmente riguarda 60 milioni di bambine, in genere tra gli 8 e i 14 anni, costrette dagli usi e costumi delle loro genti a sposarsi con uomini più grandi di loro, con conseguenze facilmente immaginabili.
    Sono i genitori a consegnare le figlie nelle mani dei futuri mariti, condannandole a un’esperienza che le segnerà per sempre.
    Povertà estrema, ignoranza e una forte pressione sociale, sono alla base della scelta di numerosissimi padri e madri, talmente imbevuti di preconcetti arcaici da confondere il male con il bene e viceversa…

    C’è una lista di venti Paesi in cui è più diffuso il fenomeno delle spose bambine. Al primo posto c’è il Niger, dove il 75% degli abitanti vive con meno di 2 dollari al giorno e il 76,6% delle spose ha meno di 18 anni. Seguono in ordine decrescente: Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Repubblica Centrafricana, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, India, Etiopia, Liberia, Yemen, Camerun, Eritrea, Malawi, Nicaragua, Nigeria, Zambia.
    Il matrimonio con le bambine è un antichissimo retaggio tribale; per conoscere le origini bisognerebbe forse risalire all’alba dell’uomo, quando la durata media della vita era bassissima.
    Oggi la tradizione sopravvive in tutta la sua drammaticità nelle zone più povere e degradate del pianeta, indipendentemente dalla religione praticata. E’ da notare, però, che nelle regioni dell’Asia e dell’Africa dove il “Corano” viene interpretato alla lettera, l’unione con le bambine (di solito dai nove anni in su) è approvata dalle autorità islamiche. Decisione motivata con il passo del libro dove si narra del matrimonio del profeta Maometto con Aisha, la più giovane delle mogli, celebrato quando lei aveva sei anni e consumato appunto verso i nove-dieci. (Alla faccia del pedofilo!)…

    Tutto ciò provoca danni irreparabili alla salute psicofisica delle bimbe, di fatto considerate esseri inferiori all’uomo e meri oggetti del suo piacere. Oltre a ciò pesano negativamente i vantaggi economici che spingono le famiglie a “liberarsi” in fretta delle figlie, ritenute un peso laddove la miseria regna sovrana. In varie nazioni africane, per esempio, l’uomo deve pagare una somma ai futuri suoceri se vuole che gli cedano la figlia in moglie. Siccome la regola dice che la cifra da pagare aumenta più la donna è giovane, i genitori di quest’ultima hanno interesse a venderla il prima possibile per incamerare di più. Pure nelle zone arretrate dell’India i genitori sono incentivati a far sposare le figlie in verdissima età, ma per il motivo inverso. Lì, infatti, sono loro a dover contribuire con una dote al matrimonio. Poiché l’usanza stabilisce che la dote cresce proporzionalmente con l’età della figlia, ai genitori conviene maritarla presto per pagare di meno.
    Non esistono invece limiti di età per quanto concerne i mariti. I consorti possono essere adolescenti di 14-15 anni oppure ultrasettantenni. Gli uomini anziani preferiscono accoppiarsi con spose giovanissime per vari motivi. Uno di questi si fonda sulla superstizione, assai radicata in Africa, che avere rapporti con donne vergini li aiuti a curare l’aids. In realtà ciò provoca solo più contagi.
    Altro motivo è, secondo me, che la “carne tenera” piace!

    Primi gesti di coraggio

    Una bambina yemenita all’età di 9 anni, si è presentata da sola in un tribunale del suo Paese per denunciare le violenze subite dal marito.
    Il padre della bambina, disoccupato, l’aveva ceduta legalmente in sposa ad un trentenne in cambio di una dote. La legge yementita sino al 1999 poneva come limite minimo per i matrimoni i 15 anni d’ età. Sennonchè in quell’anno è stato introdotto un emendamento che legittima il rito matrimoniale con le bambine e la relativa convivenza sotto un unico tetto, ma obbliga il coniuge ad astenersi dai rapporti sessuali sino a che la moglie non abbia raggiunto la pubertà. La legge di fatto è parecchio disattesa.
    Sin da subito Nojoud (così si chiama la sposa bimba), al pari di molte sue coetanee, viene picchiata e violentata dal marito. Quando, due mesi dopo le nozze, la bimba riceve il permesso di far visita ai genitori, chiede invano aiuto a loro. Prima che esca di casa, però, la seconda moglie di suo padre le suggerisce di fuggire, di trovare un Tribunale e di raccontare tutto a un giudice.
    Nojoud le dà retta. Il giudice fortunatamente la ascolta e, invece di rispedirla dal marito (il rischio c’era), l’alloggia nell’abitazione di un altro magistrato. A questo punto alla piccina serve un legale che sostenga le sue tesi, ma non ha i soldi per poterselo permettere. E’ un’altra donna, un’avvocatessa, a intervenire in suo soccorso. L’avvocatessa accetta di patrocinare gratuitamente la causa della bimba e in aula accusa senza mezzi termini il marito della piccola di stupro.
    Nel corso del dibattimento Nojoud rifiuta la proposta del giudice di tornare dal marito dopo un intervallo da decidersi fra i tre e i cinque anni. Il processo va avanti e assume rilevanza internazionale. Il 15 aprile 2008 il Tribunale emette la sentenza. Contro ogni previsione, a Nojoud è concesso il divorzio a patto che paghi al marito la somma di 1.000 ryal (circa 360 euro) come risarcimento per la rottura del contratto matrimoniale. La somma viene raccolta, tramite una colletta pubblica, dai giornalisti dello “Yemen Times”, il primo quotidiano in lingua inglese del Paese.
    Mi piace concludere questa storia con una semplice osservazione: il senso di giustizia di Najoud, il consiglio giusto datole dalla seconda moglie del padre, l’abilità dell’avvocatessa, hanno vinto una battaglia giudicata persa in partenza. Tutto ciò a dimostrazione che se le donne del Sud del mondo si alleano possono davvero scuotere dalle fondamenta i sistemi sociali che le schiavizzano.
    [Modificato da Gabriella.75 25/05/2010 23:15]
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    basettun
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    00 25/05/2010 23:19
    La cultura occidentale non può diventare un parametro senza innescare conflitti. Il concetto di "esportazione della democrazia" americano ha dimostrato di avere scarse possibilità di successo e anche l'esportazione della cultura sarebbe un fallimento. Sono sicuro che la gran parte delle donne di quei Paesi dove la donna è considerata meno che niente sono convinte di non valere niente e considerano giusto il matrimonio delle infanti. E' dall'interno delle comunità che deve cominciare il cammino verso l'emancipazione, a costo di sofferenze e sangue. Un ruolo importante ce l'hanno le donne che sono uscite dalla comunità ed hanno appreso usi e costumi occidentali, loro dovrebbero tendere una mano alle giovani dei loro Paesi e questo spesso non avviene. La nostra indignazione è veloce mentre i tempi della civiltà sono lunghi, per alcuni più lunghi che per altri.
    Grazie Gabri, per il messaggio che ci farà riflettere.