Officina della poesia "Nicola Imbraguglio" Laboratorio poetico

COME COMPONETE? RACCONTATE LA VOSTRA ESPERIENZA

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 16/12/2009 13:24
    In questo post potrete raccontare il perché componete, con quali modalità, cosa ricercate dalla poesia e come siete giunti a scoprirla, ecc non ci sono limiti di spazio né di argomento, sfogatevi pure... se volete spiegazioni o aprire un dibattito sull'esperienza raccontata da qualcun'altro nessun problema. A voi


    [Modificato da Nihil. 16/12/2009 13:27]
    No Copyright: copia, remixa, diffondi.

    Il mio blog: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=503508930



  • OFFLINE
    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 16/12/2009 13:28
    Parto io, in modo da invogliare gli altri.

    Raramente lo spunto mi viene da fatti autobiografici, che ne so', un paesaggio, una persona, un evento... solamente ogni tanto la brutta fine fatta da un (ex) amico mi porta qualche spunto, e allora scrivo del mio passato, di solito quando tratto questo argomento il mio stile si semplifica, uso periodi più colloquiali e meno concetti, per rendere in maniera più realistica possibile la drammaticità di quel periodo.

    Il 90% della mia poesia invece proviene dalla lettura, sono onnivoro, e devo dire che leggo meno letteratura e poesia di quanto potrebbe sembrare, i miei interessi principali infatti sono la politica, la storia, la filosofia e le scienze sociali, che spesso mi ispirano più di un libro di versi. La domanda che molti mi pongono è: ma come può ispirarti un verso un saggio di filosofia? Per me la risposta e semplice: la filosofia, la storia, ecc lavorano su concetti nudi, che devono essere sviscerati seguendo procedimenti codificati dalla ragione, che vuole dati, sillogismi e un linguaggio "scientifico" adatto perché il ragionamento stia in piedi. La poesia invece lavora su concetti che riveste di immagini, e che interagiscono con altri concetti sotto forma di similitudini, metafore, ma anche di etimi, allitterazioni, consonanze, rivelando corrispondenze e identità fra concetti inaspettate e introvabili con i procedimenti delle altre discipline umanistiche.
    Bisogna però guardarsi a questo punto da una semplificazione che ha avuto (e ancora ha) molta fortuna: che la poesia nasca e coinvolga solamente la parte irrazionale dell'animo umano... non è assolutamente vero: la poesia coinvolge molto la ragione, con il senso della proporzione e dell'equilibrio compositivo, il fatto che riesca a colpire e lasciare il segno su quella parte del nostro animo che muove i sentimenti, il ricordo, il desiderio è dovuto alla particolarità delle arti, che riescono a parlare sia alla parte razionale sia alla parte irrazionale dell'uomo, riconciliandole in un'unità superiore.

    Sul modo di comporre: di solito parte tutto una settimana prima della stesura effettiva del testo, quando un'idea, un concetto, un verso o delle immagini si ripresentano con insistenza nella mente, e non riesco a fare a meno di pensarci. Dopo un certo lasso di tempo, quando i pensieri hanno assunto un ordine e una logica, comincio a scrivere: parto sempre dal titolo, che è la traccia fondamentale su cui si attorciglia il resto del testo, e che non mi ha mai causato particolari patemi. Di solito il corpo della poesia lo scrivo abbastanza velocemente (20-30 minuti al massimo) visto che al momento di mettermi alla tastiera l'ho già pensato per sommi capi, e le immagini quando ho chiaro il concetto che voglio esprimere mi vengono molto facilmente. Una volta finita la poesia, la lascio riposare da 1 ai 7 giorni, e poi la riprendo in mano per quella che chiamo la "seconda mano", in cui rifinisco i periodi, taglio le strofe superflue, verifico l'organicità delle immagini e del lessico (sono molto attento che le metafore del medesimo periodo provengano dallo stesso campo semantico) e curo il ritmo, che di solito è traballante alla prima stesura... per farlo dissemino consonanze e rime interne nel testo, più recentemente mi sono dato allo studio della metrica, ma sono un novizio e non riesco ancora a dare una struttura regolare alla poesia.

    Riprendendo a modello una massima di Baudelaire che sosteneva che esistono 3 tipi di poeti, quelli che pensano la poesia per versi, quelli che la pensano per strofe e chi la pensa nella sua interezza, devo dire che io oscillo fra il secondo e il terzo tipo, a seconda del testo; in qualunque caso se scrivo magari un bel verso che però non ha senso nel contesto, lo elimino senza problemi, così come falcio strofe se non si accordano o non sono essenziali al proseguo del discorso... mi è sconosciuta quell'angoscia di alcuni poeti che si sentono menomati se devono tagliare un frutto della loro creatività.

    Per quanto riguarda ciò che credo sia il compito e il senso della poesia è presto detto: la poesia come le scienze umane ha come oggetto del proprio studio il vero, il fatto che non abbia metodi codificati e linguaggi standard non significa che sia una disciplina al pari delle altre; il compito della poesia è quello di indagare la verità con i mezzi suoi specifici, e quello di creare mitologie, siano esse religiose o politiche: la creazione di mitologie non significa la falsificazione del reale o la glorificazione di determinati regimi politici che sfruttano certe mitologie a scopi elettorali -come credono alcuni, basandosi magari sulla storia della prima del '900-, ma quella che è la più grande forza dell'arte, dimostrare attraverso il proprio linguaggio che un ordine diverso dall'attuale è possibile, e renderlo chiaro e desiderabile alla volontà.

    ecco direi di fermarmi qui, altrimenti diventa troppo prolisso. [SM=g8431]








    No Copyright: copia, remixa, diffondi.

    Il mio blog: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=503508930



  • OFFLINE
    rofilippi
    Sesso: Maschile
    00 16/12/2009 15:06
    Grazie Niky per questa tua iniziativa che ci dà modo di conoscerci meglio.

    Sono giunto a scoprire la poesia circa tre anni fa, dopo la morte di mia madre, con la necessità di esprimere i sentimenti inespressi nel periodo della sua malattia e quelli che hanno seguito la sua morte. Ignorante di quest’arte ho sentito la necessità di studiare la metrica e tutto ciò che la riguardava oltre a leggere poeti contemporanei (cosa che continuo e continuerò a fare).
    Da allora intendo la poesia come ricerca, studio della realtà di cui sono spettatore e comunicazione delle emozioni che essa mi crea. Di solito, quindi, parto dalla realtà che mi circonda e butto giù di getto dei versi e da questi inizio a cercare una forma e una precisione di ciò che voglio dire attraverso molteplici riscritture; la ricerca può finire poco dopo o può durare anche lunghi periodi in cui scrivo e riscrivo fino a trovare cosa voglio “veramente” dire e dare alle parole forma metrica e di lessico che mi soddisfi. Qualche volta, ma è più raro, scrivo a partire da uno scritto (poesia o narrativa) che mi ha colpito, ma solo se esso esprime in sé qualcosa che avrei voluto dire io ed essa ha espresso, altre volte una lettura (di solito ricercata con quello scopo) mi fa da innesco per esprimere ciò che sentivo in me confuso usandola per contrapposizione o analogia.

    Un saluto e grazie di questa opportunità
    Roberto
    ________________________________________
    il mio e-book a braccia aperte clickare su
    http://www.chiccascrumbs.com/bracciaperte.pdf
  • OFFLINE
    luigi38
    Sesso: Maschile
    00 16/12/2009 15:17
    A differenza da Leo, io difficilmente traggo ispirazione per una poesia da un libro ( ricordo di averlo fatto un paio di volte con Gita al Faro della Virgiania Woolf ) o da un concetto filosofico.

    Di solito gli spunti partono dalla mie emozioni, dalle depressioni, dagli incontri con altre persone, dalle riflessioni magari di tipo religioso, o sociopolitico, però credo che il " meglio di me " se così si può chiamare venga sempre dal mio ascolto interiore.

    A giorni pubblicherò una poesia nella quale si parla di un portone .
    Sapete, quei vecchi portoni fatti con ante di legno spesso di una volta, che spesso si trovano ancora in campagna, con la volta alta, quelli dei cortili, con ricavata una porticina per il passaggio delle persone, e con i grossi catenacci in ferro. A volte vi passo davanti,alcuni sono polverosi, logori, anche in parte piegati dal tempo, ma si vede ancora la loro solidità, vi vede che basterebbe un buon restauro per fare di essi ancora una forza viva, presente, in grado di fermare gli intrusi.

    Bene, assieme a questo portone ho mescolato mie riflessioni sul tempo che scorre, sul nostro interrogarsi, ecc. ecc. ed anche sul perdono, che, da credente, avverto come un grandissimo dono di Dio.

    Starà a voi dirmi se sono stato capace di trasmettervi qualcosa con questi versi.

    Come scrivo : senza una logica coerente.
    A volte mi viene un verso che sembra piacermi, a da quello parto inserendoci tutta una serie di ragionamenti che sto svolgendo nel silenzio delle giornate.
    In breve scrivo molto nella mente e quando vado sulla carta, il lavoro è abbastanza fatto.
    Confesso che le cose migliori sono quelle che escono da una certa sofferenza, o almeno, dalla mancanza di speranza.

    Scrivo abbastanza velocemente, modifico dopo qualche sedimentazione, e basta.
    Non mi sembra di avere altre informazioni in merito.
    Con amicizia
    louiss

  • OFFLINE
    fabio9
    Sesso: Maschile
    00 16/12/2009 20:23
    Personalmente tento di fare componimenti versificati.
    Di solito leggo i poeti contemporanei, e cerco di comprendere almeno qualcosa di quello che vogliono dire, al di là dell’apparenza formale. Ma l’”innesco” è sempre interiore, uno stato d’animo, pensiero, sensazione ecc..
    Direi che la stesura reiterata mi aiuta a delineare, con una certa chiarezza, questa traccia, fino a svilupparla ed evidenziarla sufficientemente. Non sempre riesce, ma è una vera soddisfazione se e quando il contenuto c’è e il “contenitore” formale è adeguato.
    Mi piacerebbe scrivere poesie religiose, che possano comunicare a tutti, in qualche modo, un briciolo di speranza autentica. So che è assai difficile, ma forse neanche tanto, visto che la poesia contemporanea si basa in modo noioso – lasciatemelo dire – sul “nulla” e sulla conseguente, inevitabile disperazione. Né abbiamo bisogno di “certezze fatte in casa”, con il rischio di ulteriori luoghi comuni.
    C’è ben altro, il guaio per la poesia è che si tratta dell’“inesprimibile/ tutto”.
    Ciao
    Fabio
  • gasparastampami
    00 17/12/2009 09:19
    Ciao ragà.
    Scrivo questo post dopo che il precedente non mi è partito, e ci avevo messo solo un'ora.
    Adesso sintetizzo: per me la scrittura è una costante fin dall'età di sette anni, quando composi la mia prima poesia.
    Nel tempo, questa abitudine/attitudine ha assunto varie connotazioni:
    - inizialmente, c'era solo la dimensione ludica (gare con i compagni di classe, rifacimento e parodia di liriche di stampo dolcestilnovista, imitazione e divertimento);
    - poi c'è stata la dimensione espressiva, più o meno in concomitanza con l'adolescenza e le "grandi passioni";
    - in seguito ho capito che attraverso la poesia potevo comunicare un modo di sentire abbastanza originale,( ho cercato di farlo ma mi sono mancati la critica e il confronto); e questa è la dimensione comunicativa;
    - in seguito a grandi rivolgimenti della mia vita personale ho scoperto la dimensione autocurativa dello scrivere, la funzione catartica e anche quella di autoconoscenza;
    - insieme a voi ho acquisito anche l'aspetto collaborativo dello scrivere, ma non solo; infatti, ritrovandomi in un gruppo di persone orientate verso uno scopo comune, ho usufruito del piacevole rinforzo affettivo dato dal senso di appartenenza.
    Questo, per quel che riguarda il significato dello scrivere per me.
    Per quel che riguarda il come, il punto di partenza è sempre una intuizione improvvisa, vuoi di tipo emotivo, vuoi di tipo estetico, che mi si manifesta a volte con un verso o un titolo...
    il resto è solo scavare in questa intuizione per portarla alla luce
    nella sua profondità e nella sua interezza.
    Il linguaggio è un grosso problema, perchè devo ancora trovere sia un lessico nuovo che si stacchi dalle cattive abitudini sedimentate in tanti anni senza critica, sia un modo nuovo di organizzare questo lessico, cioè in definitiva un mio modo di esprimermi che sia originale ed efficace. E, per finire, partendo da queste due parole mi riallaccio al discorso sull'estetica, e soprattutto a quel che dicono Tony e Luigi: originale, certo, vuol dire ricerca e studio, ma efficace, per me vuol dire comprensibile e in ultima analisi fruibile per chi legge.
    Quindi sì alla ricerca sul linguaggio in evoluzione, ma per me sempre nella chiarezza e nell'accessibilità del significato.
    Ciao
    rosaria
    [Modificato da gasparastampami 17/12/2009 09:55]
  • OFFLINE
    alfietto86
    Sesso: Maschile
    00 17/12/2009 18:37
    Bene, qui abbiamo l'occasione di conoscerci un pò.

    L'ispirazione mi viene quasi sempre da vicende autobiografiche, ma ci sono alcune volte in cui nasce tutto da qualcosa di drammatico o di insolito che mi colpisce.

    Leggo molto: dosi massicce di poesia, narrativa e qualcosa per quel che riguarda la saggistica. Lo studiare Lettere mi aiuta in questa strada. Cerco le mie letture sia in libreria che su Internet. Non leggo (a parte eccezioni) i best seller, mentre mi interessa il mondo della piccola editoria. Comunque leggo senza badare alla casa editrice.
    Quando non avevo il posto fisso, quindi più tempo libero, frequentavo spesso alcune biblioteche (universitarie, la Nazionale di Roma e la biblioteca del mio paese, Tivoli). Ultimamente mi sto avvicinando alla filosofia e al Buddismo, soprattutto Zen.

    Ho cominciato a scrivere più o meno all'età di 14 anni. Le mie prime scritture le condideravo più come testi di canzoni che come poesie. Con il passare del tempo la mia scrittura è maturata e ho acquistato più di confidenza con la penna. Ho scritto anche alcuni racconti.

    Di solito compongo così: delle immagini o un verso mi si stampano nella mente e subito mi curo di trascrivere ciò su di un foglio, sul PC o sul cellulare. Il mezzo non importa. Quindi parto da questo per scrivere poi tutta la poesia di getto. Abbozzo solamente una rudimentale metrica. Una volta finita questa fase, rileggo il testo diverse volte. In queste riletture modifico le imperfezioni, do una forma ai versi, aggiungo figure retoriche o le sottraggo dove mi sembra più opportuno.
    Successivamente salvo il tutto in un bel file .rtf (leggero e leggibile da tutti gli editor di testo). Per assicurarmi di non perdere i miei scritti ne conservo 3 copie: una sull'Hard Disc del PC, un'altra sull'HD esterno e un'altra ancora sulla pennetta USB. Come se non bastasse (sono malato lo so) salvo a cadenza temporale un archivio dei miei scritti sullo spazio web.

    Uso pochissima punteggiatura, un linguaggio comune e molte figure retoriche: soprattutto metafore, similitudini, enjambement e sinestesie. Mi piace utilizzare parole forti, accostare termini appartenenti a mondi semantici diversissimi. Ultimamente sto cercando di inserire nel testo parole appartenenti alla sfera del gergo giovanile, del lavoro e di alcuni studi altri dalla letteratura.

    Non mi piacciono le ridondanze o le spiegazioni in poesia. Mi piace più incarnare un sentimento o un qualcosa puttosto che nominarlo.
    Sono per una poesia "breve" che con poche parole sappia esprimere molto.

    Ciao a tutti e grazie Nihil, per aver dato il via a questo confronto sulla passione che ci accomuna. [SM=g27988] Ahi!
    [Modificato da alfietto86 17/12/2009 18:49]
  • OFFLINE
    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 18/12/2009 10:39
    Re:
    fabio9, 16/12/2009 20.23:


    Mi piacerebbe scrivere poesie religiose, che possano comunicare a tutti, in qualche modo, un briciolo di speranza autentica.



    Davvero le poesie religiose comunicano speranza? La maggior parte sono molto tristi e intimamente legate alla disperazione, vedi i grandi lirici russi come Esenin e Blok (anche se non sono propriamente cristiani ortodossi, ma poco importa).








    No Copyright: copia, remixa, diffondi.

    Il mio blog: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=503508930



  • OFFLINE
    fabio9
    Sesso: Maschile
    00 18/12/2009 17:17
    Ciao N. (scusa, non ricordo il nome),
    l'unica cosa che può comunicare speranza è la vita stessa di una persona, quello che fa, più che quello che dice. In realtà, conta solo l'esempio concreto di vita.
    Ormai c'è una comprensibile, diffusa perplessità e diffidenza verso le elaborazioni teoriche.
    Detto ciò, so che è molto difficile scrivere poesie autenticamente religiose, senza stancare gli eventuali lettori. Al più si può esprimere qualcosa che può o no essere accettato, mai imposto, un qualcosa che serva da spunto per una riflessione sulla speranza.
    Tenendo presente che la stessa riflessione non basta, ma è già un punto di partenza.
    Mi sento di affermare che la Speranza c'è per tutti.
    Non conosco i lirici russi, d'altra parte abbiamo anche un Leopardi in cui, secondo me, è acutissimo il senso del mistero e del sacro, ma in modo negativo e perciò totalmente disperante. Analogamente Montale, nel secolo dell'esistenzialismo.
    Ti ringrazio
    Fabio
  • OFFLINE
    tzitzeraz
    Sesso: Femminile
    00 18/12/2009 22:42


    A scrivere si fa così: si dorme un pochino. si resta in attesa con mani perfettamente vuote.

    faccio mie le parole di Mariangela Gualtieri, poichè è ciò che faccio quando cerco la poesia: resto in attesa che le parole seguano un loro corso, che non provo a guidare.
    L’ispirazione parte da un unico verso che vien su da solo, non so cosa voglio dire né dove andrò a parare, ha molta importanza l’orecchio, ho una mia musica, quello sì.
    La parola per me è molto importante: scelgo con cura ogni singolo termine, deve dire esattamente ciò che voglio rappresentare e non pubblico finchè non sono assolutamente certa che non ho più nulla da modificare.
    Penso sia la felicità, quando mi attraversa, a farmi scrivere le cose migliori, per questo non posso dire di essere poeta [SM=g9320]
    Sono pigra per natura, scrivere mi è sempre piaciuto, soprattutto sotto forma di diario, ho scritto diari alla anais nin per intenderci [SM=g9349] .
    Ammetto i miei limiti, non ho un grande bagaglio culturale, leggo a periodi, non sono le cose esterne a muovere la mia scrittura, ma piuttosto le cose che attraverso, che tocco. In compenso sono curiosa delle poesie altrui, se potessi chiederei a tutti perche l'hai scritta, che volevi dire, ma cosa è successo, e compagnia bella [SM=g8057] . In effetti non capisco chi viene qui, posta una poesia, e non caga nessun .
    Come si fa a proclamarsi poeti e poi non essere curiosi dei mondi altrui [SM=g10324] ? mah …
    Il fatto che non ricerco troppo, in senso letterale, è sicuramente un limite, sia dal punto di vista dei contenuti (di fatto opto la famigerata poesia dei cazzi miei), che della forma (sono completamente ignorante da questo punto di vista, quando parlate di endacasillabi mi viene prurito). Quando qualcuno mi ha detto che scrivo bene mi è parso frutto di un puro caso. Capiamoci, mi piace essere letta e mi soddisfa constatare che quello che scrivo puo arrivare. Ma lo considero piu un dono, il commento, che il risultato di un obiettivo conseguito lavorandoci.
    Se ci fate caso, mi interessa molto di piu comunicare, partecipare alle discussioni sotto alle poesie altrui, che far poesia.
    Sono piu una forumista che una poetessa [SM=g11472]
    questo è.
    credo che certi poeti si prendano troppo sul serio

    ho letto con grande interesse i post che mi precedono, c'è qualcosa di affascinante in ciascuno dei modi e dei mondi descritti...



    Nina


    "la solitudine è un albume, la parte migliore dell'uovo. Per la scrittura è una proteina" E. De Luca
  • OFFLINE
    ezechiele,lupo3
    Sesso: Maschile
    00 18/12/2009 23:11
    sottoscrivo in pieno e condivido questa frase:

    come si fa a proclamarsi poeti e poi non essere curiosi dei mondi altrui

    invece mi allarma un pò quest'altra frase:

    credo che certi poeti si prendano troppo sul serio


    che condivido e sottoscrivo altrettanto in pieno, nella speranza che la cerchia di quei "poeti" registri la mia assenza....
  • gasparastampami
    00 19/12/2009 09:49
    Bene, Nina, con la tua solita concretezza hai colto il nocciolo del discorso che avrei voluto fare anch'io: sì, mi sento io pure più interessata al''interazione nel forum che all'alloro sul cranio.

    Però non condivido la frase di Mariangela Gualtieri, per me la cosa funziona come la cisterna dell'acqua piovana: quando è troppo piena, c'è qualcosa che trabocca, ed ecco la poesia.

    O, se preferisci, posso dirtela così: a volte, come in questo ultimo periodo, ho gli addominali contratti a trattenere qualcosa, mi sento muta e immobile.....poi avviene la scarica liberatoria e dopo sto meglio. Sto ridendo perchè sembra più che altro una metafora d'altro genere, (Sigmundino avrebbe molto da dire in proposito),ma... in fondo, perchè no? Perdonami, è la maledetta deformazione dei miei pensieri.

    Per quel che riguarda il tuo dubbio sullo scrivere e non commentare mai nessun altro: hai mai sentito parlare di narcisismo? E' quella cosa che permette ad alcuni esseri umani di suonarsela e cantarsela da soli, magari desiderando anche di essere riconosciuti ed apprezzati, ma senza il minimo dubbio di poter dare agli altri il medesimo riconoscimento.
    Forse per questo amo tanto gli animali, non ho mai visto un cane narcisista (sui gatti avrei qualche dubbio).

    Ciao, cari, per oggi mi fermo qui
    rosaria

    [Modificato da gasparastampami 19/12/2009 09:56]
  • OFFLINE
    tzitzeraz
    Sesso: Femminile
    00 19/12/2009 12:05

    ho sollecitato questo post a nichi proprio per stanarvi/ci
    mi interessava il metodo ma anche tutto l'ambaradan che ci sta intorno
    il modo in cui ci presentiamo, dice dice moltissimo di noi.....

    Eze, no ! per la tua sensibilità tu non sarai mai nella cerchia dei narcisi !

    Ros, grazie per il tuo intervento, comunque hai ragione sai, è molto più produttivo il tuo sistema e infatti ti eri messa a scrivere di più e meglio. E poi guarda, che bizzarra è la mia citazione di M.G., usiamo lo stesso metodo e lei scrive di getto cose fantastiche di una profondità unica e corregge quasi niente, mentre io spingo dalla pancia pochi versi striminziti (ti dice qualcosa la metafora ? [SM=g9349] ) che passano continuamente al vaglio della mia pignoleria da sagittaria ascendente vergine !
    si capisce che nella penna avrei voluto essere lei, più un impasto tra Montale e Erri De Luca ?
    secondo me non si capisce
    [SM=g9349]

    scusate la divagazione
    mi rimetto a posto [SM=g8057]

    Nina


    "la solitudine è un albume, la parte migliore dell'uovo. Per la scrittura è una proteina" E. De Luca
  • gasparastampami
    00 19/12/2009 12:28
    Nina, tesoro, e io che mi ero dato l'appellativo di paranoica perchè avevo sentito nell'appello di Nichi un richiamo potentissimo! Ma allora quando faccio parlare la mia pancia
    c'è proprio da ascoltare!!!!! (Continua la serie delle strane metafore, saranno le abbuffate festive.....) [SM=g9233]
    Grazie, anche se il destinatario del richiamo era l'intero forum mi hai tirata fuori da un momentaccio di stipsi emotiva.... [SM=g9349]
    ciao
    rosaria
  • OFFLINE
    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 19/12/2009 12:54


    Che rapporto avete con le arti figurative (pittura, scultura, architettura)? Avete mai composto una poesia partendo da un quadro o una statua? Mentre cercavate una metafora per un'idea non vi è mai riemerso alla coscienza un immagine vista a una mostra, o un edificio che contenevano proprio quello che voi cercavate?


    Io devo dire che la mia poesia ha un legame abbastanza stretto con le arti figurative, in particolare con la pittura, che mi permette di visualizzare determinate metafore e capire che stato emotivo possono generare nel lettore. Sono particolarmente affezionato all'arte slava dell'icona, di cui ho alcuni esemplari a casa datemi da immigrati, per l'anti-realismo della rappresentazione dei corpi umani e per l'atmosfera di fissità orientale che questa promana.

    In pittura il mio gusto mi porta a prediligere i pittori che hanno messo sulla tela i propri demoni, o che hanno forme di religiosità talmente esasperate da risultare allucinatorie: Salvatore Rosa, Goya, Munch, Schiele, De Chirico, Bocklin, Caravaggio, Rivera, Fussli, Bosch, Bruegel sono i miei preferiti... mi piacciono anche molto l'arte dell'incisione, in particolare l'acquaforte, sia per il procedimento tecnico che è molto affascinante e al limite dell'alchemico, sia per i risultati che produce: Blake, Goya, Durer messe da parte le tonalità tenui e gli sfumati della pittura, hanno trovato nell'incisione il terreno ideale per esprimere senza fronzoli la propria visione angosciante della vita.

    Dove si rintraccia questo ambaradan nella mia poesia? Ad esempio nel tema religioso della caduta, che tratto con cadenza regolare: senza le incisioni di Blake probabilmente non avrei mai capito la centralità di questo tema nell'essere cristiani. Più evidente invece è l'influenza di Munch: le sue tele in cui folle di uomini stilizzati e deformati come marionette passano indifferenti accanto a individui martoriati, torturati, crocifissi trova il suo corrispettivo nella mia poesia nella maniera in cui tratteggio come eroi moderni la prostituta, l'alcolizzato, la demente, il suicida, lasciati totalmente soli nella loro corsa auto-distruttiva.


    A voi


    No Copyright: copia, remixa, diffondi.

    Il mio blog: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=503508930



  • OFFLINE
    =PanFlute=
    Sesso: Maschile
    00 19/12/2009 18:54
    Quando mi balza in testa un'idea, mi siedo e scrivo. punto. non vado in giro con agendine e cavoli vari, e non parlo mai di poesia(soprattutto della 'mia') al di fuori di determinati canali, perché ho scoperto una cosa sconcertante: della poesia(e soprattutto della 'mia') non frega una sega a nessuno.
    Anch'io salvo i miei testi in tre copie: una va allo psichiatra, una ai carabinieri, e una resta a me quale attestato di garanzia(così sono sicuro di averla scritta io).

    e in chiusura riprendo una frase evidenziata da paolo:
    'come si fa a proclamarsi poeti e poi non essere curiosi dei mondi altrui'

    e la stringo:
    'come si fa a proclamarsi poeti'
    punto.

    a si biri
  • OFFLINE
    tzitzeraz
    Sesso: Femminile
    00 19/12/2009 19:02

    Anch'io salvo i miei testi in tre copie: una va allo psichiatra, una ai carabinieri, e una resta a me quale attestato di garanzia(così sono sicuro di averla scritta io).


    [SM=g9349]

    pan, se non ci fossi bisognerebbe inventarti

    [Modificato da tzitzeraz 19/12/2009 19:14]
    Nina


    "la solitudine è un albume, la parte migliore dell'uovo. Per la scrittura è una proteina" E. De Luca
  • OFFLINE
    ezechiele,lupo3
    Sesso: Maschile
    00 19/12/2009 19:03
    rosaria, la cisterna d'acqua, diciamo così, è un'immagine che si presta molto bene a descrivere l'antefatto dell'ispirazione, funziona esattamente così, ed è come la vescica piena, senza fare inutili giri di parole, arriva il momento che non la trattieni più, allora devi prendere la strada della penna e del foglio bianco, e del pc per chi si serve di questo strumento, io uso ancora la penna stilografica con inchiostro nero e le agende, quelle larghe perché il verso lungo ci deve entrare, e poi correggo e cancello tante volte e ogni volta è una nuova stesura, ma sa tanto di liberazione

    scrivere è una cosa più corporea che spirituale, per me, quindi i paralleli con le funzioni del corpo si adattano bene

    per esempio ricordo bene la consapevolezza della prima erezione, avrò avuto otto anni, ed ero in una chiesa e sentii questa cosa nuova e strana, questo richiamo del corpo, e con la poesia è più o meno uguale, c'è sempre qualcosa che si erge e ti chiama, e ti spinge a scrivere, e ricordo anche la prima diciamo erezione poetica, o chiamata, facevo la quinta elementare e avvertii il richiamo prepotente di scrivere, e scrissi una poesia inventata, slegata da un accadimento reale, una poesia abbastanza lunga, che funzionava così: tornavamo in classe e scoprivamo che un nostro compagno era morto, e sul suo banco c'era un mazzo di fiori, insomma sono nato come poeta tragico !
    e poi ho sempre continuato a sentire queste chiamate poetiche e scrivevo poesie d'amore per le compagne di scuola e non avendo un posto dove scriverle, usavo i libri che trovavo in casa, c'erano sempre un paio di fogli bianchi prima o dopo i testi, e usavo quelli, e naturalmente sono poesie che non esistono più ma ricordo alcuni versi a caso, per esempio verso i tredici anni ho scritto una poesia che cominciava così

    un battito d'ale
    un passero sul davanzale...
    e poi ho avuto anch'io il periodo della poesia scolastica e al terzo liceo ho scritto sulla mia classe, su tutti i compagni di classe, in forma epico ironica, con i soprannomi e i tic e le manie di ognuno, e quella mi dispiace non averla più

    si, in definitiva le cose belle della vita sono quelle che ti regalano un senso di liberazione, come mangiare, fare sesso, dormire, evacuare, scrivere, correre, meditare, sono tutte cose che si fanno con il corpo, con la pienezza del corpo

    [SM=g6479]
  • OFFLINE
    altrodase
    Sesso: Maschile
    00 20/12/2009 17:52
    Ecco con un esempio pratico una modalità delle mie molteplici fonti d'ispirazione:

    ...passeggiando questa domenica 20 dicembre 2009 per le strade della mia città, Caserta...non ho potuto trattenere la mia ispirazione:


    clicca qui per fonte d'ispirazione


    ***


  • OFFLINE
    keryan @
    Sesso: Femminile
    00 20/12/2009 18:43
    io l'erezione non ce l'ho ma una fortissima eccitazione mi prende quando mi metto davanti alla tastiera e mi "esce" una poesia

    quando ho finito ho una sorta di tachicardia, mi batte il cuore, ma sono appagata, come dopo una bella scopata (i dubbi mi vengono dopo, molto dopo, a distanza di mesi [SM=g9320] )

    se non riesco a scriverla subito come vorrei che fosse resto in sovraeccitazione per svariati giorni e appena posso riprendo in mano i versi già scritti e leggo e rileggo e aspetto...


    si credo che scrivere sia un fatto fisico, ti prende in ogni parte del corpo ti riempie totalmente... oddio non c'è di che stupirsi se qualche volta il risultato è una cagata [SM=g9349]

    il problema grande che ho è che sono ispirata solo in momenti particolarmente tetri, infatti avrete notato che da qualche tempo non scrivo più... [SM=g11840]

    Riguardo alla tua domanda NIchi, la risposta è no, gli unici quadri che mi ispirano sono quelli che vedo dalla mia finestra [SM=g8060]

    [SM=g6479]



    Marilena


    _______________________________________________

  • OFFLINE
    alfietto86
    Sesso: Maschile
    00 21/12/2009 22:12
    Ehi Pan, attento a mandare roba ai Carramba, che altrimenti te li ritrovi sotto casa! Hihi! [SM=g27994]
    [Modificato da alfietto86 21/12/2009 22:12]
  • OFFLINE
    giusy45
    Sesso: Femminile
    00 28/12/2009 08:20
    Bè...no, nè camera da letto nè toilette, più devo dire, concordando con il mio caro conterraneo ha a che fare con tre settori differenti: salute mentale, ordine sociale e una bella autoanalisi casalinga, perchè se è vero che a nessuno importa della poesia (e veramente come dice Tony fuori da determinati canali è sempre meglio evitare di parlarne sopratutto della propria!), chi ha il vizietto della penna in versi non può farne a meno, essendo una creatura masochista per eccellenza.
    Saludi e trigu a tottus.
    Peppedda
  • gasparastampami
    00 28/12/2009 10:45
    Ciao ragà.
    Secondo me Tony ha dimenticato la copia per l'avvocato difensore [SM=g9233]
    A proposito delle affermazioni di Nichil, io sono perfettamente d'accordo che qualunque cosa ti apra una finestra su nuove sensazioni, emozioni e riflessioni può essere fonte di ispirazione. Per quel che riguarda le arti figurative i miei preferiti sono Odilon Redon, Dalì, Fussli, e in genere i fantastici e i visionari che mi suggeriscono "viaggi" verso l'interno di me stessa, mentre i macchiaioli mi riportano all'universo di amore per la campagna per il loro modo di interpretarla così vicino al mio sentire.
    Però io credo che qualunque cosa mi coinvolga profondamente può diventare uno spunto per cogliere in me risonanze estetiche o affettive, penso alla frase di Balint "un'armoniosa e compenetrante mescolanza", a qualcuno può non dire niente, a me restituisce l'idea di una calda comunicazione con persone anche molto diverse ma capaci di intendersi, mi riempie di gioia e in effetti mi ha suggerito una poesia che però devo ancora limare.
    Quindi secondo me il focus della questione non è in ciò che ci ispira in quanto tale (arte, religione, solitudine, ammmmore,ecc) ma in quello che noi abbiamo dentro e che viene risvegliato, liberato, amplificato dai nostri interessi culturali.
    Se, infine, ci portiamo la penna in tasca o lasciamo che tutto lieviti nella testa e poi buttiamo giù tutto in una volta, è questione anche di memoria. Io ho composto prima di addormentarmi le mie cose più belle, ma le ho perdute perchè per pigrizia non mi sono alzata a scriverle.....
    Ciao,( per adesso)
    rosaria
    [Modificato da gasparastampami 28/12/2009 10:46]
  • andreadapescara
    00 30/12/2009 12:20


    bello il post e la questione posta da Leo!

    ho iniziato a scrivere davvero intorno ai ventanni, quando ho vissuto esperienze tragiche e sconvolgenti, quando ho conosciuto la morte. da allora scrivere poesie è un pò come "imparare a morire". la scrittura credo sia una declinazione, un mettere tra le righe le tracce di un cammino che supera di molto il mero esercizio letterario.
    per ora ho letto solo le "confessioni" di Leo e posso dire la mia poesia, la singola poesia nasce all'opposto da come ha descritto lui.

    certo non mi piace tagliare i concetti con l'accetta ma posso senz'altro dire vera poesia nasce da un incontro, da una relazione tra me e il mondo. martin buber sintetizza bene il concetto: ich-und-du: io-e-tu. solo nella relazione, nell'andare oltre me stesso scopro la possibilità di nominare le cose, di dire la vita.
    con ciò voglio dire che solo nell'esercizio di andare oltre ciò che vedo sento comprendo e sono, riesco a trovare poesia da tradurre in parola, solo nell'esame attento e nell'ascolto attivo di ciò che più ha valore riesco a reperire Poesia da offrire poi in dono.

    la questione che Leo pone è immensa e figuriamoci se può risolversi in poche righe, ma posso ancora aggiungere che per è molto difficile trovare una regola sul come una poesia nasca. certo, posso fare una statistica e dire che solitamente il mio stato d'animo, la mia visione del mondo, i miei sentimenti e l'incontro con l'esperienza vitale fatta di persone, ricordi, cose, natura, città, libri, autori e defunti, costituiscono tutti del materiale importantissimo per definire una qualche regola e fare una media. ma la poesia io l'ho vista "passeggiare" fuori dalle distinzioni, dai "tipi ideali" o da alcuni principi particolari, quanto da un incrocio ben poco descrivibile di momenti di vita vissuta.


    Ciao e auguri a tutti!
  • OFFLINE
    Y A M A
    Sesso: Maschile
    00 31/12/2009 11:21
    Come ho letto per alcuni anch’io ho cominciato all’improvviso, da ignorante, sull’onda di una forte emozione, su un cambiamento radicale della mia vita che mi ha fatto fermare a tirare il fiato, che mi ha fatto comprendere cosa fosse importante realmente ed apprezzare la vita anche nelle sue manifestazioni più semplici del quotidiano.
    Scrivo di getto, sull’onda di un impulso, d’una parola che improvvisamente si presenta, mi succede in ogni tipo di momento. Spesso è una musica a scatenare tutto ciò, spesso la nostalgia e qualche rimpianto.
    Tendo alla sintesi estrema, spesso mi fermo all’haiku, ma a volte preferisco la ridondanza.
    Detesto pensare alla poesia come un qualcosa da studiare o costruire a tavolino, per me è impulso e passione. Anche per questo motivo non commento le opere altrui se non con un laconico: “bella, mi piace.” … cosa che qualcuno qui presente (un istrice che abbraccio) mi ha spesso rimproverato, per non parlare della signora maestra (un grande abbraccio anche a lei) che se non commenti ti snobba ^_____^
    Felice 2010 a tutti voi … che sia un anno in cui trovare tante emozioni … positive ovviamente!
    [SM=g8950] [SM=g8950] [SM=g8950] [SM=g8950] [SM=g8950]



    PUGNARE NECESSE ERGO CARPE DIEM







  • OFFLINE
    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 31/12/2009 18:19
    Parte 1

    Per rispondere alla domanda di Tony "Come si fa a definirsi poeta?", vorrei condividere con voi uno mio vecchio scritto, dal tono scolastico (l'ho composto per un approfondimento al liceo) che però può fornire qualche traccia utile per delinerare questa figura abbastanza evanescente, se non -per alcuni- "inesistente".
    E' un testo abbastanza lungo e per molti versi farragginoso, visto che condensa 25 secoli di arte in 4 pagine, ma nelle linee generali lo trovo ancora abbastanza valido, nella sua idea di fondo che la figura del poeta sia intimamente correlata con la storia sociale e politica, e che le crisi d'identità del poeta corrispondo alle grandi crisi della nostra civiltà. Lo divido in 2 parti, perché risulti più facile alla lettura... è un testo apaerto, quindi se avete critiche, appunti, ecc massacrate pure, non ho alcuna pretesa di verità oggettiva.

    L'origine

    Credo sia giusto partire dall'origine della poesia occidentale, perché è solo seguendo il filo rosso della storia che si può tentare di abbozzare una risposta: la poesia nasce in Grecia come evento pubblico e corale (nel senso di recitato da un coro) in occasione di festività religiose, accompagnata da musica e danza; da qui traiamo già 3 elementi fondamentali 1-la poesia non è un fatto privato 2- La poesia è intimamente legata ad humus magico/religioso 3- la poesia è inestricabilmente legata alle altre arti "musicali". In questa fase il poeta è considerato un sapiente a tutto tondo, esperto di mitologia, musica, danza e storia, e la sua è una figura pubblica, ben riconoscibile e stimata... la cosa interessante (e paradossale per un moderno) è che il termine "poeta" per tutta l'antichità veniva affibbiato sia ai compositori di liriche e poemi sia agli autori teatrali, che scrivevano in versi.

    Solo molto più tardi ci sarà un cambiamento drastico, favorito dall'introduzione della scrittura sillabica (rispetto a quella cuneiforme) e all'introduzione del papiro, che garantisce un metodo economico e veloce per l'impaginazione dei libri, che danno il via al fenomeno della lettura solitaria, che però per tutta l'antichità rimane un fatto marginale, visto che era impensabile per la mentalità antica il moderno fenomeno del lettore solitario nella sua cameretta, sommerso di libri e di libri sui libri.

    Una prima incrinatura al concetto di poeta come uomo pubblico si ha nel periodo cosiddetto ellenistico, quando le occasioni pubbliche di lettura diminuiscono, e contemporaneamente nasce la filologia, che con il confronto critico fra le varie edizioni della stessa opera, il commento ragionato dei testi e le annotazioni metriche e lessicali, crea un tipo di lettore (e poeta) nuovo, più attento ai ferri del mestiere propri dell'arte, ai significati reconditi e ai preziosismi lessicali... in questo modo la figura del poeta e quella dell'erudito si confondono, spesso collimando (l'esempio principe è Callimaco, il massimo poeta ellenistico e maniaco dell'antiquariato poetico).

    Passando alla cultura latina invece poeta e uomo politico spesso coincidono, tanto che fino all'età imperiale i poeti a Roma non erano vere e proprie figure professionali, ma uomini politici/religiosi che nel tempo libero dai loro impegni si dedicavano alla Musa (come Catullo, o Cicerone). In età imperiale invece si forma qualcosa di simile al letterato professionista: mantenuto da un facoltoso mecenate in cambio della dedica dei libri, integrando questa fonte d'entrata con cicli di "conferenze" in cui leggeva parte della propria opera per occasioni politico/religiose o in feste private, quella del poeta diviene una carriera, meno appetibile di altre stando alle confessioni di Ovidio o Giovenale, ma pur sempre un modo per tirare a campare, da qui nasce anche il primo vero e proprio disprezzo verso la figura del poeta, chiamato con epiteto di simile a "pennivendolo".

    Caduto l'impero romano e diventata assai rara la capacità di saper leggere e scrivere (quindi ovviamente anche la circolazione dei libri), la figura del poeta si biforca: da una parte il monaco cristiano che in convento ricopia e chiosa i testi, componendone qualcuno di propria a mano -spesso di argomento apologetico-, dall'altra il trobatore, che versifica su soggetti "laici", come le saghe mitologiche degli invasori barbari e le gesta "storiche" di grandi figura di regnanti e cavalieri (re Artù, ecc). Il trabatore viveva sia del mecenatismo delle corti feudali, sia di quello che gli donavano i villaggi in cambio di letture pubbliche. Proprio dalla figura del trabatore nasce la poesia come oggi la conosciamo, visto che è sarà il suo modo di comporre e i suoi temi che confluiranno rivisti nella corrente detta del "dolce stil novo"; questa corrente si distingueva non solo per i temi principalmente amorosi e non più epici e per l’uso del volgare al posto del letterario latino, ma anche perché i poeti che ne facevano parte erano di origine piccolo nobiliare o borghesi arricchiti, impegnati in importanti ruoli politici nei nascenti comuni liberi dell'Italia del tempo (Dante), che componevano non per procacciarsi la pagnotta o per intenti d'edificazione religiosa come i monaci, ma per proprio piacere e prestigio, esattamente come i primi poeti latini. Saranno l'umanesimo e poi il rinascimento che decreteranno e consacreranno questo passaggio: il poeta ritorna figura con incarichi pubblici, erudito di vasti campi del sapere, compositore libero da obblighi che tratta i temi che più gli aggradano, siano essi politici, religiosi o amorosi. L’introduzione della stampa all’inizio non altera l’equilibrio: il costo dei libri sebbene ridotto non è ancora popolare, e un autore non può ancora vivere con i ricavati delle proprie opere.





    [Modificato da Nihil. 31/12/2009 18:22]
    No Copyright: copia, remixa, diffondi.

    Il mio blog: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=503508930



  • OFFLINE
    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 31/12/2009 18:21
    Parte 2

    La modernità

    Dal rinascimento passiamo con un balzo al secolo dei lumi, dove comincia una rivoluzione che troverà il suo pieno compimento nell’800: con la diffusione della scolarizzazione, la nascita e la diffusione dei giornali, e con l’abitudine di questi di pubblicare stralci di romanzi, poesie, ecc il poeta si emancipa dal mecenatismo dei facoltosi e dall’obbligo delle esibizioni pubbliche, e può mantenersi con il ricavato dei propri lavori, che devono rispondere solamente al gusto del pubblico: non tutti capiscono subito la portata rivoluzionaria di questo processo, saranno gli autori romantici (Scott, Shelley, Novalis, Manzoni ecc) a prenderne piena coscienza del fatto, e a tarare le loro opere in base a questa nuova consapevolezza. La portata del cambiamento è enorme: i temi si allargano alla vita quotidiana, alla descrizione della vita delle classi umili, dei loro amori, rancori e sofferenze, si ripescano metriche e modi della canzone, del dramma, e della musica popolare in contrapposizione alle cosiddette “arti colte”, si trattano soggetti storici contemporanei senza l’impaccio di dover tarare il proprio messaggio sulle convinzioni politiche del mecenate o dell’uditorio dell’esibizione, nasce l’idea del poeta vate, cioè dell’autore che si rivolge direttamente al proprio pubblico come maestro di vita o riformatore sociale (Byron e Heine i nomi più significativi); anche la lingua si trasforma, si purifica di arcaismi e latinismi e si fa più simile al parlato, in modo da essere comprensibile anche a chi ha un’istruzione non letteraria o poco approfondita… d’ora in poi sarà il poeta con il suo stile e i suoi temi a crearsi il suo pubblico e non più viceversa. C’è però l’altro lato della medaglia: il pubblico è composto per la stragrande maggioranza di inesperti dell’arte, che devono lavorare per mantenersi e hanno un tempo limitato per usufruire della poesia, quindi si affidano ai giudizi dei critici letterari professionisti o alle linee estetiche dell’editore, che avrà sempre più il ruolo di selezionatore e riassemblatore del materiale, più che di ordinatore e filologo come invece accadeva in precedenza.

    Nascono all’epoca i due schieramenti letterari che si scontrano ancora oggi: da una parte i fautori di una poesia intima, colloquiale, dal linguaggio semplice e subito comprensibile, che si rivolge ad un pubblico quanto più vasto possibile, in cui il poeta si confonde con il lettore; dall’altra parte una poesia colta, elaborata formalmente, di comprensione non immediata, rivolta ad un pubblico di amatori e/o esperti, a cui il poeta si rivolge come professionista dell’arte, conscio dei suoi mezzi e della sua cultura: questa polarizzazione favorisce la nascita di gruppi di poeti ben definibili, che si uniscono per affinità di vedute estetiche ed esistenziali (famosissimo il gruppo dei Parnassiani capitanato da Baudelaire). Ovviamente fra questi due estremi ci sono decine di posizioni intermedie, e non è detto che chi aderisce ad una poesia colta ed elitaria poi non possa avere anche un successo di massa (D’Annunzio ad esempio), o che temi intimi e dimessi non possano trovare un linguaggio aulico e prezioso (Montale). Nasce anche una delle idee più contestate nella storia della letteratura, ossia quella di avanguardia: il poeta consciamente cerca di definire cosa sarà la poesia del futuro, si fa veggente (Rimbaud), smonta le opere e gli stili di successo per parodiarli, portarli all’assurdo o far riaffiorare significati nascosti (i surrealisti), si pone in atteggiamento di sfida verso il pubblico e l’accademia provocando reazioni violente (futuristi), urta la sensibilità, il buon costume, e i tabù con l’esplicito intento di disgustare il pubblico (la famosa raccolta “Morgue” del medico Gottfried Benn, che descrive con estremo realismo il corpo mutilato e in decomposizione).
    I poeti “preziosi” e d’avanguardia, non potendo contare su vaste vendite e non provenendo sempre da famiglia agiate, conoscono povertà ed emarginazione, condizione esistenziale che per molti secoli il poeta non avevo più sperimentato, portando così tematiche, modi gergali, ecc presi dai bassifondi a dignità letteraria.
    Comunque, a dispetto delle apparenze, non sempre l’avanguardia non è baciata dal successo di pubblico: Benn al tempo vende molto bene, così come Apollinaire.

    La fase successiva è ancora più controversa: la nascita nel primo ‘900 dei partiti di massa porta ad un estetizzazione della politica, che per trovare consensi impiega in maniera innovativa tutti i mass media e i linguaggi, compreso quello della arti: la politica diventa così forte polo d’attrazione per gli intellettuali, che cominciano a dividersi per opinioni politiche e non più per fazioni estetiche; il poeta così diventa araldo, mitologo e giustificatore della linea politica del partito a cui aderisce, subordinando talvolta la propria creatività alle necessità della linea politica del momento. Ovviamente il fenomeno non è globale, anzi è molto forte solamente nei 3 regimi totalitari e relativi satelliti, diverrà poi vera e propria regola nei partiti comunisti stalinisti dopoguerra, quando il partito sovietico russo detterà ai suoi tesserati precise regole estetiche per ogni campo artistico, compresa la poesia… nascerà la figura dell’”intellettuale organico”, cioè dell’artista, giornalista, ecc inquadrato nei ranghi del partito, supportato per le sue “conferenze” dalle strutture logistiche dello stesso (Case del popolo, centri sociali, ecc), pagato ai suoi mass media perché celebri le imprese della propria linea politica, denigrando gli avversari (Aragon per esempio).
    Nel dopoguerra questa politicizzazione più o meno forzata della poesia genera una reazione contraria, ossia di una poesia disimpegnata, scollegata da qualsiasi tema sociale, fatta per la meditazione solitaria (Rebora, Penna, Palazzeschi, l’ultimo Ungaretti).

    Con gli anni 60’ avverrà una nuova rivoluzione: la scolarizzazione si allarga a vaste aree delle classi popolari, nasce l’idea dell’adolescente come target commerciale, l’editoria recepisce la cosa al volo e pubblica edizioni di classici della poesia a basso costo, stampa moltissimi nuovi poeti che rispondo al gusto giovanile di provocazione e rottura con la tradizione (i beat), fioriscono piccole realtà editoriali che si specializzano nella ricerca e nella promozione di nuovi stili e tendenze, si affaccia l’idea che ognuno liberando la propria creatività possa diventare un poeta, mettendo in crisi l’idea tradizionale del poeta come letterato di professione, sia esso accademico,“avanguardista” o artista al servizio del partito. L’effervescenza dura circa un ventennio, poi progressivamente si spegne, sia perché le condizione sociali che l’hanno generata vengono meno, sia perché i numeri delle vendite per la poesia sono troppo esigui rispetto ai romanzi best-seller o ai saggi di attualità per giustificare ingenti investimenti in pubblicità, talent scouting e tour promozionali.

    Così arriviamo all’oggi, che per molti versi è un periodo di transizione per la figura del poeta: da una parte disancorato per sentire dalle istituzioni accademiche che dovrebbero “preservare e diffondere” la poesia, dall’altra schiacciato dalla generale svalutazione della parola a favore dell’immediatezza della musica, del cinema e della grafica, che ha portato ad una vistosa contrazione del pubblico dei lettori e alla diminuzione delle occasioni pubbliche per poter farsi conoscere, reso anonimo dalla marea di pubblicazioni continuamente emesse dalle piccole casi editrici e dal recente fenomeno della pubblicazione self made a pagamento, il poeta oggi non gode di alcuna sicurezza, sia come prestigio sociale (molto basso), sia in termini monetari (pochissimi poeti riescono a vivere con i loro versi, i più sono professori, giornalisti, ecc).
    Non è tutto nero però il panorama presente: la capillare diffusione di internet da’ la possibilità di farsi conoscere in maniera estesa e gratuita, saltando la tradizionale rete di vaglia costituita da editori e riviste; la possibilità di leggere gratis estratti di raccolte altrui, classici e autori di diversa nazionalità contemporanei (spesso in traduzioni pessime, ma poco importa), crea possibilità prima inimmaginabili di contaminazione di stili, idee e linguaggi; il recentissimo fenomeno di antologie di autori “virtuali”, compilate da piccole e grosse case editrici, da’ la possibilità agli autori internettiani di farsi conoscere anche dal pubblico più tradizionale, che non legge il materiale pubblicato sulla rete. Internet ha dato vita anche ad un’altra novità: l’incontro fra diversi percorsi estetici ed esistenziali, prima separati dalla differenza (e diffidenza) di editore, rivista, cenacolo, oggi sgomitano fianco a fianco nei medesimi spazi, in cerca di notorietà; la possibilità multimediale di mischiare testo, musica, immagine e video (nonché la nascita della video poesia) creano possibilità di compenetrazione fra le arti ancora in larga parte inesplorate .
    Questi ultimi sono fenomeni troppo nuovi e rivoluzionari per essere oggi compresi in tutte le loro potenzialità, ci vorrà tempo e una certa stabilizzazione del mercato e delle tecnologie per tirare bilanci, ma alla fine del nostro percorso possiamo cambiare la sconsolata domanda di partenza “In che cos’è oggi il poeta?” a un più fiducioso “Cosa sarà domani il poeta?”.



    No Copyright: copia, remixa, diffondi.

    Il mio blog: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=503508930



  • OFFLINE
    vanni-merlin
    Sesso: Maschile
    00 06/01/2010 02:10
    mi sembra che ci si facciano tanti bei segoni....


    ciao




    vanni


    però....


    gaudeamus igitur, juvenes dum sumus....


    [SM=g9406]
    [Modificato da vanni-merlin 06/01/2010 02:11]
  • gasparastampami
    00 08/01/2010 10:25
    Ciao Vanni, ti rispondo perchè ho appena ricevuto un telegramma dall'alto, molto dall'alto, il cui testo è:
    " Pregasi informare molto pregiata persona chiamata vanni-merlin che in mancanza adeguata possibiltà collaborazione sessuale il sottoscritto ha creato tutto ciò che esiste con una serie di segoni durata sei giorni.
    Settimo giorno dovevo correggere bozze. Rinunciato per paura cecità.
    Beati voi che i segoni li fate insieme agli amici."

    Il telegramma è senza firma, ma non credo che sia opera di Berlusconi....... [SM=g8121]
    Ciao, carissimo
    rosaria
    [Modificato da gasparastampami 08/01/2010 10:28]
  • OFFLINE
    rofilippi
    Sesso: Maschile
    00 10/01/2010 11:13
    Molto spiritosa cara Rosaria
    [SM=g9320]

    Roberto
    ________________________________________
    il mio e-book a braccia aperte clickare su
    http://www.chiccascrumbs.com/bracciaperte.pdf
1