00 21/09/2009 16:20
Marco 9,30-37
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che nessuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà". Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo per strada?". Ed essi tacevano. Per strada avevano infatti discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo sia l'ultimo e il servitore di tutti".
E preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".

Ieri ho sentito, in chiesa,
una predica interessante su questo Vangelo.
Il Sacerdote (don Giuseppe) ha stabilito il collegamento tra la situazione descritta ed il fatto che, poco prima, Gesù aveva scacciato un demonio "sordo e muto" in una sinagoga.
Don Giuseppe ha detto che è come se, il demonio sordo e muto (che i discepoli non erano riusciti a scacciare perché, secondo ciò che dice Gesù, non avevano pregato), fosse uscito dal corpo, di colui che tormentava, per contaminare i discepoli che sono "sordi" perché non capiscono le parole di Gesù e "muti" perché non hanno il coraggio di aprirsi a lui.
Un demonio che non si manifesta più con fenomeni eclatanti, ma, più subdolamente, tenta i membri della Chiesa con la superbia (il "chi fosse il più grande") e con l'incapacità di portare i propri problemi al giudizio ed al consiglio della Parola di Dio.
Qual'è la "terapia" che consiglia Gesù in questo caso?
E' il gesto di porre al centro il fanciullo (dipendente per antonomasia e, la preghiera, cos'altro è se non dichiararsi dipendenti da Dio) e di accoglierlo, dentro di sé e nelle azioni di tutti i giorni, come si accoglie Lui.