La modernità
Dal rinascimento passiamo con un balzo al secolo dei lumi, dove comincia una rivoluzione che troverà il suo pieno compimento nell’800: con la diffusione della scolarizzazione, la nascita e la diffusione dei giornali, e con l’abitudine di questi di pubblicare stralci di romanzi, poesie, ecc il poeta si emancipa dal mecenatismo dei facoltosi e dall’obbligo delle esibizioni pubbliche, e può mantenersi con il ricavato dei propri lavori, che devono rispondere solamente al gusto del pubblico: non tutti capiscono subito la portata rivoluzionaria di questo processo, saranno gli autori romantici (Scott, Shelley, Novalis, Manzoni ecc) a prenderne piena coscienza del fatto, e a tarare le loro opere in base a questa nuova consapevolezza. La portata del cambiamento è enorme: i temi si allargano alla vita quotidiana, alla descrizione della vita delle classi umili, dei loro amori, rancori e sofferenze, si ripescano metriche e modi della canzone, del dramma, e della musica popolare in contrapposizione alle cosiddette “arti colte”, si trattano soggetti storici contemporanei senza l’impaccio di dover tarare il proprio messaggio sulle convinzioni politiche del mecenate o dell’uditorio dell’esibizione, nasce l’idea del poeta vate, cioè dell’autore che si rivolge direttamente al proprio pubblico come maestro di vita o riformatore sociale (Byron e Heine i nomi più significativi); anche la lingua si trasforma, si purifica di arcaismi e latinismi e si fa più simile al parlato, in modo da essere comprensibile anche a chi ha un’istruzione non letteraria o poco approfondita… d’ora in poi sarà il poeta con il suo stile e i suoi temi a crearsi il suo pubblico e non più viceversa. C’è però l’altro lato della medaglia: il pubblico è composto per la stragrande maggioranza di inesperti dell’arte, che devono lavorare per mantenersi e hanno un tempo limitato per usufruire della poesia, quindi si affidano ai giudizi dei critici letterari professionisti o alle linee estetiche dell’editore, che avrà sempre più il ruolo di selezionatore e riassemblatore del materiale, più che di ordinatore e filologo come invece accadeva in precedenza.
Nascono all’epoca i due schieramenti letterari che si scontrano ancora oggi: da una parte i fautori di una poesia intima, colloquiale, dal linguaggio semplice e subito comprensibile, che si rivolge ad un pubblico quanto più vasto possibile, in cui il poeta si confonde con il lettore; dall’altra parte una poesia colta, elaborata formalmente, di comprensione non immediata, rivolta ad un pubblico di amatori e/o esperti, a cui il poeta si rivolge come professionista dell’arte, conscio dei suoi mezzi e della sua cultura: questa polarizzazione favorisce la nascita di gruppi di poeti ben definibili, che si uniscono per affinità di vedute estetiche ed esistenziali (famosissimo il gruppo dei Parnassiani capitanato da Baudelaire). Ovviamente fra questi due estremi ci sono decine di posizioni intermedie, e non è detto che chi aderisce ad una poesia colta ed elitaria poi non possa avere anche un successo di massa (D’Annunzio ad esempio), o che temi intimi e dimessi non possano trovare un linguaggio aulico e prezioso (Montale). Nasce anche una delle idee più contestate nella storia della letteratura, ossia quella di avanguardia: il poeta consciamente cerca di definire cosa sarà la poesia del futuro, si fa veggente (Rimbaud), smonta le opere e gli stili di successo per parodiarli, portarli all’assurdo o far riaffiorare significati nascosti (i surrealisti), si pone in atteggiamento di sfida verso il pubblico e l’accademia provocando reazioni violente (futuristi), urta la sensibilità, il buon costume, e i tabù con l’esplicito intento di disgustare il pubblico (la famosa raccolta “Morgue” del medico Gottfried Benn, che descrive con estremo realismo il corpo mutilato e in decomposizione).
I poeti “preziosi” e d’avanguardia, non potendo contare su vaste vendite e non provenendo sempre da famiglia agiate, conoscono povertà ed emarginazione, condizione esistenziale che per molti secoli il poeta non avevo più sperimentato, portando così tematiche, modi gergali, ecc presi dai bassifondi a dignità letteraria.
Comunque, a dispetto delle apparenze, non sempre l’avanguardia non è baciata dal successo di pubblico: Benn al tempo vende molto bene, così come Apollinaire.
La fase successiva è ancora più controversa: la nascita nel primo ‘900 dei partiti di massa porta ad un estetizzazione della politica, che per trovare consensi impiega in maniera innovativa tutti i mass media e i linguaggi, compreso quello della arti: la politica diventa così forte polo d’attrazione per gli intellettuali, che cominciano a dividersi per opinioni politiche e non più per fazioni estetiche; il poeta così diventa araldo, mitologo e giustificatore della linea politica del partito a cui aderisce, subordinando talvolta la propria creatività alle necessità della linea politica del momento. Ovviamente il fenomeno non è globale, anzi è molto forte solamente nei 3 regimi totalitari e relativi satelliti, diverrà poi vera e propria regola nei partiti comunisti stalinisti dopoguerra, quando il partito sovietico russo detterà ai suoi tesserati precise regole estetiche per ogni campo artistico, compresa la poesia… nascerà la figura dell’”intellettuale organico”, cioè dell’artista, giornalista, ecc inquadrato nei ranghi del partito, supportato per le sue “conferenze” dalle strutture logistiche dello stesso (Case del popolo, centri sociali, ecc), pagato ai suoi mass media perché celebri le imprese della propria linea politica, denigrando gli avversari (Aragon per esempio).
Nel dopoguerra questa politicizzazione più o meno forzata della poesia genera una reazione contraria, ossia di una poesia disimpegnata, scollegata da qualsiasi tema sociale, fatta per la meditazione solitaria (Rebora, Penna, Palazzeschi, l’ultimo Ungaretti).
Con gli anni 60’ avverrà una nuova rivoluzione: la scolarizzazione si allarga a vaste aree delle classi popolari, nasce l’idea dell’adolescente come target commerciale, l’editoria recepisce la cosa al volo e pubblica edizioni di classici della poesia a basso costo, stampa moltissimi nuovi poeti che rispondo al gusto giovanile di provocazione e rottura con la tradizione (i beat), fioriscono piccole realtà editoriali che si specializzano nella ricerca e nella promozione di nuovi stili e tendenze, si affaccia l’idea che ognuno liberando la propria creatività possa diventare un poeta, mettendo in crisi l’idea tradizionale del poeta come letterato di professione, sia esso accademico,“avanguardista” o artista al servizio del partito. L’effervescenza dura circa un ventennio, poi progressivamente si spegne, sia perché le condizione sociali che l’hanno generata vengono meno, sia perché i numeri delle vendite per la poesia sono troppo esigui rispetto ai romanzi best-seller o ai saggi di attualità per giustificare ingenti investimenti in pubblicità, talent scouting e tour promozionali.
Così arriviamo all’oggi, che per molti versi è un periodo di transizione per la figura del poeta: da una parte disancorato per sentire dalle istituzioni accademiche che dovrebbero “preservare e diffondere” la poesia, dall’altra schiacciato dalla generale svalutazione della parola a favore dell’immediatezza della musica, del cinema e della grafica, che ha portato ad una vistosa contrazione del pubblico dei lettori e alla diminuzione delle occasioni pubbliche per poter farsi conoscere, reso anonimo dalla marea di pubblicazioni continuamente emesse dalle piccole casi editrici e dal recente fenomeno della pubblicazione self made a pagamento, il poeta oggi non gode di alcuna sicurezza, sia come prestigio sociale (molto basso), sia in termini monetari (pochissimi poeti riescono a vivere con i loro versi, i più sono professori, giornalisti, ecc).
Non è tutto nero però il panorama presente: la capillare diffusione di internet da’ la possibilità di farsi conoscere in maniera estesa e gratuita, saltando la tradizionale rete di vaglia costituita da editori e riviste; la possibilità di leggere gratis estratti di raccolte altrui, classici e autori di diversa nazionalità contemporanei (spesso in traduzioni pessime, ma poco importa), crea possibilità prima inimmaginabili di contaminazione di stili, idee e linguaggi; il recentissimo fenomeno di antologie di autori “virtuali”, compilate da piccole e grosse case editrici, da’ la possibilità agli autori internettiani di farsi conoscere anche dal pubblico più tradizionale, che non legge il materiale pubblicato sulla rete. Internet ha dato vita anche ad un’altra novità: l’incontro fra diversi percorsi estetici ed esistenziali, prima separati dalla differenza (e diffidenza) di editore, rivista, cenacolo, oggi sgomitano fianco a fianco nei medesimi spazi, in cerca di notorietà; la possibilità multimediale di mischiare testo, musica, immagine e video (nonché la nascita della video poesia) creano possibilità di compenetrazione fra le arti ancora in larga parte inesplorate .
Questi ultimi sono fenomeni troppo nuovi e rivoluzionari per essere oggi compresi in tutte le loro potenzialità, ci vorrà tempo e una certa stabilizzazione del mercato e delle tecnologie per tirare bilanci, ma alla fine del nostro percorso possiamo cambiare la sconsolata domanda di partenza “In che cos’è oggi il poeta?” a un più fiducioso “Cosa sarà domani il poeta?”.
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