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CRISTIANI

Roma Papale

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    pedrodiaz
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    00 28/04/2010 19:11
    Lettera settima
    Lettera settima

    Primato del papa

    Enrico ad Eugenio

    Roma, Febbraio 1847.

    Caro Eugenio,

    Come ti diceva nell'ultima mia, l'appuntamento era stato preso per trovarci nella sera seguente alla prima discussione nella casa del signor Manson; ma, ricordandomi che io dimorava in un convento, e che non poteva restare lungo tempo fuori la sera, senza incorrere pericolo di trovare la porta irremissibilmente chiusa, vi andai nel dopo pranzo per iscusarmi, e prendere un altro appuntamento per altro giorno ed altra ora.

    Non so se debbo dire per mia disgrazia, o per mia fortuna, trovai i tre amici insieme, che erano sul punto di uscire per una passeggiata. Mi fecero le più cordiali accoglienze, e m'invitarono ad unirmi con loro nella passeggiata; e, vedendo che io esitava ad accettare l'invito, il signor Pasquali mi disse: "Non temete, signor abate: noi non andremo per città; ma faremo una passeggiata in luoghi solitari, e così eviteremo i chiassi del carnevale, e potremo parlare liberamente."

    Eravamo allora appunto in pieno carnevale (Nota 1 - Il carnevale a Roma). Tu non sai cosa sia il carnevale in Roma! Non ti nasconderò che per noi stranieri, nati ed educati in paesi seri, esso è una cosa alquanto scandalosa. Vedere la città santa darsi tutta intera ai baccanali de' Gentili, ingolfarsi in ogni sorta di disordini e di gozzoviglie, sono cose che a noi forestieri ci sembrano cattive, ed in questo conveniva co' miei amici; ma i Romani le tengono per divertimenti innocentissimi.

    Per evitare il chiasso, andammo fuori della porta Pia (Nota 2 - Porta Pia). La via che da quella porta conduce alla chiesa di S. Agnese ed alle annesse catacombe, è molto ariosa, ed è la passeggiata prediletta de' Gesuiti, che ne' giorni del carnevale vi s'incontrano quasi soli. Io non amava farmi vedere dai Gesuiti con quella compagnia; perciò invitai i miei compagni ad entrare nella villa Patrizi che è a pochi passi dopo la porta. Entrati in essa, eravamo soli, non essendovi in essa in que' giorni che il custode del magnifico palazzo. Giunti sul belvedere che è avanti l'ingresso del palazzo, ci sedemmo sopra i sedili di marmo.

    "Signori miei, disse il Valdese, se vogliamo incominciare la nostra discussione, io propongo d'incominciarla con una preghiera:" e, tratta di tasca la sua Bibbia, si levò e, scopertosi il capo, lesse nel capo XI del Vangelo di S. Luca dal vers. 9 al 13: quindi, richiuso il libro, fece una preghiera così commovente, parafrasando que' versetti, e domandando per noi tutti l'abbondanza dello Spirito Santo, che mi commosse fino alle lacrime. "Oh! Quale acquisto sarebbe per noi, diceva dentro di me, se quest'uomo venisse alla nostra santa religione!"

    Finita la preghiera, il Valdese ci domandò se avevamo dei passi della Bibbia che potessero condurci a conoscere più chiaramente la verità sulla discussione incominciata il giorno innanzi.

    Il signor Sweeteman disse che ne aveva alcuni, ma che siccome riguardavano piuttosto l'autorità della Chiesa, e non quella del Papa, così si riserbava citarli quando si sarebbe trattato della Chiesa. "In quanto al papa, soggiunse, io lo riconosco come vescovo di Roma, e nulla più; come riconosco il vescovo di Londra per un vescovo e nulla più."

    Il signor Manson disse, ch'egli non trovava nulla a ridire su que' passi di Bibbia; ma che non li considerava sotto il punto di vista del signor Pasquali: egli li interpretava non arbitrariamente, ma come erano stati interpretati dalla Chiesa primitiva (Nota 3 - I Puseiti). I Padri della Chiesa primitiva conoscevano que' passi; eppure tutti sono stati d'accordo nell'ammettere il primato del Vescovo di Roma. Il fatto che la primitiva Chiesa credesse al primato del papa è un fatto innegabile: dal quale fatto egli deduceva questo argomento: "O tutta l'antica Chiesa ha errato, o errate voi: certo non potete farmi credere che tutta l'antica Chiesa abbia errato; dunque mi permetterete di pensare che voi piuttosto siete nell'errore. Però, intendiamoci bene: io non convengo co' teologi romani intorno a tutte le prerogative che essi dànno al Papa in forza del suo primato. Essi vanno a cadere in altro eccesso: per essi il Papa è quasi un Dio, lo fanno infallibile, e quasi onnipotente; ed in coteste cose non posso convenire con loro, ma il primato nella Chiesa non glielo posso negare."

    Io attendeva con ansietà la risposta del Valdese a cotali ragioni; ma egli, voltosi placidamente verso di me, mi disse: "Ed ella, sig. Abate, ha nulla da opporre?" "Ho molte cose, risposi; ma desidererei che sciogliesse prima l'argomento del signor Manson." "Siccome suppongo, egli disse, che i vostri argomenti non differiscano molto dai suoi, così riserberei di rispondere nello stesso tempo all'uno ed all'altro."

    Allora io incominciai l'attacco citando il celebre passo di S. Matteo, capo XVI, vers. 18, 19: "Ed io altresì ti dico che tu sei Pietro, e sopra questa pietra io edificherò la mia Chiesa; e le porte dell'inferno non la potranno vincere: ed io ti darò le chiavi del regno de' cieli; e tutto ciò che tu avrai legato in terra sarà legato ne' cieli; e tutto ciò che avrai legato sciolto in terra sarà sciolto ne' cieli." Feci osservare: primo, che Gesù Cristo avendo detto: "Sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa," indicando Pietro, è evidente che egli avesse voluto dire che sopra Pietro avrebbe edificata la sua Chiesa: quindi sebbene Cristo sia il fondamento principale, la pietra invisibile; ciò non esclude, anzi include, che S. Pietro ne sia il fondamento visibile; che Gesù Cristo è il capo della Chiesa nel cielo, mentre S. Pietro è il capo di essa sulla terra. Feci osservare in secondo luogo che al solo Pietro, in questo passo, sono promesse le chiavi del regno de' cieli, con piena autorità di sciogliere e di legare: "Ed io sfido, soggiunsi, tutti i Protestanti del mondo, a citarmi un solo passo nel quale le chiavi del regno de' cieli, cioè il simbolo della autorità assoluta sieno state promesse ad altri che al solo Pietro. Pietro dunque ha avuto da Gesù Cristo il primato su tutta quanta la Chiesa. Ed infatti, osserva giustamente il cardinal Bellarmino, se queste parole non indicassero una autorità data a S. Pietro, perchè il Signore le avrebbe indirizzate a lui solo?"

    Io mi accingeva a citare altri passi in favore del primato; ma il Valdese me lo impedì, dicendo che, prima di occuparci di altri passi biblici, era necessario discutere bene sopra questo, che era il più interessante. Poscia mi rispose presso a poco ne' termini seguenti:

    "Il vostro primo raziocinio su questo passo è basato sopra una falsa supposizione, che voi prendete per una verità dimostrata: voi supponete che Pietro sia la pietra sopra la quale Gesù Cristo disse di voler edificare la sua Chiesa; ma questa supposizione è evidentemente falsa, e la falsità di essa è dimostrata dal Vangelo stesso. Il Nuovo Testamento è pieno di dichiarazioni che dimostrano Cristo, e Cristo solo, essere la pietra sopra la quale è fondata la Chiesa (Nota 4 - Gesù Cristo è la pietra fondamentale della Chiesa).

    Difatti, se Gesù Cristo con le parole da voi citate avesse voluto dire che Pietro era la pietra fondamentale della Chiesa, S. Pietro lo avrebbe saputo: or come va che S. Pietro stesso, per ben due volte (Atti IV, 11; 1 Lett. cap. II, 4), dice espressamente, che non egli, Pietro, ma Gesù Cristo è la pietra sulla quale è fondata la Chiesa? O volete dunque considerare S. Pietro come un autore ispirato dallo Spirito Santo, ed allora la Santa Scrittura distrugge la vostra interpretazione; o volete considerare S. Pietro come un Papa infallibile, ed allora voi non siete cattolico interpretando il Vangelo al contrario di quello che lo interpreta il primo Papa. In ogni modo, voi non potete mai sostenere la vostra interpretazione."

    Questo raziocinio mi confuse passabilmente; e il Valdese, profittando forse del mio imbarazzo, continuò a dire che il semplice buon senso bastava per escludere interamente la interpretazione che dànno i teologi cattolici a quel passo. Osservò che nella lingua siriaca, nella quale secondo ogni probabilità parlava il Signore, essendo quella la lingua che si usava nella Giudea, la parola Cipha, di cui si servì il Signore, significa pietra; e Simone chiamato da Gesù Cipha, o, come noi pronunciamo, Cefa, si tradurrebbe pietra. Se il Vangelo fosse stato scritto in siriaco, vi potrebbe essere stato un equivoco, e preso quel passo isolatamente, senza spiegarlo con altri passi, i quali dicono che la pietra è Cristo, si sarebbe potuto interpretare come fanno i teologi romani, sebbene coll'analogia della Bibbia si distruggesse subito quella interpretazione. Ma lo Spirito Santo ha dettato il Vangelo in greco, e su questo passo ha tolto anche la ragionevole possibilità di un equivoco.

    In greco Petroz (Petros) significa Pietro, e significa anche pietra; ma vi è un'altra parola, la parola petra (petra) che anche significa pietra; però con questa differenza, che petros significa una pietra qualunque, e petra significa una roccia, una pietra viva, una pietra da fondarvi sopra una casa. Ora se lo Spirito Santo avesse voluto farci intendere che la Chiesa è fondata su Pietro, avrebbe detto epi toutw tw petrw (e sopra questo Pietro): ciò sarebbe stato più elegante; ma sarebbe stato equivoco, e si sarebbe presentato un addentellato ai teologi romani: ma lo Spirito Santo, non curando la eleganza della locuzione, ha voluto essere chiaro nella dottrina, ed ha detto epi tanth th petra (e sopra questa pietra), cioè non sopra te che sei una pietra qualunque, ma sopra me che sono la roccia, io edificherò la mia Chiesa.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:12
    Questa interpretazione, aggiungeva, non è già la mia; essa è de' vostri santi Padri; di S. Agostino, di S. Giovanni Crisostomo, di S. Ambrogio, di S. Girolamo, di S. Ilario, e di altri (Nota 5 - I Padri insegnano che G. C. è la pietra); ora non ho in memoria che il passo di S. Agostino nel capo XXI del suo libro delle Ritrattazioni, che dice così: "Non fu detto a Pietro: Tu sei pietra; ma: Tu sei Pietro: la pietra era Cristo, e Simone, confessatolo per tale, fu chiamato Pietro."

    Io mi rallegrai nel vedere che il mio avversario scendeva sul terreno de' Padri; e subito lo interruppi, e dissi: "Sia pure che nel passo da voi citato S. Agostino parli a quel modo: egli è certo però che in altri luoghi dice tutto il contrario."

    "Vorrei che il signor Abate osservasse, riprese il Valdese, la maniera singolare, per non dire irriverente e contradittoria, con la quale i teologi romani trattano quegli antichi dottori che pure chiamano Padri. Mentre da un lato esaltano la loro autorità fino a farne un luogo teologico (Nota 6 - richiama la terza nota della lettera quinta - Luoghi teologici), dall'altro non hanno riguardo dal metterli in contradizione con loro stessi. Noi Protestanti, come voi ci chiamate, che non ammettiamo l’autorità de’ Padri in fatto di domma, che li teniamo come dottori particolari soggetti anch'essi ad errare, ed ammettiamo soltanto la loro autorità per la storia, li rispettiamo assai più che non li rispettano i teologi romani. Per esempio, il passo di S. Agostino da me citato, nel nostro sistema dimostra semplicemente che S. Agostino non era infallibile, che egli ha errato quando ha sostenuto il primato del papa; ma, da uomo onesto e da Cristiano, conosciuto il suo errore, lo ha nobilmente ritrattato; mentre nel sistema della teologia romana si pone in contradizione con sè stesso.

    "Il libro delle Ritrattazioni di S. Agostino dovrebbe essere nelle mani di tutti coloro che trattano la controversia. Cotesto dottore, nel calore della discussione, aveva avanzato come vere molte cose, che poi, maturamente considerate, riconobbe essere false; e siccome era più attaccato alla verità che all'amor proprio, così nella sua vecchiaia, riandando tutto quello che aveva scritto, ritrattò tutte quelle cose che credè non essere convenevole ad un Cristiano sostenere; e consegnò tutte queste cose in un libro che chiamò delle Ritrattazioni. Fra le dottrine che ritrattò vi è quella del primato del papa, da lui altra volta sostenuta. Il passo dunque da me citato ha un grandissimo peso: esso annulla tutti gli altri passi di S. Agostino sul primato del papa; esso dimostra che quel dottore ritrattò, come una sua aberrazione, la dottrina del primato."

    Il signor Manson venne in mio soccorso, e disse, che egli non voleva entrare in discussione su S. Agostino; ma però era pronto a sostenere che molti Padri avevano interpretato quel passo tu sei Pietro, come esprimente il primato di Pietro sulla Chiesa.

    "Quand'anche ciò fosse vero, rispose il Valdese; quand'anche non molti, ma tutti i Padri avessero inteso e spiegato quel passo a quel modo; dovreste rammentare che la verità non dobbiamo cercarla ne' Padri, ma nel Vangelo; che Dio non giudica la nostra fede secondo i Padri, ma secondo il Vangelo. Io non voglio entrare a discutere ex professo sui Padri, e però vi prego a tornare al nostro tema: intendiamo la Bibbia per mezzo della Bibbia stessa, e così lo Spirito Santo infallibile, non i Padri che sono uomini come noi, ne sarà l'interprete.

    "Osservate, vi prego: non appena il Signore ebbe dette quelle parole, predisse a' suoi discepoli la prossima sua morte: e Pietro, lasciatosi trasportare dal suo zelo, che non era al certo secondo conoscenza, cerca dissuadere Gesù dal compiere l'opera della redenzione per la sua morte (Nota 7 - Perchè S. Pietro non voleva che Gesù morisse?): allora Gesù, rivoltosi, disse a Pietro: "Vattene indietro di me, Satana; tu mi sei in iscandalo; perciocchè tu non hai il senso alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini" (vers. 23). Ora supponiamo che nelle parole antecedenti S. Pietro fosse stato costituito capo della Chiesa; quali ne sarebbero le conseguenze? La prima sarebbe che Gesù Cristo stesso avrebbe chiamato Satana il primo Papa, appena costituito tale; la seconda, che il primo Papa, appena divenuto Papa, alla prima parola che profferì, scandalizzò perfino Gesù Cristo. Queste conseguenze, se le vogliono, se le applichino pure i Papi di Roma."

    "Dunque, io dissi secondo voi, la promessa di Gesù Cristo non significa nulla."

    "Mi guardi Dio, rispose, dal pensare tal cosa: quella promessa del Signore è la più preziosa promessa che egli abbia fatta alla sua Chiesa, è il carattere distintivo della Chiesa di Gesù Cristo. Promettendo difatti Gesù che avrebbe edificata la sua Chiesa, dimostra in primo luogo che essa non era ancora edificata; e quindi S. Pietro non poteva con quelle parole essere stabilito capo di una Chiesa che non esisteva ancora. Promettendo che egli l'avrebbe edificata su quella pietra, cioè sulla confessione assoluta della sua divinità; su quella confessione che non viene dalla rivelazione della carne e del sangue, cioè dalla ragione umana, ma dalla rivelazione del Padre celeste, vale a dire dalla intera e completa adesione alla Parola di Dio; ha promesso che tutti coloro che sono basati su questa pietra formano la Chiesa di Gesù Cristo, differiscano pure quanto si voglia nelle cose secondarie e di minore momento: e contro una tale Chiesa le porte dell'inferno non potranno mai prevalere."

    "Caro signor Pasquali, disse il signor Manson, voi sapete che io non convengo interamente colla dottrina romana; ma nel passo in questione vi è una promessa che Gesù Cristo fece a S. Pietro, ed a S. Pietro solo: per ammettere la vostra interpretazione, bisognerebbe dire o che Gesù non mantenne la promessa fatta a S. Pietro, e dire ciò sarebbe una empietà; o bisogna ammettere che S. Pietro, per essa fosse stabilito capo della Chiesa. Intendiamoci bene però: capo non assoluto, non unico, non primario; ma capo in un certo senso: Gesù senza dubbio è il capo primario, e S. Pietro potrebbe essere capo secondario, o subordinato, o ministeriale; insomma capo non in senso assoluto, ma in un certo senso."

    "Determiniamo, riprese il Pasquali, ma sempre secondo la Bibbia, questo certo senso nel quale voi pensate che S. Pietro sia stato costituito capo della Chiesa, ed ogni questione sarà tolta. Pensate forse che S. Pietro sia fondamento della Chiesa, nel senso che essa poggi sopra lui solo ad esclusione degli altri Apostoli? Questo, lo so, è il senso del papismo; ma la Parola di Dio dice che la Chiesa è edificata sul fondamento degli Apostoli e de' profeti (Efes. II, 20): ecco dunque che non Pietro solo, ma tutti gli altri Apostoli, ed anche i profeti, sono nella stessa guisa di Pietro le fondamenta della Chiesa. Non è dunque in questo senso che Pietro è il fondamento o capo della Chiesa.

    ."Lo sarà forse nel senso che esso ne sia la base principale? Ma dire questo sarebbe dire una bestemmia; imperocchè la Chiesa non sarebbe più di Cristo, ma di Pietro: si sostituirebbe l'uomo peccatore al Figlio di Dio, che ha ricomperata e lavata la Chiesa col suo sangue. "Niuno può porre altro fondamento che quello che è stato posto, il quale è Cristo Gesù" (1 Cor. III, 11). L'unico senso nel quale può Pietro dirsi fondamento della Chiesa, è questo: egli era fondamento nello stesso modo che lo erano gli altri Apostoli. Gesù è la roccia incrollabile, la pietra viva, come la chiama lo stesso S. Pietro, sulla quale la Chiesa è fondata; i dodici Apostoli sono le dodici prime pietre basate su questo fondamento: "E il muro della città aveva dodici fondamenti, e sopra quelli erano i nomi de' dodici Apostoli dell'Agnello" (Apoc. XXI, 14). Ecco l'unico senso nel quale, secondo l'analogia della fede, S. Pietro può essere chiamato fondamento della Chiesa!"

    "Se così fosse, dissi, Gesù avrebbe diretto il discorso a tutti gli Apostoli, non a Pietro solo: ma avendo parlato al solo Pietro, è chiaro che ha voluto parlare di un privilegio speciale accordato a lui solo."

    "Potrei rispondere, disse il Valdese, che siccome fu il solo Pietro che, a nome di tutti, rispose alla domanda che il Signore aveva fatta, non a Pietro, ma a tutti; così a lui che per tutti aveva presa la parola, fu indirizzata la parola di Gesù che riguardava tutti. Ma forse al signor Abate ed al signor Manson piacerà meglio la risposta che alla questione del signor Abate dà S. Cipriano nel libro della Unità della Chiesa: ecco le sue parole: "Gesù, per manifestare la unità, dispose con la sua autorità in modo che essa incominciasse da uno. Certo gli altri Apostoli erano nè più nè meno di Pietro, avevano tutti la medesima partecipazione di onore e di potere; ma il principio di essa unità doveva uscire da uno di loro, per dimostrare che una è la Chiesa" (Ut unitatem manifestaret, unitatis ejusdem originem ab uno incipientem, sua auctoritate disposuit. Hoc erant utique et coeteri Apostoli quod fuit Petrus, pari consortio praediti et honoris et potestatis; sed exordium ab unitate proficiscitur ut ecclesia una mostretur. Cyprianus, De unit. eccl. cap. 3).

    Ecco dunque il perchè Gesù diresse la parola a Pietro, per dimostrare che sebbene tutti gli Apostoli erano eguali e in onore e in potere, pure la loro podestà era una da esercitarsi solidalmente, in guisachè i fedeli si dovessero dire di Cristo, e non di Pietro, di Paolo, di Giovanni ec."

    A questo punto il cuore mi balzò nel petto per l'allegrezza: io aveva colto il Valdese in fallo; egli aveva mutilato il passo di S. Cipriano; e tutto trionfante, e con amaro sorriso, dissi: "Ecco la buonafede de' nemici della S. Chiesa! Essi mutilano i passi de' Padri, togliendovi tutto quello che non fa loro comodo, per aver sempre ragione. Ecco il passo di S. Cipriano tutto intero: lo ricordo come se avessi il libro davanti gli occhi: (Ut unitatem manifestaret, unam cathedram constituit (questo voi non lo avete detto), et unitatis ejusdem originem ab uno incipi entem sua auctoritate disposuit. Hoc erant utique et coeteri Apostoli, quod fuit Petrus, pari consortio proediti et honoris et potestatis, sed exordium ab unitate proficiscitur, ET PRIMATUS PETRO DATUR (anche questo non faceva per voi, e lo avete troncato), ut una Christi ecclesia, ET CATHEDRA UNA (ecco la terza mutilazione), monstretur. Ora ditemi se S. Cipriano esclude, o non piuttosto ammette in termini non equivoci il primato di S. Pietro?"

    Il Valdese con sorriso ironico, ed un sangue freddo che contrastava troppo col mio caldo, rispose: "Io avrei desiderato che il sig. Abate, non fosse per altro che per onore della causa che sostiene, si fosse taciuto. Le parole ch'egli ha aggiunte al passo di S. Cipriano da me citato, non le ha inventate egli; dicerto le ha trovate nel quaderno che gli ha dettato il suo professore, e si trovano ancora in qualche edizione falsificata di cotesto padre; ma esse sono parole aggiunte per sostenere la dottrina del primato, ed appoggiarla ad una veneranda autorità: esse sono una manifesta interpolazione (Nota 8 - S. Cipriano interpolato). Dico interpolazione manifesta, perchè: 1° nei manoscritti più antichi e più autentici di S. Cipriano non si trovano quelle parole; 2° perchè esse non possono essere di lui, essendo contrarie allo scopo che si era prefisso in quel libro, nel quale voleva unicamente mostrare l'unità della Chiesa e non il primato di S. Pietro; 3° quelle parole non possono essere di Cipriano, perchè in poche parole caderebbe nella più imperdonabile contradizione: come difatti volete far dire a Cipriano che Pietro ebbe il primato sugli altri Apostoli, mentre dice: "Certo gli altri Apostoli erano nè più nè meno di Pietro; avevano tutti la stessa partecipazione di onore e di potere:" come, dico, dopo tali parole, potete credere che S. Cipriano dica: "E il primato si dà a Pietro?" Quando si falsifica, signor Abate, bisogna essere più accorti."

    Io restai mutolo a queste osservazioni che mi giunsero affatto nuove, ed alle quali confesso che non seppi rispondere.

    A togliermi da quell'imbarazzo, giunse opportuna una diversione. Un rumore di cavalli a galoppo si fece sentire nel viale della villa dal lato dell'ingresso. Un istante dopo due guardie nobili a cavallo, colla spada sguainata, ci annunziarono col loro apparire la presenza del Papa nella villa (Nota 9 - Treni del papa).

    All'ingresso della spianata, il Papa scese di carrozza, e si avanzava a piedi verso il palazzo, che il custode aveva frettolosamente aperto. Noi ci levammo da sedere: il Papa passò avanti a noi; io mi prostrai, ed il S. Padre ebbe la degnazione di presentarmi il suo piede acciò lo baciassi; volse uno sguardo ai miei tre amici, i quali erano restati in piedi, col capo scoperto, ma senza inginocchiarsi, e parve sorpreso. Appena passato il papa, uno de' prelati di corte mi chiamò a parte, e mi domandò chi fossero quei miei compagni; io dissi che erano inglesi, ed egli seguì il corteggio.

    Il Papa entrò nel palazzo, e si fermò nella sala del biliardo a giuocare con le sue guardie e co' suoi prelati (Nota 10 - Divertimenti di Gregorio XVI). Una delle guardie venne ad intimarci di uscire dalla villa, e ci fu forza obbedire.

    Nell'uscire dalla villa, il Valdese mi disse: "Quando vi vedeva prostrato ai piedi del Papa, pensava ad un passo della Bibbia: "E come Pietro entrava, Cornelio, fattoglisi incontro, gli si gettò a' piedi e l'adorò; ma Pietro lo sollevò, dicendo: Levati, io ancora sono uomo" (Atti X, 25, 26). Cosa direste su questo passo?"

    Io voleva rispondere, ma credei più prudente tacere, e separarmi da loro per non essere veduto con essi in città. Essi entrarono per la porta Pia, ed io lungo le mura alla mia destra, andai ad entrare per la vicina porta Salara.

    Non so se si continuerà la nostra discussione, perchè ci siamo lasciati senza prendere nessun appuntamento. Se si continuerà, io continuerò a tenerti informato.

    Credimi sempre il tuo affezionatissimo

    Enrico.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:12

    Il carnevale a Roma

    Nota 1. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Non vi è paese nel mondo in cui il carnevale sia tanto splendido, tanto chiassoso come lo è in Roma nei tempi normali. Esso dura in Roma otto giorni; incomincia il sabato avanti la sessagesima, e finisce la sera avanti il giorno delle ceneri a mezzanotte. Questo spazio di tempo comprende undici giorni; ma bisogna togliervi due domeniche ed un venerdì, ne' quali giorni sono proibite le maschere e le corse.

    Il carnevale in Roma è presieduto dal senato romano, e da Monsignor governatore, ed ecco come incomincia.

    Ad un'ora pomeridiana del primo giorno di carnevale, suona la campana del Campidoglio: è il segno che le maschere possono mostrarsi al pubblico. Intanto in una delle grandi sale del Campidoglio si fa la funzione seguente. Una deputazione d'Israeliti si presenta innanzi al senato: il senatore è assiso sotto un trono, vestito con gran toga di tela d'oro, e circondato da' suoi conservatori: la deputazione israelitica è inginocchiata avanti i gradini del trono, e recita un discorso che le è imposto, pieno di sommessione che giunge fino all'avvilimento. Terminato il discorso, la deputazione segue a restare inginocchiata, ed il senatore risponde con un discorso pieno di alterigia, che finisce con questa formula: "Andate; per quest'anno vi soffriamo," e nel dire andate alza il piede nell'atto di dare un calcio.

    Il senatore si alza, la deputazione si ritira, le trombe e la campana capitolina squillano, ed il senato esce in corteggio solenne, e va ad aprire il carnevale.

    Ogni giorno vi è grande passeggiata di carrozze e di carri magnificamente addobbati e pieni di maschere per la lunghissima via del Corso; tutte le finestre, tutti i balconi sono magnificamente parati, e le machere scaraventano a piene mani, ed anche con apposite macchine, confetti, fiori, ed anche aranci. Prima del calar del sole, allo sparo de' mortari, come per incanto spariscono da quella lunghissima via, in meno di un minuto, tutte le carrozze ed i carri, ed ha luogo la corsa de' cavalli vuoti. Un magnifico premio è aggiudicato al padrone del cavallo vincitore, ed il senato romano con tutta la gravità di un Catone siede giudice, per decidere senza appello, quale dei cavalli è il vincitore.

    Il cavallo vincitore è accompagnato solennemente alla sua scuderia co' tamburi del senato, ed accompagnato da infinita plebe. Il padrone del cavallo getta dalla sua finestra sulla plebe monete di rame a piene mani, e ne riceve gli evviva.

    Dopo il calar del sole, i travestimenti sono permessi, ma è proibito di portare la maschera sul volto.

    Allora i signori ed il ceto di mezzo vanno a desinare, ed il popolo riempie tutte le osterie. Due ore dopo, incominciano i teatri; dopo i teatri, incominciano i balli pubblici chiamati festini, che durano fino a giorno. La mattina è riposo, per incominciare di nuovo un'ora dopo il mezzogiorno. Così si passano quegli otto giorni.

    L'ultima sera di carnevale, vi sono i moccoletti. Chi non ha vista quella festa non può farsene una idea. I Baccanali ed i Saturnali di Roma pagana ci perderebbero al paragone. Il Corso è pieno gremito da potervisi a malapena muovere; le finestre ed i balconi rigurgitano di persone; ciascuno ha una provvisione di candelette di cera ed ognuno cerca in mille modi di smorzare quella del vicino, e questi a difenderla; e qui un rumore infernale. Dopo i moccoletti, si va a gozzovigliare o nelle case o nelle osterie.

    Il carnevale in Roma costa ogni anno la vita a molte persone, per malattie prese o per travestimenti imprudenti, o per infiammazioni, o per stravizi. I poveri impegnano o vendono quanto possono per gozzovigliare; chi può far più debiti ne fa.

    Questo è il carnevale del popolo; ma vi è anche il carnevale dei preti, de' frati e delle monache, e vi è anche quello de' bigotti. Roma si fa tutto a tutti.

    Il carnevale de' preti, de' frati e delle monache consiste in questo. I preti ordinariamente sono in famiglia, o partecipano ai pranzi ed alle baldorie che si fanno in casa. I frati e le monache ne' giorni di carnevale, e specialmente nel giovedì, domenica ed ultimo giorno, hanno pranzi sontuosi. Le monache di più stretta clausura si mascherano ne' loro monasteri, ciascuna cogli abiti de' loro confessori. Nei monasteri di non rigorosa clausura e nei conservatorii di zittelle, si recita ogni giorno una qualche commedia dalle monache o dalle educande; ed è cosa passabilmente ridicola vedere una monaca sul palco con finti mostacci, con grande sciabola, e con speroni, recitare una parte da ufficiale di cavalleria. Gli spettatori sono i confessori, i sagrestani, ed altri preti o frati amici. In qualche conservatorio ove i superiori sono scrupolosi per non permettere il teatro, si fanno entrare de' giocolieri a fare de' giuochi di prestidigitazione.

    In alcuni collegi, come al collegio Clementino diretto da' PP. Somaschi, vi è commedia e ballo; nel collegio de' nobili diretto dai Gesuiti, vi è commedia per lo più latina; nel collegio Nazareno diretto dai padri Scolopi, vi sono le marionette. Negli ospizi di Termini e di Tatagiovanni, vi è commedia e farsa. Nell'ospizio di S. Michele, vi è opera in musica, con magnifica orchestra. I cardinali, i prelati, i preti e frati hanno dunque questo vantaggio sui secolari, ch'essi vanno al teatro, ma senza pagar nulla.

    Il carnevale poi de' bigotti, consiste in questo. In alcune chiese per il basso popolo de' bigotti, che vuol divertirsi acquistando anche indulgenze, vi sono dei dialoghi. Due preti salgono sopra una piattaforma; uno di essi recita la parte del dotto, l'altro la parte dell'ignorante. Questi parla il linguaggio della plebe, e dice tali e tanti spropositi che è un continuo sganasciarsi dalle risa.

    L'aristocrazia de' bigotti ha altri divertimenti più serii. Nei giorni del carnevale si espone il sacramento per tre giorni nella basilica di S. Lorenzo e Damaso, per tre giorni nella chiesa del Caravita, e per quattro giorni nella chiesa del Gesù. Coteste chiese fanno a gara per superarsi in isfarzo. I ceri ardono a migliaia; gli achitetti studiano per distribuirli ne' più vaghi disegni, ed i paratori non risparmiano fatica per mostrare i loro talenti nell'addobbare una chiesa, che superi in bellezza ed in splendore la più magnifica sala da ballo del più grande imperatore. Il papa va egli stesso a vedere coteste magnifiche esposizioni.

    L'ultima sera del carnevale il senato romano, dopo la corsa, va con tutta solennità nella chiesa del Gesù, e là riceve la benedizione col sacramento. Ecco una piccola idea del carnevale di Roma.
    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 28/04/2010 19:13

    Porta Pia

    Nota 2. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    La Porta Pia prese il suo nome da Pio IV, il quale nel 1564 la fece costruire sul disegno di Buonarroti, ma non fu finita. Essa fu sostituita a quella del recinto di Onorio, che stava più a destra e chiamavasi Porta Nomentana. Le mura della città da quella parte, sono gli avanzi del recinto del celebre castrum praetorium, fatto edificare da Sejano ai tempi di Tiberio, ove erano gli alloggiamenti de' Pretoriani, i quali facevano o disfacevano gli imperatori a loro talento. I Gesuiti sottentrarono ai Pretoriani, ed hanno fino a questi ultimi tempi abitata la villa detta il Macao, ove si conservavano ancora le vestigia delle caserme pretoriane. In questi ultimi tempi, Monsignor de Merode e l'angelico Pio IX si sono combinati co' Gesuiti, i quali han ceduto l'antico quartiere de' Pretoriani, e de Merode lo ha ricostruito per farne caserma de' Zuavi papali, che in quella abitazione sono succeduti ai Gesuiti, ed i Gesuiti ai Pretoriani.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:14

    I Puseiti

    Nota 3. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Il signor Manson è puseita, ed i Puseiti se non ammettono interamente le tradizioni come le ammette la Chiesa romana, ne sono poco lontani. Essi non ammettono è vero che una dottrina la quale non ha nessun fondamento nella Bibbia, come sarebbe per esempio la dottrina dell'immacolata Concezione di Maria, possa essere dichiarata dottrina dommatica; essi non ammettono col Concilio di Trento che le tradizioni sieno parola di Dio come lo è la Bibbia; ma ammettono con la Chiesa romana che la Bibbia deve essere interpretata con la tradizione. Ammettono di più che in materie ecclesiastiche, riguardanti il governo della Chiesa, la gerarchia, la disciplina, la tradizione debba avere un gran peso. Se i Puseiti volessero essere più logici, di conseguenza in conseguenza, dovrebbero accettare tutto il Cattolicismo romano.
    Pedro
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    00 28/04/2010 19:14

    Gesù Cristo è la pietra fondamentale della Chiesa

    Nota 4. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Citiamo qui alcuni passi della Bibbia che per brevità non sono stati citati nella lettera, per dimostrare che Gesù Cristo solo, e non S. Pietro, è la pietra sulla quale è fondata la Chiesa di Dio.

    "La pietra che gli edificatori avevano rigettata, è stata posta in capo del cantone. Ciò è proceduto dal Signore; ed è cosa maravigliosa davanti agli occhi nostri" (Salm. CXVIII, 22, 23).

    "Perciò, così ha detto il Signore Iddio: Ecco, io son quel che ho posta in Sion una pietra, una pietra a prova, pietra di cantone preziosa, un fondamento ben fondato; chi crederà non si smarrirà" (Isaia XXVIII, 16).

    Che questa pietra sia Gesù Cristo, e non S. Pietro, lo dichiara manifestamente Gesù Cristo stesso:

    "Gesù disse loro: Non avete voi mai letto nelle Scritture: La pietra che gli edificatori han riprovata è divenuta il capo del cantone; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa maravigliosa negli occhi nostri? E chi caderà sopra questa pietra sarà tritato, ed ella fiaccherà colui sopra cui ella caderà" (Matt. XXI, 42-44. Lo stesso è detto in Marc. XII, 10; Luc. XX, 17).

    S. Pietro, parlando della pietra sulla quale è edificata la Chiesa, non solo non dice esser egli quella pietra, come pretendono i teologi romani, ma proclama altamente che quella pietra è Cristo.

    "Esso è quella pietra, che è stata da voi edificatori sprezzata, la quale è divenuta il capo del cantone" (Atti IV, 11).

    "Al quale (Gesù) accostandovi, come alla pietra viva, riprovata dagli uomini, ma appo Iddio eletta, preziosa; ancora voi, come pietre vive, siete edificati, per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offerire sacrificii spirituali, accettevoli a Dio per Gesù, Cristo. Per la qual cosa ancora è contenuto nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion la pietra del capo del cantone, eletta, preziosa; e chi crederà in essa non sarà punto svergognato. A voi adunque, che credete, ella è quella cosa preziosa; ma a' disubbidienti è, come è detto: La pietra, che gli edificatori han riprovata, è divenuta il capo del cantone; e pietra d'incappo, e sasso d'intoppo; i quali s'intoppano nella parola, essendo disubbidienti" (1 Pietro II, 4-8).

    S. Paolo parimente annunzia con tutta chiarezza che Gesù Cristo solo è la pietra sopra la quale è stata fondata la Chiesa.

    "Niuno può porre altro fondamento che quello ch'è stato posto, il quale è Gesù Cristo" (1 Cor. III, 11).

    "Essendo edificati sopra il fondamento, degli Apostoli e de' profeti, essendo Gesù Cristo stesso la pietra del capo del cantone; in cui tutto l'edificio ben composto cresce in tempio santo nel Signore" (Efes. II, 20, 21).

    Questi passi sono più che sufficienti per dimostrare non solo insussistente, ma antibiblica, la spiegazione del passo di S. Matteo "e sopra questa pietra," volendo intendere per quella pietra S. Pietro.
    Pedro
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    00 28/04/2010 19:15

    I Padri insegnano che Gesù Cristo è la pietra

    Nota 5. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Ecco alcuni passi di padri sulla interpretazione di quel passo. Incominciano dal passo di S. Agostino indicato dal Pasquali. Esso è nel libro delle Ritrattazioni di S. Agostino: nel tomo 1 pag. 32 dell'edizione de' Benedettini, Parigi 1685.

    "Dixi in quodam loco de apostolo Petro, quod in eo tamquam in petra fundata sit Ecclesia. Sed scio me postea saepissime sic exposuisse, ut super hanc petram intelligeretur quam confessus est Petrus: non enim dictum est illi tu es petra, sed tu es Petrus; petra autem erat Christus."

    S. Girolamo ne' commentari lib. 3 sul profeta Amos cap. 7 dice: "Petra Christus est: qui donavit Apostolis suis ut ipsi quoque petrae vocentur."

    E nel libro 1 de' Commentari sopra S. Matteo capo 7 tomo VI pag. 23 edizione di Parigi 1602; su quelle parole del capo 7 di S. Matteo fundata enim erat supra petram dice: "Super petram hanc Dominus fundavit Ecclesiam: ab hanc petra Apostolus Petrus sortitus est nomen." E su quelle altre parole qui aedificavit domum suam super arenam, dice: "Fundamentum quod Apostolus architectus posuit, unus est Dominus noster Jesus Christus. Super hoc fundamentum stabile et firmum, et per se robusta mole fundatum, aedificatur Christi Ecclesia."

    Nel libro III sul profeta Zaccaria capo 14 (tomo V, pag. 610) dice. "De quo et Deus loquitur per Isaiam: ecce ponam in Sion lapidem angularem, electum et praetiosum in fundamentis ejus; et qui crediderunt in eum non confundentur. Hic lapis angularis, et caeteros lapides angulares superedificari sibi voluit, ut Apostolus Paulus posset libere dicere: AEdificati super fundamentum apostolorum et prophetarum ipso summo angulari lapide Christo Jesu."

    Nel libro IX sopra il prefeta Isaia cap. 27 (tom. 4 pag. 226) dice: "De hoc lapide et in Daniele legimus, quod excisus est de monte sine manibus, et impleverit universum orbem, eo quod divini germini dispensatio humanum corpus assumpserit, et habitaverit in eo plenitudo divinitatis corporaliter. Super hunc lapidem qui alio nomine appellatur petra, Christus aedificavit Ecclesia, et firmum juxta Hebraicum fundavit fundamine, in quo qui crediderit non confundetur, sive justa Hebraicum, non festinet, ne videlicet tardus ei Christi videatur adventus."

    Nel Commentario sull'epistola a' Galati libr. 2 capo 4 (tomo 6 pag. 308): "Omnes aedificati sumus super fundamentum apostolorum et prophetarum, continente nos angulari lapide Jesu Christo Domino nostro."

    S. Ambrogio nel libro primo della incarnazione cap. 5 (edizione de' Benedettini, Parigi 1690 pag. 711) dice: "Fides ergo est Ecclesiae fundamentum: non enim de carne Petri, sed de fide dictum est, quod portae mortis ei non praevalebunt."

    Lo stesso padre sul Salmo 38 (tom. 1 pag. 858) dice: "Quod Petro dicitur, Apostolis dicitur."

    S. Ilario nel libro 6 della Trinità, dice: "Super hanc igitur confessionis petram ecclesiae aedificatio est; per hanc fidem, infirmae adversus eam sunt portae inferorum."

    E sul Salmo 14 scrive: "Petrum non novimus nisi Christus, quia dictum est de eo, petra autem erat Christus."

    Teodoreto nella interpretazione del Cantico de' cantici, secondo la edizione latina di Parigi del 1608, dice: "Christus solus caput est omnium, corpus autem ipsius divina est Ecclesia: membra autem corporis sanctos esse dicimus, alium quidem collum, alium autem pedes. Per hujus crura Petrum intellige apostolorum principem."

    Abbiamo citati alcuni passi di padri latini in latino; ora citeremo alcuni pochi passi di santi padri della Chiesa greca, traducendoli in italiano. Sia per primo S. Giovanni Crisostomo, il quale nel suo sermone sulla Pentecoste dice così: "Gesù non disse sopra Pietro; imperciocchè egli non fondò la sua Chiesa sopra l'uomo, ma sopra la fede. Cosa significano dunque quelle parole, e sopra questa pietra? significano, sopra la confessione contenuta in quelle parole."

    Origene nel commentario sul capo xvi di S. Matteo, dice: "Se voi pensate che la Chiesa sia stata dal Signore fondata sul solo Pietro, cosa penserete di Giovanni figliuolo del tuono, e di ciascuno degli altri Apostoli? Oseremo noi dire che le porte dell'inferno non potranno prevalere contro Pietro, e lo potranno contro gli altri Apostoli ed i santi? Forsechè quella promessa che le porte dell'inferno non prevarrebbero, non debbe estendersi a tutti? Le chiavi del regno dei cieli furono date al solo Pietro, e non le hanno anco ricevute tutti i santi? Ma se quelle parole "Io ti darò le chiavi del regno de' cieli" sono comuni a tutti i santi, perchè non lo sarebbero egualmente quelle parole che precedono?"

    Potremmo citare molti altri padri e greci e latini che parlano nello stesso senso; ma per amore di brevità ce ne asteniamo. Questo ci basti per far vedere: primo, che la Chiesa antica non credeva al primato di S. Pietro, e molto meno a quello del papa; secondo che se i padri che sono santi han pensato su questa dottrina come la pensano i Protestanti, ed al contrario di quello che la pensano i Cattolici romani, o noi non siamo eretici, o se lo siamo siamo in ottima compagnia.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:16

    Luoghi teologici

    Nota 3. alla lettera quinta di Roma Papale 1882

    I luoghi teologici sono le fonti dalle quali si traggono gli argomenti per provare i dommi e le dottrine della Chiesa romana. Essi sono la parte la più essenziale della teologia cattolica e nella università romana vi è un professore apposta per insegnarli. Essi sono dieci, cioè:
    primo l'autorità della Sacra Scrittura interpretata secondo le regole della Chiesa Romana;
    secondo l'autorità della tradizione, la quale è parola di Dio come la Bibbia;
    terzo l'autorità dei concilii;
    quarto l'autorità infallibile del papa;
    quinto il consenso della Chiesa insegnante, ossia de' vescovi;
    sesto l'autorità dei Padri;
    settimo le sacre antichità;
    ottavo la testimonianza della storia ecclesiastica scritta ad uso della Chiesa romana;
    nono l'autorità dei teologi;
    decimo la ragione.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:17

    Perchè S. Pietro non voleva che Gesù morisse?

    Nota 7. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Il fatto che S. Pietro soleva dissuadere il Signore dall'incontrar la morte, è, secondo noi, una prova che la promessa fatta in quel momento da Gesù non riguardava per nulla un papato che avrebbe incominciato a godere S. Pietro dopo la morte di Gesù. Se tale fosse stato il senso di quella promessa, S. Pietro si sarebbe per lo meno taciuto nel sentire annunziare la prossima morte del suo maestro, e se per inconsideratezza, o per un eccesso di amore avesse fatto la osservazione che fece, il Signore nè lo avrebbe chiamato Satana, nè lo avrebbe così fortemente rimproverato. La ragione per cui lo rimproverò così fortemente è data dal Signore istesso: "Tu non hai il senso alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini." Pietro, educato nella dottrina giudaica, aveva per la rivelazione di Dio conosciuto che Gesù era "il Cristo, il figliuolo dell'Iddio vivente;" ma intendendo carnalmente la Bibbia, come la intendevano i Giudei, sebbene credesse che Gesù fosse il Cristo, il Messia, non però comprendeva ch'egli fosse il Salvatore delle anime. Egli pensava, come tutti i Giudei, che il Cristo dovesse venire non per salvare il mondo, ma per ristabilire nel suo splendore terrestre la nazione giudaica: egli credeva che Gesù fosse il Messia; lo aveva allora allora confessato; ne aveva riportato lode: quindi sentire annunziare la sua morte, rovesciava tutte le sue idee; e perciò dice: "Signore, tolga ciò Iddio; questo non ti avverrà punto." Il Messia, secondo lui, doveva regnare, non essere ucciso. E non comprendeva, come non lo comprendevano neppure gli atri discepoli, che Gesù doveva prima riscattare le anime soddisfacendo alla divina giustizia, e poi assidersi alla destra di Dio, per tornare a suo tempo a compiere le promesse fatte ad Israello.

    Sopra questo fatto dobbiamo osservare che S. Pietro errava materializzando le profezie appartenenti a Cristo, mentre i pretesi loro successori errano nel senso opposto.

    Due generi di profezie vi sono nell'antico Testamento riguardo al Cristo: quelle che descrivono il suo regno glorioso come Messia sopra Israele e sul mondo; e quelle che riguardano il Cristo come Redentore degli uomini. Gli Ebrei, che non riguardavano che la loro propria nazione, che credevano maledetti da Dio tutti quelli che non erano ebrei, si erano fitti in capo che il Cristo non dovesse venire che per loro. L'opera del Cristo, secondo loro, doveva consistere unicamente nel ristabilire la loro nazione, e renderla la prima nazione della terra; e molte in vero ve ne sono altre che predicano chiarissimamente il Cristo Redentore, che doveva soffrire e morire per mano de' Gentili, che doveva essere l'uomo de' dolori, che doveva portare tutti i nostri peccati, per procacciarci salvezza.

    Queste profezie non erano da' Giudei rigettate; ma, a forza d'interpretazioni teologiche, i rabbini facevano loro dire il contrario di quello che realmente dicevano; e nessuno fra' Giudei, non eccettuato Pietro, credeva che il Messia dovesse essere ucciso. Il Signore, dopo che i discepoli confessarono per bocca di Pietro ch'egli era il Messia, voleva fargli ben comprendere le profezie: ed allora fu che Pietro ritornò al senso carnale di esse, e fu dal Signore rimproverato.

    Abbiamo detto che la Chiesa romana va all'eccesso opposto spiritualizzandole, difatti essa non ammette la seconda gloriosa venuta di Gesù Cristo come Messia, e così a forza di spirituralizzare le profezie che riguardano la seconda gloriosa venuta del Cristo, le annullano per le loro interpretazioni.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:17

    S. Cipriano interpolato

    Nota 8. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Chi desiderasse una dimostrazione completa della interpolazione di questo passo di S. Cipriano può trovarla nella eccellente opera intitolata. A treatise of the corruptions of Scripture, councils, and Fathers by the prelates, pastors, and pillars of the Church of Rome for the maintenance of popery, by Tomas James, London, John Parker, west Strand 1843; dalla pag. 75 alla pag. 104.
    Pedro
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    00 28/04/2010 19:18

    Treni del papa

    Nota 9. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Non sarà discaro ai nostri lettori che non conoscono Roma, nè gli usi della corte papale, conoscere una qualche cosa sul modo come il papa si mostra al pubblico. Il papa esce alla così detta trottata quasi tutti i giorni dopo il desinare, e rientra prima della calata del sole. Gregorio XVI non esciva quasi mai, e passava le ore del passeggio nei suoi sontuosi giardini giuocando co' prelati o cardinali, ovvero co' figli del suo cameriere Gaetanino. Pio IX riprese l'antico uso del passeggio; e lo ha modificato in questo: i suoi predecessori non iscendevano dalla carrozza per passeggiare a piedi, se non di rado, e fuori delle porte. Un papa farsi vedere camminare come un semplice mortale, sembrava cosa al disotto della sua dignità. Pio IX però passeggia anche in città.

    Tre sono i treni di cui si serve il papa nelle diverse circostanze: il treno di campagna, quello di mezza gala e quello di gala.

    Il treno di campagna che direbbesi il giornaliero, per la passeggiata, è il seguente. Due dragoni con la sciabola sguainata vanno almeno un cento metri avanti la carrozza pontificia, e fanno arrestare allo sbocco delle vie i carri e le vetture, acciò non entrino nella via che deve percorrere Sua Santità. Circa un cinquanta metri dopo, viene il battistrada, il quale ordina alle carrozze che si trovano sulla via di fermarsi, ed alle persone che sono dentro di scendere. Dieci metri appresso, vengono due guardie nobili con sciabola sguainata. Segue la carrozza papale tirata da sei cavalli, due cocchieri, uno a cavallo, l'altro in cassetta, ambedue vestiti con calzoni e casacca di damasco di seta rosso. Il papa è seduto in un seggiolone, e di foronte gli stanno due prelati. Sopra il cielo della carrozza all'interno vi è in ricamo in oro rilevato una colomba rappresentante lo Spirito Santo. Il papa è vestito in sottana bianca di seta o di finissima lana, secondo la stagione; sopra di essa vi è una mozzetta rossa di seta o di velluto, secondo la stagione; nell'inverno è di velluto ornata di ermellino; sopra la mozzetta ha una stola rossa tutta ricamata in oro. Ha sopra il capo un cappello rosso a tegola con gran fiocco d'oro. La carrozza è circondata dalle guardie nobili a cavallo, ed i palafrenieri vestiti di damasco rosso sono montati dietro ad essa. Un picchetto di guardie nobili segue la carrozza papale. Due altre carrozze, in una delle quali è l'elemosiniere, nell'altra i camerieri, seguono la carrozza papale, ed il corteggio è chiuso da un picchetto di dragoni. Dovunque il papa passa, suonano a festa le campane delle chiese. Quando il papa entra in palazzo, o in qualche altro luogo i dragoni non entrano, ma restano sulla porta. Questo è il treno ordinario delle passeggiate quotidiane.

    Il treno di mezza gala è più sontuoso. Per le strade dove deve passare il papa si getta preventivamente la pozzolana, acciò la carrozza possa passare più chetamente. Aprono il corteggio due dragoni, ma vanno molto innanzi, e si fermano agli sbocchi di tutte le vie per impedire alle vetture di entrare nella via per ove deve passare il papa. Viene poi il battistrada, ed è seguito a poca distanza da due dragoni a passo moderato. Segue poi una carrozza di palazzo, con i servitori ritti in piè, non dietro la carrozza, ma dietro al cocchiere; in quella carrozza vi è il vescovo elemosiniere ed il vescovo sagrestano del papa. Dietro quella carrozza procede un picchetto di guardie nobili, poi viene la carrozza papale assai più bella della ordinaria, tirata da sei cavalli neri, co' finimenti di velluto guarniti di metalli dorati. Alle due portiere vi sono due ufficiali della guardia nobile; in carrozza col papa vi è Monsignor maggiordomo, e Mosignor maestro di camera; altre quattro o sei carrozze piene di prelati e camerieri formano il seguito, che è chiuso da un forte picchetto di dragoni.

    Il treno di gala poi supera qualunque immaginazione. Un picchetto di 24 carabinieri a cavallo apre il corteggio; segue il battistrada; poi un picchetto di gardie nobili in uniforme di gala; Appresso vengono Monsignore elemosiniere e Monsignor sacrista in una carrozza di palazzo; due altre guardie nobili; un prelato a cavallo sopra una mula bianca, guidata da un servo vestito di damasco in seta rossa; il prelato porta la croce d'oro che precede il papa, e va a capo scoperto. Appresso viene la carrozza pontificia, che è un ammasso d'oro, di velluto, di ricami, e di sculture: essa è tirata da sei magnifici cavalli neri con i finimenti di velluto rosso ricamati in oro. La superba cassetta tutta ricoperta di velluto con ricchissimi ricami in oro è vuota; i cocchieri vestiti di damasco rosso, ed aventi in vece di cappello una grande parrucca impolverata, sono a cavallo; al di qua e di là de' cavalli, camminano a piedi una quantità di palafrenieri, vestiti di damasco rosso, con mantelli della stessa sfoffa; alle due portiere stanno dalla parte destra il principe Barberini comandante della guardia nobile, dalla parte sinistra il primo ufficiale della stessa guardia; circondano la carrozza gli Svizzeri a piedi, con la uniforme del 500, armati di alabarde. Nella carrozza, sono seduti incontro al papa due cardinali, scelti a tanto onore da Sua Santità. Ventiquattro guardie nobili a cavallo seguono la carrozza. Poi vengono le carrozze di Monsignor maggiordomo e di Monsignore maestro di camera, tirate ciascuna da quattro cavalli; poi le carrozze di corte, seguite da un picchetto di carabinieri a cavallo; finalmente le carrozze ove sono i camerieri ed i scopatori segreti di Sua Santità; chiude il corteggio un picchetto di dragoni.

    Tutta la strada per la quale deve passare il corteggio è sparsa di sabbia gialla finissima. La sola carrozza del papa è costata 24,000 scudi (129,600 fr.): ciò darà una idea del lusso pontificio.

    Pedro
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    00 28/04/2010 19:19

    Treni del papa

    Nota 9. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Non sarà discaro ai nostri lettori che non conoscono Roma, nè gli usi della corte papale, conoscere una qualche cosa sul modo come il papa si mostra al pubblico. Il papa esce alla così detta trottata quasi tutti i giorni dopo il desinare, e rientra prima della calata del sole. Gregorio XVI non esciva quasi mai, e passava le ore del passeggio nei suoi sontuosi giardini giuocando co' prelati o cardinali, ovvero co' figli del suo cameriere Gaetanino. Pio IX riprese l'antico uso del passeggio; e lo ha modificato in questo: i suoi predecessori non iscendevano dalla carrozza per passeggiare a piedi, se non di rado, e fuori delle porte. Un papa farsi vedere camminare come un semplice mortale, sembrava cosa al disotto della sua dignità. Pio IX però passeggia anche in città.

    Tre sono i treni di cui si serve il papa nelle diverse circostanze: il treno di campagna, quello di mezza gala e quello di gala.

    Il treno di campagna che direbbesi il giornaliero, per la passeggiata, è il seguente. Due dragoni con la sciabola sguainata vanno almeno un cento metri avanti la carrozza pontificia, e fanno arrestare allo sbocco delle vie i carri e le vetture, acciò non entrino nella via che deve percorrere Sua Santità. Circa un cinquanta metri dopo, viene il battistrada, il quale ordina alle carrozze che si trovano sulla via di fermarsi, ed alle persone che sono dentro di scendere. Dieci metri appresso, vengono due guardie nobili con sciabola sguainata. Segue la carrozza papale tirata da sei cavalli, due cocchieri, uno a cavallo, l'altro in cassetta, ambedue vestiti con calzoni e casacca di damasco di seta rosso. Il papa è seduto in un seggiolone, e di foronte gli stanno due prelati. Sopra il cielo della carrozza all'interno vi è in ricamo in oro rilevato una colomba rappresentante lo Spirito Santo. Il papa è vestito in sottana bianca di seta o di finissima lana, secondo la stagione; sopra di essa vi è una mozzetta rossa di seta o di velluto, secondo la stagione; nell'inverno è di velluto ornata di ermellino; sopra la mozzetta ha una stola rossa tutta ricamata in oro. Ha sopra il capo un cappello rosso a tegola con gran fiocco d'oro. La carrozza è circondata dalle guardie nobili a cavallo, ed i palafrenieri vestiti di damasco rosso sono montati dietro ad essa. Un picchetto di guardie nobili segue la carrozza papale. Due altre carrozze, in una delle quali è l'elemosiniere, nell'altra i camerieri, seguono la carrozza papale, ed il corteggio è chiuso da un picchetto di dragoni. Dovunque il papa passa, suonano a festa le campane delle chiese. Quando il papa entra in palazzo, o in qualche altro luogo i dragoni non entrano, ma restano sulla porta. Questo è il treno ordinario delle passeggiate quotidiane.

    Il treno di mezza gala è più sontuoso. Per le strade dove deve passare il papa si getta preventivamente la pozzolana, acciò la carrozza possa passare più chetamente. Aprono il corteggio due dragoni, ma vanno molto innanzi, e si fermano agli sbocchi di tutte le vie per impedire alle vetture di entrare nella via per ove deve passare il papa. Viene poi il battistrada, ed è seguito a poca distanza da due dragoni a passo moderato. Segue poi una carrozza di palazzo, con i servitori ritti in piè, non dietro la carrozza, ma dietro al cocchiere; in quella carrozza vi è il vescovo elemosiniere ed il vescovo sagrestano del papa. Dietro quella carrozza procede un picchetto di guardie nobili, poi viene la carrozza papale assai più bella della ordinaria, tirata da sei cavalli neri, co' finimenti di velluto guarniti di metalli dorati. Alle due portiere vi sono due ufficiali della guardia nobile; in carrozza col papa vi è Monsignor maggiordomo, e Mosignor maestro di camera; altre quattro o sei carrozze piene di prelati e camerieri formano il seguito, che è chiuso da un forte picchetto di dragoni.

    Il treno di gala poi supera qualunque immaginazione. Un picchetto di 24 carabinieri a cavallo apre il corteggio; segue il battistrada; poi un picchetto di gardie nobili in uniforme di gala; Appresso vengono Monsignore elemosiniere e Monsignor sacrista in una carrozza di palazzo; due altre guardie nobili; un prelato a cavallo sopra una mula bianca, guidata da un servo vestito di damasco in seta rossa; il prelato porta la croce d'oro che precede il papa, e va a capo scoperto. Appresso viene la carrozza pontificia, che è un ammasso d'oro, di velluto, di ricami, e di sculture: essa è tirata da sei magnifici cavalli neri con i finimenti di velluto rosso ricamati in oro. La superba cassetta tutta ricoperta di velluto con ricchissimi ricami in oro è vuota; i cocchieri vestiti di damasco rosso, ed aventi in vece di cappello una grande parrucca impolverata, sono a cavallo; al di qua e di là de' cavalli, camminano a piedi una quantità di palafrenieri, vestiti di damasco rosso, con mantelli della stessa sfoffa; alle due portiere stanno dalla parte destra il principe Barberini comandante della guardia nobile, dalla parte sinistra il primo ufficiale della stessa guardia; circondano la carrozza gli Svizzeri a piedi, con la uniforme del 500, armati di alabarde. Nella carrozza, sono seduti incontro al papa due cardinali, scelti a tanto onore da Sua Santità. Ventiquattro guardie nobili a cavallo seguono la carrozza. Poi vengono le carrozze di Monsignor maggiordomo e di Monsignore maestro di camera, tirate ciascuna da quattro cavalli; poi le carrozze di corte, seguite da un picchetto di carabinieri a cavallo; finalmente le carrozze ove sono i camerieri ed i scopatori segreti di Sua Santità; chiude il corteggio un picchetto di dragoni.

    Tutta la strada per la quale deve passare il corteggio è sparsa di sabbia gialla finissima. La sola carrozza del papa è costata 24,000 scudi (129,600 fr.): ciò darà una idea del lusso pontificio.

    Pedro
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    Divertimenti di Gregorio XVI

    Nota 10. alla lettera settima di Roma Papale 1882

    Il papa come tutti gli altri mortali si diverte anch'egli. Gregorio XVI raunava ogni giorno ne' suoi giardini prelati e cardinali di corte, e cercava i più buffoni, e li faceva giuocare in sua presenza, come Nerone faceva co' senatori romani: alle volte li infradiciava coi magnifici giuochi d'acqua che aveva fatti praticare; alle volte li obbligava a cavalcare sopra asini focosi, ch'egli eccitava a saltare, per avere il piacere di vedere un prelato stramazzato. Altre volte faceva il giuoco della pentola. Questo giuoco si faceva così: si poneva una pentola in terra, e sotto di essa il papa poneva una medaglia; il prelato che concorreva al premio si bendava gli occhi, e posto ad una convenevole distanza, con un randello in mano, doveva così bendato, camminare verso la pentola, calare con tutta forza il randello, e colui che fracassava la pentola, vinceva il premio, e riscuoteva gli applausi del papa. Questo giuoco fu smesso per la ragione seguente. Un giorno che si faceva cotesto giuoco, Monsignor Soglia arcivescovo di Tebe, che fu poi cardinale, andava bendato verso la pentola, ed aveva così bene presa la direzione, che la avrebbe colpita; aveva già alzato il randello, ed era per calare il colpo; quando il papa (Gregorio XVI), per non far finire troppo presto il giuoco, si abbassò per togliere la pentola, acciò non fosse colpita; in questo il randello cala con tutta la forza dell'erculeo braccio del Soglia: per il papa quello sarebbe stato l'ultimo giorno, perché il randello andava a fracassare la sua testa; ma il fido cameriere Gaetanino che era dietro il papa, lo prese in un attimo per le spalle e lo gettò in terra sulla sua parte carnosa, e così il randello cadde sulla pentola, invece di cadere sulla testa santissima.

    Nelle lunghe serate d'inverno, il papa si divertiva assai spesso a giuocare ad una specie di lotteria co' prelati e cardinali; egli preparava i premi che erano tutte cose ridicole, per dar campo ai prelati e cardinali di mostrare il loro spirito in facezie.

    Pio IX invero è di un carattere più serio; egli non ammette queste buffonate; egli ama il biliardo, e ne' principii del suo pontificato, è stato più volte alla villa Patrizi, ove si trova un biliardo eccellente, e quivi ha giuocato con le sue guardie nobili.

    Pedro