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LA TELEOLOGIA e il DISEGNO INTELLIGENTE (ID)

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    00 20/04/2010 07:58

    La teleologia (dal greco telos, "fine" o "scopo") è la dottrina filosofica del finalismo; è la credenza che ci sia un progetto, uno scopo, una direttiva, un principio o una finalità nelle opere e nei processi naturali, unita allo studio filosofico di tale scopo.

    Teleologia e scienza

    La teleologia si pone questioni diverse da quelle della scienza. Mentre la scienza investiga leggi e fenomeni naturali, la teleologia si preoccupa dell'esistenza di un principio organizzativo dietro queste leggi e fenomeni naturali.

    In ambito teologico, la teleologia cerca di giustificare l'esistenza di Dio, inteso come creatore, architetto dell'universo, garante ultimo della causalità dei fenomeni naturali.

    Teleologia moderna

    La teleologia si è affermata nuovamente nell'Ottocento con il primo Hegel e sempre più verso la fine del XX secolo con la nascita di nuove teorie cosmologiche a carattere finalistico per spiegare l'evoluzione prevedendo, appunto, uno scopo finale che la diriga.

    Esiste una variante di tali argomentazioni, nota come principio antropico forte. Secondo questa concezione, le probabilità che il mondo si rivelasse adatto alla sopravvivenza e allo sviluppo di forme di vita sono così scarse che si può concludere che il mondo sia il risultato di un progetto. Ovvero il fatto che forme di vita, addirittura intelligenti quali gli esseri umani, si siano evolute e siano sopravvissute ci fornirebbe una prova dell'esistenza di un progetto iniziale.

    Questo potrebbe essere spiegato dall'esistenza di una divinità che eserciti un controllo sulle condizioni fisiche del nostro universo in modo tale da permettere l'evoluzione della forma di vita intelligente. Ben si comprende che questo punto di vista non nega in alcun modo il concetto di evoluzione, semmai lo concilia con il punto di vista deista. In particolare tale modalità interpretativa può essere messa in relazione alle forme non teoetotomistiche di religione, forme di religiosità di origini antichissime che non contemplano né il concetto di peccato né una soteriologia analoga a quella delle moderne religioni monoteistiche.

    Teleologia e destino ultimo dell'universo

    A questo proposito non si può non menzionare la Teoria del punto Omega proposta dal fisico Frank Tipler, che mira a conciliare l'evoluzione, il progresso, il destino ultimo dell'universo, il principio antropico, la futura esistenza di un Dio.

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    00 20/04/2010 08:09
    Argomento teleologico, o argomento del disegno divino,
    è una delle argomentazioni utilizzate per indurre a favore dell'
    esistenza di Dio o di un creatore, prendendo a motivazione il percepimento evidente di un ordine, uno scopo, un progetto o una direzione nello stato delle cose.

    Formulazione dell'argomento

    Nella sua variante di base, l'argomento teleologico può essere formulato come segue:

    1. X è troppo [ complesso, ordinato, adattivo, palesemente finalizzato, bello ] per essere apparso casualmente;
    2. perciò X deve essere stato creato da un essere [ senziente, intelligente, saggio, con uno scopo ];
    3. Dio è quell'essere;
    4. dunque Dio esiste.

    Al posto di X normalmente si trova l'universo, la vita, il processo dell'evoluzione, l'umanità, particolari specie animali, un particolare organo come l'occhio o il linguaggio umano; X sostituisce talvolta una delle costanti fondamentali dell'universo, come una costante fisica o una legge fisica, e talvolta questo argomento basato anche sul principio antropico, che sottolinea come l'universo sia esattamente come deve essere per permettere ad una forma di vita intelligente di esistere.

    Mentre molte delle forme classiche di questo argomento sono collegate al monoteismo, alcune versioni possono sostituire a Dio un demiurgo, più divinità o talvolta gli extraterrestri come causa dei fenomeni naturali, sebbene la forma precedente possa ricorrere ancora in occasione della causa prima. È anche possibile lasciare aperta la questione dell'identità del "progettista":

    1. la complessità implica un progettista;
    2. l'universo è altamente complesso;
    3. dunque l'universo ha un progettista.
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    00 20/04/2010 08:27

    Disegno intelligente

    Da Wikipedia

    Il disegno intelligente o ID (traduzione errata, ma invalsa, dell'inglese Intelligent Design, propriamente "progetto intelligente"), altrimenti noto come creazionismo evolutivo e creazionismo scientifico, è la corrente di pensiero secondo la quale «alcune caratteristiche dell'universo e delle cose viventi sono spiegabili meglio attraverso una causa intelligente, non attraverso un processo non pilotato come la selezione naturale».[1][2] Si tratta di una forma moderna del tradizionale argomento teleologico dell'esistenza di Dio, modificato per evitare di spiegare la natura o l'identità del disegnatore.[3][4] I suoi sostenitori principali sono associati al Center for Science and Culture del Discovery Institute,[5][6] i cui membri ritengono che il disegnatore sia identificabile in Dio.[7] I promotori del disegno intelligente affermano che si tratti di una teoria scientifica,[8] e cercano di ridefinire la scienza in modo da farle accettare anche spiegazioni soprannaturali, invece che solo quelle naturali. [9]

    Il consenso della comunità scientifica è che il disegno intelligente non sia scienza.[10] Per esempio, l'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti ha affermato che il disegno intelligente, e altre posizioni sull'intervento di forze soprannaturali nell'origine della vita, non sono scienza, perché non possono essere provate con esperimenti scientifici, non fanno predizioni e non propongono nuove ipotesi proprie.[11] ---

        La visibilità del "movimento per il disegno intelligente" crebbe negli anni novanta e agli inizi del primo decennio del XXI secolo, fino a culminare nel "processo Dover" del 2005, che mise sotto giudizio la legittimità dell'insegnamento del disegno intelligente nei corsi di scienze delle scuole pubbliche. Nel processo Kitzmiller v. Dover Area School District, un gruppo di genitori di studenti delle superiori contestarono l'obbligo per i professori delle scuole pubbliche del distretto a presentare nei corsi di biologia il disegno intelligente come una «spiegazione dell'origine della vita» alternativa. Il giudice distrettuale John E. Jones III sentenziò che il disegno intelligente non è scienza, che «non può distinguersi dai suoi predecessori creazionisti, e quindi religiosi», e concluse quindi che la sua promozione da parte del distretto scolastico violava la clausola di riconoscimento del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.[16]

    Il disegno intelligente è presentato come una alternativa alle spiegazioni naturali per lo sviluppo della vita; come tale, si oppone alla biologia, che si basa sul metodo scientifico per spiegare la vita attraverso processi osservabili come la mutazione e la selezione naturale.[21][22]

    L'obiettivo dichiarato del disegno intelligente è quello di indagare l'esistenza di prove empiriche che implichino che la vita sulla Terra debba essere stata disegnata da uno o più agenti intelligenti. William Dembski, uno dei principali proponenti del disegno intelligente, ha detto che l'affermazione principale del disegno intelligente è che «esistono sistemi naturali che non possono essere spiegati adeguatamente in termini di forze naturali non governate e che mostrano caratteristiche in qualunque altra circostanza sarebbero attribuite all'intelligenza».[23] In Wedge strategy, il manifesto trapelato al pubblico del Discovery Institute, ai sostenitori del movimente veniva detto «Stiamo cavalcando questa onda, allargando il cuneo [wedge, n.d.t.] con una alternativa scientifica positiva alle teorie scientifiche materialistiche, che è divenuta nota come disegno intelligente. La teoria del disegno promette di rovesciare la soffocante predominanza della visione materialistica del mondo e di sostituirla con una scienza in accordo con le convinzioni cristiane e teistiche».[24][25]

    I sostenitori del disegno intelligente cercano prove di quelli che chiamano "segni dell'intelligenza", proprietà fisiche di un oggetto che fanno riferimento a un disegnatore (come nel caso dell'argomento teleologico). Per esempio, i proponenti del disegno teologico sostengono che un archeologo che trova una statua di pietra in un campo potrebbe concludere comprensibilimente che la statua è stata disegnata e ragionevolmente cercare il suo disegnatore; l'archeologo non sarebbe autorizzato a giungere alla stessa affermazione riguardo un macigno irregolare delle stesse dimensioni. I sostenitori del disegno affermano che i sistemi viventi mostrano grande complessità e ne deducono che alcuni aspetti della vita sono stati disegnati.

    I sostenitori del disegno intelligente affermano che, sebbene la prova a favore della natura di una "causa o agente intelligente" possa non essere osservabile direttamente, i suoi effetti in natura possono essere rilevati. Dembski afferma in Signs of Intelligence: «i sostenitori del disegno intelligente lo considerano un programma di ricesca scientifico che investiga gli effetti delle cause intelligenti ... non le cause intelligenti per se». Nella sua visione non è possibile cercare di identificare influenze esterne a un sistema chiuso dall'interno, dunque le questioni riguardo l'identità di un disegnatore cadono fuori dal dominio della visione.

    Il termine venne promosso più ampiamente da Phillip E. Johnson, che è stato per 20 anni un famoso professore di legge presso l'Università di Berkeley, USA, a seguito del suo libro, uscito nel 1991 e in seconda edizione aggiornata nel 1993, Darwin on Trial, libro che a tutt'oggi costituisce, insieme con Darwin's Black Box di Michael Behhe, il punto di riferimento fondamentale della critica che il Disegno intelligente porta alla teoria evolutiva neodarwiniana. Johnson, agnostico convertito al cristianesimo, è il consigliere per i programmi del Center for Science and Culture ed è considerato il padre del movimento del disegno intelligente. Nel 1987, durante un anno sabbatico in Inghilterra, Johnson lesse insieme il libro di Richard Dawkins "L'orologiaio cieco", che difende vigorosamente la teoria dell'evoluzione darwiniana, e il libro di Michael Denton "Evolution: A Theory in Crisis", che invece è fortemente critico delle basi scientifiche dell'evoluzione darwiniana. Johnson trovò il libro di Dawkins "a brilliantly written polemic, and notable for the absence of supporting evidence", mentre fu convinto dalla descrizione scettica di Denton. Di qui nacque in Johnson l'idea di saggiare le basi della teoria dell'evoluzione darwiniana dal punto di vista dell'evidenza scientifica e, soprattutto, dal punto di vista metodologico. La tesi di Johnson, chiaramente e dettagliatamente esposta nel libro, è che la sintesi neodarwiniana si propone a priori come spiegazione accertata dell'evoluzione biologica, più che appoggiarsi a reali prove scientifiche per dimostrare la propria validità. In altri termini affermerebbe la propria verità a partire dall'accettazione assiomatica di uno stretto naturalismo scientifico come uno metodo valido di indagine scientifica. Su queste basi la teoria dell'evoluzione neodarwiniana non sarebbe in realtà una teoria scientifica ma un paradigma naturalistico di comprensione del mondo, sfuggendo a priori alla falsificabilità proposta da Popper come caratteristica base di una vera teoria scientifica. A questo proposito Johnson cita come per lo stesso Popper la teoria darwiniana non fosse in realtà una teoria scientifica e il meccanismo evolutivo proposto dal neodarwinismo fosse proposto in realtà come una Tautologia, per cui qualsiasi riscontro sperimentale poteva essere fatto rientrare nella teoria stessa.

    È da ricordare che per circa un millennio, i filosofi hanno sostenuto che la complessità del "disegno" della natura, che opera per scopi complicati, indica l'esistenza di un progettista/creatore sovrannaturale; questo è noto come l'argomento teleologico dell'esistenza di Dio. Le forme più importanti di questa argomentazione furono espresse da Tommaso d'Aquino nella sua Summa Theologica[29] (XIII secolo), in cui il progetto era l'ultima delle cinque prove dell'esistenza di Dio, e da William Paley nel suo libro Natural Theology (XIX secolo) dove compare la sua analogia dell'orologiaio. Il concetto moderno di disegno intelligente si distingue dall'argomento teleologico in quanto non identifica l'agente della creazione.

    [Modificato da Credente 20/04/2010 14:00]
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    00 20/04/2010 08:28
    Così si esprime Mons. Fiorenzo Facchini, docente di Antropologia e Paleontologia all'Università di Bologna (Osservatore Romano, 16-I-2006):
      « Con il ricorso a interventi esterni suppletivi o correttivi rispetto alle cause naturali viene introdotta negli eventi della natura una causa superiore per spiegare cose che ancora non conosciamo, ma che potremmo conoscere. Ma così non si fa scienza. Ci portiamo su un piano diverso da quello scientifico. Se il modello proposto da Darwin viene ritenuto non sufficiente, se ne cerchi un altro, ma non è corretto dal punto di vista metodologico portarsi fuori dal campo della scienza pretendendo di fare scienza. »
       

    Analogamente il cardinale Camillo Ruini ha affermato che, nel momento in cui dal disegno intelligente si inferisce l'esistenza di un'intelligenza creatrice, è concreta la possibilità di sconfinare dai canoni della ricerca scientifica naturalistica.[36]

    Sempre Facchini tuttavia tiene a precisare che l'impossibilità di comprendere la creazione con metodi scientifici va considerata in entrambe le direzioni: se la scienza non permette di inferire la creazione, non permette neanche di falsificarla.

      « Sull'altro fronte è da criticare come alcuni scienziati darwinisti abbiano assunto l'evoluzione in senso totalizzante, passando dalla teoria alla ideologia, in una visione che pretende di spiegare tutta la realtà vivente, compreso il comportamento umano, in termini di selezione naturale escludendo altre prospettive, quasi che l'evoluzione possa rendere superflua la creazione e tutto possa essersi autoformato e possa essere ricondotto al caso. La scienza in quanto tale, con i suoi metodi, non può dimostrare, ma neppure escludere che un disegno superiore si sia realizzato, quali che siano le cause, all'apparenza anche casuali o rientranti nella natura. »
       

    Nel dichiarare di accettare il naturalismo metodologico come parte della definizione di scienza, Facchini si allontana dai sostenitori del disegno intelligente su quello che è il vero punto chiave della disputa. Tale posizione è condivisa da altri cattolici, come l'astronomo gesuita padre George Coyne, già direttore della Specola Vaticana,[37] ma non è accolta unanimemente.

    In prima fila tra i detrattori si trova il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn che ha espresso ampiamente la sua idea in un editoriale sul New York Times del 7.7.2005 dal titolo "Scoprire il progetto nella natura", editoriale che ha avuto un'enorme eco:

      « I difensori del dogma neo-Darwiniano hanno spesso invocato la supposta accettazione - o almeno acquiescienza - del Cattolicesimo Romano quando essi difendono la loro teoria come fosse compatibile con la fede Cristiana. Ma questo non è vero. La Chiesa Cattolica, mentre lascia alla scienza molti dettagli circa la storia della vita sulla terra, proclama che con la luce della ragione l'intelletto umano può chiaramente discernere uno scopo e un progetto nel mondo naturale e negli esseri viventi. Potrebbe essere fondata un'evoluzione intesa come discendenza comune; ma non un'evoluzione concepita in senso neodarwiniano, come processo non guidato, che non risponde a un progetto, ed è mossa soltanto dalla selezione naturale e dalle variazioni casuali. Ogni sistema di pensiero che neghi o cerchi di rifiutare l'imponente evidenza di progetto in biologia è ideologia non scienza [...] Ora all'inizio del 21° secolo, in contrapposizione a posizioni scientifiche come il neo-darwinismo e l'ipotesi del multiverso in cosmologia inventato per evitare la sovrabbondante evidenza di scopo e progetto che si trova nella scienza moderna, la Chiesa Cattolica difenderà di nuovo la ragione umana proclamando che il progetto immanente che è evidente nella natura è reale. Teorie scientifiche che cercano di negare l'evidenza di progetto come il risultato di caso e necessità non sono per niente scientifiche, ma, come affermato da Giovanni Paolo, un'abdicazione dell'intelligenza umana. »
       

    Lo stesso Schoenborn si è in seguito espresso con toni più moderati[38]:

      « Dall'enciclica Humani generis di Pio XII è chiaro che la teoria dell'evoluzione è valida al fine di comprendere taluni meccanismi, ma non può essere vista o accettata per spiegare l'esistenza della vita. »

    Complessità irriducibile [modifica]

    Definizione e applicazione nell'ambito del disegno intelligente [modifica]

    Il concetto di "complessità irriducibile" venne introdotto da Michael Behe nel suo libro del 1996, intitolato Darwin's Black Box ("La scatola nera di Darwin"), e definito come:

    (EN)
    « a single system which is composed of several well-matched interacting parts that contribute to the basic function, wherein the removal of any one of the parts causes the system to effectively cease functioning. »
    (IT)
    « un singolo sistema composto da diverse parti interagenti e ben assemblate, che contribuiscono alle funzioni di base, nel quale la rimozione di una qualsiasi delle parti causa la cessazione dell'effettivo funzionamento del sistema.  »
    (Michael Behe, Molecular Machines: Experimental Support for the Design Inference)

    Behe usa l'esempio della trappola per topi per illustrare il concetto di complessità irriducibile. Una trappola per topi consiste di diverse parti che interagiscono — la base, la molla, il blocco e il relativo gancio di fermo: tutte queste devono essere presenti perché la trappola funzioni.

    L'argomentazione della complessità irriducibile viene utilizzata per dimostrare l'impossibilità, da parte della teoria dell'evoluzione di rendere conto dell'emergere di alcuni complessi sistemi biochimici cellulari: Behe e altri sostenitori del disegno intelligente affermano infatti che tali meccanismi, in quanto dotati di complessità irriducibile, non possono essersi evoluti gradualmente e che quindi devono essere stati progettati deliberatamente da qualche forma di intelligenza. I promotori del disegno intelligente sostengono che la selezione naturale, in base alla sua stessa definizione e modalità operativa, non può aiutare nell'evoluzione di questi sistemi attraverso piccole modifiche successive, perché la funzionalità del sistema è presente solo quando tutte le parti che lo compongono sono assemblate. Gli esempi di meccanismi irriducibilmente complessi fatti originalmente da Behe comprendevano il flagello batterico dell'E. coli, la coagulazione del sangue, le ciglia, e il sistema immunitario adattivo.

     

    Complessità specificata [modifica]

    Definizione [modifica]

    Nell'ambito del disegno intelligente, il concetto di "complessità specificata" è stato sviluppato negli anni 1990 dal matematico, filosofo e teologo William Dembski. Dembski sostiene che quando qualcosa mostra una complessità specificata (ovvero è qualcosa al tempo stesso complesso e "specificato") si può inferire che sia stato prodotto da una causa intelligente (ovvero è stato progettato), piuttosto che sia il risultato di processi naturali. Egli fornisce i seguenti esempi: «Una singola lettera dell'alfabeto è specificata senza essere complessa. Una lunga frase composta da lettere casuali è complessa senza essere specificata. Un sonetto di Shakespeare è sia complesso che specificato».[45] Dembski sostiene che i dettagli delle creature viventi possono essere caratterizzati in modo simile, in particolare le "forme" assunte dalle sequenze molecolari in molecole biologiche funzionali come il DNA.

    Inoltre, Dembski definisce come complex specified information ("informazione complessa specificata", CSI) un evento stocastico che abbia una probabilità di realizzarsi per caso inferiore a 10-150, il "limite di probabilità universale". Tale valore corrisponde all'inverso del limite superiore del "numero totale di [possibili] eventi specificati nel corso di tutta la storia cosmica," così come è stato calcolato da Dembski.[46] Dembski argomenta che il CSI non può essere generata solo dai meccanismi naturali conosciuti della legge fisica e del caso, o da una loro combinazione. Egli sostiene che ciò avviene perché tali leggi possono solo variare o perdere informazione, ma non la producono, e il caso può produrre informazioni complesse non specificate o informazioni specificate non complesse, ma non CSI; Dembski fornisce un'analisi matematica che a suo parere dimostrerebbe che le leggi e il caso, anche operando assieme, non possono produrre ICS.

    Universo finemente regolato 

    Un altro argomento portato avanti dai promotori del disegno intelligente riguarda le caratteristiche dell'universo in cui viviamo, che definiscono un "universo finemente regolato", un universo, cioè, in cui i valori delle costanti universali avrebbero proprio quei valori necessari alla vita e che non potrebbero essere solamente dovuti al caso. Il sostenitore del disegno intelligente e socio del Center for Science and Culture Guillermo Gonzalez afferma che se uno qualunque di questi valori fosse anche solo appena differente, l'universo risultante sarebbe drammaticamente differente, rendendo impossibile la formazione di molti elementi chimici e strutture dell'Universo, come le galassie.[51] Per questo motivo, secondo i sostenitori del disegno intelligente, è necessario un progettista intelligente della vita per assicurare che le caratteristiche necessarie ad essa fossero presenti.

    Dilemma di Haldane [modifica]

    Il "dilemma di Haldane" si riferisce ad un limite sulla velocità del processo di evoluzione favorevole, calcolata in primo luogo da John Burdon Sanderson Haldane nel 1957 e chiarita ulteriormente dai commentatori successivi.[58] I critici dell'evoluzione, ed in particolare i fautori del disegno intelligente, affermano come questo dilemma sia scientificamente insoluto dalla comunità scientifica e che suggerisca l'inadeguatezza del meccanismo neodarwiniano nella spiegazione dell'evoluzione biologica. In particolare, il creazionista Walter ReMine ha affermato che l'evoluzione da un antenato comune di esseri umani e scimmie non avrebbe potuto avvenire in cinque milioni di anni, proprio a causa del dilemma di Haldane.[59]

    Nel suo The Cost of Natural Selection Haldane sintetizza così il problema:

      « Il numero di loci in una specie di vertebrati è stato valutato a circa 40.000. Le specie, anche quando imparentate strettamente, possono differire per migliaia di loci, anche se le differenze per lo più sono molto lievi. Ma è richiesto lo stesso numero di morti, o un numero equivalente, sia per sostituire un gene che produce un fenotipo a mala pena distinguibile da uno che produce un fenotipo molto differente. Se due specie differiscono per 1000 loci ed il tasso medio di sostituzione dei geni, come è stato suggerito, è di una ogni 300 generazioni, ci vorranno 300.000 generazioni per generare una differenza interspecifica. Può volerci molto di più, dato che se un allele a1 è sostituito da a10, la popolazione può passare attraverso fasi in cui il genotipo più comune è a1a1, a2a2, a3a3 e così via, in successione, attraverso le varie combinazioni di alleli che danno di volta in volta l'idoneità massima nell'ambiente attuale e nell'ambiente residuo. Quindi il numero di 300 generazioni è una valutazione conservativa per una specie che evolve lentamente ma non è sull'orlo dell'estinzione. Per una differenza di almeno 1.000 geni, sono necessarie 300.000 generazioni - forse di più, se un certo gene passa attraverso più di un'ottimizzazione. »

    Ipotesi sul progettista [modifica]

    Le argomentazioni del disegno intelligente sono formulate in termini secolari ed evitano intenzionalmente di identificare il progettista o i progettisti che presuppongono. Sebbene il progettista non venga identificato in un dio, di fatto gli argomenti proposti dal disegno intelligente ipotizzano spesso implicitamente che il progettista sia intervenuto con mezzi soprannaturali: se, da una parte, William Dembski afferma in The Design Inference che l'introduzione della vita sulla Terra da parte di alieni sia compatibile con le sue ipotesi, lo stesso Dembski ammette poi che «nessun progettista intelligente che sia esclusivamente fisico avrebbe potuto provvedere all'origine dell'universo o della vita».[70] I principali sostenitori del disegno intelligente hanno rilasciato dichiariazioni ai propri sostenitori in cui affermano di credere che il progettista sia il Dio cristiano, escludendo quindi le altre religioni.[71][72] [73]

    Secondo molti critici i ricercatori del disegno intelligente dovrebbero spiegare perché gli organismi vennero progettati come sono, sostenendo che molti esempi presenti in biologia renderebbero l'ipotesi del progetto improbabile. Per esempio Jerry Coyne dell'Università di Chicago si chiede:

      « Perché un progettista intelligente creerebbe milioni di specie per farle estinguere, rimpiazzandole con altre e ripetendo il processo varie volte? [...] Perché il progettista ha dato delle ali piccole e non funzionali ai kiwi? O occhi inutili agli animali che vivono nelle grotte? O un transitorio mantello di peli al feto umano? [...] Perché il progettista ci ha dato un modo per produrre vitamina C, per poi distruggerlo disabilitando uno dei suoi enzimi? Perché il progettista intelligente ha riempito le isole oceaniche di rettili, mammiferi, anfibi e pesci d'acqua dolce, nonostante la non idoneità di tali isole per queste specie? E perché avrebbe fatto assomigliare la flora e la fauna di queste isole a quella del continente più vicino, anche quando i due ambienti sono molto differenti? »
       

    A riguardo, Michael Behe ha scritto in Darwin's Black Box che noi non siamo capaci di comprendere le motivazioni del progettista, per cui è impossibile rispondere in maniera definitiva a queste domande: «Caratteristiche che ci colpiscono come strane, potrebbero esser state date dal progettista per vari motivi [...] per ragioni artistiche, per mettersi in mostra, per qualche scopo pratico non ancora individuabile, o per qualche ragione non intuibile». D'altra parte i critici come Coyne obiettano che la possibilità di motivi mutuamente contraddittori e "non intuibili", così come l'esistenza di progetti non ottimali indicherebbe che il disegno intelligente non è falsificabile e quindi non è scientifico.

    "Cosa (o chi) ha progettato il progettista?" [modifica]

    Sollevando la questione della necessità di un progettista per gli oggetti a complessità irriducibile, il disegno intelligente solleva anche la questione se il progettista debba a sua volta essere progettato e se sì cosa o chi avrebbe progettato il progettista. In particolare i critici argomentano nel modo seguente.

    1. In base alle sue stesse argomentazioni ogni progettista capace di creare complessità irriducibili deve essere anch'esso irriducibilmente complesso.

    2. Se alla domanda "chi lo ha ha progettato?" si risponde con argomenti teologici, invocando una causa non causata come una divinità, l'obiezione è che il disegno intelligente si ridurrebbe al creazionismo religioso.

    3. Se venisse postulata l'esistenza di anche una singola causa non causata nell'universo, ciò contraddirebbe l'assunto fondamentale del disegno intelligente, per cui ogni oggetto complesso richiede un progettista.

    4. Se, in caso contrario, la successione di progettisti potesse continuare all'infinito, l'obiezione è che questo creerebbe un paradosso logico nel disegno intelligente, lasciando così pendente la questione della creazione del primo progettista.

    Quindi, secondo gli oppositori, qualsiasi tentativo di aggiustare le ipotesi del disegno intelligente, o produrrebbe una contraddizione, o lo ridurrebbe a un credo nel creazionismo religioso. In quest'ultimo caso non vi sarebbe contraddizione alcuna ma il disegno intelligente cesserebbe di essere una teoria falsificabile e perderebbe la sua abilità si autosostenersi come teoria scientifica. In particolare Richard Dawkins, sostiene che il disegno intelligente prenderebbe semplicemente la complessità richiesta per l'evoluzione della vita spostandola sul "progettista" senza spiegare come la complessità si sia generata in primo luogo.[74]

    I sostenitori del disegno intelligente controbattono che l'intera argomentazione è basata su un ragionamento errato:

    1. Anche se è vero che un progettista capace di creare complessità irriducibili deve essere necessariamente più complesso di ciò che ha generato, il disegno intelligente non ha affatto tra i suoi assunti fondamentali che ogni oggetto o entità complessa debba richiedere un progettista; questo è un requisito, che deriva semmai dall'applicazione di un assioma strettamente naturalistico che non solo non è dimostrato, ma anzi è proprio l'oggetto del contendere; sarebbero quindi proprio i sostenitori del neo-darwinismo a cadere in contraddizione logica svolgendo un ragionamento circolare.

    2. Nelle argomentazioni non è necessario introdurre argomenti teologici, invocando una causa non causata come una divinità, perché il disegno intelligente si limita all'inferenza del progetto senza andare oltre alla ricerca delle motivazioni e della natura del progettista; è del tutto indifferente da questo punto di vista che vi sia un progettista primo o che vi sia una catena infinita di progettisti; quindi non richiede affatto come presupposto il creazionismo religioso.

    3. Inoltre la metodologia stessa della scienza naturalistica deve accettare una regressione all'infinito di modelli e spiegazioni relativi ai fenomeni naturali; sarebbe quindi completamente contraddittorio accusare di paradosso logico il disegno intelligente, che limita volutamente i suoi obiettivi, quando semmai questa accusa e l'affermazione di Dawkins sarebbero a maggior ragione applicabili alla scienza naturalistica.

    Quindi, secondo i sostenitori, nella metodologia e nelle argomentazioni del disegno intelligente non ci sarebbe alcuna contraddizione logica, o confusione con il creazionismo religioso e il disegno intelligente manterrebbe a pieno titolo le sue caratteristiche di teoria scientifica
    [Modificato da Credente 20/04/2010 14:34]
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    Credente
    00 20/04/2010 08:28

    Movimento del disegno intelligente [modifica]

    Il movimento per il disegno intelligente è una campagna organizzata per promuovere le argomentazioni del disegno intelligente in ambito pubblico, principalmente negli USA. Il movimento sostiene che il disegno intelligente svela i limiti metodologici dell'approccio scientifico e della secolare filosofia del naturalismo. In particolare, i suoi appartenenti sostengono che la scienza, facendo affidamento sul naturalismo, richiede l'adozione di una filosofia naturalistica che, ipotizzando il mondo naturale come un sistema chiuso retto da leggi naturali interne immutabili e immodificabili dall'esterno, rifiuta a priori, e come metodo, ogni spiegazione che contenga una causa interna o esterna sovrannaturale o teleologica. Il punto di partenza è quindi una visione non strettamente naturalistica della scienza e che in questa visione il disegno intelligente sarebbe in grado di far entrare a pieno titolo il teismo e l'intervento diretto di Dio nella creazione del mondo tra gli argomenti pienamente compatibili con la scienza, e questo perché, contrariamente al Creazionismo scientifico non richiede né utilizza nei suoi argomenti argomenti a supporto diretto della natura di una divinità. Alla luce di due visioni metafisiche così distanti, il dibattito sul disegno intelligente non poteva da entrambe le parti limitato all'ambito puramente scientifico. Si spiegano così le dichiarazioni di Phillip E. Johnson, considerato il padre del "movimento per il disegno intelligente":

    • "La nostra strategia è stata quella di cambiare un po' l'argomento in modo da poter portare la questione del disegno intelligente, che in realtà significa l'esistenza di Dio, davanti al mondo accademico e nelle scuole."[78]
    • "Questo non è esattamente, e non è mai stato, un dibattito sulla scienza. Riguarda la religione e la filosofia."[79]
    • "Quindi il punto è: "Come vincere?" Questo è il momento in cui ho iniziato a sviluppare ciò che ora vedete completamente dispiegato nella strategia del cuneo: "Attieniti alla cosa più importante" —il meccanismo e l'accumulo dell'informazione. Tieni la Bibbia e la Genesi fuori dal dibattito perché non vuoi sollevare la questione della cosiddetta dicotomia Bibbia/scienza. Formula le argomentazioni in modo tale che possano essere ascoltate nel mondo accademico secolare e in un modo che tenda ad unificare il dissenso religioso. Questo significa concentrarsi su, "Hai bisogno di un Creatore per avere la creazione, o la natura può farla da se?" e rifiutarsi di farsi deviare su altre questioni, cosa che la gente cerca sempre di fare."[80]


    Il principio antropico

    vuole sottolineare che noi viviamo in un universo che di fatto permette l'esistenza della vita come noi la conosciamo. Ad esempio se una o più delle costanti fisiche fondamentali avessero avuto un valore differente alla nascita dell'universo, allora non si sarebbero formate le stelle, né le galassie, né i pianeti e la vita come la conosciamo non sarebbe stata possibile. Di conseguenza nel formulare teorie scientifiche bisogna porre attenzione a che siano compatibili con la nostra esistenza attuale. Il principio, semplice in sé, ma non banale, è stato variamente interpretato, sino a venir impiegato per giustificare visioni di opposto significato. Sono stati scritti diversi elaborati che sostengono che il principio antropico potrebbe spiegare costanti fisiche quali la costante di struttura fine, il numero di dimensioni dell'universo, e la costante cosmologica. In sé il principio, nella sua formulazione debole, non spiega, ma restringe il campo delle possibili teorie e ne giustifica alcune.

    Il principio enunciato da Carter è:

    • Principio antropico debole: "dobbiamo tenere presente il fatto che la nostra posizione [nello spazio e nel tempo] è necessariamente privilegiata, in quanto compatibile con la nostra esistenza di osservatori."
    • Principio antropico forte: "l'universo (e di conseguenza i parametri fondamentali che lo caratterizzano) dev'essere tale da permettere la creazione di osservatori all'interno di esso ad un dato stadio [della sua esistenza]."

    John D. Barrow e Frank Tipler enunciano invece tre versioni del principio antropico, con qualche differenza rispetto a quelle di Carter:

    • Principio antropico debole: "I valori osservati di tutte le quantità fisiche e cosmologiche non sono equamente probabili ma assumono valori limitati dal prerequisito che esistono luoghi dove la vita basata sul carbonio può evolvere e dal prerequisito che l'universo sia abbastanza vecchio da aver già permesso ciò."
    • Principio antropico forte: "L'universo deve avere quelle proprietà che permettono alla vita di svilupparsi al suo interno ad un certo punto della sua storia."
    • Principio antropico ultimo: "Deve necessariamente svilupparsi una elaborazione intelligente dell'informazione nell'universo, e una volta apparsa, questa non si estinguerà mai."

    Carter enunciò solo la forma forte e quella debole. Barrow e Tipler derivano il principio antropico ultimo da quello forte, considerando che non ha senso che un universo che ha la capacità di sviluppare la vita intelligente non duri a sufficienza per svilupparla.

     

    Nel 1986 venne pubblicato il libro The Anthropic Cosmological Principle (il principio antropico cosmologico) di John D. Barrow e Frank J. Tipler: si tratta del più esteso lavoro sul principio antropico e sulle sue implicazioni nelle varie scienze. In questo libro Barrow, un cosmologo dell'università di Cambridge, e Tipler, un fisico matematico dell'università di New Orleans, discussero il cosiddetto "principio antropico", allo scopo di enunciare le coincidenze apparentemente incredibili che permettono l'esistenza del nostro universo e della vita intelligente, nella fattispecie l'umanità, all'interno di esso. Infatti, sottolineano Barrow e Tipler, tutte le caratteristiche dell'universo in cui viviamo dipendono dai valori di un insieme di costanti cosmologiche fondamentali, che allo stato attuale di conoscenza sono fra loro indipendenti. Siccome non tanto lo sviluppo di vita intelligente, ma la stessa esistenza dell'universo dipende da variazioni infinitesime di questi valori, concludono Barrow e Tipler, non si può studiare la struttura attuale dell'universo senza tenere in conto le esigenze fisiche alla base della nostra esistenza.

    Benché Barrow e Tipler sottolineino che il loro compito è semplicemente di esporre le teorie, e non crederci, nel testo spingono il lettore verso una visione assai diversa da quella di Carter.

    Brandon Carter presentò le sue idee sul principio antropico in una pubblicazione del 1974 dell'Unione Astronomica Internazionale. Successivamente, nel 1983, sostenne che, nella sua forma originale, il principio intendeva solamente mettere in guardia astrofisici e cosmologi dei possibili errori nell'interpretazione dei dati astronomici e cosmologici se i vincoli biologici dell'osservatore venivano presi in considerazione. Nel 1983 incluse anche l'avvertimento che era vero anche il contrario per i biologi evoluzionisti; Carter sostenne che nell'interpretare il percorso evoluzionistico, si dovevano tenere in conto i vincoli astrofisici del processo. Lavorando tenendo questo a mente, Carter concluse che la catena evoluzionistica poteva comprendere solo uno o due concatenamenti improbabili, dato il lasso di tempo disponibile. Successivamente Antonio Feoli e Salvatore Rampone ("Is the Strong Anthropic Principle Too Weak?", 1999) argomentarono che la dimensione stimata dell'universo, e il numero di pianeti in esso, permettono di fissare un limite superiore, indicando che non vi è alcuna prova di un progetto intelligente nell'evoluzione.

    [Modificato da Credente 20/04/2010 14:53]
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    00 20/04/2010 08:28
    Dal dizionario teologico:

    Argomento teleologico

    (Gr. " studio dei fini e degli scopi "). È l'argomento che parte dall'ordine che si costata nel mondo per affermare l'esistenza di Dio come Ordinatore e Causa finale di ogni cosa. In maniere differenti, Aristotele (384-322 a.C.), san Tommaso d'Aquino (circa 1225-1274) e molti altri hanno interpretato l'universo come rivelatore di finalità intelligenti e indicatore di Dio come fine ultimo di tutte le cose. Davide Hume (1711-1776) ha messo in discussione la causalità trans-empirica in genere; Immanuel Kant (1724-1804) ha contestato la possibilità di prove, in particolare per l'esistenza di Dio. L'argomento teleologico ha dovuto affrontare ulteriori obiezioni quanto Charles Darwin (1809-1882) spiegò il disegno biologico come la sopravvivenza dei più idonei. Le teorie meccanicistiche dell'ordine del mondo come semplice risultato di operazioni casuali delle forze naturali sono durate a lungo.

          Però, i recenti progressi in astronomia, biologia, fisica ed in altre scienze hanno mostrato quanto vasto e di grande portata sia l'ordine in un mondo che, a quanto pare, esiste solo da un tempo tutto sommato relativamente breve.

    Le probabilità contrarie ad un ordine così sbalorditivo che sarebbe emerso per puro caso dànno una nuova plausibilità all'argomento che postula un Ordinatore intelligente.


    Causalità.

    È l'influsso esercitato da un essere o da una parte di esso su un altro essere. La causa efficiente produce i suoi effetti su un essere che esiste già o porta all'esistenza un altro essere. La causa materiale è la « materia » con cui è fatta una cosa. La causa formale forma e organizza qualcosa, rendendola quello che è. La causa finale è il fine per cui è fatta una cosa. La causa esemplare serve da modello che va imitato nella produzione di un essere. Per indicare che l'attività divina e quella umana sono poste su piani differenti, Dio è chiamato Causa prima, nel senso che tutte le altre realtà dipendono da lui nel venire all'esistenza, nel continuare ad essere e nel loro agire. Le creature sono chiamate cause seconde, in quanto è solo nella loro radicale dipendenza da Dio che possono influire le une sulle altre.


    [Modificato da Credente 20/04/2010 16:16]
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    00 20/04/2010 15:04

    William Dembski

    Da Wikipedia

    Dembski

    William Albert Dembski (Chicago, 18 luglio 1960) è un matematico[1], filosofo[2] e teologo[3] statunitense, sostenitore della teoria creazionista del disegno intelligente, che si contrappone alla teoria dell'evoluzione.

    Secondo Dembski, lo studio scientifico della natura rivela prove di un progetto; per questo motivo egli si oppone a quello che definisce la fedeltà della scienza al materialismo "ateo" o al naturalismo, che ritiene escluda il disegno intelligente a priori. Il suo contributo principale è la definizione della complessità specificata, che sarebbe il marchio del progettista intelligente. Il suo lavoro è controverso: la comunità scientifica rigetta ampiamente le sue idee, con le maggiori organizzazioni scientifiche (come la National Academy of Science e la American Association for the Advancement of Science) che definiscono il disegno intelligente come una pseudoscienza e alcune voci nella comunità contestano le sue qualifiche come scienziato, filosofo e matematico.

    I sostenitori di Dembski includono il fautore del disegno intelligente Robert Koons, membro come Dembski del Discovery Institute, dell'International Society for Complexity, Information and Design di Dembski, e filosofo presso la University of Texas at Austin; Koons ha definito Dembski «l'Isaac Newton della teoria dell'informazione». Al contrario il matematico e teorico dei numeri Jeffrey Shallit, dopo aver studiato le tesi di Dembski, lo ha definito non significativo.[4]. Negli ultimi anni l'attività di ricerca di Dembski si è concentrata sugli aspetti teorici e sui limiti della conservazione e creazione dell'informazione a seguito di processi evolutivi; l'attività, è svolta in collaborazione con Robert J. Marks.


    [Modificato da Credente 20/04/2010 16:40]
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    00 20/04/2010 15:04

    Riflessioni sul " DISEGNO INTELLIGENTE "

    All’interno della Chiesa c’è una gran varietà di opinioni. Se Christoph Schönborn attacca frontalmente i concetti centrali del neodarwinismo, invece gli scienziati cattolici che si sono incontrati alla Pontificia università Gregoriana fra il 31 ottobre e il 4 novembre 2008 respingono ufficialmente la teoria dell’ Intelligent Design, definendola “un creazionismo malamente mascherato da scienza”. In effetti, questa teoria non appare del tutto convincente.

     In estrema sintesi, i sostenitori dell’ID dicono: le strutture “irriducibilmente complesse e specificate” della vita sono state progettate direttamente da Dio. Ebbene, un cristiano di qualunque confessione potrebbe ribattere: ma Dio ha creato ogni cosa, non solo gli esseri viventi! I sostenitori dell’ID argomentano: la “complessità irriducibile e specificata” della vita è una prova filosofica dell’esistenza del divino progettista. Ebbene, un cristiano di qualunque confessione potrebbe ribattere: ma anche l’esistenza delle particelle elementari prova l’esistenza del divino progettista! Secondo logica, ogni effetto implica l’esistenza di una causa. Io personalmente non sono a conoscenza di nessun fenomeno fisico, nessun oggetto inanimato, nessun animale e nessun uomo che sia causa di se stesso. Allora, consideriamo anche l’argomento ex causa di san Tommaso d’Aquino: l’esistenza dell’universo come “effetto” implica l’esistenza di Dio come “Causa prima non causata”. E se Dio è causa di ogni cosa, è causa anche del Dna: sillogismo tautologico. Insomma, non c’è bisogno di aggiungere alle “prove filosofiche dell’esistenza di Dio” anche la doppia elica del Dna.

     E infine, ragioniamo sul caso. Non è vero che gli atei non credono in nulla. Gli atei credono in molti déi e soprattutto nel Caso, padre di tutti i loro déi. Secondo gli atei, l’esistenza del dio Caso dimostrerebbe l’inesistenza del vero Dio. Richard Dawkins argomenta: la vita nasce dal caso e quindi Dio non c’è. Invece i cristiani non vedono nessun antagonismo fra Dio e il caso. Dio ha stabilito tutte le leggi del creato: anche le leggi del caso. Dio agisce attraverso tutte le leggi del creato: anche attraverso le leggi del caso. Quando non vuole farsi riconoscere, l’Onnipotente si nasconde sotto la maschera grigia del caso. Quindi, l’Onnipotente può benissimo avere costruito la cellula e il Dna servendosi delle leggi del caso. Può benissimo avere fissato una sola probabilità su centomila miliardi elevato a centomila miliardi (butto una cifra a caso, per rimanere in tema) che da un ammasso di aminoacidi si formasse una cellula, e può avere fatto in modo che quella fortunatissima probabilità si verificasse. Comunque, bisogna considerare che le probabilità di vittoria della vita alla lotteria del caso sarebbero state una su centomila miliardi elevato a centomila miliardi (la cifra a caso di cui sopra). Se vi dicessero che la vostra esistenza è il risultato di una catena di innumerevoli vittorie alla lotteria del caso dal Big bang fino ad oggi, avreste ancora il coraggio di dare ragione a Dawkins?

     Ma proprio a questo proposito, i teorici dell’ID dicono una cosa molto interessante: fermo restando che il caso non è l’antagonista di Dio, fermo restando che le leggi del caso le ha stabilite Dio, ebbene il caso non può in nessuna maniera trarre la vita dalla non vita e non può in nessuna maniera trarre il Dna umano dal Dna di qualche primate. Secondo dei calcoli matematici e statistici molto accurati, le probabilità che dalla non vita derivi la vita e che da qualche primate derivi l’uomo non sono prossime allo zero ma effettivamente sono pari a zero. In termini più precisi, la “complessità irriducibile e specificata” della vita non può essere il risultato del caso, perché il caso tende al disordine e all’entropia (così stabilisce la seconda legge della termodinamica). E visto che tutti dicono la loro opinione, adesso vi dirò la mia. Secondo me, il concetto di “complessità irriducibile e specificata” può davvero spingere nella fossa al cadavere dell’evoluzionismo. L’uomo discende dagli ominidi? Gli ominidi discendono dai primati? Non lo escludo a priori (sebbene finora non siano state trovate delle prove certe di questa discendenza). Quello che invece escludo, insieme a Christoph Schönborn, è che tale discendenza sia effetto di variazione causale” e “selezione materiale (in riferimento all'articolo di Schönborn pubblicato il 7 luglio 2005 sul New York Times: «L’evoluzione nel senso di una comune discendenza può essere vera, ma l’evoluzione nel senso neo-darwiniano, intesa cioè come processo di variazione causale e selezione materiale non lo è» ). Anzi no, mi correggo: tralasciando l’entropia, potrei anche accettare la “variazione causale” (perché il caso appartiene a Dio) ma la “selezione materiale” no, non la accetterò mai: nel nome della “selezione materiale” sono stati ammazzati milioni di esseri umani.

     Per cominciare a discutere serenamente sulla teoria di Darwin, è necessario spazzare via un equivoco molto radicato: se sei contro la teoria di Darwin allora sei necessariamente a favore della teoria dell’ID. Per demolire questo equivoco basta ricordare che fra i critici della teoria di Darwin ci sono anche degli atei sinceri, come il genetista Lima de Faria. Ma chi ha alimentato questo equivoco? Ve lo dico subito:  William A. Dembski, primo teorico dell’ID. L’opera fondamentale di Dembski si divide in due parti. Nella prima parte, Dembski dimostra che le strutture viventi (in primo luogo, la cellula) sono “irriducibilmente complesse e specificate”, e che le strutture “irriducibilmente complesse e specificate” di qualunque tipo non possono essere effetto del caso. Nella seconda parte, Dembski sostiene che le strutture viventi sono state create direttamente da un “divino progettista”. Ebbene, in questa seconda parte Dembski, a mio modesto avviso, fa il passo più lungo della gamba. Egli doveva prevedere che i darwinisti sarebbero insorti: “Tu vuoi sostituire la scienza con la teologia”. E sotto un certo aspetto, hanno ragione. Una cattiva teoria scientifica deve essere combattuta con argomenti scientifici, non con argomenti teologici. Ma la cosa peggiore è che il concetto teologico di “divino progettista” ha finito per oscurare il concetto scientifico di “complessità irriducibile e specificata. A mio parere, Dembski avrebbe fatto meglio a pubblicare solo la prima parte della sua opera, riservandosi di pubblicare la seconda parte al momento opportuno. Il momento opportuno verrà solo il giorno in cui il cadavere dell’evoluzionismo sarà definitivamente sotto terra. Tirando fuori il concetto di “divino progettista”, Dembski ha offerto ai darwinisti ideologici la scusa per bloccare ogni rimessa in discussione dell’evoluzionismo. Col risultato che ci vorranno ancora molti decenni per seppellirlo.

     Dembski poteva mettere gli evoluzionisti con le spalle al muro: “Guardate che le mutazioni casuali e la selezione naturale non possono creare il Dna”. Non aveva bisogno di aggiungere: "Allora il Dna è stato creato direttamente Dio". Questa aggiunta è inutile, perché un credente già crede che Dio ha fatto il Dna (argomento sillogistico) mentre il non credente non inizierà a credere in Dio solo perché il Dna è irriducibilmente complesso (sebbene l’ateo Antony Flew abbia cominciato a credere in Dio proprio osservando il Dna: http://progettocosmo.altervista.org/index.php?option=content&task=view&id=66).

     Ma adesso, mi tocca spezzare una lancia proprio a favore del concetto di “progetto intelligente”. Alla fine del diciottesimo secolo, Emmanuel Kant ha sbarrato la porta della metafisica. Da allora, nessuno è più riuscito ad aprirla. Secondo la filosofia kantiana e post-kantiana, la ragione può agire solo all’interno di un piccolo cerchio di luce immerso nelle tenebre dell’ignoto. Il piccolo cerchio di luce rappresenta la realtà materiale, le tenebre rappresentano tutto ciò che sta oltre la realtà materiale, oltre la fisica: metafisica. La parola metafisica denota sia la realtà oggettiva che sta oltre la fisica, sia la branca della filosofia  che si occupa della metafisica. Sebbene sconfini nella teologia, la filosofia metafisica non coincide con la teologia. Per sua stessa definizione, la filosofia metafisica cerca di definire le idee e i concetti che non appartengono alla fisica, in primo luogo i concetti del vero, del bene e del bello. La teologia completa la metafisica, affermando che Dio è il Vero, il Bene e il Bello infiniti. Ma la metafisica non ha bisogno di sconfinare nella teologia, o almeno non subito. Avendo sbarrato l’accesso alla metafisica, Kant tenta dare al vero, al bene e al bello delle definizioni meramente razionalista. E così affida il vero alla “ragion pura” (Critica della ragion pura), il bene alla “ragion pratica” (Critica della Ragion Pratica) e il bello al “giudizio” (Critica del Giudizio). Noto per inciso che, divenendo mere idee della ragione, i concetti metafisici cominciamo a perdere ogni consistenza oggettiva. Dopo Kant, il vero, il bene e il bello non hanno avuto più nessun diritto di esistenza al di fuori del pensiero umano (l’idealismo e il relativismo sono dietro l’angolo). Ma a parte questo, i concetti della metafisica hanno senz’altro una componente razionale. Quindi, Kant ha ragione a definire razionalmente i concetti del vero, del bene e del bello; ha torto a trascurare la loro componente meta-fisica e quindi meta-razionale (che non vuol dire irrazionale, ma più che razionale). Negandola, ha impoverito questi concetti.

     Dunque, Kant ha separato la scienza (che si occupa del vero) e la morale (che si occupa del bene) dalla metafisica. Un passo dopo l’altro, la cultura moderna e post moderna ha pure separato la morale dalla scienza. E così oggi gli scienziati laicisti pretendono che la scienza sia al di sopra del bene e del male ossia che alla scienza sia lecito fare il male. Ad esempio, in Inghilterra, antica patria di tutte le eresie moderne, il governo concede ai nuovi Faust di ibridare materiale genetico umano con materiale genetico animale, e tante altre orrende cose. Certi scrittori di fantascienza hanno già immaginato le catastrofiche conseguenze di questa scienza violenta e anarchica, che attacca il cuore stesso della vita.

     Dembski tenta di ricomporre la frattura illuministica fra la scienza e la metafisica all’ombra della teoria dell’Intelligent Design. Tutti siamo d’accordo che questa frattura deve essere ricomposta. Ma io personalmente ritengo che sia opportuno non confondere la causa della metafisica con la causa dell’Intelligent Design per una serie di ragioni. La prima ragione è che diffido di una teoria che vorrebbe trasformare la fede in una certezza matematico\statistica o quasi. Se la fede diventasse una certezza matematico\statistica, smetterebbe di essere una virtù teologale. E allora “mestier non era parturir Maria” (Dante). La fede si fonda sulla ragione e completa la ragione: ma la supera anche, infinitamente. Se un giorno la teoria dell’Intelligent Design venisse abbracciata definitivamente da tutta la comunità scientifica mondiale, che succederebbe? Ogni uomo sulla terra sarebbe obbligato dalla Scienza in persona a credere nel divino progettista? (Berlicche potrebbe scriverci un raccontino). Ma poi non è neppure detto che la teoria dell’ID regga alla prova dei fatti. Rivediamo il primo argomento di Dembski: secondo dei calcoli matematici e statistici molto accurati, la nascita e lo sviluppo vita non possono essere il risultato del caso e quindi la teoria di Darwin è sbagliata. E io domando a Dembski: siamo sicuri che non si possa trovare una teoria scientifica in grado di spiegare quello che la teoria di Darwin non spiega? Non è forse vero che il Padre Eterno agisce attraverso le leggi che Lui stesso ha stabilito?

     Io personalmente, propendo per una “via intermedia” fra la scienza sperimentale e la metafisica. Ritengo che si possa trovare una teoria che abbia dei caratteri compiutamente scientifici ma che, allo stesso tempo, si presti ad una interpretazione metafisico-teologica come quella dell’Intelligent Design. Ad esempio, la teoria del Big Bang ha questo carattere: è compiutamente scientifica e allo stesso tempo apre uno spiraglio su ciò che sta oltre la fisica. Secondo questa teoria, l’universo è stato “causato” da una grossa esplosione. E prima del Big Bang, che c’era? Domani scopriremo una causa che precede il Big Bang. E prima di questa causa che c’era? Dopodomani scopriremo una causa precedente alla precedente e domani l’altro scopriremo una causa precedente alla precedente alla precedente. Ma dove si ferma la serie delle cause? E’ possibile che la serie delle cause sia infinita? Ebbene, secondo la logica elementare ciò non è possibile. All’origine della serie delle cause, deve esserci per forza una “Causa prima non causata”. E sapete che cosa è questa “Causa prima non causata” secondo san Tommaso d’Aquino? Sì che lo sapete. Ebbene, io immagino (immagino soltanto, non essendo scienziata) che all’origine della vita possa esserci stato un evento come quello del Big Bang.

     Nota Rafael Martìnez (professore di filosofia della scienza presso la Pontificia Università della Santa Croce) ha dichiarato: “Credo di non comprendere bene questa posizione, tipica del cosiddetto Intelligent Design. Richiedere rinnovati interventi di Dio significa affermare che Egli ha dato alla realtà leggi imperfette, che non consentono di raggiungere il suo fine e che vanno via via corrette. Mi sembra un controsenso e dal punto teologico non ha nessuna giustificazione: già un secolo fa la Pontificia Commissione Biblica aveva dichiarato che nessun intervento speciale di Dio è richiesto nella creazione dei viventi, tranne che nella creazione diretta dell’anima dell’uomo” (Tracce, febbraio 2009). Bisogna capire che cosa intende Martìnez per “rinnovati interventi di Dio”. Io non penso a “rinnovati interventi” con cui Dio “corregge” le leggi precedentemente stabilite, come se tali leggi fossero imperfette e come se Dio cambiasse idea. Io penso ad interventi con cui Dio aggiunge alle leggi che ha già stabilito altre leggi che non contraddicono le prime, ma le integrano. Gli organismi biologici vivono nel mondo fisico e soggiacciono a tutte le leggi della fisica (gravità ecc.). Quindi, le leggi della biologia non contrastano con le leggi della fisica e tuttavia sono molto più complesse ed eterogenee. Quindi, si può avanzare l’ipotesi che la biologia non discenda dalla fisica (secondo logica, il “più” non può derivare dal “meno”). Ma in quale maniera Dio avrebbe “aggiunto” la biologia alla fisica? Dobbiamo pensare che Dio abbia introdotto la prima cellula nell’universo alla stessa maniera in cui ha aperto il Mar Rosso? No, io non penso ad un intervento “diretto” di tipo miracoloso. Io penso ad un intervento “mediato”; penso ad un evento che si presti sia ad una descrizione scientifica che ad una interpretazione teologica. Con Antonino Zichichi, penso ad un Big Bang biologico:

     «Quanti Big-Bang sono necessari per arrivare a noi? Tre. Il primo è quello che dal Nulla produce la materia inerte. Il secondo è necessario per passare dalla materia inerte a quella vivente. Il terzo Big-Bang deve spiegare come si passa dalla Vita alla Ragione. Che l’evoluzionismo esista in moltissime forme di materia vivente non autorizza ad estendere questa proprietà (evoluzione) a Noi in quanto abbiamo una proprietà (la Ragione) che non esiste in nessuna altra forma di materia vivente. Noi siamo esempio unico. Se dalla rondine passiamo all’uomo entra in gioco la sfera trascendentale della nostra esistenza. »

    (“Tra Fede e Scienza”, Intervista al Prof. Antonino Zichichi: https://www.zenit.org/article-19648?l=italian ).

     Ma a questo punto smetto di immaginare. Sarà la scienza di domani a dirci come stanno le cose.
    [Modificato da Credente 20/04/2010 16:41]
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    Credente
    00 20/04/2010 15:04
    LIMITI DELLA TEORIA DELL'EVOLUZIONE

    La teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana.

    Diciamo subito che la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati.

    Questi ci dicono che:

    1) la terra esiste da circa cinque miliardi di anni;

    2) gli organismi semplici cellulari risalgono a quasi tre miliardi e mezzo di anni;

    3) gli organismi multicellulari esistono da circa settecento milioni di anni;

    4) i vertebrati, da quattrocento milioni di anni;

    5) i mammiferi, da duecento milioni di anni.

    Si arriva cosi ai primati: settanta milioni di anni fa. La famiglia ominoidea inizia con la scimmia primitiva Dryopithecus: circa venti milioni di anni fa. E si sdoppia in un ramo ( Pongidoe ), che porta agli scimpanzé, ai gorilla, agli orangutanghi. E nell’altro ramo ( Hominidae ), che dovrebbe portare a noi, attraverso la sequenza Homo Habilis ( età della pietra ), Homo Erectus ( età del fuoco ), Homo Sapiens Neanderthalensis, fino all’Homo Sapiens, che porta a noi. Questa catena ha però tanti anelli mancanti e ha bisogno di ricorrere a uno sviluppo miracoloso del cervello, occorso circa due milioni di anni fa.

    Arrivati all’Homo Sapiens Neanderthalensis ( centomila anni fa circa ) con un cervello di volume superiore al nostro, la teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana ci dice che, quarantamila anni fa circa, l’Homo Sapiens Neanderthalensis si estingue in modo inspiegabile. E compare in fine, in modo altrettanto inspiegabile, ventimila anni fa circa, l’Homo Sapiens Sapiens. Cioè noi.

    Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obbiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche.


    Il prof. Antonino Zichichi riceve il premio “Fides et Ratio”

    Premiato alla giornata regionale per l'Emilia Romagna della rivista “Il Timone”

    di Domenico Mucci*

    ROMA, lunedì, 28 settembre 2009 (ZENIT.org).- Sabato 26 settembre si è svolta a Modena la quarta edizione della giornata regionale de “Il Timone”, che ha visto una nutrita partecipazione di pubblico e di associazioni cattoliche.

    Il culmine della giornata è stata senz'altro la consegna del premio “Fides et Ratio”, assegnato dal direttore de “Il Timone”, Giampaolo Barra, al Prof. Antonino Zichichi, scienziato di fama mondiale e professore emerito di Fisica Superiore all'Università di Bologna.

    Nella dissertazione che ha preceduto la consegna del premio, l'illustre fisico ha inteso sottolineare il rapporto tra scienza e fede, confutando tra l'altro il luogo comune in base al quale “un vero scienziato non può che dichiararsi ateo e un credente non può avvicinarsi alla scienza”.

    La tesi sostenuta dal professor Zichichi, concorde col pensiero del Santo Padre Benedetto XVI , è che qualunque scienziato interessato all'origine e all'evoluzione del mondo, nonché alla ricerca delle leggi fisiche che regolano la natura, non può che concludere che solo un Ente Superiore può essere all'origine delle cose che esistono, come già insegnava Aristotele.

    Il professor Zichichi ha esordito sottolineando che l'esistenza del mondo ha avuto come momenti cruciali i cosiddetti tre “big bang”. Il primo, il “big bang” per antonomasia, è quello che ha fatto passare dal vuoto all'esistenza dell'universo. Il secondo big bang è avvenuto nel momento in cui sulla terra è comparsa la vita, mistero cui l'uomo non sa tutt'oggi dare risposta. Il terzo è il momento in cui l'uomo ha sviluppato la ragione.

    “Contrariamente a quanto affermano alcuni assertori dell'evoluzionismo, secondo i quali l'uomo non sarebbe tanto diverso dalla scimmia, di fatto l'uomo è l'unico essere vivente dotato di ragione, capace quindi di tramandare ai posteri le conoscenze acquisite, con la scrittura cuneiforme e, prima ancora, con le prime rappresentazioni grafiche”.

    La dissertazione è proseguita ricordando la figura di Galileo Galilei, nell'anno a lui dedicato, considerato dalla comunità scientifica il fondatore della scienza.

    “La ricerca scientifica avrebbe potuto nascere secoli prima e nell'ambito di altre civiltà, come quella cinese, araba o indiana, invece ha avuto origine, in Italia, dalle osservazioni e deduzioni di Galilei sul pendolo, sulle macchie lunari, sui satelliti planetari, fatte tramite il telescopio”, ha osservato l'eminente fisico.

    “Usando per primo il metodo del piano inclinato, quattro secoli fa, Galilei ha dedotto la legge che regola il moto di caduta libera di un grave. Misurando il tempo con le pulsazioni arteriose, ha inoltre intuito la legge che regola le piccole oscillazioni di un pendolo. Sir Isaac Newton, due secoli dopo, non avrebbe scritto la legge di gravitazione universale, così semplice nella sua enunciazione, se non ci fossero state prima le osservazioni di Galilei”. Si noti che il calcolo infinitesimale di Newton-Leibniz, e di conseguenza la matematica moderna, nascono dall'esigenza di calcolare il moto dei pianeti.

    A sostegno della tesi secondo cui Galilei deve essere considerato uno scienziato che credeva in Dio, il professore ha portato ad esempio la reazione incredula di Galilei alla scoperta di Keplero sulle orbite dei pianeti: “Secondo la tradizione Tolemaica, un Dio creatore avrebbe senz'altro ordinato il mondo in maniera perfetta. Ora, il cerchio è una figura perfetta, per cui nell'antichità era impensabile che un pianeta potesse muoversi seguendo un'orbita che non fosse circolare. Quando Keplero gli disse di avere osservato che le orbite dei pianeti sono ellittiche, e non circolari, se fosse stato ateo, Galilei avrebbe dovuto reagire sostenendo tale tesi e usandola per confutare l'esistenza di un Ente Creatore. Invece, Galilei reagì rispondendo a Keplero che non credeva alle sue conclusioni” (cf. il suo libro “Galilei, Divin Uomo”). E' noto, di fatto, che le leggi di Keplero si deducono come conseguenza delle leggi di Newton.

    “A partire da Galilei - ha continuato - tutti i più importanti scienziati possono essere considerati credenti. Quando uno scienziato si affida alla sperimentazione, fa come un atto di fede, perché cerca di capire quale legge o meccanismo regola un fenomeno della natura”.

    Ad esempio di come procede la ricerca scientifica, ha ricordato come due secoli di ricerca sull'ottica e sull'elettromagnetismo sono stati riassunti nelle equazioni di Maxwell, tanto che “Lord Kelvin, nel 1897, davanti ad un'assemblea di fisici, disse che ormai non c'era più nulla de scoprire, solo qualche dettaglio da chiarire. In realtà, la ricerca scientifica passa da periodi di euforia, in presenza di grandi scoperte, a periodi di relativa calma. E quello che conosciamo oggi è frutto di quattro secoli di ricerca, paragonati ai millenni precedenti in cui l'uomo era presente sulla terra”.

    Per spiegare cosa significhi la scoperta scientifica, ha usato come esempio suo nonno, che “non avrebbe mai creduto nella possibilità di viaggiare a mille chilometri all'ora o di vedere immagini dell'uomo sulla luna. Infatti - ha proseguito - ogni scoperta scientifica non è altro che un passo in avanti nella spiegazione di come Qualcuno ha pensato che andasse regolato il mondo”.

    “Le scoperte sono sorprendenti: si pensi alle leggi di Lorentz, da cui è scaturita la teoria della Relatività di Einstein, secondo le quali le dimensioni spazio-tempo non possono essere entrambe reali; oppure alla relatività del concetto di contemporaneità (la luce impiega un secondo per andare dalla terra alla luna, ma se Napoleone fosse nato in una stella da noi lontanissima, un osservatore su tale stella sosterrebbe che Napoleone è nato prima di Giulio Cesare); oppure il fatto che lo spazio ha addirittura 43 dimensioni, se considerato a livello di besoni. Del resto, fino a cinquant'anni fa si pensava che i livelli più bassi di energia fossero a dimensione nucleare, come recita il nome del centro di ricerca in cui ho lavorato”.

    Tralasciando ulteriori dettagli di un'analisi precisa ed avvincente dei passi recenti della ricerca nell'ambito della fisica, andiamo al culmine della esposizione, in cui, con tono ironico, ha affermato che “esistono scienziati miei colleghi che da anni lavorano per cercare di dimostrare scientificamente che Dio non esiste. Io sono tranquillo: anzi, ho detto loro che stanno solo perdendo tempo”.

    Il professore ha anche ricordato l'obiezione di chi sostiene che, per dimostrare l'esistenza di Dio, si dovrebbe darne una prova scientifica: “Una dimostrazione scientifica dell'esistenza di un Ente Superiore non ha senso, perché si vorrebbe provare con strumenti scientifici l'esistenza di chi ha creato quegli strumenti e, quindi, è al di sopra di essi”.

    “Al contrario, da parte di chi si dice ateo, ci si aspetterebbe l'esibizione di una prova scientifica del fatto che il mondo è regolato dal caos – ha spiegato –. Questo mi pare impossibile, e solo chi non è un vero scienziato può cercare di sostenere tale tesi”.

    E' nota a tutti l'aspra critica di Zichichi alla teoria darwiniana dell'evoluzionismo per quanto riguarda la specie umana, da alcuni usata per negare l'esistenza di Dio, a suo avviso priva di sufficienti prove scientifiche e di una solida base matematica (il cosiddetto metodo galileiano).

    Per concludere, il professor Zichichi ha fatto sue le parole del Pontefice, sottolineando l'importanza che ogni cristiano debba avere a cuore il fatto che la fede e la ragione non sono in contraddizione.

    “Oggi nel mondo stiamo tornando all'era pre-Aristotelica, in cui le filosofie dominanti sostenevano che i processi della vita erano regolati dalla casualità. Invece, ogni volta che scopriamo qualcosa, ci sorprendiamo di come ci sia un Ordine dietro tutto; di fronte ai fenomeni che non possiamo spiegare, possiamo solo dire che non siamo ancora pronti e che, probabilmente, ci riusciremo fra qualche secolo o, ancor meglio, qualche decennio”.

    “Nata con un atto di Fede nel Creato, la Scienza non ha mai tradito il Suo Padre. Essa ha scoperto – nell'Immanente - nuove leggi, nuovi fenomeni, inaspettate regolarità, senza però mai scalfire, anche in minima parte, il Trascendente” (A. Zichichi, “Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo”, 1999).
    [Modificato da Credente 20/04/2010 17:19]
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    Credente
    00 20/04/2010 15:04
    Il dibattito suscitato dal ricercatore Antonio Lima De Faria con la sua opera, EVOLUZIONE SENZA SELEZIONE:

    Tratto dal sito:
    itis.volta.alessandria.it/episteme/ep7/ep7-far.htm

    ...
    In una recente sintesi del darwinismo ortodosso, che si trova nel volume del filosofo Daniel Dennett dal titolo emblematico: Darwin dangerous idea, viene illustrato come un processo iterativo articolato sugli stadi complementari di mutazione e selezione possa giustificare l'esistenza della molteplicità degli organismi che popolano la biosfera. Si tratta di un meccanismo corrosivo che non offre scampo ad un'implacabile e continua trasformazione degli organismi viventi. Tutto ciò in accordo ad un paradigma in base al quale le forme delle strutture viventi possono essere attinte da un serbatoio di dimensioni infinite, che contiene tutte quelle possibili, lasciando alla selezione il privilegio della scelta. Ad esempio S.J. Gould nel suo libro dal titolo accattivante, Wonderful life, portando indietro l'orologio di quasi 600 milioni di anni ci offre uno stupefacente panorama della diversità presente nelle forme dei fossili del periodo Cambriano.

    Il determinismo genetico, attualmente predominante, rafforza ulteriormente tale impostazione sfociando in un riduzionismo radicale, propagandato da Richard Dawkins, [The Blind Watchmaker, Longman, Harlow, 1986] in base al quale le forze evolutive agiscono unicamente sul gene mentre la sua espressione fisica, il fenotipo, si limita a veicolarlo. Non si può negare che questo scenario abbia la capacità di coordinare i singoli fatti biologici in un insieme coerente, apparentemente tetragono alle più valide obiezioni. E ciò anche se sfuggono le ragioni in virtù delle quali dal materiale inorganico si siano formate delle cellule che a loro volta si sono unite o coordinate in strutture dotate di un livello sempre più elevato di organizzazione.

    L'automatismo dei processi evolutivi esclude la presenza di un progresso che tenda ad un fine ultimo della creazione che si identifichi ad esempio con l'uomo e con le creature che lo circondano. A questa osservazione si può obbiettare che, senza appellarsi alle "cause finali" della teleologia, la differenziazione e l'aumento di complessità che si riscontra nella articolata gerarchia di strutture che presentano gli organismi viventi richiede una giustificazione che vada al di là della semplice casualità.

    In realtà la teoria dell'evoluzione tende a generare atteggiamenti manicheistici. Ad esempio già dalla pubblicazione della Origine della specie, nel 1859, si è avviata una controrivoluzione che successivamente si è coagulata in quella linea di pensiero nota come Creazionismo che anche oggi, in una sua forma più moderna chiamata Intelligent Design, raccoglie adepti e simpatizzanti fra sofisticati intellettuali, inclusi alcuni scienziati.

    Purtroppo la dura reazione da parte del mondo scientifico ortodosso rischia di esorcizzare anche coloro che, obbedendo semplicemente agli stimoli della curiosità intellettuale, osano mettere in discussione il rigido determinismo evoluzionistico, dimenticando che non è necessario essere cattolici integralisti per chiedersi come un organismo così complesso quale un essere umano possa essere solamente il risultato di una successione di eventi casuali.

    Sin dalla sua nascita la teoria dell'evoluzione ha generato uno scontro fra la scuola di pensiero allora dominante, chiamata morfologia razionale, che cercava nelle leggi fisiche la spiegazione della tendenza della natura a generare alcune particolari strutture, e quella che individua nella selezione una adeguata spiegazione della loro esistenza. Con il passare del tempo la seconda ha prevalso sulla prima.

    La letteratura è ricca di esemplificazioni dalle quali appare che l'interazione fra le fluttuazioni casuali dell'ambiente e le scelte condizionate dal filtro selettivo sia sufficiente per giustificare la comparsa e scomparsa nel tempo delle molteplici specie viventi, anche se alcune di esse appaiono come delle narrazioni avvincenti ma talora tautologiche poiché sembrano fabbricate ad hoc. In sostanza la vita in tutti i suoi diversi e molteplici aspetti costituirebbe una successione di contingenti colpi di fortuna, per cui allo scienziato resterebbe unicamente la possibilità di annotare, per quanto sia possibile, gli eventi che si sono succeduti e raccontarne la storia.

    In realtà la morfologia razionale non è mai scomparsa del tutto ma è rimasta latente sino a riemergere nel secolo scorso grazie ai lavori di biologi teorici, quali Conrad Waddington [The strategy of the Genes, Allen and Unwin, London, 1957] e più recentemente Brian Goodwin, ["Structuralism in Biology", Science Progress (Oxford) 74 (1990), pp. 227-244; Development, Hodder & Stoughton and The Open University, London, 1991] i quali ritengono che i fattori che condizionano l'evoluzione delle forme biologiche siano riconducibili alle leggi della fisica matematica e della chimica.

    Questo atteggiamento trae convincimento dal fatto che l'osservazione delle forme naturali rivela la presenza di alcune tipologie particolari, comuni ad oggetti inanimati e ad organismi viventi, la cui formazione non può essere del tutto giustificata attraverso un meccanismo selettivo. Questi problemi erano già stati pionieristicamente affrontati in modo sistematico dallo zoologo scozzese D'Arcy Thompson ed esposti in un libro dal titolo On Growth and Forni, pubblicato nel 1917. La sua influenza sul panorama culturale scientifico si è affermata lentamente e solo oggi viene adeguatamente riconosciuta. Il punto di partenza della sua indagine nasce dal presupposto che per interpretare i fenomeni naturali si debba applicare il rasoio di Ockham facendo giustizia delle ipotesi non necessarie. E poiché è possibile constatare, o dimostrare, che molte forme naturali incluse quelle biologiche, sono compatibili con le leggi della chimica fisica non dovrebbe essere necessario ricorrere a meccanismi alternativi.

    D'Arcy Thompson era del tutto consapevole che tale impostazione lo avrebbe collocato ai limiti dell'eresia poiché si opponeva esplicitamente a quel dogma selettivo che veniva considerato dal convenzionale darwinismo come la risposta universale a tutti i problemi della biologia. Attualmente egli dovrebbe combattere contro la più agguerrita forma moderna dell'idea darwiniana, alimentata dalla genetica e dalla biologia molecolare.

    In realtà l'opera di D'Arcy Thompson ha aperto un programma di ricerche che ha acquistato un respiro sempre più ampio coinvolgendo matematici, fisici, chimici e biologi, inteso ad approfondire la natura di quei processi di auto organizzazione che riflettono la capacità dei sistemi termodinamici aperti ad evolversi spontaneamente, in determinate condizioni, verso stati con un più elevato grado di organizzazione.

    Dal punto di vista matematico esso ha preso l'avvio da un lavoro pionieristico di Alan Turing del 1952, ["The chemical basis of morphogenesis", Philosophical Transactions of the RoyaI Society, B 327 (1952), pp. 37-72.] che può essere considerato uno dei più importanti contributi alla biologia teorica sino ad ora apparsi.

    Il problema da lui affrontato è quello della morfogenesi, intesa ad interpretare il meccanismo della formazione spontanea di strutture coerenti nel tempo e nello spazio. In particolare egli è riuscito a dimostrare che esse si possono generare nei sistemi nei quali abbiano luogo particolari reazioni chimiche la velocità delle quali è limitata dai processi diffusivi dei reagenti e soggetti a ben definite condizioni dal contorno.

    In questo quadro la formazione di modelli spaziali è dovuta a perturbazioni instabili che promuovono trasformazioni verso stati con minore simmetria ma maggiore contenuto organizzativo. I modelli matematici così elaborati offrono pertanto una descrizione convincente dei processi nei quali emerge un ordine spaziale. E' allora legittimo chiedersi se i risultati ottenuti da tali indagini possano avere una ricaduta sulla teoria dell'evoluzione poiché sembrano indicare che la gamma delle variazioni a disposizione della selezione naturale non è infinita, poiché i processi morfologici favoriscono lo sviluppo di particolari e ben definite forme.

    Gli studi sui processi di autorganizzazione hanno ormai acquistato una piena collocazione nella scienza della complessità traendo vantaggio dalla affermazione di nuove metodologie matematiche come quella degli automi cellulari e dallo sviluppo del calcolo elettronico. Ad esempio nel centro di ricerche più avanzato nel settore, che si trova a Santa Fé, è stata realizzata la simulazione dinamica di sistemi contenenti centinaia di reti interconnesse fra di loro. Si è così constatato che di fronte alle illimitate possibilità finiscono per prevalere alcuni comportamenti privilegiati.

    In sostanza il comportamento dinamico della rete si assesta su un numero limitato di particolari cicli, o attrattori, indipendentemente dalle condizioni iniziali. Se si trasferisce tale risultato al comportamento dei genomi se ne può trarre la conclusione che essi non si limitino a riflettere le pressioni dell'ambiente ma che possano anche generare mutamenti e strutture.

    Nel libro menzionato Gould, dopo averci stupefatti con la descrizione di creature scomparse, le cui forme sono del tutto aliene a quelle degli attuali organismi viventi, riconosce però che l'esistenza di principi organizzatori renda inevitabile un particolare tipo di vita. E ciò anche se trova molto difficile individuare il confine che demarca l'influenza delle leggi fisiche da quella dei fattori ambientali specifici.

    In sostanza anche se tutti hanno capito la teoria dell'evoluzione le ricerche in corso sui sistemi complessi sembrano indicare che essa rimarrebbe incompleta se venissero del tutto ignorati i fenomeni di auto organizzazione. Se viceversa si vogliono approfondire le relazioni fra auto organizzazione e selezione naturale si presentano allora diverse opzioni di indagine fra le quali meritano di essere considerate le seguenti:

    � la selezione e l'auto organizzazione non hanno nessuna relazione;

    � l'auto organizzazione svolge solo un'azione ausiliaria alla selezione;

    � l'auto organizzazione pone alla selezione dei vincoli che guidano i processi evolutivi;

    � la selezione è in grado di generare auto organizzazione;

    � la selezione e l'auto organizzazione sono aspetti di un unico processo.

    Ciascuno degli aspetti precedenti ha un'ampiezza tale da poter ospitare posizioni teoriche in competizione o intese a conciliare le due correnti di pensiero. Questi aspetti sono chiaramente illustrati nel recente volume di D.J. Depew e B. H. Weber, Darwinism evolving.

    Il professor Lima-de-Faria, scienziato di riconosciuta fama e convinto evoluzionista, ci offre con questo volume un contributo personale alla teoria della evoluzione nel quale attraverso una analisi puntigliosa e dettagliata di diversi fatti mette in profonda discussione il ruolo della selezione naturale. La sua drastica posizione che rifiuta ogni compromesso dialettico fra strutturalismo e selezione, ritenendola del tutto inutile, lo colloca però in una posizione isolata nell'attuale panorama scientifico.

    Pertanto non c'è alcun dubbio che quest'opera sia destinata a suscitare discussioni. Tuttavia proprio per il suo contributo anticonformista essa merita un'attenzione libera da atteggiamenti pregiudiziali, intesa ad evidenziare quegli spunti che possono contribuire al dibattito menzionato>>.

    [Modificato da Credente 20/04/2010 17:04]
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    Credente
    00 20/04/2010 17:50
    Tratto dal libro

     

    Le leggi di natura che governano l’universo (primo volume) - (secondo volume ) L'universo è chiuso

     Casa Editrice:

     

    PELLEGRINI EDITORE
    VIA DE RADA, 67/C
    87100 - COSENZA
    TEL. 0984.795065
    info@pellegrinieditore.it

    www.pellegrinieditore.it

     

    ”Il Tutto è regolato secondo natura e secondo proporzioni corrette o “ pesato”, …dove,  il piccolo ricopia il grande e viceversa in proporzioni corrette

     

    “…….l’universo ormai mi appare cosi chiaro e piccolo  nella sua immensità, e persino, per molti versi,  deterministico…..

     

    E’ come se fosse davanti ai miei occhi .. .. e credo che molte  altre cose l’universo ci svelerà d’ora innanzi..”

     

    ….ho avuto  ed  ho, per cosi dire,  la sensazione che ogni cosa nell’universo è come se avesse  una “coscienza propria.

    ….E’ sorprendente questo mio stato d’animo!….. Mi fa venire in mente , in particolare  Giordano Bruno e Spinozza , ma anche l’ epoca moderna,  che Dio “coincide” con la natura dell’universo,….In altre parole Dio è la Potenza Divina che regola e governa la natura:…….Io dico che

     

    l’immanente e il trascendente sono  in Dio, Nostro Creatore.

     

    E noi viviamo nel Suo mondo a tre dimensioni, fatto di massa, energia, cariche, e naturalmente di spazio-tempo, unica entità, intrinsecamente, legata ad esse cosi come il nostro corpo è legato al nostro spirito.

     

    Tuttavia lascio ad altri a giudicare meglio, ad una migliore interpretazione dei dati,  anche perché ho sempre ritenuto che la vera ed autentica scienza è un lavoro di gruppo: le tue idee sono le mie cosi come le mie sono le tue…..quattro occhi fan  più di due ……e  poi ho dato il mio contributo …. ma in modo particolare quello di uno che ha e avrà per sempre un grande rispetto per  la natura, per la sua grandiosa bellezza e armonia, nonostante le sofferenze di molti uomini nel mondo… Noi ci dobbiamo ritenere tra più fortunati ….Quello che non ammiro per niente è la stupidità di quegli uomini che non hanno  rispetto per  la dignità degli altri…e per  la natura.

    Inoltre  mi riprometto di dare al mio manoscritto una migliore sistemazione ed interpretazione:  il tempo,a tua disposizione, sembri non essere  mai sufficiente..

    ………………………………………

     

    Ultimo. Non nascondo, il mio riferimento terreno è stato il grande Einstein, mentre il mio riferimento spirituale è stato Lui, il Grande Creatore: ….Egli mi ha fortemente “guidato”  a credere che le leggi di natura fossero semplici, eleganti e armonicamente connessi. Infatti ho sempre creduto In Lui, …tanto da indurmi a scrivere, molto tempo prima di questa mia teoria, che: 

     

    “ Dio creando l’universo non poteva fare di meglio mettendo l’uomo in una posizione di privilegio …di quel privilegio a cui Dio non può accedere, in quanto Egli conoscendo tutto, non ha il piacere di conquistare, attraverso l’intelligenza da Lui concessa, i misteri nascosti nel Suo Universo”.

     

    Dalla Bibbia inoltre, l’apostolo Paolo osservò: Gli uomini non possono dire di non sapere nulla di Dio. Dal principio del mondo, gli uomini hanno potuto vedere com’è Dio attraverso le cose che Egli ha fatto”.

     

    Infatti  L’ha fatto nel modo comprensibile a tutti, … e non poteva non essere cosi,…. di fronte ad Egli tutte le cose hanno pari dignità, di quella dignità che molti uomini sono dimentichi, dimostrando con ciò solo la loro stupidità.

     

    Non mi  riferisco  al  Dio personale,… mi riferisco a  Dio Universale.  E a proposito di Dio universale mi esprimevo inoltre cosi sul mio sito:

    Caro lettore,avendo tu modo e tempo di leggere questo mio scritto, non mi chiedere poi se ho “incontrato” Dio che si preoccupa del destino e delle azioni umane, ..........questo è il percorso difficilissimo e profondamente più misterioso. Invece posso raccontarti che, trovandomi all’improvviso come ospite di passaggio, senza saperlo, all’interno di un mondo meraviglioso, ho voluto cercare il suo Creatore, Dio universale, per ringraziarlo,(..) avendolo fatto anche tanti altri prima e molto prima, i nostri più antichi antenati, anch’essi rimasti molto colpiti dallo stupore della natura. Non L’ho trovato!.. Ma.. è come se L’avessi visto... Cosi, Lui, molto sottile, almeno non potrà più dirmi di non averLo cercato. È inutile che continua a nascondersi, Egli, Dio universale, perché, sebbene sottilissimo a mescolare le carte, si è “dimenticato” di nascondere la semplicità e la logica del gioco. È stato per me un percorso molto faticoso, dovendo prima cercare di capire parte di questa logica, attraverso l’intelligenza da Lui stesso concessa. Non ho curato i dettagli della logica per non rischiare troppo di offuscare il quadro complessivo, mi sono limitato invece a descrivere un percorso, aiutato dalla scienza vera, senza cadere però nella trappola dell’illuminismo, che sperava di spiegare tutto attraverso la ragione. Un lavoro e un percorso difficili, però sono stato compensato dal piacere di dialogare un pò con la natura, all’interno della quale, non ti nascondo, ho trovato anche dispiaceri, sofferenze e dolori: di fronte a queste anomalie all’interno di essa, si rimane impotenti per certi aspetti. E poiché io mi sono interessato più del Dio universale, che del Dio personale,.. ho “ripiegato”,… lasciando la risposta alla teologia. Tuttavia, se il Dio personale esiste, non ho motivo di non credere, sarò ancora più felice: spero di meritare, non dico il paradiso, ma un posto da dove io potrò continuare ad ammirare la Sua grande opera, l’Universo. Concludendo: io ho “ visto” e “vedo” sicuramente il Dio universale. L’ho “visto” cosi bene che, se qualcuno munito di senso magico, cosa peraltro impossibile, (…) ma volendola prendere per buona, (...),……. mi dicesse che il Dio universale non esiste, io resterei malissimo , dovendo poi trarre la conclusione che la nostra vita non avrebbe veramente nessun senso…..anzi, aggiungo :.. mi riesce più difficile provare perché noi esistiamo!

    ……………………………

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    Coordin.
    00 04/05/2010 18:46
    Ordine naturale 

    E' ormai acclarato che viviamo in un cosmo che ha avuto un principio.Tuttavia recentemente qualche scienziato è tornato ad attaccare la teoria del Big-bang,sostendendo la sua improbabilità sulla base di congetture piuttosto che di osservazioni vere e proprie.Fatto sta che nessuno riesce a portare argomentazioni convincenti a sostegno di tale tesi.
    Ma il bello è che anche qualora venisse provato che il cosmo abbia avuto un'origine diversa,o addirittura che sia eterno,non sarebbe comunque possibile parlare di "prova scientifica dell'inesistenza di Dio".Infatti non si può prescindere dal fatto che la materia presenta una struttura intrinseca assolutamente ordinata.Il concetto di "ordine" comporta che in una serie di elementi,alcuni di essi siano predisposti come mezzo-a-fine per l'esistenza o la sussistenza di altri;e il predisporre un mezzo per raggiungere un fine è una prerogativa dell'intelligenza,la quale rimanda ad un essere vivente!Il finalismo della natura è un dato di fatto,sia che l'universo abbia avuto un inizio nel tempo,sia che lo si dica eterno:bisogna necessariamente fare riferimento ad una causa ordinatrice.A questo punto qualcuno potrebbe dire:"E che bisogno c'è di tirare in ballo Dio?Questa mente superiore potrebbe tranquillamente essere un alieno dotato di poteri straordinari!";beh,questa sarebbe un'obiezione davvero disperata!La classica frase pronunciata pur di andare contro...
    Infatti come potrebbe un essere materiale,e quindi limitato,determinare l'ordine di un universo che esiste da prima di lui ed è infinitamente più grande?
    Se invece per "alieno" si intende una sorta di demiurgo o spirito superiore,un'ipotesi di questo tipo dovrebbe confrontarsi con un  altro interrogativo fondamentale:questo "alieno" esiste da sempre?Se diamo una risposta negativa,il problema rimane irrisolto(perchè non abbiamo trovato il Motore Immobile);se diamo una risposta affermativa,allora perchè non chiamarlo con il nome che gli è proprio,e cioè "Dio" invece di "alieno"?

    A ciò si aggiunga tutta una serie di argomenti che nel loro insieme sono sicuramente più ragionevoli di simili obiezioni:a partire dalla Rivelazione,quindi la vita di Gesù Cristo e la storicità dei vangeli canonici,per arrivare alle prove della Resurrezione e ai tanti Segni soprannaturali che testimoniano l'autenticità del Cristianesimo.Ma di questo si parlerà molto più avanti.Ora torniamo al punto di partenza.
    Va comunque ricordato che il Big-Bang è da considerare come la nascita dello spazio,ma anche del tempo stesso!Con il grande scoppio ha avuto inizio l'intera dimensione spazio-temporale,così come ha sottolineato lo scienziato Stephen Hawking:non ha senso domandarsi perchè l'universo ha impiegato tanto tempo a nascere,perchè in realtà prima dello scoppio non esisteva nè materia nè tempo;si tratta della dimensione dell'eternità,cioè del "fuori dal tempo".

    La seconda categoria di prove in favore dell'esistenza di Dio è quella relativa all'ordine naturale,al fatto cioè,che tutto ciò che è presente in natura è finalizzato.Con questa espressione intendiamo dire che noi viviamo in un mondo che è un'enorme macchina complessa e programmata in cui tutto ciò che la natura produce risponde ad un fine ben preciso:consentire e favorire la vita!L'obiezione che si potrebbe sollevare in questo caso è la seguente:non è possibile che tutto ciò che esiste sia il frutto del caso cieco?Non è possibile che l'universo abbia avuto inizio per caso e solo dopo la sua nascita casuale si sia innescata una serie di meccanismi dominati dalle leggi fisiche?
    No.Non è possibile.La scienza ci fornisce sempre più argomenti per poterlo affermare.Risponderemo anche a questo interrogativo,ma andiamo con ordine.

    Tre sono le evidenze scientifiche che confermano la tesi dell'ordine naturale:

    -la materia è finalizzata
    -la natura è finalizzata
    -gli esseri viventi sono finalizzati

    1)Tutta la materia(e per materia intendiamo qualsiasi cosa:dalatomo filo d'erba,agli esseri umani,ai più remoti pianeti dell'universo)è composta da atomi.L'atomo più semplice che esiste in natura è l'atomo di idrogeno:è costituito da un protone che ne forma il nucleo e da un elettrone che gli orbita attorno.Beh,finanche questo microscopico elemento ci consente di sbalordirci dinanzi al Creato:l'atomo riproduce nell'infinitamente piccolo i movimenti degli astri del nostro sistema solare!A questo,già di per sè sorprendente,si aggiunga che nel 1869,il geniale scienziato russo Dmitrij Mendeleev,studiando la struttura degli atomi,dichiarò:"Sono perfettissimi e rispecchiano un disegno intelligente",tant'è che sono catalogabili in base al numero dei loro protoni.Procedendo negli studi poi,Mendeleev giunse ad elaborare il "sistema periodico degli elementi",una vera e propria catalogazione.

    2)La seconda evidenza è che la Terra è finalizzata:essa infatti si trova in una posizione privilegiata all'interno del nostro sistema solare.Guarda caso è l'unico pianeta sul quale è possibile la vita.La Terra ruota attorno al sole alla distanza media di 150 milioni di kilometri;a questa distanza la temperatura al suolo è di 20°.Su Venere è di 380° e su Marte di -30°.
    TerraMa la cosa più stupefacente è che anche trovandosi alla giusta distanza dal sole,la Terra senza un ulteriore "aiuto" non potrebbe consentire la vita:ci riferiamo all'insieme di gas benefici presenti sul nostro pianeta,che non solo consentono la vita,ma la favoriscono!Sugli altri pianeti,al contrario,esistono gas velenosi.Senza parlare degli effetti visivi a dir poco meravigliosi che tali gas producono:se non avessimo l'atmosfera,non esisterebbero l'alba,il tramonto,l'aurora boreale,quegli splendidi colori che possiamo ammirare all'orizzonte!E di conseguenza non esisterebbero le loro immagini ritratte:quadri,fotografie,riprese cinematografiche;senza l'atmosfera si farebbe giorno in un attimo,all'improvviso,senza il graduale cambiamento di colori del cielo,con tutte le sue splendide sfumature;e altrettanto per la notte,buio improvviso,proprio come accade sulla Luna.Sembra quasi che il Creatore si sia divertito ad inserire tante meraviglie nella natura...

    Natura

    3)Senza alcun dubbio però,l'esempio più alto di finalizzazione,di ordine,di programmazione della natura,è rappresentato dagli esseri viventi.L'argomento rimanda necessariamente alla questione di come sia apparsa la vita sulla Terra.
    -Secondo Darwin e gli evoluzionisti la vita si è prodotta dalla materia non-vivente e per puro caso.
    -L'alternativa possibile è che la vita sia il risultato di una programmazione intelligente ad opera di un Progettista.

    Ricordiamo innanzitutto che Charles Darwin viene fatto passare per un grande scienziato innovatore quando in realtà il suo pensiero è più filosofico che scientifico:l’idea di evoluzione dell’uomo dalla scimmia era stata già avanzata nel ‘500 dal filosofo Giulio Cesare Vanini al quale si rifà Darwin.E soprattutto si tratta di una teoria non solo indimostrata,ma alla luce delle più recenti scoperte scientifiche anche irragionevole. Del resto lo stesso Darwin,che non intendeva ammettere il finalismo della natura,si disperava dinanzi alla sua perfetta finalizzazione,osservando il ciclo fogliare (che consente alle foglie di ricevere la massima luce possibile in base alla disposizione sullo stelo) e scrisse ad un suo collega:“Se non vuoi che impazzisca e muoia di morte miserabile,dimmi perché il ciclo fogliare ha sempre un angolo di 1\2, 1\3, 2\5, 3\8, e mai un altro!”.Inoltre e soprattutto,pochi sanno che il padre dell'evoluzionismo giunse a formulare questa teoria partendo da un ragionamento (non scientifico) completamente errato sul piano logico:dal momento che l'uomo con la selezione naturale riesce,ad esempio,a migliorare la razza di un cavallo o a produrre varie specie di rose,sarebbe plausibile ritenere che in milioni di anni,casualmente e gradualmente,da un'unica forma di vita primordiale si siano sviluppate tutte le altre.
    Tuttavia Darwin non tiene conto di due fattori:
    - innanzitutto la selezione naturale è guidata da un essere intelligente qual è l'uomo,e quindi non è affatto casuale;
    - ma soprattutto,nonostante la selezione naturale,non accadrà mai che il cavallo si trasformi in un ippopotamo o che la rosa diventi un tulipano!


    Quanto alla comparsa della vita sulla Terra,cominciamo col dire che la scienza ha dimostrato che ogni essere vivente deriva da un altro essere vivente(con Francesco Redi nel XVII secolo,Lazzaro Spallanzani nel XVIII,e Louis Pasteur nel secolo scorso),quindi non è possibile che la vita nasca dalla materia inorganica.Ma questo è niente.
    Vediamo come è composta la materia vivente:
    essa è tutta fatta di proteine,veri e propri "mattoni" con cui è "costruito" ogni essere vivente(dai batteri,alle piante,agli animali,noi compresi).Ogni proteina è composta principalmente da una lunga serie di composti chimici(ma non-viventi!)detti aminoacidi che devono unirsi tra loro secondo una precisa successione logica.Il numero di aminoacidi esistenti in natura è di appena 20,ma alternandosi in successioni diverse possono formare milioni di proteine viventi l'una diversa dall'altra.Ricorrendo al calcolo fattoriale si sa che con appena 20 aminoacidi possono avere origine 2400 milioni di miliardi di proteine diverse,a seconda delle varie combinazioni.Ciò che è incredibile è che in natura queste enormi possibilità di combinazione sono sfruttate solo in minima parte e -straordinario!- solo in quelle precise successioni che danno origine ad esseri viventi!Gli evoluzionisti dicono che la vita(cioè la prima proteina)si sarebbe formata per puro caso nel cosiddetto "brodo primordiale",un ambiente acquatico saturo di metano,ammoniaca e idrogeno;l'energia dei raggi del sole o delle scariche dei fulmini avrebbe coagulato questi elementi dando vita agli aminoacidi e poi alla prima proteina.Nel 1953 lo scienziato Stanley Miller per dimostrare questa ipotesi fece un esperimento in cui riproduceva artificialmente il "brodo primordiale",e -apparente successo- dopo qualche giorno vennero fuori alcuni aminoacidi.Il problema è che,come abbiamo già detto,gli aminoacidi sono composti chimici non-viventi!Quindi dal "brodo" non era venuta fuori la vita.Si sono ripetuti molti altri esperimenti analoghi,anche di recente con strumenti ancora più sofisticati,ma niente!La vita non è saltata fuori.In forza dell'evidenza si è riconosciuto che il caso può al massimo determinare la formazione di elementi chimici inorganici,ma non potrà mai ordinare la sequenza degli aminoacidi in modo tale da generare anche la più piccola proteina vivente!
    Oltre all'esperimento di Miller vogliamo ricordare un altro episodio:nel 1954 l'American Scientific,rivista scientifica di fama mondiale,pubblica un articolo del premio Nobel George Wald,della Harvard University.Costui sostiene che la vita sia nata da una serie di reazioni accidentali;nel 1979 la stessa rivista ripubblica l'articolo di Wald con una ritrattazione:si afferma che lo scienziato si è sbagliato in quanto è dimostrato che una combinazione casuale di molecole non è in grado di dar luogo nemmeno alle più semplici forme di vita.Nel 1991 sempre l'American Scientific scrive che la formazione accidentale di un batterio può avvenire con la stessa probabilità che un Boeing 747 venga assemblato da un tornado che soffia in un deposito di rottami!
    Infatti i biologi hanno calcolato che il caso cieco,anche se avesse a disposizione tutti gli aminoacidi necessari,non riuscirebbe a formare una sola proteina nemmeno in 300 milardi di anni;e noi sappiamo che la Terra si è formata "solo" 4 miliardi di anni fa.Ma perchè?Ebbene la biologia dimostra che la sequenza in cui devono essere ordinati gli aminoacidi per dar vita ad una proteina,dipende e deriva da una programmazione intelligente che precede la proteina stessa.

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    00 04/05/2010 18:48

    Ma non è finita qui!La prova vera e propria del fatto che all'origine della vita c'è un'Intelligenza è offerta dal DNA.
    Abbiamo detto che ogni organismo vivente è formato di proteine,le quali sono continuamente rinnovate all'interno delle cellule,incredibili laboratori microscopici.Dentro il nucleo delle cellule vi sono i cromosomi che sono presenti in un numero fisso e diversificato in ogni specie vivente:la mosca ne ha 6,la patata 48,l'uomo ne ha 46!E proprio questa differenza minima sul piano quantitativo,tra i cromosomi dell’uomo e quelli di animali e vegetali,denota la straordinaria importanza qualitativa della loro programmazione:se solo 2 cromosomi distinguono l’uomo dalla patata,è ovvio che ciò che conta davvero è la qualità e non la quantità,quindi la programmazione e non il numero!
    Il cromosoma è formato da un doppio filamento avvolto a spirale,il DNA,sul quale è iscritta come su di un nastro magnetico,la programmazione che dirige la produzione di tutte le diverse proteine viventi.Tale programmazione è attuata da quattro "lettere" chimiche dette "basi",che collegano tra loro i due nastri di cui è composto il DNA a mò di scala a chiocciola;queste quattro basi si combinano tra loro a gruppi di tre formando le cosiddette triplette,e la successione programmata di centinaia di milioni di triplette lungo il nastro del DNA costituisce il patrimonio genetico di ogni vivente,che è chiamato genoma.
    Il genoma è diviso in molte sezioni,i geni,che rappresentano i "piani costruttivi" di ogni proteina,la cui produzione avviene,quindi,dentro ciascuna cellula(dove è presente tutto il genoma al completo).Attraverso un complicatissimo procedimento che comprende il trasferimento dei dati genetici dal nastro del DNA al nastro dell'RNA,gli aminoacidi finiscono nel fitto reticolo dei ribosomi dai quali,finalmente,escono le proteine.Queste poi,andranno a rinnovare ogni parte del corpo(cervello,sangue,muscoli,ossa,ecc.).
    Il professor Renato Dulbecco ha scritto:"Il primo principio della genetica dice che l'informazione è a senso unico:va sempre dal gene alla proteina e mai in direzione inversa".

    La programmazione precede la proteina e non viceversa.
    Dunque la vita non inizia per caso,ma grazie ad un progetto logico e intelligente che viene immesso nella materia dal suo Creatore.

    Possiamo fare un ultimo esempio(anche se ce ne sarebbero molti altri) di quanto è strabiliante il corpo umano nella sua complessità e perfezione:non tutti sanno che dal fondo di ciascun nostro occhio escono,diretti al cervello,60 milioni di fili conduttori!! Il professor John Wilson,della Harvard University ha detto:"I fili conduttori che escono da una centrale telefonica,riuniti in cavi,possono essere alcune decine di migliaia.Bisognerebbe immaginare di riunire tutte insieme le Occhiocentrali telefoniche del mondo intero,per ottenere più o meno il numero di fili che fuoriescono da ciascun occhio della nostra testa".Tutto questo nei soli 2 millimetri e mezzo di ciascun nervo ottico!

    Tutte le considerazioni fatte finora,mostrano in modo inequivocabile che ogni ambito della realtà cosmica è contrassegnato dall'ordine;un ordine perfetto che evidenzia come ogni processo naturale,ogni legge fisica,ogni meccanismo chimico,siano talmente complessi e finalizzati,da escludere nella maniera più assoluta che possano essere frutto del caso.Ciò che più colpisce è proprio che tutto questo si ponga in un rapporto di mezzo a fine per consentire e favorire (lo ribadiamo) la vita;ma non la vita in generale,bensì al di sopra di ogni altra,la vita dell'uomo!
    Viviamo in un universo che è stato fatto su misura per noi!A riguardo mi limito a ricordare che esistono due teorie che sostengono la straordinaria ragionevolezza a livello scientifico,dell'ipotesi dell'esistenza di una causa generatrice e ordinatrice dell'universo:

    -la teoria del principio antropico
    -la teoria del disegno intelligente

    Entrambe le teorie si basano sul meccanismo dell'inferenza:adoperano una serie di deduzioni logiche derivanti da un insieme di dati scientifici per giungere alla conclusione più ragionevole:e cioè che all'origine del cosmo vi è una mente ordinatrice.Le osservazioni da cui partono le due teorie per giungere ad una simile conclusione riguardano proprio l'ordine strabiliante che caratterizza l'universo(anche a livello quantistico!Lo dico a quanti strumentalizzano il principio di indeterminazione),e il fatto che si sarebbe dovuto verificare un numero altamente improbabile di coincidenze(in ambito fisico)perchè il cosmo potesse ospitare vita intelligente.
    A onor del vero dirò anche che Stephen Hawking ha recentemente affermato che le probabilità che da un Big-Bang nascesse un universo simile al nostro sono del 98%(quindi tutt'altro che basse!).Ma il bello è che:
    1-anche quella di Hawking è una teoria,e soprattutto non smentisce le osservazioni alla base delle altre due teorie:e cioè che l'universo presenta caratteristiche indiscutibilmente finalizzate a favorire la sussistenza di vita intelligente.Questo è un dato di fatto;
    2-tale teoria si riferisce alla nascita dell'universo e non alla comparsa della vita,che rimane in ogni caso inspiegata in una prospettiva "materialista".

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    00 15/08/2010 22:32
    Complessità del gene
    di Nunzio Nobile
     

    All'inizio e alla fine del gene c'è sempre una sequenza di circa otto basi nucleotidiche che vengono riconosciute da un grosso enzima, la RNA polimerasi, la quale si attacca alle otto basi in modo specifico ed inizia da esse il processo di copiatura di un'elica del DNA. Si forma così l'RNA messaggero, che permetterà la "traduzione" dell'informazione contenuta nel DNA in modo che si possa formare una proteina corrispondente.

    È un processo molto preciso perché un solo sbaglio nel riconoscimento, o la mutazione di un solo elemento della sequenza, possono sfalsare tutta la lettura e portare alla sintesi di una proteina completamente sbagliata.

    C'è di più, in ogni gene delle più comuni cellule (cioè quelle eucariote), esistono sequenze codificanti chiamate "esoni" e sequenze non codificanti chiamate "introni". Gli introni sono come parole senza senso e devono essere eliminate per poter avere un determinato "discorso", cioè per avere la proteina giusta. Per rendere possibile l'eliminazione degli introni, esistono al loro inizio e alla loro fine delle sequenze sempre uguali chiamate "di consenso", composte da 10 specifiche basi che vengono riconosciute da un altro grosso enzima, lo "spliceosoma". Lo spliceosoma si attacca alle 10 basi e rompe l'introne all'inizio ed alla fine, eliminandolo ed unendo così, sempre con un meccanismo chimico, gli esoni fra loro. Si arriva così alla giusta proteina programmata La mutazione di una sola base della sequenza di consenso rende impossibile l'eliminazione dell'introne e si fabbricherebbe così una proteina sbagliata. Tutto il processo deve perciò essere estremamente preciso.

    Si può calcolare che la probabilità che si possa formare a caso una determinata proteina è di 20 elevato a 300: un numero spaventoso se si pensa che il numero totale degli atomi di tutto l'Universo è 10 elevato a 80! Ecco la straordinaria informazione che c'è in ogni singolo gene, perciò credo che ognuno sia il frutto di un atto creativo di un'intelligenza trascendente. E noi ne abbiamo 50.000 di questi geni! Il meccanismo darwinista del caso più selezione naturale non spiega niente. Tutt'al più la selezione naturale può eliminare elementi difettosi come, per esempio, può essere eliminata un'automobile imperfetta da una catena di montaggio, ma la macchina ben funzionante è ideata dall'intelligenza dell'ingegnere! La scienza moderna dovrebbe iniziare a riconsiderare l'ipotesi di Dio Creatore, che è molto più ragionevole dell'ipotesi del caso.

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    00 17/04/2011 20:04

    Biochimica e "complessità irriducibile"

    Il concetto di "complessità irriducibile" viene elaborato da Michael Behe, biochimico della Leighton University, per descrivere quei meccanismi il cui funzionamento dipende dall'interazione di molte parti. Questi sistemi non possono formarsi per lenta evoluzione, ma debbono necessariamente essere progettati e assemblati tutti in una volta.

    Come afferma anche Michael Behe, troppi apparati delle creature viventi presentano una complessità irriducibile. Come esempio di "complessità irriducibile", Behe porta il caso della trappola per topi. Costituita di cinque pezzi - una molla, la fagliela, il gancetto che tiene la tagliola in posizione, l'esca, la tavoletta su cui il tutto è inchiodato - è una macchina molto semplice. Ma la sua semplicità "non può essere ridotta". Se manca un solo pezzo, non è che la trappola funzioni meno bene; non funziona affatto. Dunque, non può essersi formata a poco a poco, con aggiunte e miglioramenti; la trappola è stata progettata fin dall'inizio così. Molti apparati di esseri viventi sono ugualmente "irriducibili". Non funzionano se mancano anche solo di un componente (1).

    I meccanismi biochimici che vengono studiati a livello molecolare non sono altro che delle "macchine composte di molecole" e come tali vanno osservate.

    Prendendo in esame una macchina semplice come la trappola per topi, si osserva che essa è composta da 5 parti (tagliola, molla, berretta, gancio e formaggio): togliendo una qualsiasi di queste parti, la trappola non funziona più, cioè la macchina non può essere resa più semplice di com'è.

    Lo stesso discorso vale per le "macchine molecolari", e Behe per dimostrarlo ha preso in esame il flagellum, il ciglio degli organismi monocellulari che funziona come una sorta di "motore fuori bordo".

    Gli evoluzionisti considerano gli organismi monocellulari, come i batteri, le forme di vita più semplici e primitive, trovandosi al gradino più basso della scala evolutiva attuale.

    In realtà non è così: le ricerche dei biochimici dimostrano che non c'è assolutamente niente di "semplice" e che tutt'altro che primitivi, i batteri rappresentano invece un caso di "miniaturizzazione".

    Il flagellum è un tipico caso di complessità irriducibile: è un meccanismo molto complesso, risultato dell'azione coordinata di ben 50 geni del DNA.

    Semplificando al massimo la descrizione, esso risulta composto da 3 diverse proteine che danno luogo a diverse strutture e funzioni:
    - la tubulina per i microtubuli;
    - la nexina, che produce una sorta di adesivo gommoso;
    - la dyneina che permette il movimento.
    Le tre proteine hanno una funzione coordinata che soltanto nell'insieme compone il flagellum e ne permette il funzionamento. Esse devono necessariamente essere esistite tutte e tre sin dall'inizio, né possono essersi formate gradualmente per selezione naturale perché, nell'intertempo tra la formazione dell'una e dell'altra, il flagello sarebbe stato inutilizzabile, non avrebbe consentito il movimento e la struttura – o addirittura i batteri stessi - sarebbero stati esposti alla soppressione da parte della selezione naturale stessa, perché inadatti alla vita.

    Un altro esempio, più facilmente comprensibile perché ci riguarda da vicino, è il meccanismo di coagulazione del sangue.

    Esso prevede una cascata proteica composta da 4 proteine diverse, tutte concorrenti, in un delicato equilibrio, ad ottenere l'effetto coagulante in caso di emorragia. L'intero meccanismo, in realtà, coinvolge una dozzina di proteine che hanno funzione regolatrice, controllando che il coagulo si formi solo dove è necessario, smontandolo quando non è più utile ecc.

    La cascata proteica necessita di tutte e 4 le proteine che la compongono ed è un esempio di complessità irriducibile, perché, se anche soltanto una delle proteine non fosse stata presente sin dall'inizio, negli individui portatori della cascata incompleta il meccanismo della coagulazione non avrebbe funzionato ed essi sarebbero in breve morti per emorragia o per trombosi.

    Diversi scienziati evoluzionisti hanno tentato di confutare questi studi, tra questi il dott. Russel F. Doolittle, membro della National Academy of Sciences, che in polemica con Behe ha cercato di dimostrare l'errore del ragionamento circa la coagulazione, applicando il consueto metodo "scientifico" degli evoluzionisti:
    ha cominciato col dare per certo il principio darwiniano, secondo il quale si possono comporre "alberi genealogici" degli esseri viventi in base alla percentuale di diversificazione delle sequenze di aminoacidi delle proteine che li compongono (maggiore diversità = precoce divergenza delle linee evolutive delle due specie rispetto al progenitore comune);
    ha continuato stabilendo che questo meccanismo di "errore-correzione" casuale, che si verifica continuamente nella duplicazione del DNA, è alla base della cascata proteica della coagulazione, nella quale le 4 diverse proteine sarebbero state prodotte da micromutazioni casuali di un'unica proteina iniziale; la dimostrazione di questo "dato scientifico" starebbe nella inutile complessità del meccanismo di coagulazione: «Nessun Creatore avrebbe progettato un sistema così indiretto e macchinoso» ha affermato Doolittle;
    ha concluso "leggendo in modo elastico" i risultati di una ricerca eseguita da altri scienziati, su due gruppi di topi ai quali era stato sottratto rispettivamente il gene produttore di due delle proteine della cascata proteica. I topi così manipolati sono andati incontro fatalmente ad emorragie o trombosi, ma, secondo Doolittle, accoppiandoli tra loro, la prole sarebbe stata perfettamente sana, il che avrebbe dimostrato che la coagulazione può avvenire anche in assenza di alcune proteine. Le conclusioni a cui erano giunti i ricercatori, invece, erano ben diverse: la prole di quei genitori deficitari era incapace di formare coaguli e le femmine morivano durante le gravidanze.

    Ben diversamente dai desideri di Doolittle, la ricerca ha dimostrato con prove certe e ripetibili che la cascata proteica della coagulazione è un esempio di complessità irriducibile e che soggetti deficitari anche di una sola proteina non potevano essere intermediari evolutivi, perché meccanismi semifunzionanti non sarebbero stati riconosciuti "vantaggiosi" nella "lotta per la sopravvivenza"; non avrebbero superato "il vaglio severo della selezione naturale" perché la loro utilità si sarebbe rivelata soltanto a posteriori, a processo evolutivo concluso, non durante la comparsa casuale dei singoli componenti del meccanismo (2).

    Un altro esempio di complessità irriducibile è la struttura interna delle proteine istoniche. Queste proteine, in numero di cinque, sono composte. Ciascuna in media di 100 aminoacidi. La loro funzione è importantissima, in quanto esse impacchettano la lunghissima catena del DNA nel nucleo degli eucarioti, impedendo che essa si possa attorcigliare in modo inestricabile o rompersi rendendo impossibile la sua funzione che è quella di duplicarsi e di trascrivere le proteine necessarie alla vita degli organismi.

    Senza simili proteine sarebbe stato impossibile lo sviluppo di tutti gli organismi pluricellulari e la terra sarebbe abitata solo da bacteri. Orbene gli aminoacidi presenti nella catena di queste proteine sono identici in tutte le posizioni in tutti gli organismi. Ad esempio l'istone 4 del pisello, composto da 100 aminoacidi è identico all'istone 4 della mucca ad eccezione di due soli aminoacidi; ciò vuole dire che la sostituzione anche di un solo aminoacido nella catena è deleterio per ogni organismo: avviene come se in un automobile ci vogliono 100 pezzi per far funzionare il motore, se si elimina un solo pezzo il motore non parte. Così se si sostituisce un solo aminoacido nella catena dell'istone, la proteina non funziona più e la selezione naturale la ha eliminata.

    Ecco un esempio di complessità irriducibile all'interno di una sola proteina. La probabilità che il caso cieco abbia dato origine ad una proteina simile all'istone è di 1:20 elevato a 100 che rappresenta un numero davvero enorme (3).



    ***
    (1) M. Blondet Darwin alle corde? in Il Timone, n. 10 Novembre/Dicembre 2000.
    (2) Evoluzionismo: Invece, la scienza afferma che ... in Editoriale Il Giglio, 27/10/2005.
    (3) N. Nobile Proteine istoniche in Sulle tracce delle origini, 27/10/2005.
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    00 09/06/2011 14:21

    L’antropologo Facchini: «biologia dimostra finalismo e teleologia evolutiva»

    E’ inevitabile che l’interesse verso la scienza, ai limiti dell’idolatria, sia spronato dal voler appagare gli interrogativi che sorgono sul senso della esistenza. Alla faccia di chi vuole illudersi aver risolto il problema una volta per tutte. Fiorenzo Facchini, sacerdote e ordinario di Antropologia presso l’Università di Bologna, docente di Paleontologia Umana nella Scuola di specializzazione in Archeologia, membro di varie Società scientifiche italiane e internazionali, tra cui l’Istituto Italiano di Antropologia, l’Accademia delle Scienze di Bologna e la New York Academy of Sciences. Si è soffermato ancora una volta sul dibattuto argomento dell’evoluzione, tra i più usati per estrapolazioni filosofiche ed esistenzialiste, interessandosi in particolare sull’innegabile direzione presente nella crescita della complessità. Lo aveva già fatto recentemente, come segnalato in Ultimissima 28/3/11 e lo ha ribadito in questi giorni sul quotidiano Avvenire.

    Dice: «Nella crescita della complessità è fuori discussione che vi siano delle direzioni [...]. Tuttavia la pura casualità degli eventi non può spiegare la crescita della complessità». Infatti, alla base dei processi evolutivi, ci sono leggi e regole d’ordine, come viene sempre più messo in evidenza dagli studi della biologia dello sviluppo. Facchini avverte che «il problema è complesso e dovrebbero evitarsi certe semplificazioni in cui cadono molti darwinisti riferendo tutta l’evoluzione a un modello evolutivo che ben si adatta alla genetica di popolazioni (microevoluzione)». La casualità esiste certamente, anche se non è un Legge evolutiva. Inoltre, a volte ci sono eventi che «consideriamo casuali perché non ne conosciamo le cause o non sono prevedibili con i mezzi a disposizione (come le mutazioni geniche)». Questa casualità però può acquisire un significato: «la conformazione spaziale delle molecole che consentono la vita, le strutture ordinate o programmate, il rapporto tra struttura e funzione, presuppongono un principio finalistico o teleologico che nessuno può contestare». Monod e Jacob parlano di teleonomia per evitare possibili riferimenti a un finalismo della natura, Ayala ammette una teleologia interna, escludendo una intenzionalità esterna. Non usa mezzi termini l’antropologo: «Se vi sono leggi è da ammettersi una intenzionalità esterna riconducibile al Creatore. Il naturalismo riduzionista lo esclude, ma non con delle prove scientifiche».

    D’altraparte, ricorda Facchini, è la stessa opinione di molti celebri filosofi e scienziati: Einstein, Flew, Davies, Barrow, Lennox, Collins, eccetera, i quali non esitano a riferire la realtà a una mente superiore. Così, «la natura dimostra una razionalità intrinseca e potenzialità di cambiamento in relazione anche all’ambiente. L’insieme che ne risulta finisce per acquistare un senso aprendo a una visione finalistica». E’ certo un’interpretazione filosofica, ma emerge inevitabilmente se guardiamo all’uomo: la sua direzione evolutiva è tutta peculiare ed è segnata da una crescita di cerebralizzazione che non ha confronti con le altre specie (cfr. Teilhard de Chardin, Jean Piveteau, Dobzhansky ecc…). Ad essa si congiunge il comportamento segnato dalla cultura, che denota intelligenza astrattiva e autodeterminazione e fa dell’uomo l’unico essere che ha coscienza di sé e delle cose. Conclude Facchini: «in una visione teologica che riconosce alla creazione un’autonomia nelle cause seconde, si può cogliere a posteriori un finalismo generale che si realizza secondo un progetto superiore, inclusivo della casualità. Resta la peculiarità dell’evento uomo in cui le causalità di ordine naturale vengono arricchite da Dio della dimensione spirituale con modalità non descrivibili dalle scienze naturali».

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    00 10/10/2011 23:08

    Il “grande disegno” di Hawking: quando il cosmologo perde il contatto con il mondo

    Nel suo ultimo libro, “Il grande disegno” (Mondadori, pag.192, euro 20)scritto insieme a Leonard Mlodinowil prof. Stephen Hawking afferma che Dio non è necessario per creare l’Universo, perché “le leggi della fisica lo possono fare da sole”. E la filosofia, che nacque dalla curiosità di rispondere alle domande sull’origine del mondo e sul posto dell’uomo in questa terra, “è morta, perché non ha tenuto il passo delle scienze, in particolare della fisica”. Il laicismo militante di tutto il mondo applaude, nel silenzio assordante di quei professori di filosofia delle accademie (per l’accesso alle quali non c’è più l’obbligo platonico di conoscere la geometria), i quali dopo essersi trasformati in cantori dell’onnipotenza della tecnica, sono ora scaricati nel cestino della storia.

    Hawking asserisce che “come recenti progressi della cosmologia dimostrano, le leggi della gravità e della meccanica quantistica ammettono la possibilità che molti universi appaiano spontaneamente dal nulla. L’auto-creazione spontanea è la ragione per cui c’è qualcosa piuttosto che niente, perché l’Universo esiste, perché noi esistiamo. Non è necessario scomodare Dio”. Vedremo più avanti in che cosa consistano questi “recenti progressi della cosmologia”. Osserviamo intanto che il “nulla” di Hawking, da cui sarebbe apparso spontaneamente l’Universo, non è il niente, ma una varietà di mondo platonico in cui da tutta l’eternità sono scolpite alcune equazioni matematiche: “le leggi della gravità e della meccanica quantistica”. Un mondo platonico che vive ab aeterno, perché per le leggi della relatività generale il tempo appartiene all’Universo e, come si sa, anche il tempo apparve insieme allo spazio, alla materia e all’energia, in coincidenza con la nascita spontanea di quello. In questa visione, però, il problema dell’origine è da Hawking solo spostato dalla macchina dell’Universo al suo progetto, e noi ci chiediamo: qual è l’origine delle “leggi della fisica che hanno fatto da sole” l’Universo? Ancora, ci chiediamo: può un’equazione matematica “fare da sola” qualcosa?

    Nel Timeo, Platone racconta del demiurgo che, ispirandosi a leggi matematiche preesistenti, plasma la materia informe e forgia l’Universo ordinato (il cosmo). Ma questa teoria – in cui la matematica prescrive alla fisica come comportarsi – è una metafora poetica. La scienza moderna nacque quando Galileo, invertendo i ruoli tra matematica e fisica, mise come punto di partenza per l’indagine scientifica i fenomeni fisici osservati ed assegnò alla matematica il compito di descriverli, entro leggi e teorie che sarebbero state poi, di volta in volta, verificate o falsificate dalla sperimentazione delle loro predizioni. Nella visione scientifica moderna, nessuna equazione matematica può creare una sola particella! Avere il progetto, anche il più dettagliato, di un prodotto, non significa averne garantita la produzione, se mancano l’apparato costruttivo e le materie prime. Tale evidenza era stata ricordata alcuni anni fa proprio da Hawking (e senza per la verità che da allora sia intervenuto alcun “progresso” specifico della cosmologia) con la famosa frase che chiudeva un altro suo libro: “Che cosa ha spirato il fuoco nelle equazioni della fisica e ha dato loro un Universo da descrivere?”. Il cosmologo dei buchi neri dovrebbe rimeditare sul problema che egli stesso s’era posto: la differenza tra descrizioni matematiche e prescrizioni fattuali. Le prime ci dicono quali relazioni quantitative esistono tra fenomeni osservabili, le seconde perché sono stati effettivamente osservati i fenomeni descrivibili dalle prime. Così l’equazione di Pitagora a2 = b2 + c2 descrive la relazione intercorrente tra i tre lati di un triangolo rettangolo, ma non prescrive che oggi nel mio ufficio ci sia un tavolo a forma di triangolo rettangolo con i lati di 50, 120 e 130 cm. Se questo tavolo sia o meno fattualmente presente dipende da una prescrizione (una mia personale decisione) che non ha nulla di scientifico. Nel Timeo Platone era comunque cosciente dell’insufficienza della matematica, tanto da sentire il bisogno di prevedere per la creazione del cosmo anche la preesistenza di una materia informe e di un artigiano che la lavorasse. Hawking e Mlodinow, invece, sembrano trarre il loro discorrere da un’epoca pre-filosofica e pre-scientifica, quella delle magie in cui una formula pronunciata dallo stregone aveva la potenza di produrre un accadimento.

    Parmenide, il “maestro venerando e terribile” della filosofia greca, ammoniva i pensatori a maneggiare con estrema delicatezza il termine “nulla”. I neo filosofi Hawking e Mlodinow, però, non ne seguono il consiglio, perché, in un’altra pagina del loro libro, tornano a giocare in maniera allegra con questo termine, stavolta confondendolo col vuoto fisico. Il “nulla è instabile” – scrivono – e può così oscillare tra il non essere e l’essere e produrre casualmente l’Universo. Ma il “nulla” è ni-ente, non essere: niente materia, niente antimateria, niente energia, assenza di struttura spazio-temporale; in quanto tale, non ha senso assegnare al nulla alcun attributo, in particolare l’instabilità fisica, che richiederebbe all’oggetto di avere relazioni quantistiche con se stesso. Il vuoto fisico, invece, ovvero quello stato fisico di campo quantistico, presente nello spazio-tempo, in cui l’assenza di particelle materiali si accompagna all’autovalore minimo dello spettro energetico, è fisicamente instabile, nel senso che può dare luogo (a prezzo della sua energia) alla creazione di nuove particelle e antiparticelle. Vuoto fisico e zero/nulla sono in fisica due concetti tanto diversi da richiedere l’uso di due simboli distinti per rappresentarne i vettori di stato. E le diverse proprietà matematiche dei due vettori rispecchiano la distinzione fisica dei due stati.

    Veniamo ora alle ricerche cosmologiche più recenti. Secondo la teoria standard del Big Bang, l’Universo nacque 13.7 miliardi di anni fa da una singolarità. Certo, un evento di questo tipo – piuttosto che un universo che esiste da sempre – richiama la Genesi biblica e pone un serio problema agli scienziati antireligiosi. Un problema aggravato dall’osservazione dell’incredibile, a priori estremamente improbabile, sintonia di una ventina di costanti cosmologiche con le condizioni esattamente necessarie per l’emergenza della vita in almeno un pianeta: se anche uno solo di questi numeri – che essenzialmente stabiliscono i rapporti tra le diverse forze attrattive e repulsive che regolano il gioco della fisica, della chimica e della biologia – fosse minimamente diverso da quello che è, l’Universo sarebbe un singolo buco nero, oppure una collezione di buchi neri, o una polvere di particelle non interagenti, o sarebbe costituito di solo elio, o non si sarebbe sintetizzato il carbonio, e così via. In tutti i casi non ci sarebbero le condizioni per la nascita e la sopravvivenza della vita, né tanto meno dell’intelligenza umana.

    “I recenti progressi della cosmologia” richiamati da Hawking, che hanno occupato la ricerca teorica degli ultimi quarant’anni, hanno scandito i tentativi di risolvere le questioni della singolarità del Big Bang e della sintonia antropica delle costanti lungo due filoni speculativi: la teoria degli infiniti universi (il multiverso) e la teoria delle stringhe. Vediamone i risultati. Per quanto riguarda il superamento dell’unicità del Big Bang, ogni teoria orientaleggiante di scenari pre-Big Bang, ovvero di infiniti eoni in cui ad ogni ciclo di espansione succede un ciclo di contrazione in un’eterna fisarmonica di universi che nascono e muoiono, si scontra finora con il teorema di Borde, Guth e Vilenkin (2003), il quale sancisce, sotto condizioni molto estese, che ogni successione di universi di questo tipo deve avere comunque un inizio e non può allungarsi indietro nel tempo all’infinito. Ascoltiamo Vilenkin: “Si dice che un’argomentazione basta a convincere un uomo ragionevole, mentre una prova serve a convincere anche un uomo irragionevole. Con questo teorema, i cosmologi non possono più nascondersi dietro la possibilità di un universo eterno nel passato. Non c’è via di scampo, essi devono guardare in faccia il problema di un inizio cosmico”. Ancor più fallimentare si presenta la situazione della teoria delle stringhe (e della sua estensione, la teoria M) volta a spiegare la sintonia antropica delle costanti cosmologiche: tutte le proposte finiscono col poggiarsi su ipotesi matematiche ad hoc che contengono più assunzioni – campi scalari, proprietà topologiche, parametri appositi, ecc. – di quante questioni intendano risolvere. Per giunta, l’evidenza sperimentale di queste teorie è del tutto assente. Nel marzo scorso, ad un congresso scientifico a New York, il prof. Brian Greene, fisico alla Columbia University e uno dei massimi esperti di queste teorie, iniziò il suo intervento dicendo: “Non chiedetemi se credo alla teoria delle stringhe. La mia risposta sarebbe quella di 10 anni fa: no. E questo perché io credo solo a teorie che possono fare predizioni controllabili”.  L’ultima invenzione della teoria delle stringhe sta nel congiungere questi sport matematici estremi per affermare che viviamo in un megaverso di (10 elevato a 500?!) universi-bolla disgiunti, ognuno con differenti leggi e costanti: nel megaverso il numero degli universi è predeterminato al fine di far crescere un po’ la probabilità della presenza di almeno una bolla antropica come il nostro Universo, ma ciò avviene al prezzo di abbandonare la prima legge della razionalità scientifica, la parsimonia del rasoio di Occam. Dall’evidenza fisica dell’inizio assoluto di ogni universo (o multiverso) consegue logicamente che il nostro Universo è contingente. Qui finisce la fisica e comincia, se si vuole continuare a pensare, la metafisica.

    Ebbe a dire il premio Nobel per la Fisica Arno Penzias, scopritore della radiazione cosmica di fondo: “L’astronomia ci conduce ad un evento unico, un universo creato dal nulla e finemente progettato per fornire le esatte condizioni necessarie a supportare la vita. Si può dire che le osservazioni della scienza moderna appaiono suggerire l’esistenza di un sottostante piano soprannaturale”. È la logica, prof. Hawking! L’unica comprensione possibile di un Universo, che – secondo le attuali conoscenze dell’astronomia – ha l’evidenza fisica di avere avuto inizio col tempo e di essere antropico, è di far dipendere il mondo fisico dello spazio, del tempo, della materia e dell’energia da un’agenzia non fisica che trascende lo spazio, il tempo, la materia e l’energia. Questa agenzia trascendente non può essere una gazzetta platonica di leggi matematiche, perché ha esibito la capacità di agire sul mondo fisico creandolo, mentre le formule matematiche sono entità causalmente inerti che non lo toccano. Solo un’agenzia trascendente di questo tipo può “spirare il fuoco nelle equazioni della fisica e dare loro un universo da descrivere.”  Hawking parla di morte della filosofia, ma pensa piuttosto, con la teoria M, alla cosiddetta Teoria del Tutto che, presa alla lettera, coinciderebbe con la fine della fisica galileiana, sostituita da una metafisica matematizzata ed ipertrofica. È più probabile però che nuove e più accurate osservazioni sperimentali (come quelle in corso al Cern di Ginevra, che stanno già fornendo risultati del tutto inattesi) portino gli scienziati a sempre nuove teorie; e che queste, a loro volta, se non saranno esercizi matematici sterili ma capaci di predittività falsificabili, portino a nuove domande.

    Giorgio Masiero

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    00 26/10/2011 21:39

    la teleonomia dei viventi come paradosso

    “Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Umberto Fasol, laureato in Scienze Biologiche a Padova, docente di scienze naturali in un Liceo di Verona, di cui è preside. Esperto di evoluzione, morfogenesi, cosmologia e bioetica, collabora con la rivista “Emmeciquadro”, “Nuovaseconaria” e con “Il Timone”,  nel 1984 ha pubblicato sulla Rivista internazionale di Biologia “Meccanismi epigenetici nella morfogenesi dei vertebrati”, nel 2007 il libro “La creazione della vita” (Fede e Cultura)”, nel 2010 i libri “La vita una meraviglia  (Fede e Cultura) e “Evoluzione o Complessità? La nuova sfida della scienza moderna” (Fede e Cultura). Il prof. Fasol si è reso anche disponibile a rispondere a domande, dubbi ed eventuali critiche che potranno essere postate nei commenti sotto l’articolo”.

     

    di Umberto Fasol*
    *docente di scienze naturali (http://ilprogettoinbiologia.wordpress.com)

     

    Il saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea scritto dal Premio Nobel per la medicina Jacques Monod nel 1970, “Il Caso e la Necessità”, rimane una pietra miliare nel nostro dibattito sulla natura della vita, sulla sua complessità e sulla sua origine. Particolarmente lucido ed assertivo risulta il filo rosso che unisce tutte le pagine e tutti i capitoli trattati: “il carattere teleonomico degli esseri viventi, per cui nelle loro strutture e prestazioni essi realizzano e perseguono un progetto” (pag. 30). La grande sfida per la riflessione filosofica sulla natura della vita è dunque costituita dalla teleonomia degli esseri viventi: il libro la affronta, la analizza e la rilancia di continuo, cogliendola da prospettive diverse, prese soprattutto dall’ambito della biologia molecolare. L’interrogativo fondamentale, cui si vuole rispondere è questo: “la teleonomia è reale o è solo apparente?”, ovvero: “è frutto di una scelta o è l’unica possibilità?”. Prima di giungere alla risposta procediamo per gradi.

    Prima di tutto definiamo la teleonomia attraverso un esempio. “Se si ammette che l’esistenza e la struttura della macchina fotografica realizzano il progetto di captare immagini, si deve anche necessariamente ammettere che un progetto simile si attua nella comparsa dell’occhio di un vertebrato. … Lenti, diaframma, otturatore, pigmenti fotosensibili: le stesse componenti non possono essere state predisposte, nei due oggetti, che per fornire prestazioni simili. E’ impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura” (pag. 30). Con tale affermazione categorica si cancella qualunque dubbio il lettore o il ricercatore potesse avere in proposito: il progetto c’è! 

    Si può e anzi si deve dunque parlare di progetti nelle forme di vita, senza il pudore che tutti gli insegnanti manifestano quando parlano con gli studenti: l’occhio serve per vedere, il cuore serve come pompa per spingere il sangue in tutti i distretti cellulari, le ali sono strutture disegnate per consentire il volo, ecc… Ricordiamo il celebre intervento del card. Schonborn sul New York Times, il 7 luglio del 2005, con un clamoroso “Finding design in Nature”, mirato ad accusare “di ideologia ogni scuola di pensiero scientifico che voglia escludere l’idea di progetto in natura”. Qual è dunque il problema se Monod prima e Schonborn poi, da prospettive filosofiche opposte, parlano di “disegno” in Natura come un’evidenza, che addirittura non si può smentire in modo sperimentale?

    Il problema nasce nel momento in cui si vuole indicare la fonte di questi progetti, che non può assolutamente essere metafisica, per la scienza, in virtù del “postulato dell’oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di progetto” (pag. 29). Detto in modo diverso: il progetto c’è, ma non può essere spiegato con un altro progetto che lo precede. Esso nasce spontaneamente ogni volta che si forma la vita, non per scelta specifica, ma per l’esclusione automatica di tutte le altre possibilità, per opera sia della conformazione iniziale che della selezione naturale. E’ il concetto di gratuità che viene in soccorso di questa interpretazione. La gratuità è l’indipendenza chimica tra la natura molecolare del segnale e la funzione stessa che vuole realizzare. L’esempio più famoso è dato dal codice genetico. Non esiste alcuna relazione chimica tra la tripletta di nucleotidi e il suo significato, ovvero l’amminoacido specificato: la parola UUU significa la fenilalanina, ma per pura convenzione, non per complementarietà tridimensionale o per affinità chimica. Un altro esempio si può ricavare dal mondo degli ormoni. L’insulina è l’ormone prodotto dalle cellule beta delle isole del Langherhans del pancreas ed ha come bersaglio il glucosio del sangue: lo spinge all’interno delle membrane cellulari, abbassando così la glicemia. Bene: la relazione tra la molecola di insulina e il suo significato, ovvero la molecola di glucosio, è assolutamente gratuita: osservando la natura della prima non si può prevedere nulla della sua funzione.

    Allora, ecco la conclusione di Monod: se i codici della vita sono gratuiti, significa che “tutto è possibile”: quando si formano le strutture vitali la completa libertà di scelta tra le infinite opzioni, essendo queste sciolte da qualsiasi vincolo chimico, costringe di fatto la natura ad escludere tutte quelle possibilità che non si configurano. Si afferma solo quella possibilità che “obbedisce meglio ai soli vincoli fisiologici, grazie ai quali tutto verrà selezionato secondo la maggior coerenza ed efficacia che conferirà alla cellula o all’organismo”Qual è allora la fonte della teleonomia? La causa ultima è la disposizione casuale dei nucleotidi del DNA che determina una sequenza altrettanto casuale di amminoacidi, che genera poi a cascata tutti gli eventi che caratterizzano il fenomeno della vita. Interessante, ma discutibile, la definizione di casualità del DNA come “assenza di regole che permettano di prevedere la successiva lettera”: l’osservazione è vera, ma non per questo il DNA appare non ordinato, anzi, è il libretto di istruzioni della vita” (Collins, Direttore del Progetto Genoma Umano). Chiunque abbia studiato la biologia molecolare del gene ha incontrato solo che “regole”: il processo di lettura del DNA e di sintesi delle proteine avviene secondo un vero e proprio “protocollo”, che garantisce la vita stessa.

    Proviamo a riflettere su queste conclusioni di Monod. Ci troviamo di fronte ad un paradosso epistemologico: il riconoscimento esplicito e scientifico della teleonomia come la cifra della vita non porta alla classica conclusione metafisica (esiste un Progettatore esterno) che ha nutrito interi millenni di umanità, ma al suo contrario: “l’antica alleanza è infranta: l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo” (conclusione del libro). Possono convivere le due conclusioni? O quale delle due è quella vera? Rinvio la risposta al lettore. Aggiungo alcune riflessioni nel merito delle argomentazioni utilizzate da Monod: parto dalla “gratuità del codice genetico”, il fondamento di tutto il suo castello ideale. Se non esiste alcun legame chimico-fisico tra il messaggio e il suo significato, non si capisce perché la loro relazione dovrebbe essere determinata dall’ambiente: se la complementarietà materiale non è riuscita a legare i due oggetti, come possono fare due pezzi di lego, perché mai dovrebbe riuscirci un ambiente anonimo, che non ha alcuna affinità né alcun interesse? Come a dire: se i due pezzi di lego non si sono uniti perché hanno i fori e denti complementari, perché mai il tappeto su cui si trovano dovrebbe casualmente unirli? Insomma, l’ambiente di Monod ha proprietà morfogenetiche che né la chimica, né la fisica, né la biologia, gli attribuiscono. Che cosa c’entrano la temperatura, la pressione, la concentrazione iniziali, ma anche gli stessi atomi del DNA con tutto ciò che dovrebbe conseguire dalle loro informazioni: le membrane cellulari, i tessuti, gli organi, gli apparati, il naso, la bocca, gli occhi, lo sguardo stupito di chi ha appena letto il libro di Monod? Come si spiega solo a partire dal DNA che la cellula uovo, sferica e indifferenziata, in pochi giorni si struttura lungo tre assi, assume una forma allungata con una cavità interna che diventerà l’intestino, cresce e si differenzia formando un bambino completo di tutto, già dopo quattro settimane?

    Oggi si sa che gli esseri viventi sono organizzati a più livelli di complessità, uno sopra l’altro e non si possono spiegare a partire da quello sottostante: l’anatomia e la fisiologia del cuore non sono incluse nella cellula del miocardio, così come le proprietà della cellula non sono prevedibili a partire dai suoi ingredienti chimici,… e così via. Credo che Aristotele avesse ragione, ancora nel IV secolo avanti Cristo: le cause finali sono il motore di ogni movimento. Le cellule del nostro corpo si comportano “come se” fossero consapevoli di quello che devono fare in ogni istante per realizzare il progetto della vita e della sua perpetuazione. Ma: possono essere consapevoli? Se non abbiamo evidenza sperimentale di questa condizione della materia, credo possa risultare ragionevole ipotizzare una Causa finale al di fuori del sistema.

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    00 09/12/2011 12:17

    Le neuroscienze portano l’uomo al centro:

    il cervello non ha eguali nel cosmo

    Nelle librerie anglosassoni è uscito un libro veramente interessante, decisamente scomodo per razionalisti, riduzionisti, materialisti e tutto il rimasuglio di positivismo scientista che siamo costretti a trascinarci ancora dietro. Il titolo è The Brain is Wider Than the Sky (“Il cervello è più ampio del cielo”, W&N 2011) e l’autore è il giornalista scientifico Bryan Appleyard.

    Il volume è basato su tutta una serie di interviste dei più importanti neuroscienziati in circolazione sul funzionamento del cervello, per giungere alla conclusione che non siamo affatto vicini ad auto-comprenderci e che probabilmente non riusciremo mai. Il cervello è lo strumento più complesso e affascinante in tutto l’universo, superiore di gran lunga a qualsiasi mega-computer esistente. Come scrive nella recensione il neuroscienziato Daniels Anthony, docente presso la Oxford University, «la natura, la qualità e la ricchezza della nostra vita interiore non sarà mai completamente spiegabile o traducibili in termini fisici, e – inoltre – sarebbe terribile se si potesse fare». Dire il contrario, continua Antony, significa assumere «l’arroganza scientifica e razionalista, primo perché ci si illude di credere che si possa capire pienamente noi stessi per mezzo del metodo scientifico, secondo perché il progresso tecnologico non migliora necessariamente la qualità della nostra vita, e terzo non si può catturare in modo descrittivo il controllo dei sistemi infinitamente complessi che guidano i nostri scopi».

    L’autore spazia anche su altri argomenti, ma volti tutti a dimostrare l’irriducibilità umana. In un capitolo Appleyard scrive: «La teleologia è la convinzione che la natura si autodetermini ad uno scopo, che si sta muovendo verso qualcosa, se questo è il regno di Dio o una società giusta… Una linea dura di teleologia potrebbe sostenere che la scimmia si sia volutamente evoluta in un essere umano…Ma questo, per il materialista, è misticismo. D’altra parte, la teleologia è tutto intorno a noi. Senza questa forma di teleologia, il mondo diventa incomprensibile». Le qualità estetiche ed emozionali, come confermano gli scienziati a cui rivolge le domande, sono irriducibili alle neuroscienze e non potranno mai essere descritte in termini neurologici. Al contrario di tutte le filosofie atee e riduzioniste che aspirano a ridurre l’uomo ad un essere insignificante, a un “nient’altro che” per dimostrare che non c’è nessuna creazione a “immagine e somiglianza di Dio”, il cristianesimo ha sempre valorizzato e innalzato l’uomo, a partire dall’incarnazione stessa di Dio in un effimero corpo umano. Le neuroscienze oggi, abbandonata l’ideologia positivista, stanno riportando sempre più al centro dell’universo (della creazione) l’essere umano dimostrandone l’assoluta unicità rispetto a tutto il resto. Quasi come fosse davvero “il preferito” di tutto il cosmo, colui a cui tutto tende.

    Questo è riconosciuto apertamente dagli psicologi, come Margaret Boden della Sussex University: «La mente umana è unica. L’intelligenza artificiale ha aumentato il senso di meraviglia che provo al cospetto della mente umana» (R. Stannard, “La scienza e i miracoli” Tea 2006) e dagli stessi neuroscienziati, come Michael Gazzaniga (tra i massimi esperti viventi del cervello), il quale sostiene che Darwin aveva torto perché «noi non siamo in continuità con gli altri primati, la differenza tra noi e loro è qualitativa, non puramente quantitativa». Citiamo infine Massimo Buscema, computer scientist di fama internazionale, esperto in reti neurali artificiali e sistemi adattivi, il quale dice: «È credibile che all’età di 50 anni, io non abbia più neanche un atomo di quelli che avevo a cinque anni. Ma allora perché mi sento la stessa identità e mi ricordo anche di quando avevo cinque anni, se tutta la materia di cui ero fatto è cambiata? Dove sono stato registrato? Dov’è il disco rigido su cui è stato fatto il backup di me stesso? Non c’è. E allora perché ho memoria? E’ più probabile che la mia identità non sia fornita dalla mia struttura bio-materiale (che cambia continuamente) ma dalla funzione matematica che connette tutte le traiettorie di qualsiasi mio atomo. In altri termini: la mia identità è solo un’organizzazione di informazioni, un pensiero. Ora, se tutta la complessità che esploriamo nasconde un pensiero, e se è così ben congegnato da permetterci di esistere e di formulare una domanda sensata sull’origine del cosmo, è più che ragionevole credere che l’informazione iniziale non sia stata buttata lì a casaccio. “Penso quindi esisto” oppure “Esisto perché sono pensato”?».

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    00 10/12/2011 21:43
    GLI ORGANI RESIDUALI RITENUTI INUTILI PER IL CORPO UMANO
     


    Consuetudine di tutte le nuove generazioni è la ricerca di informazioni tramite il web ma senza un reale controllo delle informazioni trovate in rete. Questo diviene un problema soprattutto se a scrivere “baggianate” è un sito come Wikipedia denominato “enciclopedia libera”. Il sito di wikipedia può divenire un mezzo per informazioni errate come dimostra il link http://it.wikipedia.org/wiki/Vestigia_(biologia).

    Molti, leggendo ciò che viene scritto sulla pagina del sito si convinceranno che la teoria di Darwin abbia prove inconfutabili tra cui i famosi (ex) organi vestigiali. Ma quanto c’è di vero in quello che viene divulgato sul sito?

    Nulla, semplicemente nulla. Ho già avuto modo di parlare di come il Wikipedia sia pieno di vere e proprie informazioni errate riferendomi alla pagina dedicata ai famosi anelli mancanti.

    Veniamo a noi. Tra i primi a stilare la lunga lista di organi “inutili” troviamo l'anatomista tedesco R. Wiedersheim; Wiedersheim nel 1895 comprese approssimativamente oltre 100 organi, inclusi l'appendice e il coccige.

    Gli evoluzionisti, sostengono, molti ancora oggi, che nei corpi di alcune creature, é esistito un certo numero di organi non funzionali. Questi organi, ereditati dai progenitori, gradualmente divennero rudimentali a causa del mancato uso.


    La realtà è che la loro funzione non era ancora stata scoperta…

    Lo stesso S. R. Scadding, noto evoluzionista, scrisse sulla rivista Evolutionary Theory: “Dal momento che non è possibile identificare senza ambiguità strutture inutili e dal momento che la struttura dell'argomento utilizzata non è scientificamente valida, concludo che gli "organi vestigiali" non forniscono alcuna prova speciale per la teoria dell'evoluzione.” (Pag.154)

    Tra i diversi organi ritenuti “rudimentali” troviamo il coccige, le tonsille e l’appendice. Il primo organo da me citato ha una funzione ben specifica e altro che organo residuale, infatti ha lo scopo di sostenere le ossa attorno al bacino ed è il punto di convergenza di piccoli muscoli indispensabili all’uomo.

    Le tonsille, hanno un importante compito di protezione della gola dalle infezioni durante il periodo dell’adolescenza. L'appendice fa parte del sistema immunitario, non è un organo primario e l’uomo può vivere bene anche senza di esso ma il suo corretto funzionamento è utile a tutto l’organismo.

    La funzione dell’appendice costituisce l’insieme del sistema immunitario che è composto da cellule, organi e molecole e tutti insieme contribuiscono in modo diverso ma omogeneo alla difesa da batteri, virus o funghi.

    Anche senza udito, braccia, gambe, tatto etc. possiamo vivere, ma non per questo, ovviamente, qualcuno si è mai sognato di dire che sono organi rudimentali.

    Ancora oggi le informazioni relative alla teoria di C. Darwin sono manipolate e strumentali al pensiero materialista che impregna la nostra società. Sostenere che la vita arrivi dalla materia inanimata, dallo spazio o altro è un’assurdità talmente grossolana che rasenta la stupidità umana. La verità è che non sappiamo, scientificamente parlando, come sia nata la vita.

    Sappiamo solo che l’uomo non è una specie in transizione come non lo sono le altre specie; lo dimostrano i fossili. La teoria di Darwin non è dimostrata e, ancora oggi, fa molti danni sia in campo sociale come in quello medico.



    Fabrizio Fratus

     

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    00 03/09/2012 13:51
    I 20 ENZIMI che ribaltano le tesi darwiniste
    di N. Nobile Migliore - 

     

    Esistono 20 enzimi che sono di capitale importanza nel processo di traduzione del codice genetico in proteina. Essi sono chiamati con un nome un pò complicato ma che rende l'idea :si chiamano aminoacil-RNA transfersintetasi. Nella parola è racchiuso il compito che essi hanno; ciascuno di essi ha due siti attivi: uno riconosce uno dei venti aminoacidi esistenti e solo quello, il sito è adattato perfettamente al suo specifico aminoacido, se per esempio l'aminoacido è piccolo il sito è anch'esso piccolo ,se è grande è anch'esso grande, se ha una determinata forma il sito possiede anch'esso una forma che si adatta perfettamente ad esso. Oltre questo sito ogni enzima possiede un altro sito che si adatta perfettamente ad un'altra molecola ,il RNA transfer che possiede la tripletta di basi nucleotidiche che codifica per quell'aminoacido specifico. Il RNA transfer è una molecola a forma di trifoglio, alla cui base è presente la tripletta specifica e all'estremo opposto viene attaccato dall'enzima l'aminoacido corrispondente, e l'enzima ha la capacità di riconoscere solo l'RNA transfer specifico per quel determinato aminoacido, dato che ogni RNA-transfer è diverso dall'altro per la sequenza delle basi nucleotidiche L'RNA transfer poi con il suo aminoacido attaccato andrà al ribosoma dove avverrà la sintesi della proteina .In questo doppio riconoscimento non si possono fare troppi errori perché gli errori sono fatali perché si può mettere l'aminoacido giusto nel RNA transfer sbagliato o l'aminoacido sbagliato nel RNA transfer giusto o ancora l'aminoacido sbagliato nel RNA transfer sbagliato. Qualche volta capita che si commetta un errore e allora interviene un altro sistema proteico di correzione degli errori. Alla fine gli errori sono pochissimi, uno ogni 500.000 aminoacidi.

    E' evidente che questi enzimi devono essere sorti agli albori della vita tutti insieme perché la mancanza di un solo enzima avrebbe causato l'impossibilità di fare una traduzione corretta del messaggio genetico con gravi alterazioni della sequenza aminoacidica nella proteina corrispondente e avrebbe portato in brevissimo tempo al collasso della vita come noi la conosciamo.

    La funzione deve essere stata perfetta sin dall'inizio, pena la morte della cellula.

    Ricordiamoci che la funzione di ogni proteina dipende dall'esatta sequenza degli aminoacidi nella molecola. Questa scoperta scientifica falsifica il darwinismo senza discussione e, a mio avviso ,senza rimedio. E' notevole il fatto che questi enzimi sono anch'essi codificati dal DNA e quindi i creatori della codifica sono anch'essi codificati! Scusate se non sono stato chiaro in alcuni punti ma le cose della vita sono di una complessità straordinaria.

    Nunzio Nobile Migliore
    medico-chirurgo

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    00 03/09/2012 14:00
    LA CRISI DEL DARWINISMO METTE IN CRISI L'EVOLUZIONE NATURALISTA?
    di N. Nobile Migliore 
     

     

    Nella situazione odierna delle scienze biologiche ci sono vari studiosi che mettono oggi in dubbio la validità scientifica del meccanismo darwiniano ,caso e selezione naturale ,per spiegare la nascita della vita e la formazione delle strutture complesse della cellula. E' impossibile infatti che col meccanismo dei tentativi ed errori si possano ottenere tali strutture, si dovrebbe avere un tempo straordinariamente lungo, ben superiore a tutto il tempo dell'universo ,per vagliare dal caso tutte le possibilità. Tuttavia vari autori non sono certo disposti ad abbandonare le concezioni naturalistiche e materialistiche della scienza attuale e affermano che si potrebbe trovare presto una nuova teoria scientifica che dia ragione della formazione delle strutture complesse, si stanno facendo vari tentativi a questo proposito, si parla di teoria epigenetica mettendo in luce l'ereditarietà di alcuni caratteri acquisiti. La teoria di Shapiro dell'ingegneria naturale della cellula, la teoria della complessità di Kaufman,ecc.

    In realtà tutte queste teorie e ,io credo anche tutte le teorie dell'avvenire non potranno mai risolvere un problema fondamentale e cioè l'altissimo grado di informazione contenuto nelle sequenze nucleotidiche del DNA che codificano le sequenze dei venti tipi diversi di aminoacidi contenuti nelle proteine .Sono le precise sequenze degli aminoacidi nelle proteine che le rendono adatte ad una funzione specifica col loro avvolgimento specifico e le proteine sono il factotum delle cellule ,senza di esse non può esserci vita come noi la conosciamo. Anzi oggi è stato trovato che per lo più le proteine non agiscono da sole per dare una determinata funzione ma agiscono in gruppo come minimo 5 o 6 proteine insieme.

    Tutte le vie metaboliche per esempio sono caratterizzate dalla cooperazione a cascata di molte proteine enzimatiche,la glicolisi enzimatica anaerobica è catalizzata da una cordata di ben 10 enzimi che si susseguono in un ordine preciso, la sintesi del colesterolo nel fegato è catalizzata da ben 20 enzimi diversi. La contrazione muscolare può avvenire solo se funzionano bene 20 proteine diverse tra le quali ne esiste una ,che si chiama titina formata da ben 30.000 aminoacidi, la più grande proteina esistente che ha la funzione di fare da cuscinetto elastico favorendo il rilasciamento muscolare dopo la contrazione! E allora se questo è vero diventa sempre più improbabile che possa entrarci il caso in tutto ciò. Ma il punto fondamentale è questo: non esiste nessun meccanismo fisico-chimico, nessuna fonte energetica esterna al sistema, nessuna energia solare, raggi ultravioletti, radiazioni ionizzanti ecc. che possano obbligare i nucleotidi del DNA e gli aminoacidi delle proteine a mettersi nella catena in un determinato ordine anzicchè in altro qualsiasi, avviene come in una scrittura, non esiste nessuna energia esterna in grado di obbligare le lettere dell'alfabeto a mettersi insieme per dare luogo per esempio alla Divina commedia,colle sole forze fisico-chimiche dell'inchiostro, per metterle insieme ci vuole solo il genio e l'intelligenza di Dante Alighieri! E sono sicurissimo che non si troverà mai nessuna forza fisico-chimica che potrà fare ciò. Anzi, dirò di più, le forze fisico-chimiche a cui prima ho accennato, raggi ultravioletti, radiazioni ionizzanti ecc. lungi dal migliorare il DNA ,lo deteriorano sempre di più dando luogo a gravi alterazioni genetiche compreso il cancro.

    Quindi è chiaro che l'informazione contenuta nel DNA è simile per molti versi all'informazione contenuta in un componimento. L'unica causa che può dare tale informazione è quindi un'intelligenza esterna al sistema, un'intelligenza che sappia preventivamente che quella determinata sequenza e solo quella darà la funzione desiderata, ci vuole un atto di conoscenza elevatissimo. La scienza quindi oggi è riuscita a scoprire sperimentalmente le cose che ho detto ma non ne trae le conseguenze perchè non vuole abbandonare la concezione materialistica che la ha caratterizzata negli ultimi due secoli, ha paura che abbandonandola non si faccia più scienza. Io non credo che questo sia vero, la scienza si può fare guardando soltanto alla verità delle cose, e anche se certe cose sono ancora incomprensibili si deve però optare per la verità perchè la Verità ci farà liberi.

    Nunzio Nobile:
    medico-chirurgo

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    00 10/12/2012 09:11
    PERCHE' LA CORNEA E' TRASPARENTE?

     

    Perchè la cornea è trasparente?  Sembra una domanda banale ,si può rispondere :la cornea è trasparente perchè deve far passare la luce perchè colpisca la retina. Ma non è affatto facile che un tessuto possa essere trasparente ,infatti la continuazione della cornea che è la sclera è di colore bianco -opaco e non fa passare la luce e cosi sono gli altri tessuti dell'organismo. Quali sono allora i motivi per cui la cornea è trasparente? sono tre  1) La cornea non possiede vasi sanguigni, il motivo è stato scoperto recentemente: esiste nella cornea come negli altri tessuti il vascolar factor ,il fattore di crescita vascolare  che si lega a due proteine tra cui una chiamata FLI che esiste in due versioni ,una attaccata alla membrana delle cellule ,l' altra solubile. Solo se il fattore di crescita vascolare si combina colla proteina legata alla membrana avviene una reazione a cascata che determina la proliferazione dei vasi. Ora nella cornea esiste solo la forma solubile della proteina e il fattore vascolare non può quindi agire. evidentemente il gene per la fli attaccata alla membrana nella cornea e solo nella cornea è stato bloccato, silenziato.   2) Le cellule epiteliali della cornea sono disposte in otto strati e sono disposte in modo particolare su vari piani in modo da permettere il passaggio dei fotoni.   3)Lo stroma connettivale della cornea è formata da collagene
    ,disperso in una sostanza amorfa .Il collageno è una proteina presente in vari tessuti, nei tendini, nei muscoli nella pelle ecc., ma nella cornea e
    solo nella cornea è formata da fasci disposti in modo regolare ,parallelo ,e questo consente il passaggio dei fotoni attraverso la cornea. Negli altri
    tessuti i fasci di collagene sono disposti in modo irregolare ,intrecciati. Queste sono le tre cause principali che consentono la trasparenza della cornea. Come si può constatare esiste un alto grado di informazione che consente alla cornea di essere trasparente. Ma questa informazione non basta ,deve esistere una informazione aggiuntiva ,una metainformazione che consente che solo nella cornea queste strutture siano presenti ,c'è quindi un gioco molto preciso di accensione e spegnimento di geni che consente tutto ciò. E' molto, molto improbabile che il caso e la necessità abbia prodotto tutto questo. Anche in questo caso è più probabile il paradigma del Design.   

       Nunzio Nobile Migliore

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    00 26/10/2013 14:36
    Sulla struttura e funzione neuronale ho espresso due "eresie" non accettabili dalla scienza attuale: la prima è che il neurone e il sistema nervoso in generale è stato progettato: il progetto è bandito dalla maggior parte degli scienziati che sostengono che la natura non ha cause finali e quindi dire che una struttura è stata progettata è immettere la teologia nella scienza .

    Ma dire che la cellula nervosa e il sistema nervoso in genere è stato progettato non è fare teologia ma usare la ragione; infatti il cervello può essere paragonato ad un computer molto perfezionato, in molti aspetti migliore dei migliori computer meccanici perchè dotato di flessibilità, di adattabilità e di apprendimento che è carente nei moderni computer; ora se è

    impossibile pensare che i computer meccanici possano formarsi attraverso tentativi ed errori ,ma solo per opera di una intelligenza umana, a maggior ragione si può pensare che il computer cervello debba essere stato in qualche modo progettato. Questo lo dice la ragione e il buon senso prima che la scienza, ed infatti esiste oggi un movimento scientifico l'intelligent design che afferma proprio questo: ci sono prove scientifiche eclatanti di disegno in tutte le strutture viventi: queste affermazioni vengono fatte attraverso il metodo scientifico e non attraverso i dogmi religiosi.
    L'altra 
    'eresia' che avrei scritto è che il pensiero e la coscienza non possono essere ridotti a puro prodotto dell'attività elettro-chimica neuronale ed interneuronale: i neuroni sono il veicolo del pensiero ma non sono il pensiero, altrimenti si potrebbe pensare che ogni macchina di tipo meccanico che possiede un'attività elettro-chimica è dotata di coscienza e di pensiero. Del resto sono esistiti ed esistono scienziati di grande valore anche attualmente che hanno difficoltà a ridurre il pensiero ma da una semplice attività elettrochimica neuronale. Come si può vedere le mie considerazioni si basano su argomenti ragionevoli e non sono frutto semplicemente di ignoranza del problema come sembra sostenere .

    Nunzio Nobile
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    00 21/09/2014 10:12




    douglasDouglas Axe è un nome che attira le ire di molti evoluzionisti. E' assolutamente normale perché il suo lavoro rappresenta un'autentica minaccia alle idee evoluzionistiche, specialmente a livello microbiologico. Questo però non lo fa demordere dal perseguire il suo fine: liberare il mondo della scienza dalla salda presa del Darwinismo.
    In funzione di questo scopo D. Axe è a capo di un notevole gruppo di scienziati al Biologic Institute, un'organizzazione no profit che produce evidenze sperimentali per l'Intelligent Design. La sua istituzione è finanziata dal Discovery Institute ed ha iniziato le sue attività nel 2005. Ad oggi il gruppo ha completato molti progetti offrendo prove significative a sostegno dell'Intelligent Design. Principalmente si focalizzano sull'origine e sul ruolo dell'informazione nella vita: l'essenza, i fondamenti e gli schemi programmatici caratteristici dei sistemi complessi.
    D. Axe spiega che prima di iniziare con il Biologic Institute ha avuto confronti con un discreto numero di scienziati che nutrono scetticismo verso le idee di Darwin, dai quali sorse l'idea di aderire a questo progetto: 'Ci sono scienziati altamente qualificati in nazioni di tutto il mondo che sono alla ricerca di un'opportunità per fare scienza al di fuori della camicia di forza del materialismo ideologico... Gli scienziati di cui parlo sono determinati a trovare vie alternative a questa ideologia e a coltivare forti rapporti di collaborazione con colleghi che la pensano allo stesso modo così da trarre il massimo beneficio da queste impostazioni.'

    Comunque, spiega Axe, molti sono riluttanti a mettere in pratica quanto appena esposto, a causa del possibile isolamento e di altre conseguenze direttamente legate allo sfidare la visione materialistica del mondo, visione dominante nella scienza di oggi:
    'Il clima sociopolitico all'interno dell'accademia scientifica varia in qualche modo da paese a paese, ma è uniformemente ostile a chi è scettico verso le idee di Darwin, sia in tutti gli Stati Uniti che in Europa. Addirittura gli scienziati di quei paesi che osano esprimersi liberamente sulla possibilità di un 'progetto intelligente' si possono aspettare una riprensione. Quelli che si rifiutano di rientrare nei ranghi spesso si ritrovano ad essere evitati dai loro colleghi, cosa che li esclude completamente da tutte le funzioni vitali della vita accademica, incluso l'essere finanziati, pubblicati, assunti o promossi. Quando qualcuno si accorge che questo succede a qualche collega, ci si pensa due volte prima di prendersi un tale rischio'.
    Il Biologic Institute è stato fondato per contrastare questi problemi. L'Istituto esiste con l'obbiettivo di far aumentare e rendere più forte la comunità di scienziati che sono nella posizione di rendersi conto che esiste un modo migliore 'di fare scienza", dice D. Axe.
    Egli è piuttosto determinato quando si tratta di perseguire i suoi obbiettivi, nonostante i continui colpi di coda delle cerchie darwiniste: 'Il nostro obbiettivo è ambizioso: Non vogliamo solo aprire le menti chiuse, piuttosto vogliamo liberare le menti aperte. Vogliamo sciogliere la stretta che ha tuttora il materialismo ideologico sulle scienze naturali. Vogliamo che persone giovani e brillanti che preferiscono il punto di vista di un 'progetto intelligente' siano libere di entrare nella sfera di competenza scientifica e dimostrare quanto quel punto di vista sia produttivo.'
    D. Axe spiega che un 'progetto intelligente' è evidente in natura e può essere visto da chiunque: "L"Intelligent Design' sostiene che la vita appare come se sia stata progettata di proposito perché lo è effettivamente stata. Il 'Progetto Intelligente' si nota in modo molto ovvio nella vita. E' onnipresente. Perché i semi del dente di leone possiedono piccoli paracadute fatti di filamenti simili a peli? Perché sono stati fatti per essere dispersi dal vento. Ecco perché."
    Anche se i darwinisti cercano di mantenere intatto il loro reame, D. Axe è determinato ad infrangere le barriere e a sfidare quelle regole 'non dette': 'La spiegazione darwinista per tutte le peculiarità della vita in sintesi è che cause materiali accidentali sono in grado di produrre virtualmente qualunque cosa, mentre la selezione vaglia queste infinite possibilità trovando quelle che danno un beneficio ad ogni singola specie. Nonostante quello che dice la gente, non capisco come questo possa risultare convincente per qualcuno. Come ammise apertamente Francis Crick: 'I biologi devono tenere costantemente a mente che quello che vedono non è stato progettato, quanto piuttosto si è evoluto'. In altre parole, i darwinisti devono sopprimere energicamente le loro intuizioni sul fatto che la vita possa essere un progetto.'
    Nonostante questa regola auto-imposta dei darwinisti secondo la quale deve essere respinta qualunque ipotesi che implichi un progetto in natura, D. Axe aggiunge che un 'progetto intelligente' è chiaro anche nell'universo: 'Un progetto intelligente è anche evidente nella regolazione fine dell'universo, necessaria per consentire la vita. Alcuni aspetti di ciò sono evidenti a chiunque. Vediamo tutti che le condizioni qui sulla terra sono straordinariamente di sostegno alla vita e questo ci dà la netta impressione che la terra è stata fatta per consentire la vita.'
    D. Axe spiega che sebbene il darwinismo sia viziato in così tanti dei suoi aspetti, alcuni si sentono in dovere di aggrapparsi ad esso senplicemente allo scopo di proteggere il materialismo ideologico: 'Il darwinismo è così grandemente contraddetto dall'evidenza scientifica che siamo costretti a cercare qualcosa che vada al di là dell'evidenza per spiegare come abbia potuto persistere come teoria dell'origine biologica a maggiore consenso. Per un sostenitore del materialismo ideologico, l'unica risposta possibile alla domanda "come siamo venuti all'esistenza?" è che siamo il prodotto di processi fisici ciechi. Per quanto la spiegazione della vita di Darwin sia così inadatta per lo meno è compatibile con il materialismo ideologico, che è la cosa principale per i suoi sostenitori.
    Axe spiega che molti scienziati si piegano alla pressione dei colleghi, temendo ritorsioni ed isolamento e pur di stare tranquilli scelgono di ignorare le prove convincenti fornite dal concetto di un 'progetto intelligente'.
    Ma quindi la gente comune come sarà in grado di decidere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato quando esiste una tale discriminazione e un chiaro favoritismo nel mondo della scienza? D. Axe risponde: 'Gli scienziati sono esseri umani al 100%, cosa che può portare ad avere il 100% dei possibili difetti dell'uomo come risultato. La cosa migliore che possono fare i non-scienziati è abbandonare l'idea secondo la quale gli scienziati operano ad un altro livello, superiore a quello degli altri esseri umani. Quando si parla di carattere e di fibra morale, tutto ciò che c'è di vero sui politici lo è anche per gli scienziati. Prima la gente ne diverrà consapevole e meglio sarà.

    http://dippost.com/2014/02/19/life-looks-as-though-it-was-purposefully-designed-because-it-really-was/
    Douglas Axe è il direttore del Biologic Institute. Attraverso esperimenti e simulazioni hardware le sue ricerche esaminano le costruzioni funzionali e strutturali che mettono alla prova il concetto di evoluzione delle proteine e dei sistemi proteici. Dopo un dottorato di ricerca alla Caltech, ha acquisito una posizione di scienziato ricercatore all'Università di Cambridge, al Cambridge Medical Research Council Centre e al Babraham Institute di Cambridge. I suoi lavori sono stati pubblicati su Nature ed esposti in una serie di libri, riviste ed articoli di giornale, compresi Life's Solution di Simon Conway Morris, The Edge of Evolution di Michael Behe e Signature in the Cell di Stephen Meyer.
    Dott. Axe, grazie molte della sua disponibilità. Vorrei iniziare dai suoi lavori. Potrebbe dirci qualcosa sui progetti ed obbiettivi della sua organizzazione?
    - Certo. Il Biologic Institute è un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 2005. Prima di questo, i miei rapporti con scienziati scettici sia sul darwinismo che sulla più ampia categoria che abbraccia il materialismo ideologico, mi fecero capire quanto talento ci sia tra quelle persone. Ci sono scienziati altamente qualificati in nazioni di tutto il mondo che sono alla ricerca di un'opportunità per 'fare scienza' al di fuori della camicia di forza del materialismo ideologico.
    I due ostacoli principali che questi scienziati affrontano sono l'opposizione e l'isolamento. L'establishment scientifico rinforza le propie ortodossie rendendo difficili le cose per quelli che 'escono fuori dalla righe'. Nonostante questo, gli scienziati di cui parlo sono determinati a trovare vie alternative a questa ideologia dominante e a coltivare forti rapporti di collaborazione con colleghi che la pensano allo stesso modo così da trarre il massimo beneficio da queste impostazioni.
    Il Biologic Institute è stato fondato per contrastare questi problemi. L'Istituto esiste con l'obbiettivo di far aumentare e rendere più forte la comunità di scienziati che sono nella posizione di rendersi conto che esiste un modo migliore di 'fare scienza'.
    Il nostro obbiettivo è ambizioso: Non vogliamo solo aprire le menti chiuse, piuttosto vogliamo liberare le menti aperte. Vogliamo sciogliere la stretta che ha tuttora il materialismo ideologico sulle scienze naturali. Vogliamo che persone giovani e brillanti che preferiscono il punto di vista di un 'progetto intelligente' siano libere di entrare nella sfera di competenza scientifica e dimostrare quanto quel punto di vista possa essere produttivo.
    Potrebbe dirci in termini semplici che cos'è l"Intelligent Design' e dove possiamo riscontrarlo in natura?
    - 'L'"Intelligent Design" sostiene che la vita appare come se sia stata progettata di proposito per il semplice motivo che lo è effettivamente. Il 'Progetto Intelligente' si nota in modo molto ovvio nella vita. E' onnipresente. Perché i semi del dente di leone possiedono piccoli paracadute fatti di filamenti simili a peli? Perché sono stati fatti per essere dispersi dal vento. Ecco perché.
    Ovviamente i darwinisti cercano di rimpiazzare questa interpretazione logica con una spiegazione legata al materialismo ideologico. La spiegazione darwinista per tutte le peculiarità della vita in sintesi è che cause materiali accidentali sono in grado di produrre virtualmente qualunque cosa, mentre la selezione vaglia queste infinite possibilità trovando quelle che danno un beneficio ad ogni singola specie. Nonostante quello che dice la gente, non capisco come questo possa risultare convincente per qualcuno. Come ammise apertamente Francis Crick, "I biologi devono tenere costantemente a mente che quello che vedono non è stato progettato, quanto piuttosto si è evoluto". In altre parole, i darwinisti devono sopprimere energicamente le loro intuizioni sul fatto che la vita possa essere frutto di un 'progetto intelligente'.
    Un 'progetto intelligente' è anche evidente nella regolazione fine dell'universo, necessaria per consentire la vita. Alcuni aspetti di questa asserzione sono evidenti a chiunque. Vediamo tutti che le condizioni qui sulla terra sono straordinariamente favorevoli al sostentamento della vita e questo ci da la netta impressione che la terra è stata fatta per consentire la vita. Questa impressione è corretta, ma trovo più complicato dimostrarla in modo convincente rispetto a dimostrare in modo convincente che la vita stessa è frutto di un 'progetto intelligente'. Infatti l'argomentazione teleologica della "regolazione fine" richiede qualche comprensione di cosmologia, che la rende meno accessibile.
    Pensa che ci sia una così detta 'stretta darwinista' sul mondo scientifico?
    Sicuramente. Il darwinismo è così grandemente contraddetto dall'evidenza scientifica che siamo costretti a cercare qualcosa che vada al di là dell'evidenza per spiegare come abbia potuto resistere in qualità di teoria dominante sull'origine biologica. Per un sostenitore del materialismo ideologico, l'unica risposta possibile alla domanda "come siamo venuti all'esistenza?" è che siamo il prodotto di processi fisici ciechi. Per quanto la spiegazione della vita di Darwin sia così inadatta, per lo meno è compatibile con il materialismo ideologico, che è la preoccupazione principale per i suoi sostenitori.
    Sul fatto che molti non-materialisti supportano il darwinismo penso che la spiegazione sia legata al fatto che queste persone si sono adattate ad un ambiente che favorisce grandemente i darwinisti (per dirla in termini di 'selezione naturale'). Il clima sociopolitico all'interno dell'accademia scientifica varia in qualche modo da paese a paese, ma è uniformemente ostile a chi è scettico verso le teorie di Darwin, sia in tutti gli Stati Uniti che in Europa. Addirittura gli scienziati di quei paesi che osano esprimersi liberamente sulla possibilità di un 'progetto intelligente' si possono aspettare una riprensione. Quelli che si rifiutano di rientrare 'nei ranghi' spesso si ritrovano ad essere evitati dai loro colleghi, cosa che li esclude completamente da tutte le funzioni vitali della vita accademica, incluso l'essere finanziati, pubblicati, assunti o promossi. Quando qualcuno si accorge che questo succede a qualche collega, ci si pensa due volte prima di prendersi un tale rischio.
    Quale pensa sia il motivo che spinge queste persone a schierarsi così nettamente contro qualunque cosa metta in dubbio il darwinismo? La scienza non dovrebbe essere obbiettiva, senza pregiudizi e seguire i fatti in qualunque direzione questi conducano?
    Si. In un mondo perfetto la scienza si occuperebbe solo di scoprire la verità, ma questo non è un mondo perfetto. Gli scienziati sono esseri umani al 100%, cosa che può portare ad avere il 100% dei possibili difetti dell'uomo come risultato. La cosa migliore che possono fare i non-scienziati è abbandonare l'idea secondo la quale gli scienziati operino ad un altro livello, superiore a quello degli altri esseri umani. Quando si parla di carattere e di fibra morale, tutto ciò che c'è di vero sui politici lo è anche per gli scienziati. Prima le persone ne saranno consapevoli, meglio sarà.

    Sulla questione origine della vita, è vero che per sintetizzare una proteina servono gli enzimi – che comunque sono anch'essi proteine – ma prima di quello entrambi possono essere sintetizzati solo in base al DNA, che deve essere stato presente anch'esso nello stesso momento? Se si, cosa significa questo esattamente?
    Il processo cellulare della produzione delle proteine in effetti richiede numerose proteine, molte delle quali enzimi (proteine che producono reazioni chimiche) e nessun processo naturale al di fuori della vita produce nulla che assomigli e queste proteine

    Può dirci qualcosa sul DNA?
    Il DNA è una molecola che possiede la capacità di memorizzare informazione digitale. Questo di per se è già rimarchevole, anche lasciando da parte il contenuto scritto nel DNA dei cromosomi degli organismi viventi.
    La famosa doppia elica del DNA consiste in due filamenti aventi ordine opposto. Questi filamenti sono costituiti dall'unione di quattro tipi di mattoncini, che rappresentiamo con le lettere A, C, G, e T. La cosa intelligente a proposito del DNA è che A in un filamento forma un legame con T sull'altro e così avviene anche per C e G. Quindi i due filamenti si uniscono a formare un doppio filamento solo se questi hanno sequenze corrispondenti.
    La bellezza di questa associazione tra i filamenti consiste nel fatto che è sia non-permanente che auto-costituente, qualcosa come la mutua attrazione tra due magneti. Come con i magneti, separando i due filamenti del DNA, questi si riuniranno appena possibile. Questo permette ai macchinari cellulari di separare i filamenti in zone specifiche per "leggere" un filamento, operazione critica per la produzione delle proteine e per la replicazione del DNA. Una volta che la lettura è completa, i filamenti si riassociano automaticamente.


    (Traduzione a cura di C. A. Cossano, con la collaborazione di C. Puliti e F. Arduini; editing e pubblicazione D. Ricciardulli).


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    00 05/12/2014 21:39


    biollogiaQualsiasi scoperta si può fare riguardo i meccanismi della vita si dice ,da parte della stragrande maggioranza della comunità scientifica che si sono evoluti ,anche se la struttura è talmente organizzata in tutte le sue parti che appare evidente che sia stata progettata. Un esempio eclatante è il ribosoma.Si tratta di una grossa struttura tridimensionale formata da due subunità la LSU più grande e la SSU più piccola che una volta formate si combinano insieme per formare l'unità funzionale del ribosoma.Il ribosoma è presente in tutti gli organismi viventi ,dagli archeobacteri all'uomo ed è essenziale alla vita perchè serve per la traduzione del messaggio genetico in proteine.

    Infatti tutte le proteine degli esseri viventi passano per il ribosoma che è una vera e propria catena di montaggio per la loro costruzione. E' una struttura irriducibilmente complessa perchè per il suo funzionamento è necessario che ci siano tutte le sue parti ed inoltre sarebbe inutile senza il genoma ,senza il codice genetico,senza il rna messaggero che trascrive il codice dal genoma e senza gli rna tranfer che trasferisce le triplette di codifica al montaggio degli aminoacidi specifici. Esiste una struttura centrale del ribosoma formata da 1500 nucleotidi di rna della subunità piccola e 3000 nucleotidi della subunità grande. Questa struttura è identica e conservata in tutti gli organismi viventi dagli archeobacteri all'uomo. Inoltre questa struttura a base rna è unita a parecchie proteine creando una struttura molto complessa che ripeto è conservata in tutti gli organismi identica. Esiste poi la parte esterna del ribosoma che è variabile ed è sempre più complessa mano a mano che aumenta la complessità degli organismi. Nell'uomo questa parte del ribosoma formata da molte proteine è la più complessa rispetto agli altri organismi. Gli evoluzionisti affermano che la parte centrale invariante dimostra che la vita è sorta da un antenato comune proveniente da un mondo primitivo a rna :Ma nel mondo prebiotico è infinitamente improbabile che si possa essere formato un rna autoreplicante e per giunta formato da ben 4500 nucleotidi allineati in modo altamente specifico e praticamente invariante dai bacteri all'uomo. Per le parti più esterne variabili gli evoluzionisti affermano che si sono formate durante l'evoluzione degli organismi. In altri termini le parti invarianti confermano l'evoluzione da un antenato comune e le parti variabili confermano l'evoluzione dal semplice al complesso. In qualsiasi modo quindi si trovino le cose l'evoluzione non è falsificabile perchè sia le parti invarianti che le parti variabili sono il frutto dell'evoluzione. Ma si può ugualmente pensare che le strutture invarianti e quelle variabili sono state progettate da un progettista comune. Si può fare l'esempio di una macchina a benzina :sia le moto ,sia l'automobile ,sia gli autobus,sia i camion hanno in comune e molto simile il motore a benzina ,poi hanno delle parti variabili che sono presenti per gli usi diversi che vengono fatti per le moto ,le automobili ecc. Nessuno però si sogna di dire che il passaggio da un veicolo a motore più semplice a quello più complesso sia evoluto attraverso cambiamenti casuali e non attraverso un progetto degli ingegneri. E cosi' è per la vita ,ogni struttura è irriducibilmente complessa e non può essersi evoluta attraverso cambiamenti casuali. Tutto è progettato per uno specifico organismo. Non è l'evoluzione ma il disegno intelligente la spiegazione più attendibile per l'enorme complessità della struttura ribosomiale.


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    00 07/12/2016 11:28




    La clamorosa abiura dell'ateismo da parte di uno dei suoi esponenti più famosi, il filosofo Anthony Flew, raccontata e descrita sulle pagine del Dom da Philip Larrey, ha suscitato scalpore all'interno della comunità scientifica perché a fargli cambiare idea non è stata un'improvvisa illuminazione religiosa o una nuova argomentazione filosofica, ma le sempre più convincenti prove empiriche che sembrano dimostrare, per l'estrema complessità dell'universo e dei modi in cui si è formata la vita, il coinvolgimento di un'intelligenza superiore.


    Flew ha cioè fatto proprio il "creazionismo scientifico" che il movimento dell'"Intelligent Design" ("disegno intelligente") ha iniziato a far circolare con successo sulla scena pubblica statunitense a partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso. La tesi centrale del "disegno intelligente" è che il caso e la selezione naturale, le forze che per i darwinisti spingono l'evoluzione, non sono sufficienti a spiegare le caratteristiche degli esseri viventi, la cui complessità si comprende meglio postulando una causa intelligente piuttosto che un processo senza direzione.


    Questa rivolta contro le dominanti teorie evoluzioniste, nata all'interno del mondo scientifico, ha la sua data di origine nel 1985, anno di pubblicazione del libro Evolution: a Theory in Crisis di Michael Denton. Secondo questo chimico e medico australiano, la teoria evoluzionista aveva accumulato troppi problemi irrisolti che non si potevano più ignorare. Denton elencava in maniera dettagliata più di venti organi esistenti in natura, a partire dal polmone degli uccelli, che non avrebbero mai potuto formarsi a poco a poco, per numerose, successive e piccole modificazioni, perché nella forma intermedia non avrebbero funzionato. La conclusione del libro era perentoria: la teoria darwiniana della macroevoluzione, che dovrebbe spiegare il passaggio da una specie all'altra, «dal 1859 a oggi non è stata confermata da una sola scoperta empirica ». In queste condizioni, avvertiva Denton, il paradigma scientifico del darwinismo era destinato a entrare presto in crisi.


    Uomini, topi e scienziati

    Denton si considerava peraltro agnostico e non proponeva una teoria alternativa al darwinismo. Il suo libro si rivelò tuttavia decisivo nella nascita dell'"Intelligent Design" perché aveva un'impostazione scientifica molto più rigorosa del tradizionale creazionismo biblico. Anche l'attuale leader del movimento del "disegno intelligente", il docente di Diritto dell'università californiana di Berkeley Philip Johnson, ha affermato di essersi «risvegliato dal sonno dogmatico» proprio grazie alla lettura di questo libro. La storia della conversione di Johnson è singolare: nel 1987, osservando la vetrina di una libreria scientifica di Londra, nota due libri affiancati, The Blind Watchmaker di Richard Dawkins - il più famoso sostenitore del darwinismo - ed Evolution: A Theory in Crisis di Denton. Li acquista entrambi e li legge senza interruzione la sera stessa. Alla fine le argomentazioni di Dawkins l'avevano lasciato perplesso, ma la critica di Denton gli era apparsa irresistibile. Non essendo uno scienziato, Johnson decide che da quel momento avrebbe studiato quanto più poteva l'argomento. Negli anni successivi, terminato il periodo di preparazione, organizza dunque una serie di convegni in ambito universitario e s'impegna personalmente in decine di dibattiti pubblici con i maggiori campioni dell'evoluzionismo (come Stephen Jay Gould), mettendo le proprie notevoli capacità logiche e dialettiche, allenate in decenni di pratica giudiziaria, al servizio della critica al darwinismo. Nel 1991 pubblica un libro che diventa una pietra miliare del movimento, Darwin On Trial, nel quale accusa i darwinisti di fondare le proprie teorie non su prove scientifiche, che anzi le smentirebbero, ma su una filosofia metafisica a priori, il materialismo. Il darwinismo, secondo Johnson, svolge infatti il ruolo di mito fondante della cultura moderna; funziona cioè come un dogma religioso che tutti debbono accettare come vero, piuttosto che come una ipotesi scientifica da sottomettere a test rigorosi. L'attività di Johnson apre così la strada alle intuizioni di alcuni scienziati creativi che nella seconda metà degli anni Novanta sviluppano esplicitamente, in maniera costruttiva e positiva, una teoria a favore del "disegno intelligente".


    Nel 1996 in un articolo pubblicato dal biochimico Michael Behe su The New York Times, intitolato (in traduzione) "Darwin al microscopio", compare per la prima volta - tutto verrà poi sviluppato e approfondito nel libro Darwin's Black Box. The Biochemical Challenge to Evolution - l'"eresia" secondo cui esisterebbe una teoria chiamata "disegno intelligente" in grado di spiegare meglio del darwinismo la formazione di tanti meccanismi molecolari "irriducibilmente complessi", quali per esempio le funzioni della cellula o la coagulazione del sangue. Il concetto di "complessità irriducibile" viene elaborato da Behe per descrivere quei meccanismi il cui funzionamento dipende dall'interazione di molte parti. Questi sistemi non possono formarsi per lenta evoluzione, ma debbono necessariamente essere progettati e assemblati tutti in una volta, come solo l'intelligenza sa fare. Per spiegare il concetto in termini comprensibili, Behe fa l'esempio della trappola per topi, che è composta da cinque parti e che non potrebbe funzionare se anche solo una di queste venisse rimossa. La stessa cellula è infinitamente più complessa di quanto si poteva ipotizzare ai tempi di Charles Darwin. La credibilità di Behe come scienziato dà al suo libro un grande successo (45mila copie vendute in un anno e centinaia di recensioni) e fa di lui il personaggio più in vista del movimento. I darwinisti lo accusano però di aver mischiato le proprie convinzioni cattoliche con la scienza. Ma per quale motivo, si chiede Behe, bisogna limitare l'oggetto della scienza alle sole spiegazioni materialiste, anche quando la ricerca conduce a spiegazioni diverse? Se le prove empiriche rendono plausibile l'esistenza di un "progetto intelligente" nella natura, perché un ricercatore non dovrebbe accettarle? Esaminando un sistema, spiega Behe, lo scienziato può inferire l'esistenza di un "disegno intelligente", ma non può stabilire chi sia il progettista. È possibile immaginarlo come un essere supremo, ma non spetta agli scienziati descriverlo. La scienza a questo punto deve fermarsi, lasciando il posto alla teologia.


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    00 07/12/2016 11:29




    IL FILTRO DI WILLIAM DEMBSKY


    Un importante contributo alla questione del rapporto tra religione, scienza e "disegno intelligente" viene dunque sviluppato dal matematico William Dembsky nel libro Mere Creation del 1997, che raccoglie gl'interventi del convegno svoltosi nel novembre 1996 alla Biola University di Los Angeles, vero punto di svolta per l'intero movimento.


    Dembsky osserva che in altri campi l'individuazione degl'indizi di un intervento intelligente è un'attività comunissima: si pensi all'archeologia, quando occorre stabilire se un oggetto ritrovato sia o meno un manufatto; al programma SETI per intercettare eventuali segni d'intelligenza extraterrestre provenienti dal cosmo; alle investigazioni legali per stabilire se un determinato evento sia stato causato da un fatto naturale o da un'azione dolosa e intenzionale; ai brevetti, dove occorre stabilire se si è verificata un'imitazione deliberata o dovuta al caso; all'analisi della falsificazione dei dati; alla crittografia e alla decifrazione dei codici segreti. Nell'esperienza comune, infatti, la presenza d'informazioni viene sempre associata all'intelligenza, che si tratti di un algoritmo informatico, di un geroglifico, di un utensile o di un disegno tracciato sulle pareti di una caverna. Per Dembsky non c'è ragione per non applicare queste stesse tecniche anche alle scienze naturali, onde spiegare per esempio l'enorme quantità d'informazioni presente nel DNA come il prodotto di un "disegno intelligente". Dembsky propone infatti un "filtro" capace d'identificare statisticamente in via generale se un determinato risultato è prodotto dall'intelligenza oppure dal caso. A un primo livello si verifica se l'evento è altamente probabile, e in questo caso lo si può attribuire a cause naturali escludendo fin da subito che sia stato progettato. A un secondo livello, il filtro stabilisce se l'evento è solo mediamente improbabile (per esempio, una scala reale nel poker): anche in questa ipotesi il caso è una spiegazione sufficiente. Al terzo livello del filtro rimangono solo i risultati altamente improbabili, ma anche in questi casi non li si può classificare subito come progettati. Debbono infatti anche essere "specifici", ovvero debbono conformarsi a un determinato schema identificabile. Così, per esempio, se per cinque volte consecutive durante una partita di poker capita una scala reale alla stessa persona, è più razionale attribuire questi esiti non alla fortuna, ma alla deliberata azione di un baro. Vi sono però moltissimi sistemi del mondo naturale che gli evoluzionisti attribuiscono al caso, come l'origine e l'evoluzione della vita, che sono in verità così altamente improbabili da passare questo severo test statistico e rientrare necessariamente tra quelli progettati da un'intelligenza. Ogni persona sana di mente, osserva Dembsky, guardando i volti dei presidenti degli Stati Uniti scolpiti sul famoso monte Rushmore, li attribuirebbe a una causa intelligente e non all'erosione naturale. Ma allora, se è logico vedere l'intelligenza all'opera in una scultura, come non vederla in un corpo umano infinitamente più complesso?




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    00 07/12/2016 11:42




    LE ICONE DI JONATHAN WELLS


     


    Un altro duro colpo all'ortodossia evoluzionista è poi arrivato dallo scienziato "iconoclasta" Jonathan Wells, il quale, per mettere in luce l'approccio dogmatico e fideistico con cui il darwinismo viene insegnato nelle scuole, ha denunciato, nel libro The Icons of Evolution (uscito nel 2000), le inaccuratezze scientifiche, se non le vere e proprie frodi, che riempiono i più diffusi manuali di biologia


    . Le "icone" dell'evoluzione sarebbero quelle quattro immagini ormai classiche che da decenni continuano a essere riproposte nei testi degli studenti per illustrare le "conquiste scientifiche" del darwinismo: l'esperimento di Stanley Miller sull'origine della vita, l'albero della vita darwiniano, gli embrioni di Ernst Haeckel e l'archaeopterix, cioè il presunto anello di congiunzione tra i rettili e gli uccelli. Malgrado la scienza abbia da tempo negato ogni loro validità, queste proverbiali quattro immagini continuano a essere proposte come se nulla fosse. Non è vero infatti che nel 1953 Miller riuscì a ricreare la vita in laboratorio da una mistura chimica simile al brodo primordiale: riuscì solo a far scaturire un aminoacido, ma per arrivare da questo a una cellula vivente il salto è lunghissimo. Anche l'immagine dell'albero darwiniano della vita, con i rami che si dipartono da un capostipite comune, non ha nessuna corrispondenza con le scoperte della paleontologia, dato che non sono mai stati ritrovati gli "anelli intermedi" tra una specie e l'altra. Dai ritrovamenti fossili, al contrario, sembra che le specie viventi siano apparse più o meno simultaneamente, già perfettamente formate, nella grande esplosione di vita del Cambriano, circa 540 milioni di anni fa. E l'archaeopterix, come si è scoperto, non era affatto mezzo rettile e mezzo uccello: non era nemmeno il progenitore degli attuali uccelli, era solo il membro di un gruppo di uccelli totalmente estinto. La presenza nei libri di testo dei disegni degli embrioni di Haeckel (uno dei padri fondatori dell'eugenetica, morto nel 1919) è però ancora più grave, trattandosi di una frode conclamata. L'obiettivo di Haeckel, mostrando la rassomiglianza tra diverse specie nelle prime fasi di vita, era quello di dimostrare l'origine comune di tutti i viventi, come se lo sviluppo dell'embrione riproducesse il meccanismo generale dell'evoluzione da uno stadio indifferenziato verso stadi differenziati. Peccato però che Haeckel avesse alterato di proposito i disegni degli embrioni e che avesse scelto degli esempi di comodo, oltretutto non riguardanti i primi stadi di vita. Oggi i biologi sanno bene come gli embrioni delle varie specie all'inizio non si somiglino affatto tra loro. Per Wells una frode di questo genere, per altro ben risaputa, rappresenta l'equivalente accademico di un omicidio ed è altamente rappresentativa dei metodi sleali che l'establishment evoluzionista è disposto ad adottare per difendere le proprie teorie.


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    Credente
    00 30/01/2017 13:54

    La costante cosmologica calibrata per la vita,
    qualcuno ci aspettava?

    terraIl canonico cattolico Nicolò Copernico ebbe il grande merito di ribaltare l’idea secondo cui la Terra si trovava fissa al centro dell’Universo. La sua scoperta viene ancora oggi più volte citata in ambito filosofico-nichilistico per promuovere l’approccio riduzionistico all’esistenza, partendo dal delegittimare l’importanza del nostro pianeta, in orbita attorno a un Sole piuttosto piccolo, collocato in uno dei bracci a spirale di una galassia piuttosto tipica (e, secondo i fautori del multiverso, inserito perfino in un universo qualunque).

    Eppure il quadro straordinario che a poco a poco sta emergendo dalla fisica e dalla cosmologia moderna mette seriamente in discussione il tentativo nichilistico. Il nostro Universo, ci dice oggi la scienza moderna, è quello le cui forze fondamentali risultano essere finemente regolate affinché possano consentire la vita intelligente. Infatti, se si modifica di poco uno qualunque di tali valori, l’Universo diviene ostile alla vita e incapace di sostenerla. «L’Universo ci stava aspettando», ha detto il fisico Freeman Dyson con la sua celebre citazione, e tale regolazione fine richiede una spiegazione tanto da far presupporre dietro di sé una mente intelligente. Anche se così si entra nel campo della filosofia e della teologia, abbandonando quello scientifico che non può pronunciarsi su questo.

    Un recente studio, pubblicato su Physical Review Letters e commentato su Science, ha scoperto che anche le forze, finora sconosciute, che governano l’attuale tasso (e velocità) di espansione dell’Universo, e la costante cosmologica che lo determina, giocano un ruolo importante nel creare le giuste condizioni per la vita. Il valore di tale costante è infatti sufficiente per ridurre al minimo l’esposizione dei raggi gamma sulla Terra ma è anche abbastanza piccolo per permettere la produzione di idrogeno in quantità sufficiente per la formazione di stelle, da cui dipende la vita.

    Questa è un’altra delle numerose caratteristiche che rendono unico e incredibile il nostro pianeta. Purtroppo l’alzata di spalle di fronte a notizie del genere è scontata, lo ha fatto anche uno degli autori di tale studio, la cosmologa italiana Licia Verde, docente di Fisica e Astronomia alle università di Oslo e di Barcellona. «Se vediamo un Universo “a nostra misura”»ha commentato«è perché, se non lo fosse, molto probabilmente non saremmo qui a osservarlo». E’ una risposta abbastanza comune, ma risulta inadeguata come ha spiegato il filosofo della scienza Richard Swinburne, professore emerito dell’University of Oxford. «E’ vero, soltanto se l’ordine è presente possiamo sapere ciò che è presente, ma questo rende ciò che è presente non meno straordinario e bisognoso di una spiegazione. Il punto di partenza non è che percepiamo l’ordine anziché il disordine, ma che sia presente l’ordine anziché il disordine» (R. Swinburne, Esiste un Dio?, Lateran University Press 2010, p. 73).

    Il filosofo John Leslie, professore emerito presso l’Università di Guelph, ha spiegato magistralmente la tautologia della risposta della prof.ssa Verde: «equivale a sostenere che, se vi trovate di fronte a un plotone di esecuzione con cinquanta fucili puntati contro di voi, non dovreste essere sorpresi di osservare che siete ancora vivi dopo che hanno fatto fuoco. In fin dei conti, questo è l’unico esito che potevate osservare: se una pallottola vi avesse colpito, sareste morti. Tuttavia potreste ancora ritenere che qualcosa necessiti fortemente di una spiegazione: perché tutti hanno sbagliato il colpo? Era un progetto intenzionale? Non vi è incoerenza, infatti, fra non sorpresi di non osservare di essere morti ed essere sorpresi di osservare di essere ancora vivi» (J. Leslie, in The Foundations of Dialogue in Science and Religion, Blackwell 1998, p.114).

    Le persone di fede sperimentano la presenza di Dio nella propria vita e su essa basano la propria esistenza e il suo significato, indipendentemente dal progresso della scienza astronomica. Tuttavia, al contrario di quanti molti sostengono, quest’ultima non è affatto un ostacolo ma, a volte, può anche essere uno stimolo e un aiuto a guardare il cielo e intuire l’eleganza di un progetto creatore. Senza ovviamente confondere il piano filosofico con quello scientifico, che deve rimanere totalmente neutrale.


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