Aggiorno con la mia nuova identità la carta poetica, che si è arricchita di altre invidiabile "perle" in questi 3 anni
Con testo a fronte
S’inscrive in aria stantia
questo cercarsi, spellarsi
spalmarsi in versi lunghi ed arsi
come fossimo sfusi, circonfusi
d’identità, solidità e molte altre A’
rigorosamente con accento calcante
racchiudente, estirpante
ci vorrebbe il testo a fronte
quando mi specchio e non vedo niente
se non luce infranta, santa e non benedetta
perché non c’è più fonte pura
da cui sgorgano parole
ma solo fango, ed acqua limacciosa
e allora eccomi, prendimi e dragami:
tieni lo sguardo basso all’orizzonte
e la mano pregna, nel fondo
schiusa all’oro.
Di nere farfalle
Non sai come si adagiano sulle mani
si stendono sul palmo e dormono
d’un sonno di cui vibrano le ali
crescono su pagine consunte
su classici che sfidano la polvere
dall’alto d’uno scaffale, e non si offendono
se le trascuri per fare l’Amore
-lei stesa sul tavolo le gambe schiuse
come fosse un poema questo leggerci
nel corpo, e poi sottolineare con il fiato
le parti da non dimenticare-
loro guardano e se ti giri
le scorgi tremare
filano i ricordi e li legano alle parole
e se una per caso muore
rimane una traccia d’inchiostro
l’ombra d’una poesia che vuole
il suo eterno ritornare.
Ofelia remix
“Non chiedermi cosa mi si spezza dentro
ho scorte di rime dure per la nausea
mi porto appresso il chiodo d’ogni Amleto,
mi mento finché posso o credo -a questo ruolo-
sono catene anche le urla
le lamette e la cera da depressa
mi stringo al ventre, mi ritrovo nella vagina
(Ma)donna in attesa del suo bambino
potrei dirti “Scorticami, rosicami, divorami!”
ma sarebbe solo un altro crescendo
punte di maiuscole a solleticare il Cielo
-e allora leggimi, copiami, remixami
perché del muro delle pagine sono stanca-
vorrei solo un respiro che si sciogliesse
sul mio seno, un corpo caldo d’uomo
con una rosa nera che gli spunti
-come un feto- dalla bocca.”
Nichilismo 1.1
Ritorneremo anche al culto del sole
al saluto delle cose, al calcolo retinico delle ore
a chiedere pioggia sul solco e all’aspersione dell’orto
o forse segneremo con penne di pavone il Nuovo Testamento,
vi cercheremo l’ultima l’apocalisse nascosta
(è sempre della fine che si torna a parlare
l’aurora non ha l’audience della cassa da morto)
e allora via che si salta sul carro della Tradizione
-ma occhio, è a trazione anteriore-,
un giorno col Papa e l’altro col papà
a visitare le ultime aree di arie ariane protette
e se il gioco non funziona, rimane il tumulo con cipresso
l’ascesso dell’ascensore che in assenza di piano superiore
discende sempre più a fondo, anche se il profondo
ha l’odore di un parcheggio d’anime a ore.
Oltreuomo (una poesia per tutti o per nessuno)
Essere duri con se stessi
scavarsi, come roccia o marmo
non la mano, né il callo
ma dalla selezione delle sementi
germina il cuore
l’ombra lunga che espande l’esilio
da quel Tu, che è corpo ma prima parola
è uno sgranarsi in prospettiva
questo nostro mutilarci in uno scorcio
in un paesaggio attraversato da sentieri interrotti
ragnatele di sogni dove non esiste (D)io
e allora lascia che sia Lei
a lanciare i tuoi dadi:
questo e non altro
si chiama Amore.
Bela Lugosi
Il sangue non è dimora
scorre sottile per le vene, in cerchio
come un cane in cerca della coda
e se il collo s’atteggia a sorgente
(ascolta… è il fascino della pelle
che allunga i canini)
il morso vacilla a contatto del rosso
s’imporpora d’angoscia, mentre il cuore
stantuffa come siringa l’eroina
e tu non sai se il letto diventa bara
e domani sentirai ancora le tempie esploderti dalla voglia
di quel cacciare ed essere scacciati
che t’insegue come un’animale nella –tua- notte
e sai,
non ho neanche aglio o croce
per difendermi da me stesso
ma solo la notte affogata nel whisky
e questo braccio, segnato da buche
come un cimitero.
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