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Storia e attività del Cammino Neocatecumenale

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    00 23/01/2010 18:38

    A cura di Ezechiele Pasotti


    Nel 1964, Francisco (Kiko) Argüello, un pittore nato a León (Spagna), e Carmen Hernández, laureata in chimica e formatasi nell'Istituto Misioneras de Cristo Jesús, si incontrano tra i baraccati di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid. Dopo tre anni, in questo ambiente composto soprattutto da poveri, si forma una sintesi kerigmatico-catechetica che, sostenuta dalla Parola di Dio, dalla Liturgia e dall'esperienza comunitaria, e sulla scia del Concilio Vaticano II, diventerà la base di ciò che il Cammino Neocatecumenale porterà in tutto il mondo.


    Dalle baracche l'esperienza passa presto ad alcune parrocchie di Madrid e di Zamora. Nel confronto, al quale fu sottomessa la sintesi kerigmatico-catechetica formatasi tra i baraccati di Palomeras Altas, presto si vide come nelle parrocchie soprattutto benestanti le catechesi erano usate per "sopravvestirsi", come conferenze, non come un cammino di conversione e di "kenosis", dove far morire a poco a poco l'uomo vecchio, per poter essere rivestiti della nuova creazione nello Spirito Santo.

    Così gradualmente venne apparendo il Battesimo, come cammino da percorrere per arrivare a una fede adulta, capace di rispondere ai cambiamenti sociali che si stavano verificando.

    Ben presto apparve la necessità di fare una prima riflessione sull'esperienza di ciò che stava accadendo, di ciò che il Signore stava compiendo in quelle comunità. Nell'aprile del 1970, a Majadahonda, nei pressi di Madrid, gli iniziatori del Cammino, Kiko e Carmen, insieme ai responsabili, presbiteri e qualche parroco delle prime comunità esistenti, si riunirono per fare una prima riflessione su ciò che lo Spirito Santo stava attuando in mezzo a loro. Si preparò un questionario con una domanda base: Che cosa sono queste comunità che stanno sorgendo nelle parrocchie?

    Dopo tre giorni di preghiera e di lavoro si giunse, all'unanimità, a questa riposta:


    Che cos'è la Comunità

    - La comunità è la Chiesa: che è il Corpo visibile del Cristo risorto. Nasce dall'annuncio della "Buona Novella" che è Cristo, vincitore in noi di tutto quello che ci uccide e distrugge.

    - Questo annuncio è apostolico: unità e dipendenza dal Vescovo, garanzia della verità e della universalità.

    - Siamo chiamati da Dio a essere sacramento di salvezza all'interno dell'attuale struttura parrocchiale; inizia un cammino verso la fede adulta, attraverso un Catecumenato vissuto mediante il tripode: Parola di Dio, Liturgia e Comunità.


    Missione di queste comunità nell'attuale struttura delle Chiese

    - Rendere visibile un nuovo modo di vivere oggi il Vangelo, tenendo presente le profonde esigenze dell'uomo e il momento storico della Chiesa.

    - Aprire un cammino. Chiamare a conversione.

    - Non si impongono. Sentono il dovere di non distruggere niente, di rispettare tutto, presentando il frutto di una Chiesa che si rinnova e che dice ai suoi Padri che sono stati fecondi, perché da essi sono nate.

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    00 23/01/2010 18:40

    Come si realizza questa missione

    - Queste comunità sono nate e desiderano rimanere dentro la Parrocchia, con il Parroco, per dare i segni della fede: l'amore e l'unità. "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli" (Gv 13,34-35). "Padre, io in essi e tu in me; affinché siano perfettamente uno e il mondo sappia che tu mi hai mandato" (Gv 17,23). L'amore nella dimensione della Croce e l'unità sono i segni che creano gli interrogativi necessari perché si possa annunciare Gesù Cristo (...).


    Al termine della convivenza venne l'allora Arcivescovo di Madrid, che già aveva conosciuto l'esperienza delle baracche e aveva invitato a portarla nelle parrocchie. Gli venne letta la riflessione maturata durante l'incontro. L'Arcivescovo, dopo averla ascoltata, esordì dicendo: "Se l'avessi scritta io, sarebbe la pagina più bella della mia vita".

    Alcuni anni più tardi, quando il Cammino era già diffuso in molte parrocchie di Roma e in varie diocesi d'Italia, gli iniziatori furono chiamati dalla Congregazione del Culto divino, perché volevano sapere in che cosa consisteva quell'itinerario di riscoperta del Battesimo e i riti che facevamo. L'allora Segretario della Congregazione, Mons. Annibale Bugnini, e il gruppo di esperti che erano con lui, rimasero enormemente impressionati nel vedere che ciò che stavano elaborando da alcuni anni sul catecumenato per gli adulti - e che presto sarebbe stato pubblicato come "Ordo Initiationis Christianae Adultorum" (OICA) -, lo Spirito Santo, partendo dai poveri, lo stava già mettendo in opera. Dopo due anni di studio di ciò che le comunità facevano, pubblicarono nella rivista ufficiale della Congregazione (Notitiae), in latino, per tutta la Chiesa, una nota laudatoria: "Praeclarum exemplar" dell'opera che stava svolgendo il Cammino neocatecumenale . Con loro si concordò il nome da dare al Cammino: "Neocatecumenato", come itinerario di formazione cristiana post-battesimale che segue le indicazioni proposte nel Capitolo IV dello stesso Ordo. In esso si dice infatti che alcuni riti per i non battezzati, proposti dall'OICA possano essere adattati anche a coloro che sono già battezzati, ma non sufficientemente catechizzati.



    Insieme a questi momenti salienti della storia del Cammino, va ricordata la caratteristica di fondo che lo costituisce e che lo Statuto riconosce: la possibilità di vivere la vita cristiana in comunità, recuperando il modello ecclesiale dei primi secoli.

    Il Cammino neocatecumenale si è proposto, sin dal suo sorgere, come un cammino di iniziazione alla fede: non è una spiritualità particolare, ma un cammino di gestazione, "un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni" (Giovanni Paolo II, Lettera "Ogniqualvolta").

    È un processo di maturazione alla fede che ricostruisce la comunità cristiana: e questa diventa segno per il mondo, resiste al processo di secolarizzazione. In questo cammino di fede verso la radicalità del proprio Battesimo diventa centrale la comunità cristiana e, come nucleo fondamentale di essa, la famiglia. È in seno ad una comunità cristiana concreta che si fa, in prima persona, un'esperienza viva e diretta della vita cristiana. Si riceve una parola, che si fa liturgia, che cresce, poco a poco, in koinonia, in comunità. Dio stesso è comunità di persone.


    Molti sono stati i doni dello Spirito che hanno caratterizzato lo sviluppo del Cammino, in particolare i Catechisti itineranti, le Famiglie in missione, i Seminari "Redemptoris Mater".

    Vari Vescovi, preoccupati per la situazione di secolarizzazione presente in tante parrocchie, vedendo che in quelle parrocchie dove era nato il Cammino Neocatecumenale si costituivano delle piccole comunità vive, piene di lontani, hanno sollecitato di poter aprire lo stesso percorso di iniziazione cristiana, chiedendo catechisti da altre città e nazioni. Ciò ha dato luogo alla nascita dei Catechisti itineranti. Negli incontri dei catechisti si espongono queste richieste dei Vescovi e si invitano liberamente coloro che si sentono chiamati partire per annunziare il Vangelo a rendersi disponibili a tale missione, in base al mandato del proprio battesimo. Appare così di nuovo un modello di Chiesa primitiva evangelizzata da apostoli e catechisti itineranti, senza che questi formino nessun gruppo particolare. Essi restano inseriti nelle proprie comunità e parrocchie, dalle quali partono e alle quali ritornano periodicamente.


    Così, a poco a poco, attraverso l'esperienza e in tante convivenze di formazione, si sono costituite équipes itineranti di evangelizzazione, formate da donne e uomini celibi, o da coppie, e da un sacerdote che ottiene il permesso dal proprio Vescovo o dal proprio Superiore religioso. Esse vanno durante un tempo in un'altra diocesi, d'accordo con il Vescovo che li chiama, ad aprire il Cammino Neocatecumenale nelle parrocchie. Detta struttura di evangelizzazione, come un'impalcatura, è coordinata dall'Équipe responsabile del Cammino Neocatecumenale, composta dagli iniziatori, Kiko e Carmen, e da un presbitero, Padre Mario Pezzi. Così, nell'arco di questi anni, il Cammino si è esteso nei 5 continenti.


    Di fronte alla situazione del Nord Europa, dove la secolarizzazione dura ormai da molti anni, la Chiesa si va riducendo e si trova in una situazione di debolezza estrema - soprattutto è distrutta la famiglia -, ispirati dalle parola del Santo Padre, Kiko e Carmen hanno visto la necessità di inviare famiglie in missione, sia per fondare la chiesa in alcune zone di "terra nullius", come una "implantatio Ecclesiae", sia per aiutare a rafforzare le comunità esistenti con famiglie che mostrino il volto di una "famiglia cristiana".


    Anche nell'America del Sud, a causa dell'enorme emigrazione dalle campagne verso le periferie delle grandi città e della scarsità del clero per aprire nuove parrocchie, questi enormi agglomerati urbani sono preda delle sette. I vescovi, vista la forza di evangelizzazione che ha il Cammino, hanno chiesto l'invio di famiglie in questi centri periferici, spesso baraccopoli immense, per formare nuclei di evangelizzazione che possano contenere le sette, formando piccole comunità, nell'attesa di poter inviare un presbitero e fondare nuove parrocchie.


    Tutto ciò ha fatto sì che il Santo Padre Giovanni Paolo II nell'anno 1988 inviasse le prime cento famiglie in molte Diocesi, i cui Vescovi ne avevano fatto richiesta.

    Queste famiglie, che restano unite alla propria comunità neocatecumenale, inserita nella parrocchia, sono sostenute dalla stessa comunità e dalla parrocchia per ciò che si riferisce a spese di viaggi, affitto delle case, costruzione di nuove chiese, sostegno morale, lettere, preghiere, ecc. Nasce così una proficua collaborazione fra comunità, parrocchia e missione.

    Dall'opera di evangelizzazione, iniziata dalle famiglie in diverse zone, è apparsa ben presto la necessità di presbiteri che sostenessero le nuove comunità appena formate e con cui si potessero costituire eventuali nuove parrocchie.

    In questo contesto sono nati i Seminari "Redemptoris Mater": grazie alla visione profetica degli iniziatori del Cammino, al coraggio del Papa Giovanni Paolo II e allo slancio missionario delle famiglie in missione, quasi tutte con molti figli. Fondamentale per la rievangelizzazione e formazione di nuove parrocchie è stata proprio la testimonianza di fede dei figli di queste famiglie.


    Questi Seminari sono diocesani, eretti dai Vescovi, in accordo con l'Équipe Responsabile internazionale del Cammino, e si reggono secondo le norme vigenti per la formazione e l'incardinazione dei chierici diocesani; sono missionari: i presbiteri che in essi vengono formati, sono disponibili ad essere inviati dal Vescovo in ogni parte del mondo; sono internazionali: i seminaristi provengono da paesi e continenti diversi, sia come segno concreto della cattolicità, sia come segno di disponibilità ad essere mandati ovunque.

    Ma il dato più significativo di questi Seminari è che essi, da un parte, sono un dono che aiuta le Diocesi ad aprirsi alla missionarietà, ad andare in tutto il mondo e, dall'altra, trovano nel Cammino Neocatecumenale, un sostegno che accompagna i seminaristi durante il tempo della loro preparazione e, divenuti presbiteri, continua a sostenerli nella formazione permanente.

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    00 21/03/2016 11:10
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    Papa Francesco:
    il Cammino Neocatecumenale è un dono. 

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    Papa Francesco ha incontrato stamani nell’Aula Paolo VI in Vaticano circa 7 mila persone appartenenti al Cammino Neocatecumenale in occasione dell’invio di 56 missio ad gentesformate da circa 270 famiglie con oltre 1.500 figli: 14 missioandranno in Asia; 30 in Europa; 6 in Africa; 4 in Oceania e 2 in America.

    “Sono contento di incontrarvi e vi ringrazio – ha esordito il Papa dopo il saluto di Kiko Argüello, uno degli iniziatori del Cammino Neocatecumenale - perché siete venuti così numerosi. Un saluto speciale a quelli che stanno per partire! Avete accolto la chiamata ad evangelizzare: benedico il Signore per questo, per il dono del Cammino e per il dono di ciascuno di voi. Vorrei sottolineare tre parole che il Vangelo vi ha appena consegnato, come un mandato per la missione: unitàgloria e mondo”.

    “Unità. Gesù - ha proseguito - prega il Padre perché i suoi siano «perfetti nell’unità» (Gv17,23): vuole che siano tra loro «una sola cosa» (v. 22), come Lui e il Padre. È la sua ultima richiesta prima della Passione, la più accorata: che ci sia comunione nella Chiesa. La comunione è essenziale. Il nemico di Dio e dell’uomo, il diavolo, non può nulla contro il Vangelo, contro l’umile forza della preghiera e dei Sacramenti, ma può fare molto male alla Chiesa tentando la nostra umanità. Provoca la presunzione, il giudizio sugli altri, le chiusure, le divisioni. Lui stesso è “il divisore” e comincia spesso col farci credere che siamo buoni, magari migliori degli altri: così ha il terreno pronto per seminare zizzania. È la tentazione di tutte le comunità e si può insinuare anche nei carismi più belli della Chiesa".

    "Voi avete ricevuto un grande carisma, carisma per il rinnovamento battesimale della vita. Si entra nella Chiesa per il Battesimo. Ogni carisma è una grazia di Dio per accrescere la comunione. Ma il carisma può deteriorarsi quando ci si chiude o ci si vanta, quando ci si vuole distinguere dagli altri. Perciò bisogna custodirlo. Custodite il vostro carisma. Come? Seguendo la via maestra: l’unità umile e obbediente. Se c’è questa, lo Spirito Santo continua a operare, come ha fatto in Maria, aperta, umile e obbediente. È sempre necessario vigilare sul carisma, purificando gli eventuali eccessi umani mediante la ricerca dell’unità con tutti e l’obbedienza alla Chiesa. Così si respira nella Chiesa e con la Chiesa; così si rimane figli docili della «Santa Madre Chiesa Gerarchica», con «l’animo apparecchiato e pronto» per la missione (cfr S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 353)".

    "Sottolineo questo aspetto: la Chiesa è nostra Madre. Come i figli portano impressa nel volto la somiglianza con la mamma, così tutti noi assomigliamo alla nostra Madre Chiesa. Dopo il Battesimo non viviamo più come individui isolati, ma siamo diventati uomini e donne di comunione, chiamati ad essere operatori di comunione nel mondo. Perché Gesù non solo ha fondato la Chiesa per noi, ma ha fondato noi come Chiesa. La Chiesa non è uno strumento per noi: noi siamo Chiesa. Da lei siamo rinati, da lei veniamo nutriti con il Pane di vita, da lei riceviamo parole di vita, siamo perdonati e accompagnati a casa. Questa è la fecondità della Chiesa, che è Madre: non è una organizzazione che cerca adepti, o un gruppo che va avanti seguendo la logica delle sue idee, ma è una Madre che trasmette la vita ricevuta da Gesù".

    "Questa fecondità si esprime attraverso il ministero e la guida dei Pastori. Anche l’istituzione è infatti un carisma, perché affonda le radici nella stessa sorgente, che è lo Spirito Santo. Lui è l’acqua viva, ma l’acqua può continuare a dare vita solo se la pianta viene ben curata e potata. Dissetatevi alla fonte dell’amore, lo Spirito, e prendetevi cura, con delicatezza e rispetto, dell’intero organismo ecclesiale, specialmente delle parti più fragili, perché cresca tutto insieme, armonioso e fecondo".

    "Seconda parola: gloria. Prima della sua Passione, Gesù preannuncia che sarà «glorificato» sulla croce: lì apparirà la sua gloria (cfr Gv 17,5). Ma è una gloria nuova: la gloria mondana si manifesta quando si è importanti, ammirati, quando si hanno beni e successo. Invece la gloria di Dio si rivela sulla croce: è l’amore, che lì risplende e si diffonde. È una gloria paradossale: senza fragore, senza guadagno e senza applausi. Ma solo questa gloria rende il Vangelo fecondo. Così anche la Madre Chiesa è feconda quando imita l’amore misericordioso di Dio, che si propone e mai si impone. Esso è umile, agisce come la pioggia nella terra, come l’aria che si respira, come un piccolo seme che porta frutto nel silenzio. Chi annuncia l’amore non può che farlo con lo stesso stile di amore".

    "E la terza parola che abbiamo ascoltato è mondo. «Dio ha tanto amato il mondo» da inviare Gesù (cfr Gv 3,16). Chi ama non sta lontano, ma va incontro. Voi andrete incontro a tante città, a tanti Paesi. Dio non è attirato dalla mondanità, anzi, la detesta; ma ama il mondo che ha creato, e ama i suoi figli nel mondo così come sono, là dove vivono, anche se sono “lontani”. Non vi sarà facile a voi la vita in Paesi lontani, in altre culture, non vi sarà facile, eh. Ma è la vostra missione. E questo lo fate per amore, per amore alla Madre Chiesa, all’unità di questa Madre feconda, lo fate perché la Chiesa sia madre e feconda".

    “Mostrate ai figli lo sguardo tenero del Padre e considerate un dono le realtà che incontrerete; familiarizzate con le culture, le lingue e gli usi locali, rispettandoli e riconoscendo i semi di grazia che lo Spirito ha già sparso. Senza cedere alla tentazione di trapiantare modelli acquisiti, seminate il primo annuncio: «ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 35). È la buona notizia che deve sempre tornare, altrimenti la fede rischia di diventare una dottrina fredda e senza vita. Evangelizzare come famiglie, poi, vivendo l’unità e la semplicità, è già un annuncio di vita, una bella testimonianza, di cui vi ringrazio tanto. E vi ringrazio a mio nome ma anche a nome di tutta la Chiesa per questo gesto di andare, ma andare verso l’ignoto e soffrire. Perché ci sarà la sofferenza lì, ma anche ci sarà la gioia della gloria di Dio, la gloria che è sulla Croce. Vi accompagno e vi incoraggio, e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Io rimango qui, ma col cuore vado con voi”.

     

    (Da Radio Vaticana)