Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

CREDENTI

TESTIMONIANZE DI PERSONE SPECIALI

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    Coordin.
    00 03/02/2010 22:59
    PERSONE SPECIALI per particolari aspetti della loro vita.

    Naturalmente ogni persona è speciale per il solo fatto di essere una creatura di Dio, unica ed irripetibile.

    Quindi di ognuno si potrebbe e si dovrebbe raccontare l'esperienza umana che è una avventura singolare che ha numerosi aspetti.

    Non potendo però tracciare la vita di ciascuno, in questa sezione ci limiteremo a raccontare alcuni casi ed alcuni aspetti delle innumerevoli biografie degli esseri umani, cogliendo quelle che riguardano maggiormente da vicino le finalità di questo forum.
    Ognuno  potrà vedere in questi racconti qualcosa che riguarda anche la propria vita e trovare quindi quegli elementi che potranno incentivare e curare meglio anche la propria esperienza umana.
    [Modificato da Credente 13/04/2016 12:36]
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    Coordin.
    00 19/02/2010 13:54

    TESTIMONIANZA DI DARIA
    PRESENTAZIONE
    Questo prezioso opuscoletto è tratto da una conferenza di Daria Pasini.
    Daria ha vissuto in una piccola comunità con altre tre ragazze accanto a
    Federico Abresch che era diventato il loro maestro. Abresch, dopo la sua
    conversione, era molto vicino a Padre Pio diventandone figlio spirituale e
    fotografo; Abresch aveva conosciuto e frequentato anche Luisa Piccarreta
    e assimilato l'insegnamento di lei verificandolo con Padre Pio.
    La serva di Dio Luisa Piccarreta è morta a Corato in concetto di santità
    dopo aver trascorso molti anni della sua vita cibandosi solo di Eucaristia,
    i suoi scritti sono stati raccolti in una opera che si compone di numerosi
    libri che ci fanno conoscere l’invito di Gesù a vivere di VOLONTA’
    DIVINA.
    Daria ha vissuto per oltre dodici anni accanto ad Abresch lavorando e
    pregando assieme, ed ha così potuto trasmetterci questa testimonianza
    che è, per noi, un grande e prezioso aiuto per conoscere l’insegnamento
    di Luisa Piccareta, la piccola figlia del Divin Volere.
    Ve la offriamo invocando dal Signore per intercessione di Maria, luce e
    benedizioni su voi tutti.
    2
    LA DIVINA VOLONTA'
    NELL'ESPERIENZA DI LUISA PICCARRETA.
    Spesso noi parliamo di poter vivere esclusivamente di Volontà Divina.
    Luisa Piccarreta non ha fatto cose straordinarie, paragonando la sua vita
    all'operato di certi santi.
    Ha semplicemente ponderato molto sulla dottrina che tutti conosciamo:
    il Signore ci ha creati per conoscerLo, amarLo, servirLo in questa vita per
    poi goderLo nell'altra in Paradiso.
    Luisa rifletteva molto fin da piccina su tutto questo; era tuttavia
    addolorata perché, mentre si sentiva attratta da questo invito, - e sapeva
    che era suo dovere di cristiana corrisponderlo - al tempo stesso pensava:
    "Come posso io conoscere Dio con la mia intelligenza limitata? Come posso io
    avere, conoscere ed amare un Dio così infinito? lo, che ho un cuore così piccolo
    amare e servire un Dio così Immenso?"
    Questo per lei era troppo!
    "Qualsiasi sacrificio faccia per il Signore, come può commuoversi? Qualsiasi
    cosa io faccia è un nulla di fronte a quello che merita Lui, al servizio che merita
    Lui, all'onore che merita Lui ".
    Notte e giorno era assillata e tormentata da questa sua 'insufficienza'
    Luisa spese molto tempo a meditare tutto questo. Sentiva di possedere
    una sua volontà che non le era stata donata per fare ciò che le piaceva,
    ma per essere messa al servizio di Dio. E soffriva, sia per se stessa,
    quando la sua volontà voleva mettersi in campo, sia quando sentiva gli
    altri usare il verbo “voler”': io voglio, io faccio, io dico, io valgo, ecc.
    Specialmente in casa i suoi genitori - che pure erano persone semplici e
    umili - usavano spesso nel loro linguaggio la parola “voglio”, parola
    comune nel linguaggio di tutti.
    Anche la sorella e le amiche che frequentavano la sua casa, dicevano
    spesso: "io voglio fare questo, io voglio andare nel tal posto", e tutto quello
    che riguardava questo VOLERE UMANO, la faceva soffrire.
    Un giorno Luisa stava, come sempre, a ricamare nella sua camera. Forse,
    era un momento in cui aveva fatto un atto di umiltà più profondo del
    solito, (tutti questi atti di sofferenza noi li chiamiamo atti di umiltà) un
    atto più sentito degli altri che aveva attirato irresistibilmente il Signore.
    Infatti, all'improvviso, nella sua cameretta le è apparso il Signore
    dicendole:
    "Luisa, la Mia Volontà Divina, che è TUTTO ME STESSO, sono secoli e secoli
    che va peregrinando nel mondo in cerca di anime piccole, insignificanti, che
    abbiano poca stima di sé ma, doloroso a dirsi, dopo la Madonna, dopo la Mia
    Mamma, ho trovato solo te, la più piccola, la più insignificante, la più
    miserabile, proprio quella che si crede veramente niente e Io, verso questo niente,
    ho sentito un'attrazione così grande da voler riversare su di te tutte le mie
    qualità Divine e infinite. Vuoi tu, quindi, darMi questa tua volontà che ti dà
    3
    tanto dispiacere non sapendo come usarla, per darMi gloria? Io, in cambio, ti
    darò la MIA VOLONTA' DIVINA. Due volontà non possono convivere in un
    essere umano cosi come non potrebbero convivere due re in una sola reggia ".
    Luisa sebbene colpita dallo splendore di questa apparizione e da questo
    parlare divino, ha avuto il coraggio di obiettare: "Ma tu, Signore, vuoi la
    mia volontà per darmi la tua? Non vedi che ci rimetti? Tu non sai fare bene i
    conti". E il Signore, compiaciuto per questa sua obiezione, le disse: "Non
    Mi importa se non so fare bene i conti se la Mia creatura si ciba solo della MIA
    VOLONTA'”.
    Solo Io, solo la Mia Volontà siamo il cibo vero per la creatura. Non lo sai
    che la volontà della creatura è cibo prelibato per il tuo Dio? ".
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    Credente
    00 04/03/2010 22:21
    Eugenio Zolli, storia della Conversione del Rabbino Capo di Roma

    Israel Zoller (Eugenio è il nome scelto nel Battesimo) scriveva: La mia conversione fu motivata dall’amore di Gesù Cristo, un amore che derivò dalla mie meditazioni sulle Scritture”.

    L’edizione italiana dell’autobiografia di Zolli è stata curata dal dott. Alberto Latorre, che nel 2001 si è laureato in Filosofia all’Università di Verona con una tesi dal titolo: “Da Israel Zoller ad Eugenio Zolli: l’itinerario di uno studioso in ricerca”.

    Gli argomenti storici e religiosi sollevati dallo scritto di Zolli, sono innumerevoli. Per cercare di dare un ordine e comprendere meglio questa vicenda straordinaria ZENIT ha intervistato Alberto Latorre.

    Può illustrarci quelli che a lei sembrano i punti decisivi della storia di questo personaggio.

    Alberto Latorre: Troppo complessa è la figura di Zolli, sia come uomo che come studioso, per poter esaurire la sua storia in alcuni punti decisivi. Da un lato vi sono vicende intricate e immani sofferenze personali che le accompagnarono sin dai primi anni di vita lungo l'intero corso della sua esistenza, dall'altro la sua complessa formazione culturale e la sua straordinaria attività scientifica: egli fu sì rabbino, ma soprattutto storico delle religioni ed esegeta.

    Posso solo affermare che per comprendere appieno, senza giudizi affrettati e sommari, la sua storia, è necessario studiare a fondo la sua formazione culturale e spirituale a cominciare dall'ambiente ebraico, ashkenazita e chassidico, nel quale egli crebbe.

    Qualsiasi altro tentativo di sintesi presta il fianco alle numerose polemiche e critiche di queste settimane e che si sollevano ogni qualvolta il nome di Zolli sale alla ribalta.

    Polemiche, critiche e interpretazioni montate ad hoc da quanti, per le più diverse ragioni, accusano Zolli di tradimento o se ne servono per finalità apologetiche.


    Che idea si è fatto sulla conversione di Zolli? Sembra di capire che molto sia avvenuto prima dell'incontro con Pacelli.

    Alberto Latorre: Le rispondo, citando Zolli, che non si trattò di una conversione, bensì di un'adesione. Il battesimo di fuoco, ossia l'intima adesione di Zolli al messaggio evangelico, avvenne probabilmente fin dagli anni dell'adolescenza.

    Zolli, come lui stesso riferisce, nutrì sin dagli anni della sua formazione un profondo amore verso Gesù. Un'attrazione testimoniata successivamente da uno studio storico-religioso pubblicato nel 1938: “Il Nazareno. Studi di esegesi neotestamentaria alla luce dell’aramaico e del pensiero rabbinico”.

    Il battesimo di acqua, ricevuto il 13 febbraio del 1945, fu un atto di adesione formale compiuto quando era ormai chiaro in lui il desiderio di manifestare apertamente, in primis a se stesso, la sua fede religiosa.

    Zolli, ciò mi preme sottolineare, non abbandonò mai l'ebraismo, ma, sulla scia di san Paolo, entrò nel Cristianesimo da ebreo. Ebreo, come lo era Gesù il Nazareno.


    Se e in quale modo l'incontro del Rabbino con il Pontefice potrebbe aver influenzato le decisioni che covavano nel cuore di Zolli?

    Alberto Latorre: Credo che sia impossibile stabilire oggettivamente se e in che modo l'incontro con Pacelli abbia influenzato le decisioni di Zolli. Com'è possibile infatti entrare nel cuore di un uomo e capirne fino in fondo i moti e gli stravolgimenti? Già è così difficile entrare nel proprio, figuriamoci comprendere quello altrui!

    Tuttavia, sulla base dei miei studi su Zolli, ritengo che l'incontro con il Pontefice non lo influenzò affatto. Se permette, vorrei inoltre aggiungere che a mio parere il ripetuto accostamento di Zolli a Pio XII e viceversa, non giova né all'uno, né all'altro.

    Le vicende personali e storiche di entrambi finirono inevitabilmente per toccarsi, ma credo che l'analisi e il giudizio storico delle due personalità debba svilupparsi autonomamente.

    Purtroppo, ho spesso l'impressione che il loro avvicinamento sia un sottile tentativo, a seconda degli schieramenti, per assolverli o condannarli insieme. E' un intreccio molto pericoloso e confuso, poiché impedisce una serena e lucida analisi storica.


    Proprio quando i nazisti occuparono Roma, Zolli racconta di una diversità di vedute con l'allora Presidente della Comunità ebraica. Che cosa avvenne veramente e quale la sostanza del contendere? E' vero che se si fosse dato maggiormente retta a Zolli, forse si sarebbero potuti salvare tutti gli ebrei?

    Alberto Latorre: Da quanto Zolli narra nella proprio autobiografia, vi furono tra lui e i rappresentati politici della comunità di Roma differenti visioni, testimoniate anche dalle decisioni assunte dal governo provvisorio alleato nei mesi successivi alla liberazione di Roma, che portarono allo scioglimento del Consiglio della Comunità e alla rinomina di Zolli a Rabbino Capo.

    Durante l'occupazione infatti, Zolli venne esautorato dal proprio incarico su delibera del Consiglio. Che cosa avvenne veramente e quale fosse la sostanza del contendere non sono in grado di affermarlo.

    Zolli stesso espone esclusivamente il proprio punto di vista e le ragioni delle sue scelte, senza addentrarsi troppo nel merito del comportamento altrui. Resta il fatto che Zolli conosceva molto bene sia la mentalità teutonica (era figlio di madre tedesca), sia le persecuzioni a danno degli ebrei perpetrate in Germania durante gli anni '30, quando, in veste di Rabbino Capo di Trieste, aiutò numerosi fuggiaschi dalla Germania e dall'Europa dell'est a raggiungere la Palestina.

    Nel testo egli sostiene che la diversità di vedute attorno al pericolo rappresentato dai Tedeschi nascesse fondamentalmente da queste ragioni. Infine non sono in grado di dirle se, seguendo le disposizioni di Zolli, tutti gli ebrei si sarebbero salvati.

    Quasi certamente sì. Resta ineludibile il fatto che sicuramente i provvedimenti da lui paventati, quali la chiusura del Tempio e degli Oratori, l'allarme generale e molti altri ancora, avrebbero salvato al vita, se non di tutti, di moltissimi ebrei.
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    Credente
    00 04/03/2010 22:24

    II veggente delle Tre Fontane Bruno Cornacchiola, fotografato l'11 aprile 2001
    Sono passati quasi 60 anni dal tempo in cui si verificarono a Roma le apparizioni alle Tre Fontane, il cui protagonista è morto da poco. La sua scomparsa invita a riflettere su una rivelazione che non ha detto ancora la sua ultima parola. Il termine "Vergine della Rivelazione" è stato proprio usato dalla Visione stessa e merita di essere esaminata. Certo, queste mariofanie (o manifestazioni mariane) non sono state ancora riconosciute esplicitamente - non più di quelle di Rue du Bac - ma la benevolenza ostentata dai papi dopo Pio XII in loro favore, non meno delle visite incessanti dei prelati di passaggio nella Città eterna, come pure dei numerosi miracoli avvenuti, bastano ampiamente ad accreditare la loro autenticità che, del resto, nessuno saprebbe contestare. In questo primo articolo, noi rievochiamo la prima delle quattro apparizioni, la più importante.

    "lo sono Colei che sono nella Trinità Divina"

    Nell'Italia del dopo-guerra, una grotta romana s'illumina. Ci troviamo dunque in Italia, in un Paese non ancora ristabilito dalla sua disfatta a fianco dei nazisti, ancora a disagio nella sua nascente repubblica. Roma è al centro dei sommovimenti politici, delle tensioni sociali, dell'incertezza per l'avvenire. Nel 1946, la periferia, molto estesa, è malfamata, nei quartieri del sud-est, in particolare là dove si svolgono i fatti. Nelle numerose parrocchie bisognose di essere riadattate, dei sacerdoti, a volte stranieri - tra cui un certo Karol Wojtyla -cercano di ridare la speranza alla gente disincantata. È il momento storico vissuto in questo senso. Lungo la Via Laurentina, si erge uno dei luoghi importanti della Roma cristiana, la basilica di San Paolo fuori le Mura, sul luogo del martirio dell'Apostolo delle genti. La tradizione afferma che cadendo, la sua testa avrebbe fatto sorgere tre sorgenti; da qui il nome del quartiere: Tre Fontane. Non lontano da lì, più tardi, si è elevata la Curia genera-lizia dei Trappisti, con la sua abbazia,
    riaperta sotto Pio IX.

    Dal 1939, Papa Pio XII governa la cattolicità, che la guerra ha tanto provato, e la sua Diocesi romana. Egli prepara allora il Dogma dell'Assunzione e, prima di pronunciarsi, attende dei segni di conferma. Al di fuori della Basilica di Santa Maria Maggiore, il santuario mariano accreditato è quello del Divino Amore.
    Sul luogo dal terreno ondulato semideserto delle Tre Fontane, ricoperto di eucalipti, s'aprono qua e là delle grotte nel tufo calcareo, luoghi di appuntamento di tutte le osceni- *à, denunciate dai Trappisti. H 12 aprile 1947, un padre di famiglia, abitante della zona, è contrariato perché ha perso il treno per Ostia, allo sbocco del Tevere. Decide allora di fermarsi lì, con i suoi tre bambini intenti ai loro giochi, come il pallone. Da una cartella, egli estrae carta e penna, per scrivere. Essendo un anticlericale superficiale, (egli non ha alcuna istruzione), si propone di scrìvere contro i Dogmi di Maria, e cerca l'ispirazione...
    Ad un tratto, la palla rotola in una di quelle grotte e, a turno, i tre bambini vi spariscono dentro, credendo di ritrovarla. Non vedendo nessuno di loro uscire dalla grotta, il padre, preoccupato, si alza e scopre i bambini in ginocchio, immobili, con le mani giunte, che
    dicevano di vedere una bella signora, nel fondo della cavità. Invano li invita ad uscire, e cerca di sollevarli, di portarli via; non gli resta che invocare: "Dio salvaci!". Un emulo di San Paolo?
    L'uomo così in collera, ma che chiama anche Dio in aiuto, si chiama Bruno Cornacchiola. Nato nella periferia romana da una famiglia difficile, battezzato, da bambino si ritrova presto sulla strada, e quando rientra a casa sua, arriva fino a picchiare violentemente la madre. Malgrado la sua Prima Comunione, fatta quasi per caso, egli non conosce più Dio e si abbandona alle miserie e alla brutalità della zona. Nel 1936, a 23 anni, sposa, di nascosto, in sacrestia, lolanda, cattolica praticante. Hanno presto una figlia, Isola. Ma, adescato dal lucro e dalla simpatia per i "rossi", si arruola nello stesso anno come volontario nella guerra civile spagnola. Vi incontra un tedesco, portaordini come lui, luterano fanatico che, con la Bibbia sempre in mano, gli insegna l'odio contro il Cattolicesimo, in particolare per la messa, per la Vergine e per il Papa, non avendo scrupoli ad influenzare Bruno, poco istruito nella sua fede d'infanzia. Prima di rientrare in Italia, egli acquista a Toledo un pugnale e
    incide sul manico: "morte al Papa". Al suo ritorno, l'apostata non ha che un pensiero: distruggere la Chiesa, rovesciando la Scrittura contro di essa, e volendo perfino pugnalare il Santo Padre. Subito mette in azione il suo programma. Divenuto autista di autobus, un giorno egli provoca la caduta dall'auto di un sacerdote che deve essere ricoverato in ospedale. Diventa propagandista appassionato, aprendo un centro per i giovani, e vuole convertire con la forza sua moglie al protestantesimo. Benché abbia avuto da lei altri due figli, egli la minaccia a causa della sua fedeltà alla sua fede, e comincia a batterla sempre più violentemente, sotto gli occhi in lacrime dei bambini. Dopo aver d'istrutto le immagini sacre che sono nella casa, arriva a bestemmiare la Madonna dì Pompei, e la povera donna lo supplica: "No, non fare questo, io l'ho tanto pregata perché tu ritornassi sano e salvo dalla Spagna!". "Faccio quello che voglio!", ribatte il marito. E, preso dal suo odio diabolico, non solo brucia l'immagine ma strappa il crocifisso dalla loro camera, lo spezza e lo getta nella spazzatura. La moglie allora fa un ultimo tentativo: fa una novena dei primi venerdì del mese, che apparentemente non ottiene alcun cambiamento in bene, ed ella segue dunque il suo sposo, per amore, per non dividere la famiglia e salvare così i bambini, ai quali è proibito frequentare il catechismo. Siamo nel 1947: il persecutore di Cristo ha 34 anni. Come San Paolo, egli sta per essere atterrato da una luce, la Luce della Fede...
    La Vergine della Rivelazione
    All'improvviso, Dio risponde alla sua implorazione. Bruno racconta: "lo vidi due mani candide avanzare verso di me e sfiorarmi il volto. Apparve una luce e, nel suo centro, ebbi la visione del volto di una giovane donna, venuta nello splendore di una luce d'oro...". È una donna incomparabile, che lo soggioga con la sua bellezza e la sua grazia. Egli nota due cose essenziali: Ella porta nelle sue mani incrociate sul petto, un libro... e sotto i suoi piedi verginali, giace una veste nera, strappata, e una croce spezzata... Egli comincia a comprendere e a leggere la sua vita ma, più ancora, comprende ciò che la Bellezza celeste apparsa vuole dirgli. La sua comunicazione, il suo parlare riguarda Ella stessa nel piano della Redenzione; riguarda la conversione dei peccatori attraverso la conversione di Bruno; riguarda la Chiesa e il suo Capo, il Papa.
    Offrendo il suo libro, Ella dice subito all'uomo, con ineffabile dolcezza: "lo sono la Vergine della Rivelazione... Il mio corpo non poteva corrompersi, e non lo fu. Mio Figlio e gli Angeli vennero a prendermi al momento del mio trapasso...".
    Ella prosegue: "Tu mi perseguiti, ora basta! Entra nel santo Ovile, corte celeste della terra. Se tu preghi molto e reciti il santo Rosario quotidiano, otterrai la conversione dei peccatori e l'unità dei cristiani. Le Ave Maria dette con fede e amore sono altrettante frecce d'oro che toccano il Cuore di Gesù. Con questa terra di peccato, lo farò miracoli portentosi per la conversione dei non credenti". Dopo avergli detto come sarebbe avvenuta la sua conversione, mediante sofferenze e persecuzioni, la Vergine lo assicura dell'azione "redentrice" della sua sposa e del suo ruolo vincente della sua novena al Sacro Cuore. Infine, Ella nomina la Chiesa: "Tu andrai dal Santo Padre, il supremo Pastore della Cristianità, e gli confiderai personalmente il mio messaggio...".
    Dopo un colloquio di un'ora e un quarto, la Vergine scompare nel fondo del muro; non rimane che il suo soave profumo, di cui Bruno è impregnato, rimane una grande pace e la gioia dei tre bambini. L'insegnamento mariano è chiaro, senza equivoco e adatto al tempo
    Esso contiene innanzitutto una parte dogmatica, con l'affermazione dell'importanza della Rivelazione, rappresentata dal libro tenuto da Maria sul suo Cuore: la Bibbia, certamente. Al centro di questa Rivelazione, è la Santissima Trinità, il dogma per eccellenza. Nel cuore della Trinità è colei che, come a Lourdes, si definisce per la sua qualità e non per la sua identità, non dicendo: "lo sono Maria, o la Vergine, o Nostra Signora", ma: "lo sono Colei che sono nella Trinità Divina". Così, Maria afferma apertamente ciò che ha lasciato intrav-vedere a Fatima, trent'anni prima. Ella stabilisce le sue relazioni uniche ed intime con ciascuna delle Tre Persone della Trinità: Figlia del Padre, creatura perfetta, che ha conservato la sua totale rassomìglianza; Santuario dello Spirito Santo, che l'ha fatta Immacolata; Madre di Cristo per opera dello stesso Spirito, Madre di Dio. Creata da tutta l'eternità nel pensiero del Padre, ella può definirsi per un eterno presente, secondo quello che dice il Libro dei Proverbi in merito. Se questo libro celebra la Sapienza eterna, esso loda a maggior ragione Colei che ne è la Madre. Di fronte al falso insegnamento protestante, Maria ha voluto così dimostrare che "Ella è al centro della Rivelazione". - Sono la Vergine della Rivelazione - e non può esserne esclusa. Ella si presenta come Madre della Verità.
    L'insegnamento mariano comporta dopo una parte pastorale, con la conversione dei peccatori - a cominciare dal persecutore - e il loro ritorno nel "santo Ovile", vale a dire la Chiesa. Maria dimostra così che la Chiesa cattolica è la sola fondata dal Figlio suo, ed Ella se ne presenta dunque come la Madre. E come tale, desidera il ritorno di tutti i suoi figli, e raccomanda dunque l'unità di tutti i cristiani, annunciando così il Concilio Vaticano II. Occorre ricostruire la Chiesa la cui unità è spezzata (è il simbolo della Croce a pezzi), e cessare le per-
    secuzioni (delle quali il XX secolo è stato riempito); è la spiegazione di quel velo nero, simbolo della potenza delle tenebre.
    Questa unità non può farsi se non intorno al "Pastore universale", vale a re il Papa: è la parte ecclesiologica, come a Fatima. Colui che voleva pugnalare il Santo Padre deve trasmettergli un messaggio della Regina della Chiesa. Per Lei, si trattava di confermare Pio XII nel suo desiderio di proclamare il Dogma della sua Assunzione, cosa che sarà fatta tre anni dopo. Il Papa è il Vicario di Cristo, con tutte le conseguenze che ne derivano come, innanzitutto, il governo della Chiesa e la proclamazione e la salvaguardia della verità rivelata. Per ben indicare l'importanza di questo, è proprio a Roma che Ella lo ha fatto. Il ritorno a casa Questo ritorno è il primo aspetto del ritorno totale. Vale la pena raccontarlo.
    Prima di lasciare la grotta, il padre incide sulla roccia con un temperino la testimonianza dell'apparizione: "II 12 aprile 1947, qui, in questa grotta, la Vergine della Rivelazione è apparsa al protestante B.C. e ai suoi bambini, ed egli si è convcrtito".
    Siccome la Vergine gli aveva detto che, contrariamente a quanto sostengono i protestanti, Gesù è realmente presente nell'Eucaristia, in conformità col Vangelo (come l'angelo lo ha mostrato a Fatima e ripeterà più tardi ad Akita (Giappone) il convertito si ferma alla chiesa abbaziale vicina e dice ai bambini: "Preghiamo e adoriamo il Signore". La bambina più grande chiede: "Papa, che preghiera diciamo?" - Non lo so, figlia mia -.
    "Diciamo l'Ave Maria, piena di grazia...". Egli prega e piange. I bambini non sanno mantenere a lungo il segreto e lo raccontano arrivando a casa, lolanda è incuriosita dal profumo squisito che emana il suo sposo... "Da' loro da mangiare e mettili a letto, ti racconterò dopo...", dice lui con una bontà inconsueta. Ciò fatto, egli la prende per mano con dolcezza e le dice: "lo ti ho insegnato il rifiuto dell'Eucaristia, ecc. Non so cosa è successo, ma mi sento cambiato". S'inginocchia davanti a lei e le chiede perdono. La povera donna, sbalordita, gli risponde: "È un vero miracolo: tu t'ingi-nocchi davanti a me?... E in passato ero io che lo facevo davanti a te per pregarti di non battermi più!". Lui le racconta tutto, poi rimasero in preghiera fino all'alba, ringraziando Dio e la Madonna. Grazie all'amore di una sposa e a quello della Madre delle famiglie, la salvezza era entrata in quella casa. È in preparazione la biografia del veggente delle Tre Fontane, la prima dopo la sua morte, dell'autrice Anna Maria Turi, dal titolo La storia di Bruno Cornacchiola e del Santuario delle Tre Fontane. Ve ne daremo notizia sui prossimi numeri di Segno. dal segno del Soprannaturale Novembre 2004

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    Credente
    00 04/03/2010 22:28
    LA TESTIMONIANZA DAL VIVO DI BRUNO CORNACCHIOLA QUANDO ERA ORMAI VECCHIO

    [Modificato da Credente 02/03/2023 19:52]
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    Credente
    00 10/03/2010 23:01
    [Modificato da Credente 02/03/2023 19:56]
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    00 06/04/2010 16:15
    Testimonianza di un gruppetto di detenuti della Casa di Reclusione di Padova 

    Carissimi amici,

     In questo periodo di Quaresima, la serenità e tutta questa grazia che il Signore ci sta donando ci fa sentire sempre di più che siamo Suoi, che dipendiamo da Lui, che senza il Suo continuo amore non potremmo vivere. Ci rendiamo conto ogni giorno, in ogni risveglio che tutta questa grazia deriva solo ed esclusivamente da Lui. Nelle preghiere che ci vengono spontaneamente da recitare in qualsiasi posto, emerge che la Sua presenza è costante, che non ci abbandona, ma ci stringe sempre di più a sé proprio come figli. Convivere con Gesù presente non è più un sacrificio, è una vera letizia; a volte ci sentiamo complici di Gesù, ci fa vedere cose che ci spaventano perché trasforma le persone come noi.

    Guardando il passato ci rendiamo conto sempre di più che solo uno come Lui poteva renderci così mansueti e innocui. Iniziamo a capire veramente chi eravamo e chi siamo oggi. Se guardiamo il passato, ci facciamo paura pensando a tutto il male che abbiamo commesso. Oggi è bello vivere nella luce, senza che nessuno pronunci il nostro nome solo per dire il nostro male, ma quanto bello è sentire quel bisbiglio del cambiamento fatto grazie al Signore attraverso degli amici veri. Non avremmo mai scommesso nulla su di noi, era impossibile che noi potessimo essere così oggi.

    Quando Margherita Coletta ci è venuta a trovare in carcere prima di Natale, ci ha detto: «Esiste una cosa che Gesù ci ha lasciato, un sacramento, che per me è importantissimo, ed è quello della confessione. In quel momento, nell'istante stesso che uno si avvicina a questo sacramento è libero, ma libero veramente, ci dovete credere. Qualsiasi peccato che ognuno di noi abbia potuto commettere da quell'istante non c'è più, è cancellato, non esiste più. Non bisogna nemmeno ripensarci, perché sarebbe del diavolo: in quell'istante tutto è cancellato. Dio è buono, è un padre misericordioso che accoglie tutti». È proprio vero. Oggi vediamo il nostro cuore pieno di Gesù e Lo preghiamo costantemente che non ci faccia ricadere nell’oscurità dove per un lungo periodo abbiamo vissuto. Non è semplice trovare le parole giuste perché la commozione è tanta, solo oggi capiamo e cerchiamo di dare un senso a quei gesti terribili. Quante volte abbiamo chiesto al Signore di prendersi la nostra vita e di ridarla a chi l’abbiamo tolta.

    Ci rimarrà sempre impresso nelle nostre menti quello che aveva scritto in una lettera indirizzata al Papa il nostro amico Ilario, lui che poco prima di morire per un male atroce ha rubato il Paradiso come il buon ladrone, ricevendo l’estrema unzione: «Ricordatevi che, quando ci si rende conto del male fatto, non si vorrebbe più finire di scontare la pena e anche, quando la si è finita di scontare, il dolore che rimane nel cuore è grande». Ecco perché vivere in isolamento, stare in carcere ci ha fatto solo del bene e non siamo impazziti. A chi piacerebbe vivere in un luogo simile senza un attimo di privacy, anche se, sapendo di essere in colpa, in quel posto trovi un rifugio dove nessuno ti può toccare e vedere, dove le tue vergogne vengono occultate?

    Oggi invece, che grazia ci ha fatto il Signore. Ha voluto che ci trovassimo al posto giusto nel momento giusto per farci capire ancora una volta che Lui ci ama tutti nello stesso modo. Essere stati lì accanto al nostro Pietro mentre ritirava il suo primo permesso è stato il regalo più bello della giornata, sì perché di regali così ce ne dà di continuo. Ci sono scese le lacrime ancora una volta, non per un dolore ma per una gioia fraterna che proviamo per un vero Fratello. Quanta grazia ci dà ogni giorno il nostro Gesù e quanto è presente. Sta a noi tenerlo in vita, senza ricordarlo come un “fu Gesù”, ma con un c’è Gesù in tutto e in tutti noi. Se si potesse fotografare le emozioni, anche questa sera, qui in mezzo alla nostra piccola comunità, ci vorrebbe Clint Eastwood con una pellicola gigantesca e ancora non basterebbe. Se questo si chiama miracolo o Mistero non lo sappiamo, ma sappiamo che è una vera letizia vivere così, in questo posto dove tutto si potrebbe dire ma non che sia un posto piacevole.

    Duemila anni fa abbiamo fatto un errore nel giudicare Gesù colpevole solo perché voleva avvisarci di quanto sbagliavamo, e noi abbiamo sbagliato molto. Oggi sentire l’abbraccio di Cristo così forte e pieno di quell’amore che solo Lui sa dare, ci fa sentire quanto sia povero il nostro cuore di fronte a Lui. Con la Santa Pasqua della Resurrezione possano tutti sentire l’Amore e l’abbraccio di Gesù Cristo come lo sentiamo noi.

    Desideriamo augurare una Santa Pasqua a tutti gli amici e alle loro Famiglie. Vostri amici in Cristo.

     


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    Credente
    00 20/04/2010 18:23
    Testimonianza dell'ing. Giuseppe Campagna

    Mi chiedo:
    gli atomi sono coscienti di sè, visto che gli atomi siamo noi. Sono io in questo momento a scrivere o gli atomi?
    La materia, (gli atomi), è staccata dallo spirito? Cos'è realmente un atomo?
    E cosi via, un tema che si svolge tra immanente e trascendente, tra ciò che si sa e ciò che si percepisce ( vedi anche filosofia).
    Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo? La scienza e la fede: Quanto la vera scienza aiuta le religioni a non secolarizzarsi?
    Lungo questo cammino io ho visto il Dio cosmologico.
    Dalla Bibbia, l’apostolo Paolo osservò: “Gli uomini non possono dire di non sapere nulla di Dio. Dal principio del mondo, gli uomini hanno potuto vedere com’è Dio attraverso le cose che Egli ha fatto”.
    Diceva Einstein: “La cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero. Esso è la sorgente di tutta la vera arte e di tutta la scienza. Colui che non ha mai provato questa emozione , colui che non sa più fermarsi a meditare e a rimanere rapito in timorosa ammirazione , è un uomo morto: i suoi occhi sono chiusi. Questo scrutare nei misteri della vita , anche se misto alla paura, ha dato origine alla religione. Sapere che ciò, che per noi è impenetrabile, esiste realmente , manifestandosi come la più alta saggezza e la più radiosa bellezza che le nostre povere facoltà possono comprendere solo nelle forme più primitive -questa conoscenza- questo sentimento, è al centro della vera religiosità. In questo senso e solo in questo senso, io appartengo alla schiera degli uomini profondamente religiosi".
    Io invece dico:Dio, creando l’universo non poteva fare di meglio, mettendo l’uomo in una posizione di privilegio. Di quel privilegio a cui Dio non può accedere; Egli, conoscendo tutto, non ha piacere di conquistare, attraverso l’intelligenza da Lui concessa , i misteri nascosti nell’universo.
    Nei riguardi della vera scienza, Paolo II, in occasione delle celebrazioni dei 350 anni dalla pubblicazione del“ Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo” di Galileo ,disse : …” La chiesa sostiene la libertà di ricerca, che è uno dei più nobili attributi dell’uomo. Mediante la ricerca l’uomo perviene alla Verità: uno dei nomi più belli che Dio si sia dato. Ecco perché la Chiesa è convinta che non può esserci vera contraddizione tra scienza e fede, dal momento che tutta la realtà procede in ultima istanza dal Dio Creatore”.-
    Arrivo a dire :
    avendo tu modo e tempo di leggere questo manoscritto, non mi chiedere poi se ho “incontrato” Dio che si preoccupa del destino e delle azioni umane, ..........questo è il percorso difficilissimo e profondamente più misterioso. Invece posso raccontarti che, trovandomi all’improvviso come ospite di passaggio, senza saperlo, all’interno di un mondo meraviglioso, ho voluto cercare il suo Creatore, Dio universale, per ringraziarlo,(..) avendolo fatto anche tanti altri prima e molto prima, i nostri più antichi antenati, anch’essi rimasti molto colpiti dallo stupore della natura.Non L’ho trovato!.. Ma.. è come se L’avessi visto... Cosi, Lui, molto sottile, almeno non potrà più dirmi di non averLo cercato. È inutile che continua a nascondersi, Egli, Dio universale, perché, sebbene sottilissimo a mescolare le carte, si è “dimenticato” di nascondere la semplicità e la logica del gioco. È stato per me un percorso molto faticoso, dovendo prima cercare di capire parte di questa logica, attraverso l’intelligenza da Lui stesso concessa. Non ho curato i dettagli della logica per non rischiare troppo di offuscare il quadro complessivo, mi sono limitato invece a descrivere un percorso, aiutato dalla scienza vera, senza cadere però nella trappola dell’illuminismo, che sperava di spiegare tutto attraverso la ragione. Un lavoro e un percorso difficili, però sono stato compensato dal piacere di dialogare un pò con la natura, all’interno della quale, non ti nascondo, ho trovato anche dispiaceri, sofferenze e dolori: di fronte a queste anomalie all’interno di essa, si rimane impotenti per certi aspetti. E poiché io mi sono interessato più del Dio universale, che del Dio personale,.. ho “ripiegato”,… lasciando la risposta alla teologia. Tuttavia, se il Dio personale esiste, non ho motivo di non credere, sarò ancora più felice: spero di meritare, non dico il paradiso, ma un posto da dove io potrò continuare ad ammirare la Sua grande opera, l’Universo.
    Concludendo: io ho “ visto” e “vedo” sicuramente il Dio universale. L’ho “visto” cosi bene che, se qualcuno munito di senso magico, cosa peraltro impossibile, (…) ma volendola prendere per buona, (...),……. mi dicesse che il Dio universale non esiste, io resterei malissimo , dovendo poi trarre la conclusione che la nostra vita non avrebbe veramente nessun senso.
    [Modificato da Credente 20/04/2010 18:25]
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    Coordin.
    00 04/05/2010 11:15
    La buona musica ci porta a Dio e viene dal suo cuore. Innato nell'uomo il senso del trascendente. La creazione uno magnifico spartito scritto dall' Onnipotente. Elogio i neocatecumenali Stampa E-mail

    La  buona musica ci porta a Dio e viene dal suo cuore. Innato nell'uomo il  senso del trascendente. La creazione uno magnifico spartito scritto  dall' Onnipotente. Elogio i neocatecumenaliNon é un mistero che Papa Benedetto XVI, il Pontefice - teologo, sia anche un grande conoscitore di musica, specie di quella sacra e della barocca. Una vita senza musica sarebbe sicuramente monca e, come affermava un grande santo, chi canta bene prega due volte. L' importante é che questi canti e le relative melodie siano intonate e consoni alle esigenze del sacro, cosa che non sempre accade nelle nostre chiese. Del rapporto divino- musica, discutiamo con Antonello Venditti. Venditti, Papa Benedetto XVI dedica molta importanza alla musica e soprattutto alla sua qualità: " credo che sia giusto, la musica aiuta a comprendere la celebrazione della liturgia e della messa e quindi ritengo le attenzioni del Papa condivisibili". La musica ci eleva verso Dio: " la musica aiuta molto nella ricerca del divino, mi sembra una spinta rilevante, sempre che sia di qualità accettabile. La musica viene dal cuore di Dio e a lui ci porta. ...

    ... Dio é presente dappertutto, nella musica, nella vita, nelle scienze, nella tecnica e trovo assurde quelle pretese di eclissarlo, di farlo passare in secondo piano. Tutti noi abbiamo bisogno di Dio, senza fanatismi, con la forza della ragione. Ma l' uomo, per natura, tende al senso del trascendente".

    Quando lei sente il racconto della Creazione nel Genesi, che cosa pensa?: " intanto che la natura é opera di Dio e come tale va tutelata e rispettata. Poi ,che Dio, per fare un paragone musicale che spero mi passerete, ha disegnato uno splendido pentagramma musicale nella creazione. Ora quel pentagramma va eseguito con la maggior fedeltà possibile e senza stonature".

    Nelle nostre parrocchie, talvolta, le arie liturgiche spesso lasciano a desiderare per qualità e aderenza dei testi, che cosa ne pensa?: " in parte é vero. Ma da chi fa opera di volontariato non é pensabile pretendere sempre il massimo. Ritengo che sulla perfezione e il rigore della musica liturgica, che pure é importante, non ci si debba impuntare e che ogni esperienza va comunque salutata e giudicata con attenzione. Ci sono varie inclinazioni etniche che non é pensabile escludere e pertanto quello che alla fine conta, insieme alla dignità della esibizione, é la comune ricerca del divino. Poi la perfezione non esiste".

    Ma un esperto come lei sa riconoscere il bene dal male: " le ripeto, quando si tratta di esibizioni volte alla causa di Dio, tutto va incoraggiato. Chiaro, esistono maestri e maestri. Io a messa amo ascoltare le musiche di quel genio che é il Maestro Frisina che, per altro, sta di fronte a casa mia. Ma non tutti sono come lui". Lei ha parlato della natura come pentagramma divino ed é vero, specie in tempi in cui verso il creato non si porta molta attenzione, avvengono calamità prevedibili ed evitabili con maggior attenzione, le stesse risorse della terra sono mal sfruttate o in modo ingiusto, a danno dei paesi poveri, nel nome di un feroce capitalismo che non ammette il principio di giustizia sociale o solidarietà: " Dio ha creato il mondo e la natura perché tutti ne possano godere. Ora sta a noi salvaguardarla".

    Parliamo dei movimenti religiosi: " li apprezzo. Cito la esperienza dei neocatecumenali che svolgono un buon servizio alla Chiesa con afflato mistico. Una mia conoscente ha radicalmente cambiato vita tra di loro".

    Bruno Volpe - Maddalena Cassano

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    Credente
    00 15/07/2010 23:06

    Raccogliamo questo messaggio del caro Antonio Socci come una accorata testimonianza della sua Fede nonostante la prova difficilissima che sta attraversando la sua famiglia:

    _________

    Tante persone – scrivendo al mio blog – hanno continuato, nel corso dei mesi, a chiedermi come sta Caterina e come si evolve la sua situazione. Alcuni mi parlano delle proprie afflizioni, delle prove che devono vivere e mi domandano come riuscire a non restarne schiacciati.

    Ho scritto questo libro per loro e per ringraziare i moltissimi che hanno pregato e pregano per Caterina. Ma oso (sfacciatamente) mendicare ancora preghiere ardenti perché restiamo nella tempesta o – almeno – siamo ancora in cammino. Un cammino lunghissimo, drammatico e pieno di pericoli e incognite.

    Questo libro vuole essere anche un atto di fede in Gesù che ci esorta a pregare come se avessimo già ottenuto ciò che chiediamo. E quindi un atto di ringraziamento.

    Insieme vuole essere il mio ringraziamento a Dio per averci dato Caterina. Lo ringrazio di averla creata e fatta cristiana. Lo ringrazio di averla fatta così buona e bella, anche nell’anima.

    Lo ringrazio dello splendido popolo cristiano in cui è cresciuta e che l’ha sostenuta nella terribile prova presente. A questo popolo chiedo, con gratitudine, ancora preghiere per la nostra principessa…

    Voglio testimoniare infine ciò che ha sostenuto me finora, ciò che mi ha dato conforto, coraggio, forza e anche gioia, pur fra le lacrime. Perché forse può essere un conforto e un abbraccio per altri che si trovano nella prova.

    È un gesto d’amore che voglio fare con Caterina e per Caterina, verso molti sofferenti che sono soli, che non hanno la fortuna di avere tanti amici accanto, come abbiamo noi. Vorrei che ci sentissero vicini.

    La Madonna ci esorta ad aver compassione della sofferenza di tutti come l’abbiamo per il dolore dei nostri figli. Come se fossero tutti nostri figli.

    Tentare di dare anche un soccorso materiale, concreto, è una delle cose che abbiamo deciso di fare, fin dall’inizio del dramma di Caterina.

    Abbiamo aiutato i bambini del lebbrosario di un Paese del Terzo Mondo (non posso essere più preciso perché il regime di quel Paese non tollera che si parli di lebbra: ne pagherebbero le conseguenze i missionari) che ci hanno sciolto il cuore facendoci sapere, tramite un meraviglioso missionario, di aver pregato per Caterina.

    Li sentiamo come parte della nostra famiglia e della nostra compagnia.

    Il dolore del mondo è un oceano sconfinato. Se noi facciamo la nostra piccola parte, il possibile, al resto pensa Lei, la Madre dolce e benedetta. Anche con i diritti d’autore di questo libro, dunque, voglio continuare aiutando – finché avrò respiro – altre opere missionarie e di carità per i più poveri e abbandonati.

    Per esempio sosterremo il Meeting Point International (partner dell’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, AVSI) della splendida Rose Busingye che a Kampala rappresenta una luminosissima speranza per tante donne poverissime e ammalate di Aids.

    Vorremmo aiutare anche – in ricordo di Andrea Aziani (di cui parlo nel libro) – i ragazzi più poveri delle disastrate periferie di Lima in Perù, per metterli in condizione di poter studiare.

    E anche una grande opera come Radio Maria, che sta compiendo un mirabile sforzo missionario in Africa.

    Infine vorremmo aiutare, con adozioni a distanza, le povere ragazzine cristiane del Pakistan, dove essere cristiani condanna a una sorte pesantissima, a volte orrenda.

    Cosicché da un grande male che ha colpito la nostra famiglia, per grazia di Dio, possano nascere un bene e un conforto per tanti che sono sottoposti a dure prove.

    Con Caterina, offriamo le nostre sofferenze per la gloria di Gesù, perché sia visibile la sua misericordia già quaggiù e per la salvezza dell’umanità intera (a cominciare da coloro che odiano).

    Antonio Socci

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    Caterina63
    00 13/09/2010 11:13
    Mi chiamo Gianna Jessen.
    Vorrei dirvi grazie per la possibilità di parlare oggi. Non è una piccola cosa dire la verità. Dipende unicamente dalla grazia di Dio il poterlo fare. Ho 23 anni. Sono stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica era incinta di sette mesi quando andò da Planned Parenthood nella California del sud e le consigliarono di effettuare un aborto salino tardivo.

    Un aborto salino consiste nell’iniezione di una soluzione di sale nell’utero della madre. Il bambino inghiottisce la soluzione, che brucia il bambino dentro e fuori, e poi la madre partorisce un bambino morto entro 24 ore.

    Questo è capitato a me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18 ore e sono stata partorita VIVA il 6 aprile 1977 alle 6 del mattino in una clinica per aborti della California. C’erano giovani donne nella stanza che avevano appena ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire bambini morti.

    Quando mi videro, provarono l’orrore dell’omicidio. Un’infermiera chiamò un’ambulanza e mi fece trasferire all’ospedale. Fortunatamente per me il medico abortista non era alla clinica. Ero arrivata in anticipo, non si aspettavano la mia morte fino alle 9 del mattino, quando sarebbe probabilmente arrivato per il turno d’ufficio.
    Sono sicura che non sarei qui oggi se il medico abortista fosse stato alla clinica dato che il suo lavoro è togliere la vita, non sostenerla. Qualcuno ha detto che sono un “aborto mal riuscito”, il risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e Signori, dovrei essere cieca, bruciata… dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo!

    Rimasi all’ospedale per circa tre mesi. Non c’era molta speranza per me all’inizio. Pesavo solo nove etti. Oggi, sono sopravvissuti bambini più piccoli di quanto lo ero io. Un medico una volta mi disse che avevo una gran voglia di vivere e che lottavo per la mia vita.
    Alla fine potei lasciare l’ospedale ed essere data in adozione.
    Per via di una mancanza di ossigeno durante l’aborto vivo con la paralisi cerebrale. Quando mi fu diagnosticata, tutto quello che potevo fare era stare sdraiata. Dissero alla mia madre adottiva che difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare. Non riuscivo a tirarmi su e mettermi a sedere da sola
    .

    Attraverso le preghiere e l’impegno della mia madre adottiva, e poi di tanta altra gente, alla fine ho imparato a sedere, a gattonare e stare in piedi. Camminavo con un girello e un apparecchio ortopedico alle gambe poco prima di compiere quattro anni. Fui adottata legalmente dalla figlia della mia madre adottiva, Diana De Paul, pochi mesi dopo che cominciai a camminare. Il Dipartimento dei Servizi Sociali non mi avrebbe rilasciato prima per essere adottata.
    Ho continuato la fisioterapia per la mia disabilità e, dopo in tutto quattro interventi chirurgici, ora posso camminare senza assistenza. Non è sempre facile. A volte cado, ma ho imparato a cadere con grazia dopo essere caduta per 19 anni.

    Sono così grata per la mia paralisi cerebrale. Mi permette di dipendere veramente solo da Gesù per ogni cosa.
    Sono felice di essere viva. Sono quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati ad un bambino nell’utero. Non penso che nessuna persona concepita sia una di quelle cose.

    Ho incontrato altri sopravvissuti all’aborto. Sono tutti grati per la vita. Solo alcuni mesi fa ho incontrato un’altra sopravvissuta all’aborto. Si chiama Sarah. Ha due anni. Anche Sarah ha la paralisi cerebrale, ma la sua diagnosi non è buona. È cieca ed ha delle gravi crisi . L’abortista, oltre ad iniettare nella madre la soluzione salina, la inietta anche nelle piccole vittime. A Sarah l’ha iniettata nella testa. Ho visto il punto della sua testa dove l’ha fatto. Quando parlo, non parlo solo per me stessa, ma per gli altri sopravvissuti, come Sarah, ed anche per quelli che non possono parlare…

    Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo. È un tessuto o qualcos’altro quando non è il momento giusto. Un bambino è un bambino quando c’è un aborto spontaneo a due, tre, quattro mesi. Un bambino è chiamato tessuto o massa di cellule quando l’aborto volontario avviene a due, tre, quattro mesi. Perché? Non vedo differenza. Che cosa vedete? Molti chiudono gli occhi…
    La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia vita. È stata un grande dono. Uccidere non è la risposta a nessuna domanda o situazione. Fatemi vedere come possa essere la risposta.

    C’è una frase incisa negli alti soffitti di uno degli edifici del parlamento del nostro stato [la California]. La frase dice: “Ciò che è moralmente sbagliato, non è corretto politicamente”. L’aborto è moralmente sbagliato. Il nostro paese sta spargendo il sangue degli innocenti. L’America sta uccidento il suo futuro.
    Tutta la vita ha valore. Tutta la vita è un dono del nostro Creatore. Dobbiamo ricevere e conservare i doni che ci sono dati. Dobbiamo onorare il diritto alla vita
    .

    Quando le libertà di un gruppo di cittadini indifesi sono violate, come per i nascituri, i neonati, i disabili e i cosiddetti “imperfetti”, capiamo che le nostre libertà come NAZIONE e Individui sono in grande pericolo.

    Vengo oggi a parlare in favore di questa legge a favore della protezione della vita. Vongo a parlare per conto dei bimbi che sono morti e per quelli condannati a morte. Learned Hand, un giurista americano rispettato (del nostro secolo) disse: “Lo spirito della libertà è lo spirito che non è troppo sicuro di essere giusto; lo spirito della libertà è lo spirito che cerca di capire le opinioni degli altri uomini e donne; lo spirito della libertà è lo spirito che pesa i loro interessi insieme ai propri, senza pregiudizi; lo spirito della libertà ci ricorda che neanche un passero cade a terra inosservato; lo spirito della libertà è lo spirito di Colui che, circa 2000 anni fa, ha insegnato all’umanità la lezione che non ha mai imparato, ma non ha mai dimenticato; che c’è un regno dove gli ultimi saranno ascoltati e considerati accanto ai più grandi.”
    Dov’è l’anima dell’America?! Voi membri di questo comitato: dov’è il VOSTRO cuore? Come potete trattare le questioni di una nazione senza esaminare la sua anima? Uno spirito omicida non si fermerà davanti a nulla finché non avrà divorato una nazione.

    Il Salmo 52,2-4 dice: “Lo stolto pensa: «Dio non esiste». Sono corrotti, fanno cose abominevoli, nessuno fa il bene. Dio dal cielo si china sui figli dell’uomo per vedere se c'è un uomo saggio che cerca Dio. Tutti hanno traviato, tutti sono corrotti; nessuno fa il bene; neppure uno.”

    Adolf Hitler una volta disse: “L’abilità ricettiva delle grandi masse è solo molto limitata, la loro comprensione è piccola; d’altro lato la loro smemoratezza è grande. Essendo così, tutta la propaganda efficace deve essere limitata a pochissimi punti che a loro volta dovrebbero essere usati come slogan finché l’ultimo uomo sia capace di immaginare che cosa significhino tali parole”. Gli slogan di oggi sono: “Il diritto di una donna di scegliere”, “Libertà di scelta”, eccetera.

    C’era una volta un uomo che parlava dall’inferno (ne parla il capitolo 16 di Luca) che disse: “Sono tormentato da questa fiamma”. L’inferno è reale. Così lo è Satana, e lo stesso odio che crocifisse Gesù 2000 anni fa, ancora si trova nei cuori dei peccatori oggi. Perché pensate che questa intera aula tremi quando menziono il nome di Gesù Cristo? È così perché Egli è REALE! Egli può dare grazia per il pentimento e perdono a voi ed all’America. Noi siamo sotto il giudizio di Dio – ma possiamo essere salvati attraverso Cristo.

    Dice la Lettera ai Romani: 5,8-10: “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo NEMICI, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.”
    La morte non ha prevalso su di me… ed io sono così grata!!!


    Testimonianze di Gianna Jessen rilasciate il 22 aprile 1996 ed il 20 luglio 2000 davanti al Sottocomitato Giudiziario del Congresso sulla Costituzione
    www.abortionfacts.com/survivors/giannajessen.asp
    www.godandscience.org/doctrine/jessen.html
    GiannaJessen.com


    Altri Video
    www.youtube.com/results?search_query=gianna+jessen

    www.youtube.com/watch?v=Cg_zhEIpTjs&feature=player_embedded






    FONTE: Sindrome Post-Aborto

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    Credente
    00 04/10/2010 15:30

    40 ragazze, martiri sconosciute a Bologna

    Posted: 03 Oct 2010 01:30 AM PDT

    Questa è la storia di quaranta ragazze, fra i 25 e i 35 anni, che hanno consapevolmente accettato di morire – per di più con atroci sofferenze – per poter curare e (letteralmente) servire degli ammalati gravi che neanche conoscevano. Finora questo loro eroismo e il loro martirio, consapevolmente accettato, sono rimasti nell’ombra.

    Siamo cresciuti in un’Italia capace di trasformare in divi personaggi senza arte né parte, un’Italia capace di esaltare come eroi dei tipi tremendi (che hanno pure dei morti sulla coscienza).

    Ma nessuno, nell’Italia che conta, che parla e scrive, sembra si sia mai accorto di queste giovani donne straordinarie.

    Eppure è accaduto tutto alla luce del sole, addirittura in una istituzione pubblica di in una città importante e attenta ai valori civili (e alla “questione femminile”) come Bologna, dove queste ragazze sono vissute e morte fra 1930 e 1960.

    A Bologna esiste “Viale Lenin”, la strada dedicata a un tiranno che ha fondato il regime dei Gulag dove sono stati massacrati moltitudini di innocenti inermi, fra cui migliaia di religiosi.  

    Ma non esiste alcun ricordo pubblico invece di quelle donne che hanno curato tanti sofferenti dando la loro stessa vita.

    Erano religiose, cioè ragazze che avevano rinunciato a se stesse perché innamorate di Gesù Cristo e per suo amore erano diventate silenziosamente capaci di donare ogni loro giornata ai malati e anche di affrontare la morte.

    Tutto accadde all’Ospedale Pizzardi di Bologna, oggi Bellaria, aperto nel 1930 per l’assistenza e la cura delle malattie polmonari, in particolari per tubercolotici.

    La Tbc era una malattia mortale assai diffusa, soprattutto dopo la Grande guerra, ed era contagiosissima (si contraeva per via aerea, quindi era molto più contagiosa, per esempio, dell’Aids di oggi).

    Fino agli anni Cinquanta, quando arrivarono dei farmaci capaci di debellare la malattia e abbatterne enormemente la mortalità.

    Ebbene, aprendo l’Ospedale nel 1930  fu richiesta dall’amministrazione degli ospedali di Bologna la presenza delle “Piccole suore della Sacra Famiglia” per assistere come personale infermieristico i circa seicento malati.

    Arrivarono subito 55 suore e poi, nel corso degli anni, il loro numero giunse fino a 95, con la qualifica di infermiere diplomate e infermiere generiche (in totale, dal 1930, hanno servito al Pizzardi 574 religiose).

    Garantivano assistenza giorno e notte, a continuo contatto con i malati. A quel tempo le suore-infermiere provvedevano a tutto, pure a lavare i pavimenti dei lunghi corridoi, durante il turno della notte.

    Erano tutte consapevoli di recarsi in un ambiente ad altissimo rischio. E infatti delle centinaia che hanno accettato  e hanno servito lì, circa 40 hanno contratto la Tbc morendone (32 di loro sono decedute in età compresa fra 25 e 35 anni).

    Si trattava di una morte dolorosa e drammatica. Erano giovani suore e oblate.

    Nella convenzione che fu stipulata l’amministrazione degli ospedali, considerata la pericolosità della missione, si impegnava, fra l’altro, a “concedere visite mediche” e, in caso di contagio, a “fornire loro i medicinali e in caso di morte un modesto funerale”.

    Oltretutto il loro lavoro fu reso molto duro dal fatto che i degenti erano in gran parte giovani e il clima spesso turbolento. Le proteste per il cibo erano all’ordine del giorno, perfino per il fatto che il personale addetto all’igiene dei letti e della biancheria si proteggeva con una mascherina (a quel tempo non esistevano lavatrici ed elettrodomestici).

    Negli anni Quaranta e Cinquanta il clima era surriscaldato anche per motivi politici (si formò pure una “Commissione degenti”). Le suore dovevano moltiplicare i loro sforzi per mantenere un clima sereno, mentre soccorrevano i malati in tutte le loro sofferenze.

    Il dottor Gaetano Rossini che lì lavorò e le vide all’opera ha lasciato scritto in una memoria conservata negli archivi:

    “non meno grave era la emottisi,  specie se soffocante, scioccante non solo per il malato, ma anche per chi doveva assistere e provvedere con gli scarsissimi mezzi disponibili. Terribile a vedersi e molto di più ‘intervenire’.

    In quei momenti mi veniva di pensare: ‘oh sante suore, quale amore vi tiene inchiodate a quel letto di sofferenza inesprimibile pur di aiutare, salvare quel ‘prossimo’ che forse in altri momenti era stato poco riguardoso o indisciplinato!.

    Le Suore non tenevano davvero conto del rischio personale o interesse umano alcuno; quante di loro riposano nel cimitero di Castelletto perché avevano contratto la malattia nell’adempimento del loro servizio”.

    Quale amore, si chiede il dottor Rossini? Suor Arcangela Casarotti risponde: “Le suore inviate al ‘Pizzardi’ di Bologna avevano ben scolpito nella mente l’insegnamento dei Fondatori: ‘Se nei casi di epidemia… fosse necessario mettere in pericolo anche la vita, io mi immagino che anche al presente, com’è successo in altri tempi, le Suore del nostro istituto andrebbero a gara per offrirsi vittime della carità. Memori delle parole del Divino Maestro: Non v’è maggior carità che di dare la vita per i propri fratelli’ ”.

    Le suore aiutavano centinaia di malati, perlopiù giovani, non solo nelle loro sofferenze fisiche, ma anche in quelle morali. Li aiutavano a non lasciarsi andare alla disperazione di una malattia gravissima e di una degenza molto lunga (talora vi furono suicidi).

    Suor Arcangela sulla rivista dell’ordine ha pubblicato qualche memoria dei malati di allora. Liliana per esempio scrive:

    “Ho passato tre anni molto belli al Pizzardi pur essendo lontano dalla famiglia perché ero ammalata. Le suore con noi malati avevano un rapporto molto familiare. Esse cercavano in ogni modo di aiutarci a mangiare e di alleviare le sofferenze. Quante volte le ho viste piangere di nascosto per le condizioni gravi dei malati! Io credo che la medicina fece molto per curarmi, ma molto contribuirono anche le parole di conforto e di incoraggiamento delle suore nei momenti più tristi”.

    Fra i malati vi furono suore che testimoniarono l’ardore di quel loro Amore fino all’incredibile. Come suor Maria Rosa Pellesi, Francescana Missionaria di Cristo, che trascorse 27 anni in sanatorio di cui 24 proprio al Pizzardi, morta in fama di santità e oggi dichiarata “Serva di Dio”.

    Dice il dottor Rossini: “fu, a mio modo di vedere, un miracolo vivente perché non aveva un organo sano, la tubercolosi aveva devastato il suo corpo. Svolse la sua missione in offerta a Dio per il bene di tutti gli uomini”.

    La eroiche suore del Pizzardi appartengono all’ordine fondato da don Giuseppe Nascimbeni e da suor Maria Domenica Mantovani (entrambi beati), sono le Piccole Suore della Sacra Famiglia. che negli ospedali bolognesi hanno svolto un lavoro eccezionale e tuttora gestiscono la “Casa di Cura Madre Toniolo”.

    Nessuno ha raccontato al mondo la storia delle suore martiri del Pizzardi e ne ha celebrato la grandezza. Di loro ho trovato qualche notizie solo in pubblicazioni dell’ordine e qualche rapido cenno in volumi celebrativi, a ristretta diffusione.  

    Forse perché, essendo suore, appartenevano – secondo i nostri criteri mondani – a una categoria umana di serie B? O a una categoria che è tenuta a sacrificare la propria vita per noi?  

    A volte, a considerare come il mondo tratta i cristiani, viene in mente la frase di san Paolo: “Siamo la spazzatura del mondo”.

    Probabilmente anche in altre città e altri ospedali vi sono state simili storie di eroica carità cristiana che aspettano di essere conosciute.

    Perché la presenza della suore e più ampiamente la presenza della Chiesa accanto ai sofferenti, per portare loro la carezza del Nazareno e per alleviare i loro dolori, è una storia immensa e tuttora misconosciuta.

    Eppure parla, anzi grida più di tante parole. Annuncia al mondo quello che ogni essere umano cerca e aspetta: un amore incondizionato, gratuito e totale. Come dice una nota preghiera: “Tutta la terra desidera il Tuo volto”.

     

    Antonio Socci

     

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    AmarDio
    00 18/10/2010 16:56

    Nella fede di quei minatori rivedo mio padre

    Conosco gli uomini della miniera. Per una volta il mondo si è accorto di loro, laggiù in Cile, e subito la tv ne s’è impossessata: “ma io sono e voglio restare un minatore. Non trasformateci in star”, ha detto sanamente Mario Sepulveda, uno dei primi a riemergere dalle viscere della terra.

    Mario ha anche urlato: “Questi incidenti non devono più succedere!”. Finalmente un uomo autentico.

    Io li conosco perché sono nato in una famiglia di minatori, ho imparato dalla loro forza (anche nel dramma), dalla loro fede cristiana, dalla loro nobiltà. Conosco quell’allegria di naufraghi, di compagni che si dividono il pane, il sudore e il poco companatico.

    Dentro la miniera cilena, fra i sepolti vivi, e sopra la miniera, fra i familiari, all’accampamento Esperança, si sono viste per settimane immagini della Madonna (con una statuetta di padre Pio) e bandiere del Cile, perché tutto quel Paese ha pregato e tutto quel Paese sente che gli uomini della miniera sono l’orgoglio della nazione, la sua dignità e la sua forza.

    Sono cresciuto sulle ginocchia di uno di questi uomini, mio padre, ed è stato lui il mio orgoglio, la mia scuola di vita, la mia vera università, il mio “master a Oxford”.

    Non mi ha insegnato l’inglese, ma mi ha insegnato la dignità, l’amore per la pittura del Trecento e per la musica, la fede cattolica e la passione per la libertà. Ho imparato da lui a non sopportare l’ingiustizia, l’ozio di chi ingrassa vizioso sul dolore di altri esseri umani.

    E’ grazie a lui che non portai il cervello all’ammasso del conformismo rosso, negli anni del liceo, e non mi sono rincoglionito di chiacchiere o di droga. Neanche me lo potevo permettere: non avevo una lira in tasca e dovevo studiare (erano i figli di papà che potevano permettersi il lusso di fare i rivoluzionari, di non studiare o di sperperare soldi nella droga).

    Grazie a mio padre non mi sono imborghesito nell’anima, perché so cosa vale nella vita (e non sono i soldi) e so che essere se stessi è il tesoro vero.

    Qualcosa della rudezza “cafona” degli uomini della miniera, per fortuna, mi resta addosso e  – trovandomi a lavorare nel mondo finto degli intellettuali, delle televisioni, delle curie, dei salotti e dei moralisti farisei – c’è sempre un padre e un nonno minatore nel mio sangue che si ribella al conformismo, all’ingiustizia, all’ipocrisia e grida sbrigativamente: “ma andate a farvi fottere!”.

    Quei volti sporchi di terra che vediamo nelle immagini dal Cile, quella loro nudità, sottoterra, dove si soffoca di caldo col 90 per cento di umidità, li conosco da quando ero piccolo. E anche la loro malinconia.

    Mio padre me li raccontava con la sua faccia bella e scarna, con le sue poche parole, li rappresentava nei suoi quadri e li cantava come dei personaggi di Omero nella personale epica delle sue poesie che oggi mi tornano in mente – guarda un po’ – insieme ai versi di Neruda.

    Mia madre per anni e anni è stata una delle ragazze che non sapevano se l’amore della sua vita, quel giorno, sarebbe stato inghiottito dalle profonde gallerie della miniera.

    Mia madre è stata una delle donne che si trovava di colpo il cuore in gola quando per il paese correva la voce: “c’è stato un incidente alla miniera!”.

    A mia madre è crollato il mondo addosso quella notte del febbraio 1953 in cui seppe che lui aveva avuto un incidente e che solo grazie al gelo della notte invernale non era morto dissanguato perché il sangue si era ghiacciato (ma il “mostro” aveva comunque mozzato una sua mano). Dovevano sposarsi di lì a poco.

    Tutto il paese dove sono nato e cresciuto ricorda i giorni in cui la miniera inghiottì due compagni di mio padre. La stessa angoscia della povera gente del Cile. Perché la povera gente cristiana, a tutte le latitudini, si assomiglia.

    Con quale tenerezza mia madre ricorda la gioia e l’orgoglio di mio padre, quando poté comprarsi una moto Iso e non dovette più andare, per cinque o sei chilometri, alla miniera a piedi o in bicicletta, di giorno e di notte, in tutte le stagioni.

    Nella miniera di San José il più giovane dei 33 minatori è Jimmy Sanchez 19 anni. E’ uscito da quel tunnel sprizzando gioia. Guardando la sua faccia, bella di giovinezza, è impossibile non commuoversi. E’ ancora un ragazzo.

    Ho pensato quanto avrei desiderato vedere mio padre quando, a 14 anni, ha cominciato a lavorare in miniera: lui era un bambino. Aveva l’età che adesso ha mio figlio (quanto vorrei fargli ereditare la sua dignità).

    Mio nonno Adriano – quando arrivò mio padre a lavorare – era già in miniera da 10 anni. Ci sono rimasti tutti e due tanto tempo. Entrambi ne hanno avuto i polmoni compromessi.

    Anche i minatori cileni, che oggi festeggiano – perché stavolta l’hanno scampata – con le loro mogli e i loro figli (ce n’è uno che ha due donne ad aspettarlo e sarà un problema dare spiegazioni) sanno che ogni salvataggio è sempre precario ed effimero.

    Laggiù i corpi si impastano col carbone e il fango e la terra li considera ormai suoi. A volte se li riprende senza neanche aspettare che crepino, con un’esplosione di grisù. Ma altre volte li richiama a distanza di anni. Una chiamata che gronda ingiustizia.

    I polmoni di mio padre a 80 anni erano pieni di quella polvere di carbone che aveva respirato per decenni: aveva ormai la miniera nelle carni, nel sangue, nelle ossa, nelle fibre. Il suo killer ce l’aveva addosso da una vita.

    La miniera è una matrigna che non perdona: ti ha nutrito con qualche povero tozzo di pane, ma prima o poi reclama il suo diritto di ammazzarti. Anche a distanza di tempo.

    Così mio padre se lo è portato via il 21 maggio del 2007. Non si può morire a maggio, mi dico sempre. Ma la miniera non conosce stagioni, non ha riguardi nemmeno per la primavera: laggiù sotto è sempre lo stesso bestiale inverno di fuoco.

    Così la miniera ha ammazzato mio padre dopo anni. Ma forse anche gli ha risparmiato lo strazio di vivere il dramma di mia figlia Caterina.

    Questo s’impara dagli uomini della miniera, che la vita è una lotta e non una vacanza alle Maldive, che è inevitabile sporcarsi di terra e di carbone (cosa che non capita alla settimana bianca, né all’Accademia), che la vita è fragile ed effimera, che un Altro ce l’ha data e lui ha pietà di noi perché è Padre.

    Uno dei minatori ha detto: “sono stato fra il diavolo e Dio, ma alla fine è Dio che mi ha afferrato”. Conta questo: essere afferrati da Dio. E conta la dignità con cui si vive. Dagli uomini della miniera si capisce che è bello avere Dio e avere accanto dei fratelli con cui condividere il pane e l’avventura dell’esistenza.

     

    Antonio Socci

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    Coordin.
    00 26/11/2010 23:15
    La testimonianza di una donna sopravvissuta all'aborto salino.

    "Sono stata adottata. I miei genitori biologici avevano 17 anni. Lei era al sesto mese e mezzo
    quando si rivolse a "Planned Parenthood". Il più grande ente abortista al mondo. Le consigliarono
    un aborto salino tardivo.
    Si inietta una soluzione salina nel grembo materno che corrode il bambino. Questo viene partorito
    morto nelle successive 24 ore. Ma con sorpresa di tutti non sono arrivata morta, ma viva! Il 6
    aprile 1977, nella clinica abortista della contea di Los Angeles. Una cosa stupenda sul perfetto
    tempismo del mio arrivo è che il medico abortista non era ancora in servizio. Così non ha potuto
    terminare il suo progetto sulla mia vita, ovvero la mia morte.
    So di parlare di un ufficio governativo, amo il vostro paese quanto il mio ... ma so che di questi
    tempi è politicamente MOLTO scorretto nominare Gesù in luogo pubblico. Metterlo in mezzo in
    questo tipo di riunioni, perché il Suo nome può causare ad alcuni un tremendo disagio. Ma io non
    sono sopravvissuta per mettere le persone a proprio agio.
    Sono sopravvissuta per agitare le acque. E mi piace molto farlo.
    Sono stata partorita viva, come già detto. Dopo 18 ore. Dovrei essere cieca, ustionata, morta. E
    NON lo sono ! Una bellissima rivincita è che il medico abortista dovette firmare il mio certificato
    di nascita. Così so chi è. Chiunque esamini le mie carte può leggere: "nata per aborto salino". AH!
    Non hanno vinto!
    Ho fatto qualche ricerca sull'uomo che tentò di abortirmi. Ha la più grande catena di cliniche degli
    Stati Uniti, che rende 70 milioni di dollari all'anno. Lessi una sua intervista anni fa, e diceva: "Ho
    abortito più di un milione di bambini, la considero la mia passione." Vi dico questo, cari Signori,
    perchè siamo in un'interessante battaglia. Che lo sappiate o meno, è in corso una battaglia tra la vita
    e la morte.
    Da che parte stai TU ?
    Così, un'infermiera chiamò un'ambulanza e mi trasferirono in ospedale. Ed è un miracolo, la pratica
    comune allora - e fino al 2002 nel mio paese era di sopprimere i sopravvissuto all'aborto, per
    strangolamento, soffocamento o lasciandoli morire o buttandoli via. Ma il 5 agosto 2002 il mio
    amato presidente Bush ha firmato la legge di "Protezione dei nati vivi" affinché questo non accada
    mai più.
    Vedete ... noi facciamo sul serio. Io spero di essere odiata, prima di finire questa vita. Così, quando
    sarò presso Dio, saprò cosa significhi essere stati odiati. Lui, Cristo, venne odiato!!
    E non mi fa piacere, ma so di essere odiata, perché proclamo la vita.
    Io dico: "Non mi avete avuta". L'olocausto silenzioso non ha vinto su di me. Fra le altre cose, la mia
    passione è anche questa: Infondere interesse per un dibattito che abbiamo archiviato, messo sugli
    scaffali, l'abbiamo chiamato "una questione", abbiamo rimosso i sentimenti, ci siamo induriti.
    E' veramente questo che volete?
    Quanto siete disposti a sopportare, a rischiare, per proclamare la verità, nell'amore e nella grazia,
    facendovi avanti, disposti almeno a farvi odiare? O forse siete voi il problema? O io ?
    Così, mi misero in una prima casa di accoglienza dove decisero che non gli piacevo. Non so come si
    possa non adorarmi a prima vista !! Che strana gente !!
    Sono stata odiata fin dal concepimento da così tanti, ma amata da molti di più, ma più di tutti da
    DIO. Sono la Sua bambina. La bambina di Dio non si tocca. Sulla mia fronte è scritto: "Trattatemi
    bene perché mio padre è il padrone del mondo." Così da quella casa mi trasferirono a un'altra,
    bellissima, la casa di Penny.
    Avevo 17 mesi, 14 chili di peso morto, e quello che chiamo il dono della paralisi cerebrale, per la
    mancanza di ossigeno al cervello mentre lottavo per sopravvivere.
    Ora, mi sento obbligata a dire questo: Se l'aborto riguarda solo i diritti della donna, come la
    mettiamo con i miei di diritti?
    Nessuna femminista radicale manifestava per i miei diritti quel giorno. La mia vita veniva soppressa
    nel nome dei diritti della donna.
    Io non soffrirei di paralisi cerebrale se non fossi sopravvissuta.
    Quando sento l'orribile e disgustoso ragionamento che dovremmo abortire i bambini perchè a
    rischio di disabilità..
    OH ! Il mio cuore si riempie di orrore ! Cari signori, ci sono cose che si possono imparare solo dai
    più deboli tra noi.
    Se li sopprimete siete voi a rimetterci. Il Signore avrà cura di loro, ma voi soffrirete per sempre. E
    che arroganza ! Assoluta arroganza !!
    E' stato un tema a lungo sostenuto in questo nostro mondo che il forte dovrebbe dominare sul
    debole.
    Stabilire chi vive e chi muore.
    Non vedete l'arroganza ? Non potete nemmeno far battere il vostro cuore. Tutto il potere che credete
    di avere non lo possedete affatto. E' la misericordia di Dio che vi sostiene. Anche quando lo
    odiate.
    Così la gente diceva alla mia Penny: " Gianna non sarà mai nulla ". Molto incoraggiante ! Lei
    decise di ignorarli. Lavorava con me tre volte al giorno, riuscivo a sollevare la testa, e per farla
    breve: a tre anni e mezzo camminavo con deambulatore e i tutori - ora sto in piedi - zoppico un
    pochino - senza deambulatore e senza tutori. A volte cado elegantemente, altre volte meno
    elegantemente, dipende dalle situazioni. Ma è tutto per la gloria di Dio.
    Sono più debole di molti di voi, ma questo è un mio discorso. E' un piccolo prezzo da pagare, per
    poter appiccare il fuoco nel mondo come sto facendo. E offrire speranza.
    Nella nostra incomprensione di come vanno le cose, ci sfugge quanto può essere bella la sofferenza.
    Non che me le andrei a cercare, ma quando arrivano - ci dimentichiamo che Dio ha il controllo e
    che è capace di rendere belle le cose più miserabili.
    Ho incontrato la mia madre biologica.
    L'ho perdonata - sono una cristiana. E' una donna distrutta. Venne ad un mio incontro due anni fa, si
    alzò e disse: " Ciao, sono tua madre". Fu un giorno difficile, ma mentre sopportavo la situazione -
    voi penserete che sono una stupida - ma io stavo lì e pensavo: "Io non ti appartengo, sono di Cristo,
    sono la sua bambina. Sono una principessa, qualunque cosa tu dica nella tua amarezza, nella tua
    rabbia non è un peso per me, non lo porterò" Dicevo queste cose dentro di me.
    Avete un'opportunità, vorrei parlare agli uomini in sala, una cosa che non si fa mai:
    UOMINI, voi siete fatti per la grandezza. Voi siete fatti per alzarvi ed essere uomini. Siete fatti per
    difendere donne e bambini. Non per farvi da parte e voltare la testa - quando sapete che è in corso
    un omicidio, e non fate niente.
    Non siete fatti per usare la donna e poi abbandonarla. Siete fatti per essere gentili, grandi,
    aggraziati, forti, per prendere posizioni. Ascoltatemi: sono stufa di fare il vostro lavoro !!
    DONNE, voi non siete fatte per essere abusate, non siete fatte per starvene lì e ignorare il vostro
    valore.
    Meritate che si combatta per voi. Sempre. E' il vostro momento: che tipo di persone volete essere ?
    Immagino: straordinarie - Immagino: che siano all'altezza.
    Ai politici in sala, in particolare agli uomini: siete fatti per la grandezza, mettete da parte la
    politica.
    Siete fatti per difendere il bene e la giustizia.
    Questa ragazza vi dice: è il vostro momento. Che uomo vuoi essere ? Un uomo preoccupato solo
    per la sua gloria ? O un uomo preoccupato per la gloria di Dio ? E' tempo di prendere posizione
    Victoria (lo stato nel quale parla)
    E' il tuo momento, Dio vi aiuterà, sarà con voi, avete l'occasione di dare gloria a Dio nel 2008.
    Voglio finire con questo: alcuni potrebbero essere seccati dal mio parlare di Gesù. Ma come posso
    andarmene zoppicando per questo mondo e non dare tutto il mio cuore, mente, forza al Cristo che
    mi ha dato la vita?
    Se pensate che io sia sciocca, è solo un gioiello in più per la mia corona.
    "Il mio unico scopo nella vita, è di far sorridere Dio"
    Spero di aver detto qualcosa di sensato. Mi è venuto dal cuore.
    . . . Dio vi benedica e vi protegga. "
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    Credente
    00 19/01/2011 21:42
    Testimonianza di Antonio Socci


    Caterina, un episodio. E una preghiera…
    18 Jan 2011

    Cari amici,

    tanti di voi mi scrivono per chiedermi di Caterina. Questa manifestazione di vicinanza e di affetto è davvero toccante per me, anche se non riesco – purtroppo – a rispondere a tutte le mail.

    E anche se le mie risposte sono un po’ vaghe, perché non me la sento di entrare nei dettagli delle condizioni di salute.

    Tuttavia voglio raccontarvi un piccolo episodio di ieri da cui potrete capire qualcuno dei problemi di Caterina, ma anche la sua stupefacente consapevolezza.

    Dovete sapere anzitutto che Caterina è in grado di comunicare con il “sì” e il “no”. Facendole delle domande lei risponde benissimo. Salvo il fatto che per dire “sì” dice “a!” (perché la “s” è difficile da pronunciare), mentre pronuncia bene il “no”.

    Dunque, sua mamma, Alessandra, ieri stava parlandole di alcune cose e Caterina – capendo tutto bene – rispondeva, anche con risate ed esclamazioni varie che rientrano nella sua ampia espressività.

    A un certo punto Alessandra le ha chiesto: “Ma tu, Cate, vuoi bene a Gesù?”. Non aveva neanche finito la domanda che Caterina, con quella prontezza che si ha solo per le cose che ardono nel cuore, le ha risposto con i suoi occhioni che si riempivano di lacrime: “ A!!! A!!!”.

    Dalla sua croce, commossa e ardente come è sempre lei, Caterina ha rinnovato questa appassionata dichiarazione d’amore al Salvatore …

    Sinceramente è difficile non restarne toccati (soprattutto per chi ha visto gli occhi di Caterina) e credo che la primissima a commuoversi per questo amore a Suo Figlio sia la nostra buona, dolce Madre, la Regina del cielo e della terra.
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    Credente
    00 25/01/2011 08:38

    Ecco la conversione di Brigitte Bedard: atea, femminista e lesbica

    «Sono stata un’atea per tutto il tempo che posso ricordare», ha detto Brigitte Bedard, una giornalista di 41 anni davanti ad una folla di 200 partecipanti di un conferenza in Quebec. La Bedard è cresciuta in un’epoca in cui la società era nella fase chiamata dagli storici “Quiet Revolution”, un periodo di tempo dai primi anni Sessanta alla metà degli anni Settanta, quando la società del Quebec tentò di liberarsi dalla sua eredità cristiana, adottando i valori laici. La Bedard ebbe un’infanzia tipica per chi nasce in una famiglia non religiosa, andò all’Université du Québec a Montréal, ambiente notoriamente di sinistra, dove studiò letteratura: «Riempì la mia mente con tutta la letteratura del famminismo radicale, bevetti tutto», ha ricordato. Iniziò anche una serie di rapporti eterosessuali, finiti tutti male: «spronata da tutto ciò che leggevo, cominciai a pensare che, poiché tutti i miei rapporti eterosessuali erano un disastro, avrei dovuto essere una lesbica». Così cominciò a frequentare delle donne e sembrò anche che tutto si sistemasse: «Fu davvero un momento molto buono, in un certo senso. Stavo sempre con un grande gruppo di ragazze, navigavamo per la città, fumavamo una sigaretta come se non ci fosse il domani. Ero anche molto attiva sessualmente». Ma, nonostante l’eccitante divertimento e le forti emozioni dovute al trasgressivo stile di vita, si sentiva sempre più senza un’identità: «Ero in naufragio mentale. Sentivo che stavo perdendo il controllo, mi aggrappavo alle divertenti apparenze, ma dentro ero profondamente infelice». La faccenda precipitò quando, inspiegabilmente, scoppiò in lacrime e si mise a gridare nel suo appartamento vuoto in un quartiere alla moda di Montreal alle 3 di notte, implorando Dio di “portarla via: «Un’atea militante lesbica e femminista distesa sul pavimento di casa mentre piangeva implorando aiuto da Dio», questa è la fotografia che la Bedard ha fatto di quella notte. «Ero in disperato bisogno di aiuto». Cominciò così a chiedere aiuto, serpeggiando dentro e fuori a innumerevoli cliniche mediche, nella speranza di trovare qualche tipo di soluzione per la sua ansia. Smise persino di fumare: «Fui improvvisamente costretta ad affrontare la vita, senza alcuna protezione o tampone». Un conoscente le parlò dei monaci della famosa Abbazia di Saint-Benoît a Saint-Benoît-du-Lac, in Quebec. L’idea era talmente bizzarra che la incuriosì. Vi andò, ma non senza riserve: «Andai al monastero armata di tutto il disprezzo e l’odio per la Chiesa patriarcale, accumulato durante gli anni di studio del femminismo radicale. Per le femministe radicali la Chiesa è fondamentalmente il nemico numero 1». Nel convento conobbe un monaco, con il quale conversò due volte al giorno. «Per tre giorni di fila, due ore al giorno, ho assillato, urlato, praticamente schiuma alla bocca, di fronte a questo monaco, vomitando ogni insulto, cliché, pensiero sporco che mi veniva in mente circa il cristianesimo. Ero così arrabbiata, così ferita e arrabbiata, e buttai fuori tutto contro questo monaco, il quale non disse mai una parola per tutto il tempo, ma mi guardava appena, scuotendo la testa. Poi, alla fine di quei tre giorni, accadde qualcosa che cambiò la sua vita per sempre: E’ accaduto il terzo giorno. Stavamo per concludere ancora una volta la nostra “conversazione”. Tra una pausa e un’altra delle mie urla, il monaco mi guardò e mi disse: “non hai assolutamente idea di quanto Dio ti ama. Ti ha fatto dal nulla, ti conosce, sei sua figlia. Quindi non provare vergogna, lascia andare tutto. Dai tutto, dai la tua vita a Lui… Egli ti ama così tanto». Queste semplici parole, accompagnate da quello sguardo amorevole, permisero improvvisamente un nuovo sguardo, un’apertura, e in Brigitte nacque lentamente una nuova concezione di sè. Cominciò così una nuova vita di fede e di avvicinamento al cristianesimo. Ha trovato lavoro come giornalista ed ora è sposata e con sei figli. Certo, la vita continua a non essere tutta “pesche e crema di latte”, tuttavia ora, attraverso la fede ha acquisito un’identità stabile e forte. La bella testimonianza è apparsa sul sito del Quebec Life Coalition.
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    Coordin.
    00 05/04/2011 09:36
    Un giovane ha scritto questa bella e semplice  testimonianza che mi preme far conoscere:

    Una vita di eccessi,iniziai a credere in qualcosa, ,oggi sto benissimo, a qualcuno è successo?

    allora, ho 29 anni e 10 anni fa ho finito la scuola e nella mia vita adolescenziale sono sempre stato un menefreghista, non mi è mai interessato di niente, andavo sempre in discoteca ero casinista e stavo sempre in giro, avevo molti amici ma non li reputavo essenziali, come con le ragazze ne ho avute molte ma non mi sono mai innamorato. poi mi sono successe cose un pò spiacevoli, come litigate ecc.dovute anche allo stile di vita che conducevo e sono stato molto male, avevo un pò di ansia perchè avevo combinato cose brutte e rischiavo anche molto... inoltre iniziavo a pensare che la mia vita non aveva senso. poi ho iniziato a fare sogni religiosi, sogni strani che però mi davano una sorta di sicurezza così ho iniziato a informarmi, ho iniziato a leggere (fino ad allora non avevo mai aperto un libro) ho iniziato aleggere sia cose che riguardassero la religione, anche la bibbia, sia libri sui fenomeni e i mesteri della natura e dell'universo. Così ho iniziato a stare a casa a leggere queste cose e in poco tempo sono cambiato, ho smesso con le discoteche e con la palestra, e nutrivo il desiderio di partire e lasciare il lavoro schifoso che facevo e la città cupa e grigia in cui abitavo (qui avevo 21 anni), così sono partito come animatore in un villaggio (fino a un anno prima al solo pensiero mi sarei messo a ridere) in quei quattro mesi avevo sempre il sorriso e piacevo alla gente per la mia simpatia e gentilezza mi dicevano che ero un ragazzo dolcissimo :o, quando nella vita mi avevano sempre dato del poco di buono o del menefreghista, li ho conosciuto una ragazza, e siamo rimasti insieme nonostante abitassimo lontani. negli anni successivi o lavorato in giro per il mondo ho fatto anche volontariato, i miei amici non li vedevo più uscivo con la ragazza, lavoravo e pregavo. dopo qualche anno mi sono trasferito dalla mia fidanzata, a vivere con lei. oggi sto benissimo mi devo sposare ogni tanto vado a salutare i miei amici ho un lavoro splendido i miei genitori sono soddisfatti.

    A volte penso come sarebbe stata la mia vita se avessi continuato su quella strada, sarebbe peggiorata di giorno in giorno e il solo fatto che sia cambiato cosi per delle credenze mi sembra così strano.

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    AmarDio
    00 12/04/2011 09:53
    [Modificato da Credente 02/03/2023 19:58]
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    Benedetta..
    00 03/05/2011 22:31

    L’intellettuale ateo Giorgio Bocca: «il Vangelo mi convince, ha qualcosa di divino»

    Recentemente il giornalista e scrittore Giorgio Bocca ha rilasciato una lunga intervista “a ruota libera”, spaziando dalla politica alla storia, dalla religione al giornalismo. Bocca è un intellettuale di sinistra (molti lo chiamano “maestro”), ateo, laico rigidissimo, tra i fondatori di Repubblica nel 1976, con cui collabora frequentemente (nonostante avanzi diverse critiche). Un passato pieno di cambi di fronte, dal fascismo alla lotta partigiana, dall’apprezzamento per esponenti di centro-destra all’odio verso di loro.

    Durante l’intervista, parlando dell’eventuale modifica della Costituzione, Bocca ha dichiarato: «Le costituzioni sono tutte nobili anche nella loro ipocrisia. Si, perchè non vengono osservate. Della Costituzione italiana me ne frego. A me importa la costituzione morale. Credo di più al Vangelo che non alla Carta». Allo stupore del giornalista, ha approfondito: «Mi sembra più convincente perchè nel Vangelo c’è qualcosa di divino che nelle costituzioni liberali non c’è. Non credo in Dio perché non l’ho mai incontrato. Possibile che questo Dio così potente non abbia mai trovato il tempo di manifestarsi?». Il divino di cui parlo è «quello che vorrei che ci fosse. Ma sono ancora alla ricerca. Il Vangelo mi sembra più commovente, più umano, più vero. Le costituzioni sono delle fabbriche ben congegnate, ma sono politiche, mentre il Vangelo è quello di cui gli uomini hanno più bisogno».

    Lo scrittore Antonio Socci ha risposto a Bocca dalle colonne di Libero, ricordandogli che Dio si è manifestato duemila anni fa: «da allora tutti desiderano vedere il suo volto e lui raggiunge la vita di chiunque, infatti ha raggiunto perfino Bocca: quel “divino capitano” continua a commuovere i cuori e a compiere segni eccezionali attraverso il “divino drappello” dei suoi amici, attraverso la Chiesa». Si sofferma poi sul fatto che gli intellettuali sono quelli che fanno più fatica ad essere uomini semplici, unica condizione per incontrarLo e seguirLo. Gli intellettuali magari, continua Socci, sono i più lucidi a intuire la bellezza di Cristo e del cristianesimo, si commuovono, ma non permettono al loro cuore di gustare questa bellezza: «Sono prigionieri del loro personaggio, delle proprie opinioni, della propria immagine di sé. Come il “giovane ricco” il quale stimava il suo patrimonio più prezioso di se stesso”. L’ego dell’intellettuale soffoca l’io». E cita Massimo cacciari, che spesso discute di cristianesimo, restando però ateo. «Crede infatti che il cristianesimo sia un “sapere” (roba che lui possiede e domina). Infatti è sempre a dar lezioni su ciò che non ha mai assaporato. Tuttavia il cristianesimo non è una teoria, ma una persona: di cui il nostro cuore si innamora». Parla di Giuliano Ferrara: si dice ateo, ma cattolico di cultura. E’ affascinato dal cristianesimo come realtà storica e dottrinale, ma sembra sfuggire ogni volta che il volto di Gesù appare troppo evidente nei suoi studi. Cita anche Massimo D’Alema, che quando incontrò Wojtyla, questi gli prese le mani e gli parlò. Da quel gesto affettuoso rimase sconvolto. E conclude: «Gli intellettuali italiani sono rimasti quasi tutti affascinati da Giovanni Paolo II. La sua eccezionalità umana ha fatto scoprire a tanti il fascino del cristianesimo. Diversi sono arrivati fin sulla soglia della Chiesa, ma poi, quasi tutti, si sono ritratti».

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    Credente
    00 09/05/2011 12:30

    Francesco Totti: «sono cattolico»

    Lo storico capitano della Roma, Francesco Totti, attraverso il suo blog personale ha ricordato la figura di Giovanni Paolo II pochi giorni prima della sua beatificazione.

    La notizia è ripresa da La Repubblica, che trascrive la parole del “pupone”: «Ero solo un bambino la prima volta che incontrai Giovanni Paolo II: si trattava di un’udienza riservata alle scuole. Avevo 8-9 anni e ero accompagnato da mia madre. Il Papa stava passando quando a un tratto si fermò e mi appoggiò una mano sulla fronte. Fu una grande emozione per me e soprattutto mi colpì il suo sguardo e la sua energia, sembrava quasi che emanasse un’aura di tranquillità, di pace”».

    Ha rivelato di avere avuto l’onore di incontrato altre volte, sia con la Roma che con la Nazionale: «E sempre l’ho trovato così, i suoi occhi gentili ed una forza d’animo assolutamente unica. Ancora oggi non posso dimenticare il giorno in cui è venuto a mancare: io mi trovavo in centro a Roma, lui era ancora vivo e San Pietro era gremito di fedeli. Decisi di passare per via della Conciliazione e proprio mentre mi trovavo all’altezza del portico di destra la radio comunicò la sua morte. A ripensarci ora mi sembra incredibile quella coincidenza ma ancora di più la commozione che mi avvolse il cuore».

    Durante un’intervista televisiva trasmessa in diretta dalla “Domenica Sportiva”, ha risposto alla domanda dell’intervistatore che gli chiedeva di dire qualcosa sulla sua fede. Poche, semplici e spontanee parole: «sono cattolico e contento di aderire a questa religione».

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    00 17/05/2011 14:52

    Il filosofo Richard Sherlock si è convertito al cattolicesimo

    Con queste parole il prof. Richard Sherlock ha cominciato il suo articolo su Catholic Online in cui annuncia pubblicamente la sua conversione: «non ho lasciato la religione o il cristianesimo. Ma ho lasciato il mormonismo. Sono diventato più profondo, più intellettuale, più spirituale e più veramente cristiana di quanto non lo sia mai stato, letteralmente. Mi sto convertendo alla Chiesa Cattolica Romana. Tutte le strade vere portano a Roma».

    L’articolo, intitolato “Perché sono cattolico“, è molto lungo e descrive il viaggio compiuto da Sherlock, docente di filosofia presso la Utah State University, ricercatore ad Harvard e membro della Society for Philosophy and Technology e della American Philosophical Association. Cresciuto in una famiglia di mormoni, da quando ha preso la sua decisione di convertirsi nell’ottobre 2010, si è accorto in realtà di aver sempre ragionato come un cattolico. Il tutto è iniziato quando è venuto a Roma con alcuni amici cattolici nel febbraio 2010 per una conferenza su Dietrich von Hildebrand. Dopo l’incontro si è svolta una messa in una «maestosa cattedrale accanto alla Pontificia Università della Santa Croce. Se i miei amici non fossero stati con me io probabilmente non vi sarei andato. Durante la messa ho sentito la potenza dello Spirito Santo, in un modo che non avevo mai sperimentato in questi anni. E’ stata una sensazione, ma era più di un sentimento. E’ stata una presa di verità, un’iluminazione, se vogliamo». Un secondo episodio importante è stata la visita nel settembre 2010 al monastero di Huntsville (Utah). Raccolto nella cappella ha trovato una copia della Bibbia di Gerusalemme. «Sono stato in profonda meditazione sul racconto della passione di Luca. Ancora una volta la stessa sensazione ricevuta a Roma, solo più forte». Il terzo avvenimento decisivo è stata una conferenza pro-life nella chiesa cattolica di “Maria Immacolata” a Cache Valley. Ascoltando padre Wade Menezes «sono stato ridotto alle lacrime. Ho cercato di nasconderlo. Ho tolto gli occhiali e ho strofinato costantemente gli occhi, come se vi fosse entrato qualcosa. Un paio di volte ho pensato di uscire dalla chiesa. L’esperienza è stata maestosa. La presenza dello Spirito Santo per me quel pomeriggio non era solo sentimento. Era e rimane un dono di verità che non è solo sentimento».

    Ognuno di questi tre eventi non era assolutamente pianificato. La conversione, dice Sherlock, «è una questione tanto di cuore quanto di testa. Il Mormonismo è tutto sentimento e quasi mai è una conversione di testa. Ma la conversione deve essere più di una semplice sensazione, la ragione è un dono prezioso Divino. Dovremmo usarla». Affronta così, all’interno dell’articolo, l’insufficienza del mormonismo: «la teologia sviluppata da Joseph Smith nel 1840 è seriamente sbagliata». E lo dimostra affrontando alcuni punti-chiave, come: la risposta alla teodicea, cioè al problema dell’esistenza del male, il fatto che Dio sia ritenuto un essere fisico/materiale e che la materia è eterna, che Dio sarebbe stato creato in qualche parte del mondo o in un universo alternativo e la non necessità dell’incarnazione di Dio.

    Sherlock invita i dubbiosi a fare il grande passo con lui, anche se sa bene che la conversione adulta di un cattolico «non può iniziare e concludersi in un breve periodo di tempo. Nel mormonismo è possibile essere battezzati in poche settimane. Nel mio caso, ho cominciato a frequentare gli incontri per i battezzandi nel mese di ottobre 2010 e spero di essere un catecumeno nel giugno 2011 e verrò accolto nella Chiesa cattolica con il battesimo, la cresima e la prima comunione a Pasqua 2012. Si deve capire l’esperienza cattolica di comunione, sacramentale, liturgica e teologica prima di prendere un vero impegno».

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    00 19/05/2011 22:10

    L’attrice Irina Sanpiter: «in Russia ci imponevano l’ateismo, ora sono cattolica»

    L’attrice russa Irina Sanpiter (1957), famosa in Italia per aver interpretato il ruolo di “Magda”, la stressata moglie di Furio, nel film Bianco, rosso e Verdone, (1980), di Carlo Verdone, ha rilasciato un’intervista al quotidiano Libero.

    L’attrice si è sempre tolta dai riflettori, anche perché a 27 anni le hanno trovato un linfonoma e ogni 23 giorni deve sottoporsi ad una trasfusione per il resto della vita. Tuttavia, dice, «ho addosso una voglia di vivere che mi fa superare ogni difficoltà. La mia missione, quando sono in ospedale, è dare speranza agli altri, perché un malato si fida solo di un altro malato». Dal successo alla malattia, il cambiamento devastante lo ha accolto «vivendolo come un segno di Dio. Non tutte le cose vengono per nuocere». Conosce infatti Tony Evangelisti, suo marito: «Matrimonio in tre. Io, lui e Dio in una chiesa, giurandoci amore mentre ci guardavamo negli occhi e ci tiravamo il riso. Il momento più emozionante della vita».

    Racconta anche l’incontro con Giovanni Paolo II: «Nel 2000 stiamo preparando il Giubileo Giovani e andiamo ad un incontro con Wojtyla per presentare il progetto. Spieghiamo che avremmo pensato di fare musica gospel. Ci guarda scuotendo la testa. “No, a me serve che i giovani si avvicinino alla Chiesa e per farlo bisogna parlare la loro lingua. Ma quale gospel? Voglio che organizziate un concerto rap!”». Raccontando invece dei suoi studi, in Russia, alla domanda se il regime comunista le avesse fatto imposizioni, dice: «L’essere atei. Tra i 64 esami universitari sono obbligata a dare anche quello di ateismo!». Più sotto ha dichiarato: «Sono stata atea fino al ’93, poi ho incontrato la prima volta Papa Wojtyla ed è cambiato tutto».

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    00 04/06/2011 09:13

    Scritto da Lorenzo Locatelli il 1 giugno 2011 ·

    Un seminarista racconta la propria vocazione, nata con
    Wojtyła alla Giornata mondiale della gioventù del 2000.

    È  il 19 agosto 2000. Sono circa 48 ore che non chiudo occhio. Ieri notte ero
    alla fermata del treno di Tor Vergata con gli altri del servizio d’ordine. Poi
    tutto il giorno sotto il sole più caldo che Roma abbia mai visto, aspettando
    con ansia l’ennesima gita all’idrante più vicino in cerca di un po’ di
    refrigerio. Il coro sta cantando ancora una volta Emmanuel, l’inno di questa XV
    Giornata mondiale della gioventù.
    Finalmente il sole tramonta. Un elicottero atterra in lontananza. È il Papa.
    La veglia di preghiera più faticosa della mia vita è iniziata.
    Comincio a lottare contro il sonno e subito mi viene in aiuto un fortissimo
    mal di testa. Concentro le energie contro la distrazione. Giovanni Paolo II
    sembra in ottima forma. Abitando a Roma le occasioni di sentirlo parlare sono
    state tante. Ricordo quella volta… che anno era? Il 1998 in piazza San Pietro
    all’incontro con i movimenti ecclesiali. È stato quello l’anno in cui ho
    incontrato don Sergio… Don Sergio! Lui sì che si gode la vita! Lui e i suoi
    della San Carlo… Ecco, di nuovo quel pensiero. Mi sono distratto un’altra
    volta. Il Papa se ne va.
    Cerco insieme agli altri un posto dove stendere il sacco a pelo. Passo la
    notte riflettendo sul fenomeno dell’escursione termica e, quando constato l’
    ormai irreversibile congelamento dei miei piedi, milioni di watt proprio sopra
    la mia testa annunciano il buon giorno con un nuovo canto: Emmanuel!
    Comincia la messa, il Papa è di nuovo tra noi. Inspiegabilmente, sarà la lieve
    brezza mattutina, riesco a stare attento e vengo letteralmente rapito dalle sue
    parole: «Se qualcuno di voi, cari ragazzi e ragazze, avverte in sé la chiamata
    del Signore a donarsi totalmente a Lui per amarlo con cuore indiviso, non si
    lasci frenare dal dubbio o dalla paura». Improvvisamente i due milioni di
    ragazzi attorno a me scompaiono. Mi sembra di essere rimasto da solo davanti a
    Giovanni Paolo II. E ancora di più: io davanti a Dio. Di colpo sono messo di
    fronte a quel pensiero che da un po’ di tempo cercavo di scacciare in tutti i
    modi. La paura però mi assale. Ma subito: «Dica con coraggio il proprio sì
    senza riserve, fidandosi di Lui che è fedele in ogni sua promessa. Non ha Egli
    forse assicurato, a chi ha lasciato tutto per Lui, il centuplo quaggiù e la
    vita eterna?».
    Una dopo l’altra crollano tutte le mie difese, i miei dubbi, le mie paure. E
    con le lacrime agli occhi desidero con tutto me stesso abbandonarmi a quell’
    Amore infinito che mi sta chiamando. Sì.
    Non credo che il Papa abbia potuto sentire quel mio sì appena sussurrato, ma
    sono certo che ora lo accompagna fino al suo compimento.
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    00 13/06/2011 23:28

    La storia di John Pridmore, da assassino ateo a benefattore cattolico

    Anche in Italia è uscito il libro “Il buttafuori di Dio. Una storia vera” (Paoline 2011) che racconta l’incredibile conversione di John Pridmore, ex criminale londinese folgorato sulla via di Damasco.

    Dopo un’infanzia difficile a causa del divorzio dei genitori, , leggiamo sul sito La Perfetta Letizia, commette una serie di piccoli crimini, dalle rapine a violenze di vario tipo, che lo portano anche ad assaggiare la galera. L’escalation continua gli spalanca le porte di un mondo all’apparenza dorato: John fa “ufficialmente” il buttafuori di una discoteca, ma spaccio di droga, pestaggi, furti e delinquenze di ogni genere gli procurano una grande ricchezza, che consuma tra donne, droga e belle macchine. Le sue uniche certezze sono la stupidità della polizia e l’inesistenza di Dio (cfr. Religion En Libertad 5/11/09).

    Un giorno, dopo aver quasi ucciso un uomo a pugni, «ho sentito la voce di Dio, della mia coscienza. Mi venne a mancare il respiro. Mi sembrava di morire, mi sentivo in preda ad una paura incredibile. All’improvviso, ebbi la sensazione che qualcuno mi avesse messo una mano sulla spalla e mi stesse sollevando. Mi sentii addolorato terribilmente per i miei crimini, per i miei peccati, ma anche pervaso da un calore incredibile e la paura svanì immediatamente. In quell’istante non solo credetti, ma capii che Dio esisteva!», racconta lui nel libro. Il passo successivo è stato di interrompere i rapporti con i boss della criminalità organizzata di Londra, togliendosi dai giri della prostituzione, del gioco d’azzardo e dalla droga.

    Dopo essere entrato nella Chiesa cattolica, ha deciso di testimoniare la sua fede in Dio attraverso opere di carità e in particolare dedicandosi ai giovani, dall’Inghilterra all’Irlanda agli Stati Uniti d’America, nelle scuole, durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia nel 2005. Hollywood sta pensando di dedicargli un film.

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    00 13/06/2011 23:32

    L’attore Pierce Brosnan parla della fede cattolica

    Il celebre attore irlandese Pierce Brosnan, noto per aver interpretato l’agente segreto 007, James Bond, ha parlato della sua fede cattolica. Nonostante le difficoltà della Chiesa irlandese a causa dei recenti scandali della pedofilia, non ha avuto remore di pronunciarsi durante un’intervista per RTÉ Ireland’s National Television and Radio.

    Ha parlato della tragica morte della moglie: «La preghiera mi ha aiutato molto durante la perdita di mia moglie a causa del cancro, e sopratutto ad accudire un bambino in questi tempi difficili. Oggi la fede mi aiuta a essere padre, attore e uomo. Mi è molto utile portare sempre una piccola preghiera in tasca. Dio è stato buono con me. La mia fede cattolica è stata determinante nei momenti di profonda sofferenza, il dubbio e la fede». L’attore ritiene anche che sia il riappropriarsi delle radici spirituali dell’Irlanda che potrà aiutare a superare la cristi economica.

    Ha parlato anche della sua travagliata infanzia, quando da povero immigrato a Londra, in una scuola pubblica, ha imparato a stare in piedi e difendere la propria identità: «Si doveva avere le palle per essere cattolici nel sud di Londra».

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    00 15/06/2011 20:31

    l' ebreo convertito dalla Vergine

    di Alberto Azzimonti

    La conversione istantanea e straordinaria di Alfonso Maria Ratisbonne. Un ebreo colto,
    libero pensatore, anticattolico, con un avvenire assicurato lascia la sua religione per
    abbracciare il cattolicesimo. Dopo una apparizione di Maria. A Roma...

    È a causa di qualche patologia psichica o solo per suggestione che un uomo di 29 anni, ebreo, laureato brillantemente in giurisprudenza alla Sorbona di Parigi, con una carriera finanziaria assicurata, prossimo al matrimonio e anticattolico dichiarato, afferma di aver visto la Madonna in una chiesa di Roma? E per questo si converte istantaneamente al cattolicesimo, noncurante delle decisa opposizione della sua famiglia e di tutto l'ambiente ebraico? Evidentemente no, c'è dell'altro.
    Nei fatti, Alphonse Ratisbonne non potè più prescindere da quella visione, tanto che i successivi 42 anni della sua vita, mai dubitando della verità di quanto accaduto, furono una continua risposta alla chiamata della Vergine Maria, dedicati totalmente alla preghiera e al servizio del prossimo.
    Alphonse Ratisbonne nasce il 1° maggio 1812 a Strasburgo da una ricca famiglia ebraica di banchieri. A sedici anni perde il padre e passa sotto la tutela dello zio materno Luigi, il quale poi lo assumerà, una volta terminati gli studi, nella banca di sua proprietà.
    Già in questo periodo l'avversione di Alphonse per la fede cattolica si manifesta ad ogni occasione, inasprendosi ulteriormente in seguito alla conversione al cattolicesimo del fratello Thèodore. Il quale verrà ordinato sacerdote nel 1830, anno in cui avvennero le apparizioni della Vergine a S. Caterina Labourè, nella cappella di Rue de Bac a Parigi.
    Anche qui vi furono una serie di apparizioni importanti per la nostra, in cui la Madre di Gesù affidò all'umile novizia, Figlia della Carità di S. Vincenzo de' Paoli, il compito di far coniare una medaglietta con sopra incisa l'immagine che Maria stessa mostrò a Caterina durante le visioni, con la scritta "Oh Maria concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a Voi". La Vergine, inoltre, si rivolse a S. Caterina dicendole: "Fa coniare una medaglia su questo modello, le persone che la porteranno benedetta al collo con fiducia riceveranno grandi grazie !"
    Questa medaglia, stampata nel 1832, fu subito denominata Medaglia Miracolosa, per il gran numero di grazie spirituali e materiali che si ottengono portandola con devozione e ripetendo spesso la giaculatoria sopra incisa.
    Don Thèodore fu un gran promotore di questa medaglia, alla cui protezione affiderà ogni giorno il fratello.
    Alphonse, intanto, fissa la data del suo matrimonio con la cugina Flore. Prima di sposarsi, però, decide di recarsi a Gerusalemme, per visitare la terra dei suoi padri. Ma a causa di una avaria alla nave che lo trasporta, è costretto a sostare alcuni giorni a Roma.
    Qui incontra il barone de Bussières, fervente cattolico e amico del fratello sacerdote.

    Sfidando l'anticlericalismo viscerale di Alphonse, una sera il barone gli dona una Medaglia Miracolosa, di cui era devotissimo. Il Ratisbonne accetta di mettersela al collo, più che altro per non dispiacere all'amico. Nel frattempo decide di prolungare di qualche giorno la sua permanenza a Roma.
    La mattina del 20 gennaio 1842 è sulla carrozza del barone de Bussières, che si sta recando alla chiesa di S. Andrea delle Fratte nei pressi di piazza di Spagna, per organizzare il funerale di un diplomatico. Anche se l'intenzione iniziale è quella di attendere in carrozza, Alphonse non resiste alla curiosità di visitare l'interno della chiesa. Non sa ancora che vi avrebbe trovato ben altro che suppellettili d'oro e qualche opera d'arte.
    Ma lasciamo il racconto di quanto accaduto allo stesso Ratisbonne: "All'improvviso mi sentii preso da uno strano turbamento e vidi scendere un velo davanti a me. La chiesa mi sembrò tutta oscura, eccettuata una cappella, come se la luce si fosse concentrata tutta là... Levai comunque gli occhi verso la luce che tanto risplendeva e vidi, in piedi sull'altare, viva, grande, maestosa, bellissima e dall'aria misericordiosa, la Santa Vergine Maria, simile, nell'atto e nella struttura, all'immagine della medaglia che mi era stata donata perchè la portassi... Alla sua presenza, benchè ella non abbia detto alcuna parola, compresi di colpo l'orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica: in una parola, compresi tutto di colpo".
    Comprese tutto, di colpo, senza esser stato istruito alla vera fede, senza avere mai letto alcun libro di religione cattolica.
    Undici giorni dopo viene ammesso al battesimo, per lui ormai indispensabile, assumendo il nome di Maria, Dopo essersi riappacificato con il fratello, decide di diventare gesuita e il 24 settembre 1848 è ordinato sacerdote.
    Nello stesso anno dell'apparizione, il Vicariato di Roma istituisce una commissione d'inchiesta per appurare l'autenticità di quanto accaduto. Dopo mesi di deposizioni e testimonianze, il cardinale Costantino Patrizi firma un decreto in cui si riconosce come "istantanea e perfetta" la conversione di Alphonse-Marie dall'ebraismo, a seguito dell'apparizione realmente avvenuta.
    Dopo alcuni anni con la Compagnia di Gesù, comprende che la sua missione è accanto al fratello Thèodore, nella Congregazione di Notre Dame de Sion da lui fondata per convertire gli ebrei al cattolicesimo.
    Lascia i gesuiti (su licenza di papa Pio IX) e si trasferisce in Terra Santa, dove muore il 6 maggio 1884 ad Ain Karin, il luogo, secondo la tradizione, della Visitazione di Maria a Elisabetta.
    I fatti narrati, documentati, riattualizzano ancora una volta le illuminazioni improvvise e destabilizzanti di Dio che, quando si manifesta (anche in modi più ordinari di quelli raccontati) trasforma sempre il cuore dell'uomo con la sua grazia, vincendone l'incredulità e l'avversione.
    Non fece eccezione AlphonseMarie Ratisbonne, che abbandonò senza indugio la religione di origine per aderire a quella che comprese essere la sola vera.
    La sua conversione fu così profonda che anche la morte non era per lui più motivo di timore, ma anzi il mezzo per poter rincontrare definitivamente la Vergine apparsa a Roma. Dichiarò, infatti, prima di morire, nonostante si sentisse peccatore: "Perchè mi tormentate con le vostre cure? La santissima Vergine mi chiama e io ho bisogno di Lei. Desidero solo Maria! Per me è tutto!".

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    00 16/06/2011 11:02

    La "geopolitica dello spirito"

    di Giorgio La Pira

    Cent'anni fa nasceva Giorgio La Pira:  un siciliano che si è saputo fare fiorentino d'elezione, interpretando con originalità la funzione universale della sua città. Ma sarebbe poco dire che La Pira è stato un grande sindaco. È stato uno dei grandi italiani del Novecento; è stato un convinto europeo (basterebbe vedere come seguiva con partecipazione la crisi francese degli anni Cinquanta) e un uomo del Mediterraneo, che aveva colto come i problemi del futuro sarebbero venuti dai rapporti con l'islam e dall'irrisolta crisi mediorientale. Non si può però tacere il fondo della sua personalità:  il suo animo di cristiano, di un uomo di fede e di preghiera profonda. Credeva nella forza della preghiera come scrive a proposito dei monasteri di clausura:  "Queste forze invisibili e nascoste, di radice, sotterranee - ignorate dal mondo - sono le forze immense della Chiesa..." - così scrive nel 1958 in una delle tante lettere inedite inviate a Pio XII (che saranno pubblicate nel corso del 2004 in Beatissimo Padre..., Lettere a Pio XII, a cura di Isabella Piersanti e di chi scrive, per le edizioni Mondadori).
     
    Il sindaco di Firenze pensava che, nella vita spirituale e in quella della Chiesa, ci fosse una capacità di attrazione profonda verso chi è lontano o stretto da una logica materiale. Questa forza di attrazione della Chiesa era talvolta sottovalutata o non compresa dai credenti. Il suo sogno era che la Chiesa fosse un segno di unità e di pace nel mondo:  "Questo vessillo di pace non è, forse, un vessillo che ha sui popoli un'attrazione immensa?" - si chiedeva scrivendo nel 1955 a Pio XII.
    Per lui, il mondo comunista aveva fatto della pace un monopolio della propria propaganda. Era un equivoco da sfatare. La pace riguardava la Chiesa ed era uno dei temi del magistero a cominciare da Papa Pacelli. Il sindaco di Firenze sottolinea, amaramente, come il messaggio di pace del Papa non sia seguito o ripreso dai cattolici e dalle loro organizzazioni. La Chiesa aveva invece un grande compito.
     
    Il sogno di La Pira (Laico Domenicano) era che la forza attrattiva della Chiesa rinvigorisse le differenti identità nazionali e facesse trovare a ciascuna il suo ruolo nella costruzione della civiltà. In fondo La Pira credeva - come dice - a una "teleologia" delle nazioni, che cioè esse avessero un fine e una funzione storica da perseguire. Aveva una teologia delle nazioni (lo si sente quando parla dell'Italia, della Francia, della Russia...); in questo, per certi aspetti, ricorda quel pensiero che si trova nel magistero di Giovanni Paolo II. La forza di attrazione della Chiesa aveva una funzione decisiva nel ridare anima alle nazioni di tradizione cristiana, nel costruire un rapporto profondo con i paesi musulmani, nel dare identità ai paesi usciti dalla decolonizzazione o sulla soglia di essa, ma anche nel creare un ponte con i popoli sotto dominio sovietico.
    Senso della storia, visione spirituale, fine intuito politico, contatto franco con gli uomini, generano una "geopolitica dello spirito" di Giorgio La Pira destinata a vedere lontano. Così avvenne per la crisi mediorientale, per cui predicava il necessario contatto tra israeliani e mondo arabo (in larga parte immerso in un massimalismo antiisrealiano). Per la Francia vedeva in De Gaulle l'uomo che avrebbe potuto salvare il paese dalla decadenza. Era convinto dell'inutilità della guerra francese contro il movimento nazionalista algerino. Per il mondo comunista credeva in una politica di negoziato e nella necessità di attrarre i popoli dell'Est verso l'Europa (in particolare i polacchi e i russi). Bisognava cogliere e orientare le correnti profonde della storia. Era la funzione dei cristiani in politica, della Chiesa e del papato in un modo tutto particolare.
     
    La Pira aveva colto l'importanza della decolonizzazione e sentiva la crisi dei paesi europei. Pensava che, riscoprendo il proprio humus cristiano, gli Stati europei potessero ritrovare uno spazio nel mondo. Infatti credeva fermamente nella funzione dell'Europa sulla scena internazionale, verso l'Est dominato dai sovietici, verso il Sud del mondo.
    Tra grandi intuizioni geopolitiche, Giorgio La Pira non era però un visionario astratto dalla vita concreta. Lo si incontrava per le vie di Firenze; amava il colloquio personale e anche l'incontro con i giovani. Ma c'era in lui soprattutto una passione cristiana per "la povera gente". L'incontro con i poveri, a partire dalla Messa alla Badia fiorentina, era usuale nella sua vita. E, nel quotidiano, si rendeva conto della disperazioni della povera gente stretta nella vita difficile dell'Italia della ricostruzione.
     
    Da qui nasceva l'intervento personale di solidarietà, ma anche una riflessione ambiziosa su come lo sviluppo economico potesse favorire i meno fortunati. Scrive nel 1951:  "A che serve un bilancio in pareggio se non è in pareggio la vita?". Conosciamo bene le riserve di Luigi Einaudi o di don Sturzo nei confronti delle visioni economiche lapiriane. Tuttavia il sindaco di Firenze non fu un economista, ma - come ha scritto Piero Roggi - suscitò e dette un notevole contributo al dibattito di quegli anni nella nuova società che si andava costruendo. Con L'attesa della povera gente si fece carico delle istanze tradizionali della dottrina sociale della Chiesa ma, allo stesso tempo, tentò ragionamenti e politiche in maniera laica, provando ad inserire il problema del lavoro e della disoccupazione come questione centrale nelle scelte economiche.
    La Pira, con una visione larga per un politico del suo tempo, ha saputo pensare insieme il locale, il nazionale con l'internazionale. Basterebbe riflettere su come la sua eredità, dopo tanti anni, rappresenti per Firenze uno dei maggiori titoli di notorietà internazionale, almeno per i tempi recenti. Il sindaco, già negli anni Cinquanta, aveva intuito che il mondo della guerra fredda andava verso inediti sviluppi. La politica internazionale doveva percorrere nuove vie:  "L'edificazione della pace fra le nazioni esigerà sempre più strumenti inediti, assolutamente nuovi e luminosi, di azione" - scrive a Fanfani nel 1958 -. Il negoziato e il dialogo sono le strade da percorrere in un mondo bipolare sotto cui si nasconde, in realtà, una comunità internazionale articolata e con spinte diversificate più di quanto sembri, come scrive sempre a Fanfani:  "Questa volontà di trattare, di risolvere, di stare al reale è un dato fondamentale di cui bisogna tener conto come premessa di ogni azione". Il dialogo e il negoziato divengono la base di una società internazionale che, nonostante la guerra fredda, sta allargando inevitabilmente il numero e le categorie dei suoi protagonisti.
    La visione internazionale di Giorgio La Pira è stata spesso considerata utopica e da sognatore. Capita innanzi alle grandi visioni; avviene quando si riduce la politica alla gestione del contingente. Già nel 1966, più di vent'anni prima della caduta del Muro di Berlino, il sindaco scriveva che il futuro "conduce alla unità e pacificazione di tutta l'Europa (tutta:  dall'Atlantico agli Urali)...". Quando, più di dieci anni dopo, Giovanni Paolo II, divenuto Papa, avrebbe parlato del suo sogno di una grande Europa unita tra Est ed Ovest, non furono pochi quelli che lo considerano un illuso di fronte alla realtà della guerra fredda. Quella di La Pira non era solo una speranza, ma pure la percezione delle correnti profonde della storia.
    Le visioni di La Pira si radicano, non solo in una fede solida, ma anche nella conoscenza appassionata di uomini e di popoli. E, soprattutto, si nutrono di coraggio anche nello sfidare la prepotenza della banalità di tutti i tempi, talvolta così arrogante. In questo senso egli fu un grande democratico anche in tempi difficili in cui è difficile esserlo:  negli anni del fascismo, di fronte al comunismo, nei confronti dei tanti autoritarismi... Eugenio Garin, alcuni anni fa, ricordava un dibattito nel 1943 in cui si discuteva della religione di Gentile, espressione - scrive questo studioso laico - delle "posizioni politiche dominanti, che mentre si dichiaravano religiose, cristiane e cattoliche, accettavano il razzismo, la violenza e la guerra". Allora La Pira, si alzò e, nonostante il conformismo fascista e di non pochi cattolici, definì con tre no "risoluti e equilibrati" la filosofia di Gentile come "non religiosa, non cristiana, non cattolica". Garin conclude a proposito di La Pira:  "Solo chi faccia lo sforzo di ritrovare quei tempi, e quelle sofferenze, potrà anche comprendere quella consapevolezza operosa di umanità comune, quegli incontri fra uomini di tutte le razze e di tutte le fedi, quella ricerca di pace sulla terra, quel bisogno di fraternità e di giustizia che restano punti luminosi dell'opera di La Pira". Non ci si può non ritrovare nelle parole dello studioso fiorentino. Questo è stato La Pira:  un grande laico italiano, apprezzato dai Papi (da Pio XII e in particolare da Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II), che con sguardo cristiano viveva in un mondo che già sentiva globalizzato, almeno nell'unità di destini.

    ANDREA RICCARDI



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    00 12/07/2011 22:55

    Andrè Frossard: da ateo a cattolico

    Domani sarà l’anniversario del battesimo che volle ricevere il giornalista e saggista André Frossard subito dopo la sua conversione improvvisa. Figlio del fondatore del partito comunista francese, membro di alto livello dell’Académie française, leader del Partito comunista, Frossard era ateo dichiarato e cresciuto senza alcun tipo di educazione religiosa.

    Nel suo libro autobiografico “Dio esiste, io l’ho incontrato“, scritto trent’anni dopo i fatti (perché temeva di non essere creduto) racconta di non essere mai stato sfiorato dal problema di Dio: per sua stessa ammissione non credeva a niente e se avesse creduto all’esistenza di una verità i preti sarebbero stati gli ultimi ai quali sarebbe andato a chiederla. Riteneva la religione qualcosa di un’epoca antica.

    A circa vent’anni, l’8 luglio 1935, accompagnò un amico in una chiesetta di Parigi e lo attese fuori. Non vedendolo tornare, decise di entrare e sostò casualmente davanti al Santissimo Sacramento. L’autore racconta di aver udito distintamente le parole “C’è un’altra vita, c’è un altro mondo”, come sussurrate da una presenza invisibile. La conversione fu fulminea, arrivando di colpo alla certezza dell’esistenza di un ordine nell’universo, alla cui sommità c’è Dio. L’intellettuale non riuscì mai a capacitarsi di quanto gli accadde, sopratutto quando, dopo aver ricevuto i rudimenti del catechismo -essendo lui completamente a digiuno-, si accorse di conoscere praticamente già tutto, senza che nessuno gliel’avesse insegnato. Uscito dalla chiesa disse all’amico: «Sono cattolico, apostolico, romano…Dio esiste ed è tutto vero». In seguito anche la madre (protestante) e la sorella si convertirono al cattolicesimo. La conversione procurò grande imbarazzo al padre, a causa dell’importante incarico politico. La società improvvisamente si disinteressò di lui, al di fuori del suo migliore amico, Willemin. Frossard divenne molto amico di Giovanni Paolo II.


    Dio esiste. Io l'ho incontrato

     

    L'esperienza di André Frossard (1915-1999), figlio del segretario

    del Partito Comunista Francese, giornalista e scrittore)

     

    Mentre spingevo il cancello di ferro del convento io ero ateo. L'ateismo assume molte forme. C'è un ateismo filosofico che assimila Dio alla natura, rifiuta di attribuirgli una personalità propria e cerca ogni soluzione nell'intelligenza umana; niente è Dio, tutto è divino. L'ateismo scientifico scarta l'ipotesi di Dio e tenta di spiegare il mondo con le sole proprietà della materia di cui non ci si deve chiedere l'origine. L'ateismo marxista è ancora più radicale: non si limita a negare Dio, ma, se per caso si facesse vivo, lo metterebbe alla porta, poiché la sua presenza inopportuna sarebbe d'ostacolo al libero gioco della volontà umana. Esiste anche un genere di ateismo largamente diffuso, che io conosco bene perché era il mio: l'ateismo stupido. Questo ateismo non si pone domande. Trova naturale stare una palla di fuoco ricoperta da un sottile involucro fango secco, che ruota a velocità supersonica su se stessa e intorno a una sorta di bomba a idrogeno, trascinata nel movimento rotatorio di miliardi di lampioncini la cui origine è un enigma e la cui destinazione è ignota. Mentre varcavo quella porta ero l'ateo che ho descritto, lo ero ancora all'interno della cappella. Nel gruppo dei fedeli, in controluce, vedevo solo delle ombre, tra cui non riuscivo a distinguere il mio amico; una sorta di sole splendeva in fondo all'edificio: non sapevo che fosse il Santissimo Sacramento. Nessuna pena d'amore mi tormentava, anzi, quella sera dovevo avere un incontro con una nuova fiamma. Non ero preoccupato, non ero curioso. La religione era una vecchia chimera, i cristiani una specie attardata lungo il cammino dell'evoluzione: la storia si era pronunciata per noi, per la sinistra, e il problema di Dio era stato risolto in senso negativo da almeno due o tre secoli. Nel nostro ambiente, la religione sembrava talmente superata che eravamo anticlericali solo in campagna elettorale. E' allora che è accaduto l'imprevedibile. In seguito, si è voluto a ogni costo farmi ammettere che la fede operava in me fin dall'inizio, che vi ero preparato a mia insaputa, che la mia conversione è stata solo la presa di coscienza repentina di una disposizione mentale che da molto tempo mi destinava a credere. E' un errore. Se c'era una predisposizione in me, era proprio all'ironia nei confronti della religione e se una sola parola poteva definire la mia disposizione mentale, il termine più adatto era indifferenza. Lo vedo ancora oggi, il ragazzo di vent'anni che ero allora, non ho dimenticato lo stupore che si impadronì di lui quando, dal fondo di quella cappella, priva di particolare bellezza, vide sorgere all'improvviso davanti a sé un mondo, un altro mondo di splendore insopportabile, di densità pazzesca, la cui luce rivelava e nascondeva a un tempo la presenza di Dio, di quel Dio, di cui, un istante prima, avrebbe giurato che mai era esistito se non nell'immaginazione degli uomini; nello stesso tempo era sommerso da un'onda, da cui dilagavano insieme gioia e dolcezza, un flutto la cui potenza spezzava il cuore e di cui mai ha perso il ricordo, nemmeno nei momenti più cupi di una vita investita più di una volta dall'orrore e dalla disgrazia; non ha altro compito, da allora, che quello di rendere testimonianza a questa dolcezza e a questa straziante purezza di Dio che quel giorno gli ha mostrato per contrasto di che fango era fatto. Mi chiedete chi sono? Posso rispondervi: sono un composto alquanto torbido, intriso di nulla, di tenebre e di peccato, che per una forma insinuante di vanità potrebbe attribuirsi più tenebre di quanto sia possibile contenere e più peccati di quanto sia possibile commettere; per contro, la mia parte di nulla è indiscutibile, è la mia sola ricchezza, lo so, è come un vuoto infinito offerto all'infinita generosità di Dio. Questa luce, non l'ho vista con gli occhi del corpo, poiché non era quella che ci rischiara o ci abbronza: era una luce spirituale, cioè una luce maestra, era quasi la verità allo stato incandescente. Ha definitivamente capovolto l'ordine abituale delle cose. Potrei addirittura dire che, da quando l'ho intravista, per me non esiste che Dio e tutto il resto non è che un'ipotesi. Mi hanno detto tante volte: " Dov'è finito il suo libero arbitrio? Sembra proprio che di lei si possa fare quel che si vuole. Suo padre è socialista, e lei diventa socialista. Entra in una chiesa, e diventa cristiano. Se fosse entrato in una pagoda, sarebbe buddista e se fosse entrato in una moschea sarebbe musulmano ". Al che mi permetto talvolta di rispondere che mi succede di uscire da una stazione senza per questo essere un treno. Quanto al mio libero arbitrio posso affermare di averne disposto soltanto dopo la mia conversione, quando ho capito che solo Dio era in grado di salvarci da tutte le forme di asservimento a cui, senza di lui, saremmo inesorabilmente condannati. Insisto. Fu un'esperienza oggettiva, fu quasi un esperimento di fisica, e io non ho da trasmettervi niente di più prezioso di questo messaggio: al di là, o meglio attraverso il mondo che ci circonda e di cui facciamo parte, esiste un'altra realtà, infinitamente più concreta di quella a cui generalmente facciamo credito, e questa realtà è quella definitiva, dinanzi alla quale non ci sono più domande.

    (da A. Frossard, Dio. Le domande dell'uomo, Piemme, Casale Monferrato 1990)


    [Modificato da Credente 13/04/2016 12:49]
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    Coordin.
    00 25/08/2011 09:12
    La testimonianza di Magdi Cristiano Allam

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    Credente
    00 18/10/2011 23:04

    Lo scrittore R.J. Stove racconta la conversione cattolica dopo l’ateismo

    Lo scrittore ed editorialista australiano Robert James Stove ha recentemente reso pubblica la sua conversione al cattolicesimo avvenuta nel 2002. L’intellettuale è figlio del prominente ateo e filosofo della scienza David Stove, morto suicida nel 1994.

    Nello scritto RJ Stove racconta di aver ricevuto un’educazione tranquilla anche se completamente atea: «mio padre, filosofo e polemista politico, cadde durante i suoi anni universitari sotto l’incantesimo del guru dell’ateismo militante John Anderson». Cresciuto in questo ambiente, lo scrittore spiega: «il cattolicesimo per la mia famiglia aveva due caratteristiche negative: in primo luogo era ritenuto volgare, in secondo luogo, totalitario. Per quanto riguarda il primo aspetto: i cattolici che conoscevamo avevano generalmente cognomi irlandesi e solitamente votavano per il partito laburista australiano. Questo era il peggiore peccato agli occhi dei miei genitori. Per quanto riguarda il secondo aspetto: mi avevano indotto pesantemente nella convinzione che il cattolicesimo era il tradimento filosofico, il più letale nemico del libero pensiero. Una volta cresciuto ho ovviamente abbattuto questo spauracchio senza eccessive difficoltà, ma sarei bugiardo se minimizzassi l’impatto che ebbe su di me questa convinzione giovanile». Un ordine monastico femminile, le Suore di Maria di Schoenstatt, costruì tuttavia una casa religiosa accanto alla famiglie Stove: «mio papà, con notevoli rischi fisici per se stesso, ogni anno saliva sui pini per tagliare dei rami che donava al convento per usarli come alberi di Natale. L’opposizione teorica dei miei genitori verso il cattolicesimo venne sempre più modificata da considerazioni del tipo: “Oh, certo, quando diciamo che i cattolici sono nemici del libero pensiero, non intendiamo voi”». La gratuita bontà di queste religiose «ha modificato non solo i pregiudizi dei miei genitori, ma anche la mia. Tuttavia mio padre certamente, e mia madre, probabilmente, pensavano che la bontà delle suore non aveva nulla a che vedere con la loro fede. In qualche modo le monache erano buone, nonostante la loro fede».

    Ma a questa insolita amicizia lui ha reagito in modo più maturo: «Quando la possibilità di convertirmi al cattolicesimo divenne un pensiero reale, rimasi scoraggiato dall’immensità degli insegnamenti ricevuti. Trascorsi il tempo sull’Assunzione di Maria, la giustificazione per le opere così come la fede e altri concetti che tradizionalmente infastidiscono i non cattolici. Tuttavia debolmente e in maniera inadeguata, avevo imparato abbastanza la storia cattolica per capire che il cattolicesimo o era il più grande imbroglio della storia umana oppure era ciò che esso stesso diceva di essere. Per anni sono stato convinto che il cattolicesimo avrebbe avuto lo stesso impatto sulla mia mente di quello di un fiammifero acceso su una fabbrica di polvere da sparo. Se avessi saputo che era vero il contrario, non avrei mai esitato così a lungo. Conoscere genuini laici cattolici è stato per me un aprire gli occhi».

    Stove passa a raccontare della morte dei genitori: La madre, alcolista e fumatrice accanita, rimase vittima di un infarto. La sofferenza della moglie ha portato anche suo padre ad essere ricoverato in ospedale e in quel periodo, il prestigioso filosofo della scienza, ha rielaborato tutto il suo ateismo, «tutte le sue convinzioni, i suoi testi sacri, i suoi martiri, la sua chiesa militante, tutti i suoi macchinari intellettuali. Tutte queste cose, trasformate in polvere». Rifugiatosi nell’alcool, racconta il figlio, minacciava se stesso e gli altri e attaccava gli infermieri dell’ospedale per la loro scarsa conoscenza di Socrate e Cartesio. «E lo vidi piangere come un bambino. Di tanto in tanto si aggirava intorno al reparto in una disperazione confusa. L’ultima volta che l’ho visitato l’ho trovato, con mia grande sorpresa, immerso nella lettura di un piccolo brano della Bibbia». Uno psichiatra trovò il modo di lasciarlo uscire dall’ospedale: «entro 24 ore papà si era impiccato nel suo giardino». Era il giugno 1994.

    Da quel momento le grandi domande della vita avvolsero RJ Stove, dando «un colpo mortale a tutta la casa di carte che costituiva la mia atea visione personale. Questa è la storia dei prossimi otto anni, fino al mio battesimo dell’11 agosto 2002», scrive. In questo periodo «ho letto soprattutto riviste, così come testi di catechesi, a volte intere biografie di santi e di eroi cattolici. Anche se ho letto Chesterton, Belloc, Waugh, Christopher Dawson, Fulton Sheen, Frank J. Sheed e Arnold Lunn, il volume più importante per me (e ringrazio Dio per il sacerdote che, essendo stato informato della mia esistenza da alcuni miei amici, me l’ha portato), è stato “Chats with Converts” di Fr. M. Forrest». Parallelamente cominciava a muovere i primi passi nella scrittura e «quando ho studiato la battaglia di Lepanto e la storia dei martiri nell’era elisabettiana, non potevo più rimandare l’ingresso nella Chiesa cattolica. In onore del Papa che tanto aveva fatto per rendere possibile Lepanto, così come il suo omonimo del ventesimo secolo così vilmente calunniato come il “Papa di Hitler”, ho scelto Pio come nome di battesimo».

    Il racconto si sofferma su alcuni effetti collaterali della conversione, come l’abbandono del credo politico e la separazione dal think-tank politico in cui lavorava «che considerava il cattolicesimo solo con disgusto», la difficoltà nella preghiera e anche la commozione verso la musica liturgica della Chiesa cattolica. Torna a riflettere: «Gli anti-cattolici spesso accusano il cattolicesimo di limitare la vita intellettuale. Io non l’ho trovato così. E’ vero che la vita intellettuale cattolica non ha lo scopo di contribuire alla scrittura di romanzi pornografici o ideare una sceneggiatura per un video di Britney Spears, ma per la mia vita non riesco a vedere nessuna privazione». E ancora: «Non sarà sfuggito che il mio ingresso nella Chiesa cattolica è coinciso con l’emergere dell’attacco mediatico alla Chiesa per i “preti pedofili”. In primo luogo, non mi sono mai illuso supponendo che i sacerdoti fossero liberi dal peccato originale. In secondo luogo, sapevo che chi urlava più forte contro essi per essere pervertiti erano gli stessi individui che consideravano “ok” ogni perversione praticata dagli anti-cattolici».

    Stove chiude infine rivolgendo un pensiero ad ogni ateo ancora esitante sull’orlo della conversione: «Informatevi su ciò che i cattolici sostengono effettivamente, non basandosi su quello che i loro nemici giurati immaginano che i cattolici debbano sostenere. Quante deviazioni avrei potuto risparmiare a me stesso se qualcuno mi avesse scritto questo a me».

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