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L'Acqua, un elemento sacro, simbolo spirituale

  • Sondaggio L'Acqua, un elemento sacro, simbolo spirituale
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    Etrusco
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    Registrato il: 21/02/2002
    Utente Junior
    00 09/02/2010 15:41

    Quesito del SONDAGGIO:
    è giusto privatizzare un bene di tutti?



    a fil di rete
    Scandalo dell’Acqua: ce lo spiega Iacona
    In Italia non si privatizza la Rai perché la si considera un servizio pubblico ma si privatizza l’acqua



    Forse il governo, nell’approvare la legge che impone agli enti locali di privatizzare la gestione delle risorse idriche, ha tenuto conto del loro valore materiale ma ha sciaguratamente sottovalutato il valore simbolico.
    Una comunità si regge anche sui simboli, sui miti, su un immaginario condiviso.
    L’acqua, in tutte le culture, in tutte le religioni, è considerata
    un elemento sacro, un simbolo spirituale.
    Basta aprire il libro della Genesi
    per capire il ruolo essenziale riservato al tema:
    «L’acqua che punisce, l’acqua che salva e purifica».
    L’acqua è la vita, ma l’acqua del diluvio è anche il castigo supremo.


    Riccardo Iacona, con Domenico Iannacone, Danilo Procaccianti, Vincenzo Guerrizio
    ci hanno offerto un amaro documentario sulla commercializzazione delle acque: «Acqua rubata »
    («Presadiretta», Raitre, domenica, ore 21.30).
    Ad Agrigento, con le tariffe più costose di Italia l’acqua arriva a singhiozzo, e di un colore ributtante;
    ad Arezzo, le bollette sono molto salate e gli investimenti dell’azienda che distribuisce l’acqua sono sotto la media nazionale;
    ad Aprilia il consiglio di Stato ha dato ragione al comitato dei cittadini e al movimento dei sindaci che si battono per riprendersi la gestione dell’acqua.

    Intanto le società che producono e imbottigliano acqua minerale pagano alle Regioni canoni ridicoli per l’utilizzo delle sorgenti.
    Con guadagni esorbitanti
    (in proporzione, al ristorante l’acqua costa molto più del vino).
    Se lo stesso argomento fosse stato affrontato in un talk show non avremmo capito nulla:
    fra tesi contrapposte, vince non chi ha ragione ma chi è più convincente ed efficace nel sostenere le sue ragioni.
    Con l’inchiesta è diverso:
    il genere comporta un’assunzione di responsabilità.


    In Italia non si privatizza la Rai perché la si considera un servizio pubblico ma si privatizza l’acqua.

    Corriere della Sera - Aldo Grasso
    09 febbraio 2010



    Complimenti a Iacona ed al suo staff: [SM=x44619] [SM=x44604]
    l'indagine «Acqua rubata» di «Presadiretta» è stata articolata molto bene, resa appassionante e spiegata in termini molto semplici (cosa non scontata considerando la complessità dell'argomento), sono rimasto incollato davanti alla tv dall'inizio alla fine della trasmissione!

    [SM=x44618]
    [Modificato da Etrusco 09/02/2010 15:52]

    Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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    Etrusco
    Post: 229
    Registrato il: 21/02/2002
    Utente Junior
    00 04/12/2010 14:43


    Acqua e beni comuni

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    L’acqua è, come l’aria, un elemento indispensabile per la sopravvivenza di ogni essere vivente. L’acqua è un bene comune cui tutti i cittadini e tutte le cittadine del mondo, indistintamente, ricchi e poveri, nel sud e nel nord mondo, devono avere accesso quotidianamente. L’acqua è, e deve essere riconosciuta, un bene inalienabile e un diritto inviolabile dell’umanità.

    Ma di acqua si parla sempre più spesso come di una merce, di un bene utilizzabile sul mercato e nell’industria, che si può estrarre e commerciare liberamente. L’"oro blu" del XXI secolo, cui le multinazionali guardano per trarre grandi profitti.

    I dati relativi alla crisi idrica planetaria sono noti: 1,3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso regolare all’acqua potabile; più di 2,6 miliardi di persone non dispongono di servizi igienico-sanitari adeguati; 1,8 milioni di bambini muoiono ogni anno per malattie causate dall’acqua inquinata; oltre 50 fronti di guerra nel mondo sono legati a conflitti per il controllo dei bacini idrici. E’ altrettanto noto, lo dimostrano centinaia di esperienze in tutto il mondo, che le privatizzazioni dell’acqua non fanno che aggravare la crisi, determinando un aumento dei costi, un abbassamento di livello nella gestione della risorsa e la perdita del controllo, da parte dei cittadini, del bene comune numero uno.

    Non possiamo permettere che l’accesso all’acqua venga garantito solo da chi può permettersi di pagarla e non possiamo permettere che la sua gestione sia affidata nelle mani di chi ha a cuore, in primis, il proprio profitto.

    La battaglia per l’acqua ci riguarda tutti. E’ una battaglia simbolo, emblema della crisi della democrazia rappresentativa e delle storture del modello economico in cui viviamo.

    Dal controllo sulle acque minerali alla battaglia per la gestione degli acquedotti, dalla costruzione di dighe alla privatizzazione dei bacini idrici, quella per l'acqua è una guerra discreta, che non si combatte con gli eserciti, che non si alimenta del fragore delle bombe, ma si decide nelle stanze silenziose di pochi grattacieli. Quelli del FMI (Fondo Monetario Internazionale), del WTO, della Banca Mondiale e delle multinazionali. Nel marzo 2000 a l’Aja, il 2° Forum mondiale dell’acqua dichiarò l’acqua un bisogno umano, regolato dalle leggi della domanda e dell'offerta, in sintesi dal mercato, non più un diritto umano, e in quanto tale svincolato dalle leggi del mercato. E oggi tante crisi, nazionali e internazionali, nascono per il controllo dell' acqua disponibile.

    Intanto nel nostro Paese nel novembre 2009 il via libera definitivo della Camera al Decreto Legge Ronchi sugli obblighi comunitari che disciplina la gestione del servizio idrico all'articolo 15, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Europa (Parigi ha deciso di rinazionalizzare il servizio dopo i disastri fatti dai Privati), ha messo nell'angolo la Gestione Pubblica e ampliato definitivamente gli spazi per quella Privata dopo 15 anni di malcelati disegni privatizzatori.

    Fu sotto il governo Giolitti (1903) che venne approvata la legge nazionale per la municipalizzazione degli acquedotti. 91 anni dopo, la legge del 5 gennaio 1994 n. 36 ha sancito il principio del full recovery cost. Principio in base al quale tutto il costo della gestione del servizio idrico deve essere caricato sulla bolletta e non è più, quindi, la fiscalità generale a farsene carico. In particolare con la Legge Galli viene stabilito che ognuno paga in bolletta il 7% di quanto il gestore ha investito.

    Inoltre, per sanare l’eccessiva frammentazione della gestione, la Legge 36 ha introdotto il concetto di ciclo integrato dell'acqua e quindi la necessità di un unico gestore per l'intero ciclo. A questo fine ha individuato gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) in corrispondenza (almeno in linea teorica) dei bacini idrografici. Nel 2000 è arrivato il TUEL, il Testo Unico Enti locali che ha previsto 3 modalità di affidamento per la gestione del servizio idrico: alle Spa private scelte con gara; alle Spa miste pubblico-private e infine alle Spa pubbliche tramite affidamento diretto.

    Di fatto però in molti casi le gare non si sono svolte e in ogni caso nel TUEL è rimasta, seppure in parte residuale, la possibilità di gestire l'acqua attraverso enti di diritto pubblico.

    6 anni dopo è intervenuto il decreto legislativo 152 del 2006 che ha ribadito le 3 modalità di gestione fissate dal TUEL. Nel 2008 la Legge 133 ha introdotto altre novità prevedendo che "le modalità ordinarie sono quelle dell'affidamento ai privati tramite gara e che, solo in via derogatoria, l'affidamento può essere fatto senza gara e verso società a totale capitale pubblico, le cosiddette in house, in linea con i 3 criteri UE”.

    A questo punto il IV Governo Berlusconi ha deciso di introdurre le misure contenute nell'articolo 15 dell'attuale decreto sugli obblighi comunitari che ha spalancato le porte della gestione acqua, in definitiva,  ai grandi colossi francesi e internazionali come Edf, GdfSuez, Veolia.

    Ma da quando le aziende municipalizzate sono state trasformate in società per azioni e i Privati hanno avuto libero accesso al bene comune Acqua, gli investimenti sono crollati a un terzo (da 2 miliardi a 700 milioni € l’anno), l’occupazione è caduta verticalmente (- 30%), le tariffe sono salite vertiginosamente (+ 62% nell’ultimo decennio) e gli sprechi continuano ad aumentare (+ 20%).

    Per questo centinaia di comitati popolari sorti in questi anni in tutta Italia per contrastare la privatizzazione dell’acqua  hanno deciso di mettere in comune le proprie esperienze e i propri saperi costituendo il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, una rete che da sola oggi raccoglie oltre 70 associazioni e reti nazionali e quasi 700 comitati territoriali. Insieme hanno scritto una Legge d’iniziativa Popolare e l’hanno consegnata nel luglio 2007 al Parlamento, corredata di oltre 400'000 firme di cittadini. Insieme quest’anno in 2 mesi hanno raccolto 1'400'000  firme per 3 quesiti referendari, che proveranno a eliminare nell’appuntamento referendario del 2011  le normative che in questi anni hanno prodotto la progressiva privatizzazione dell’acqua, con l’obiettivo di promuovere un nuovo modello di pubblico che metta al centro l’interesse collettivo e non il profitto di pochi.

    Rigas sostiene e porta avanti le battaglie per la difesa dell’acqua, trade union delle le vertenze dei movimenti in tutto il mondo, bene comune che ci unisce a livello planetario e strumento per esercitare la democrazia in forma orizzontale nei territori del sud e del nord del mondo.

    Fonte: Rete Ambientale Sociale, 7 Settembre 2010

    Per approfondire:

    Referendum Acqua Pubblica 2011

    Contratto Mondiale Acqua

    Comitato Cittadino per la Tutela delle Risorse Idriche e Ambientali del Territorio di Mazara del Vallo

    Coordinamento Campano per la gestione pubblica dell'acqua

    A Sud

    Attac Italia



    Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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    Etrusco
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    Registrato il: 21/02/2002
    Utente Junior
    00 09/06/2011 21:27
    Inattesa presa di posizione pro Referendum dal Vaticano.

    Papa: 'Adottare energie non pericolose per uomo e natura'

    09 giugno, 15:03



    CITTA' DEL VATICANO - "Adottare complessivamente uno stile di vita rispettoso dell'ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie appropriate che salvaguardino il patrimonio della creazione e siano senza pericoli per l'uomo, devono essere priorità politiche ed economiche". Lo ha affermato Benedetto XVI nel discorso ai nuovi ambasciatori di Moldova, Guinea Equatoriale, Belize, Siria, Ghana, Nuova Zelanda, il cui ha fatto riferimento alle "innumerevoli tragedie" che hanno toccato quest'anno "la natura, la tecnica e i popoli".

    "La vastità di tali catastrofi ci interroga", ha detto il Papa. "E' l'uomo che viene prima, è bene ricordarlo. L'uomo a cui Dio ha affidato la buona gestione della natura, non può essere dominato dalla tecnica e diventarne soggetto"
    , ha aggiunto. E "una tale presa di coscienza deve portare gli Stati a riflettere insieme sul futuro a breve termine del pianeta, davanti alle loro responsabilità verso la nostra vita e le tecnologie". Secondo il Pontefice, "diventa necessario rivedere totalmente il nostro approccio alla natura", che "non è unicamente uno spazio da sfruttare
    o ludico", ma "é il luogo natale dell'uomo, praticamente la sua 'casa'. Essa ci è essenziale". Il Papa ha auspicato un "cambio di mentalità" per "arrivare rapidamente a un'arte di vivere insieme che rispetti l'alleanza tra l'uomo e la natura, senza la quale la famiglia umana rischia di sparire". Inoltre "l'insieme dei governanti devono impegnarsi a proteggere la natura e aiutarla e adempiere il suo ruolo essenziale per la sopravvivenza dell'umanità". "Le Nazioni Unite - ha sottolineato Benedetto XVI - mi sembrano essere il quadro naturale di una tale riflessione che non dovrà essere oscurato da interessi politici ed economici ciecamente partigiani, al fine di privilegiare la solidarietà rispetto all'interesse particolare".
    Secondo Ratzinger, poi, "conviene anche interrogarsi sul giusto posto della tecnica", dal momento che "i prodigi di cui é capace vanno di pari passo con disastri sociali ed ecologici". L'allarme del Pontefice è verso "la tecnica che domina l'uomo, lo priva della sua umanità" e verso "l'orgoglio che essa genera" e che "ha fatto nascere nelle nostre società un economismo inflessibile
    e un certo edonismo tale da determinare soggettivamente e egoisticamente i comportamenti".

    Fonte: ANSA 9 giugno 2011

    Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.