Quel di più

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    Paola7325
    Post: 596
    Sesso: Femminile
    00 01/12/2009 16:08

    Quel di più


    Davanti ad un quadro, mi capitava di fermare la mia realtà
    per farne muovere un’altra, più interiore. In quegli attimi di
    contemplazione di realtà dipinte da toccare con l’animo, sentivo che vi
    era qualcosa che mancava nella mia vita. Questo mio atteggiamento,
    m’indusse a cercare quel di più non solo in me, ma in ogni cosa che
    mi era attorno.
    Fino ad allora, avevo avuto l’impressione che la mia realtà era
    stata recintata dal mondo esterno con dentro il suo spazio/tempo, in
    confini netti tra ciò che esiste e ciò che non si conosce. Per liberarmi
    da questa sensazione negativa e per dar sfogo al mio ego intrappolato
    nel passato, decisi di dedicarmi alla pittura. Dopo svariati tentativi e di
    tele pasticciate, pensai di chiedere al mio amico Alberto di aiutarmi in
    questo mio intento.
    Alberto è un pittore eclettico ed innovatore, che incarna in sé lo
    spirito di libertà individuale, che enfatizza l’essenza genuina e
    sfaccettata dell’universo. È anche un bravo violinista.
    - Per oggi, ho da proporti qualcosa... - mi disse Alberto,
    mostrandosi entusiasta per la sua idea. - Io suonerò il violino e tu ti
    lascerai guidare dalla mia sinfonia. Dipingerai ciò che ti verrà in
    mente. Vanno bene anche, dei particolari ricavati da quadri di pittori
    famosi, come ad esempio L’Urlo di Munch, se vuoi esprimere il tuo
    bisogno di urlare, o le stelle di Vang Gogh, se ti senti romantica... Fai
    un po’ tu. Se vuoi dare un’occhiata ad uno di questi cataloghi... - e me
    ne indicò alcuni che io ignorai.
    Riflettei per un attimo sul soggetto da riprodurre e mi balenò in
    mente un celebre dipinto, Persistenza della memoria, di Salvador Dalì.
    Il credere che potevano esistere altri modi di interpretare la realtà,
    totalmente differenti dal nostro abituale concetto di vedere tutto ciò che ci
    circonda, mi entusiasmava e m’incuriosiva. Apriva un varco di luce nella
    mia mente!
    Nel frattempo, Alberto, iniziò a suonare. Muoveva con tale maestria
    ed eleganza l’archetto, che sembrava volesse cavalcare quelle vibrazioni
    per raggiungere un preciso scopo. La sua melodia sembrava risvegliasse in
    me la memoria nascosta Ci fu un attimo in cui sentii il mio cuore battere
    forte in petto.
    Finii di dipingere prima che terminasse l’esecuzione del brano
    musicale. Così aspettai.
    - Puoi dirmi che cosa hai rappresentato? - Mi esortò Alberto, con
    tono gentile e senza commentare il mio disegno.
    - Ho riprodotto alcuni particolari di un quadro famoso, come tu mi
    avevi chiesto.
    - Bene, Elvira. Hai interpretato la realtà così come la stai vivendo!
    Mi guardò attentamente per vedere la mia reazione. Sembrava che
    fosse capace di leggere nella mia mente, infatti, prontamente ribattei:
    - Oh no! Non è come credi tu. - Poi gli spiegai il motivo della mia
    scelta: - Sin da piccola, ero rimasta affascinata da un dipinto che avevo
    visto per caso sfogliando un libro d’arte. Mi riferisco ad uno dei più
    rinomati quadri di Salvador Dalì, Persistenza della memoria. Gli orologi
    molli, da lui interpretati in qualche modo, mi avevano lasciato qualcosa su
    cui indagare e scoprire quale altra realtà si potesse nascondere dentro ogni
    oggetto. Ricordo ancora le parole che avevo letto su quella pagina, che
    tutte le forme avevano una componente dura e una morbida, che tutte
    potevano mutare d’aspetto, ed essere viste da un’altra dimensione: gli
    orologi molli non sono altro che Camembert paranoico-critico... tenero,
    stravagante e solitario... del tempo e dello spazio.
    - Bene, ottima memoria, - lui mi disse con un mezzo sorriso. - Oltre
    che essere un’intenditrice d’arte, noto che sai tutto sul formaggio
    Camembert...
    - Niente affatto! Non l’ho mai degustato! Conosco solo alcune sue
    caratteristiche. Per esempio, che è un formaggio a pasta molle, e con
    crosta fiorita di colore bianco.
    - Così, hai passato la tua vita ad osservare gli orologi molli di Dalì,
    ispirati al formaggio Camembert, senza averne mai assaporato la sua
    duplice consistenza? Allora, non puoi nemmeno immaginare cosa vuol
    dire sentire in bocca la squisitezza di quel tipico formaggio, denso e allo
    stesso tempo cremoso, una vera gioia culinaria! Se vuoi davvero scoprire
    cosa Dalì intendeva con paranoico-critico, tenero, stravagante, solitario,
    del tempo e dello spazio... devi assolutamente assaggiarlo! La prossima
    volta lo comprerò e lo assaggeremo insieme.
    - Sì, certo, è un pensiero gentile da parte tua, - lo interruppi. - Solo
    che a me non piacciono molto i formaggi, alcuni, per me, sono davvero
    nauseanti, e poi...
    - Duri o molli che importa! Purché facciano l’ora esatta, - disse lui
    con un pizzico d’ironia.
    Mi sforzai di sorridergli. Lui si accorse del mio umore fiacco.
    - Ti sento un po’ giù, oggi! Che cosa ti è successo, Elvira?
    - Questa mattina, ho avuto una breve discussione con mia madre. -
    risposi d’un fiato. - Ad un tratto, mi sono sentita senza nessuna consistenza!
    Ogni parola che le dicevo sembrava non avere nessun peso su di lei.
    Forse, per questo, ho pensato a quel dipinto. Mi sento come uno di quegli
    orologi afflosciati!
    Alberto prima mi guardò. Dopo un po’ mi disse: - Ricordo quando ci
    siamo incontrati la prima volta in quella Galleria d’Arte. Avevi un’aria
    afflitta, come ora!
    - Sì, quel giorno ero triste. Ricordo che fissavo la tua bocca sottile
    deformarsi mentre commentavi a voce alta il tuo dipinto che avevo tanto
    criticato.
    - Vede questi tagli sulla tela? - mi dicesti - Non sono solo semplici
    squarci fatti senza alcun senso per impressionare chi li guarda, ma...
    queste fenditure, cara signorina, sono come delle fughe temporali, delle
    soglie per accedere ad una consapevolezza più espansa della realtà,
    quella che si nasconde dietro ad ogni cosa!

    Non avrei mai immaginato che l’uomo che era al mio fianco, poteva
    essere l’autore di quei rivelatori tagli che allora, non avevano per me,
    nessun significato.
    - All’inizio, mi ero chiesto che cosa ti attirava in quella mia opera
    per spingerti a restare lì, piantata davanti a quel quadro per più di un
    quarto d’ora! Mi chiedevo che cosa ti avevo trasmesso.
    - Signorina che cosa le piace di questo dipinto?- Ti avevo
    domandato con tono gentile. E tu mi avevi risposto: - Questi tagli,
    sinceramente, non mi dicono nulla. Chissà che cosa spinge un pittore a
    compiere un simile gesto? Mi chiedevo se fosse stato un suo attimo di
    follia.
    - Allora ti spiegai il mio pensiero, e quel nulla cominciò ad avere una
    sua consistenza, una sua profondità. Il Nulla diventava il Tempo e lo
    Spazio da attraversare con gli occhi della mente. A quel punto, ho avuto
    l’impressione che stavi afferrando il concetto. Così t’incalzai: - Lei crede
    realmente in tutto quello che vede intorno a sé? -
    Tu mi guardavi in
    silenzio, con quei tuoi stupendi occhioni blu, immersi nel profondo del tuo
    intimo.
    - Ricordo, infatti, che quel suo starmi addosso con lo spazio
    temporale mi aveva fatto riflettere molto. Mi aveva, infine, spinto ad
    elaborare un pensiero tutto mio. Così ti risposi: - A volte basta poco per
    scoprire che c’è in noi un ‘di più’ che va oltre a ciò che crediamo di
    essere. Ed è quel di più che, probabilmente, fa la differenza tra una
    realtà ed un'altra.

    - Elvira, se ti ponessi, ora, la stessa domanda di allora, cosa mi
    risponderesti?
    - Beh... che dipende sempre da quel ‘di più’! E’ un dono che alberga
    in ognuno di noi, e che, se smosso, permetterebbe d’essere più flessibili ed
    elastici, rispetto alla staticità di ciò che è normale.
    Dall’espressione di Alberto, mi accorsi che era la risposta che lui
    s’attendeva. Mi stava sorridendo annuendo.
    - Elvira, devi quindi cercare di smuovere quel ‘di più’…
    Senza preavvertirmi, mi sollevò il mento con due dita, in modo
    delicato, e me lo tenne fermo in quella posizione. Poi cominciò a
    disegnare qualcosa sulla mia guancia destra. Pensai a Dalì, all’Urlo di
    Munch… ad altri pittori, a quel di più posseduto da ognuno di loro che
    arricchiva la loro realtà rendendola più modellabile. Avevo intuito che
    quel di più era anche in Alberto. E lo lasciai fare.
    Ad un tratto, avvicinò il suo viso al mio. Incrociai da vicino i
    suoi occhi, che esaltati dal colore nero della matita, sembravano
    accesi. Erano di un intenso colore verde. Lui accennò un sorriso, ed io,
    imbarazzata, abbassai lo sguardo. Il profumo del suo dopobarba era
    strano, ma buono. Iniziai a sentire caldo. Dopo un po’, avvicinò le sue
    labbra al mio orecchio, sfiorandomelo. Ebbi un sussulto e trattenni il
    fiato. Con voce tranquilla, Alberto mi bisbigliò:
    - Non essere così tesa, rilassati!
    Allora respirai profondamente, mentre lui continuava la sua opera.
    Quando Alberto finì di dipingere, sospirai con sollievo. Guardò con
    aria disinvolta ciò che aveva disegnato, e non contento, premette
    leggermente il suo pollice sulla mia pelle per sfumare il colore.
    Incrociai di nuovo il suo sguardo vivido. Guardai Alberto con occhi
    interrogativi.
    - Che cosa c’è?
    - Niente, - risposi.
    - Ti senti poco bene? - Mi chiese Alberto scrollandomi leggermente
    le spalle. Aveva un tono di voce preoccupato.
    - Sì, sì... ora sto bene, grazie.
    Mi sentivo stralunata. Rimasi lì, seduta immobile. Continuavo ad
    affliggermi per la paura che il mio spazio/temporale, da un giorno
    all’altro, sarebbe stato di nuovo recintato. Mi sentivo come un blocco
    di pietra, una scultura dove in ogni piega c’era l’ombra della mia
    paura causata dalla mia estrema sensibilità.
    Ero persa in quei pensieri, quando Alberto mi richiamò alla realtà:
    - Elvira, prendi. - Disse sottovoce, porgendomi uno specchio dalla
    forma ovale.
    Ebbi un sussulto quando vidi la mia immagine riflessa
    deformarsi. Ad ogni minimo movimento, il mio volto tendeva a
    protendersi verso il basso. Sorrisi divertita. Mi sembrava di essere
    intrappolata in una deformazione temporale infinita dove ogni cosa era
    instabile. Provai a guardare gli oggetti dietro le mie spalle.
    - Che cosa vedi?
    - Una realtà distorta, direi molle!
    - Brava! Anche se... mi riferivo al disegno che ho disegnato sulla
    guancia, Elvira!
    Distolsi lo sguardo dalla mia immagine, lo guardai e iniziai a ridere.
    Poi, mi spiegò che quello specchio ovale, che lui stesso aveva
    comprato al mercatino di oggetti antichi, lo aveva aiutato a guardarsi in
    modo diverso.
    - A me, ora non serve più, tienilo tu! Vedo che ti mette di buon
    umore!
    Sorrisi, e lo ringraziai.
    Impugnò l’archetto, si concesse un attimo di concentrazione, e
    riprese a suonare.
    Mi sentii far parte del suo universo multiplo, fatto di diverse
    consistenze.

    FINE

    Paola Carrozzo
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    Versolibero
    Post: 172
    Sesso: Femminile
    00 28/12/2009 22:58
    Insomma, Paola, artista eclettica
    tu sei [SM=g6398]

    dipingi [SM=g8106]

    scrivi poesie
    e pure racconti [SM=g9035]

    per caso suoni anche? [SM=g9066] [SM=g10435]

    Ho letto velocemente ma ci ritornerò
    comunque è una bella idea raccontarsi, ripercorrendo le prime tappe


    [SM=g6398] [SM=g6401] [SM=g6398]


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    "Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
    o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
    (citazione di EEFF)