Officina della poesia "Nicola Imbraguglio" Laboratorio poetico

La piccola fiaamiferaia

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    smoje
    Sesso: Maschile
    00 07/09/2009 12:56
    "rivisitazione di una favola a tua scelta" per un concorso tra amici
    questa, per chi non la conosce, è l'originale

    È la notte di Capodanno, e la Piccola Fiammiferaia è in strada, al freddo, a vendere fiammiferi. Non ne ha venduto ancora neppure uno; sta gelando ma non osa tornare a casa perché teme la reazione che il padre avrebbe vedendola rientrare senza un soldo di incasso.

    Cercando disperatamente di scaldarsi, la Piccola Fiammiferaia inizia ad accendere qualche fiammifero. Per ogni fiammifero acceso, un'immagine appare davanti a lei, sparendo poi quando la fiamma si spegne; prima le appare una stufa, poi un tavolo imbandito, poi un albero di Natale.

    Quando una stella cadente attraversa il cielo, alla Piccola Fiammiferaia torna alla memoria la nonna morta, che era solita raccontarle che ogni stella cadente è un'anima che vola in Paradiso. Accendendo un nuovo fiammifero, la bambina vede sua nonna; per prolungare quella visione, accende velocemente tutti i fiammieri.

    Quando anche l'ultimo fiammifero si spegne, la Piccola Fiammiferaia sogna di essere portata in cielo dalla nonna. Il suo corpo senza vita viene ritrovato nella neve, con un sorriso in volto e un mazzetto di fiammiferi spenti in mano.


    e questa è quella deturpata da me...


    LA PICCOLA FIAMMIFERAIA

    Era la notte di capodanno, nell’aria si respirava l’odore di festa e di carne appena cotta. Il freddo pungente spingeva le donne a camminare veloci e imbacuccate, gli uomini a rintanarsi nelle grandi macchine riscaldate ed i bambini a rincorrersi festanti nelle strade giocando agli indiani e ai cowboys. Il cielo pullulava di luci colorate e di allegri scoppiettii, inequivocabili segnali che un nuovo anno era alle porte, un anno come gli altri, nella tranquilla cittadina di Baghdad.
    Nella piazza principale una ragazzina, tremante per il freddo e per i vestiti troppo vecchi e laceri per proteggerla, sotto un lampione fioco vicino all’ambasciata iraniana, vendeva fiammiferi. Aveva la faccetta vispa di chi ne ha già passate tante senza per questo perdere la candida innocenza dei bambini, due occhi scuri e luminosi che rivelavano la dolcezza del suo piccolo animo, e un fastidioso callo sull’alluce destro. Tante colorate scatole di fiammiferi nella sua borsetta, più volte rammendata da una mamma premurosa che non vedeva ormai da tanto tempo, perché era dovuta andare in un paese lontano lontano per lavorare (faceva la lucidatrice, lucidava tutto, pavimenti, tavoli, portoni; un lavoro che lì non aveva futuro, “Forse è per questo che c’è polvere dappertutto”, pensò), la ragazzina sognava…

    Era stata una giornata pesante per Mawhaf Ahnk – Uhll, vicepresidente di una nota ditta di dolciumi che per poter operare liberamente doveva agire sotto la copertura di una fabbrica di bazooka, e viceministro alle pari opportunità (un lavoro sempre più difficile, quello di vietare tutto a tutti in egual misura), ricordava parola per parola il colloquio – telefonico, come sempre – con il suo capo:
    “Ahnk – Uhll, Ahnk – Uhll, non ci siamo”
    “Ma perché, signore? Allude a quell’operaio che è caduto dal ponteggio e si è rotto le gambe? Io..”
    “Te l’ho sempre detto che i ponteggi devono essere molto più alti, ma non è quello”
    “Allora sta parlando del nuovo “Ovetto Killer” che ho inventato? Ma guardi che…”
    “Effettivamente ho notato che ancora non dà assuefazione, e poi toglierei la sorpresa all’interno, ma non è neanche quello”
    “E allora cosa? Non capisco”
    “Il tuo alito, cazzo. Hai un’alitosi spaventosa, sembra che ti lavi i denti con lo scopettone, possibile che non te ne sei ancora reso conto? Non ti sei mai chiesto perché il tuo ufficio è al 7° piano? Sottoterra? O perché quando devi partecipare a una riunione passa sempre la circolare di un possibile attentato chimico per poter indossare le maschere antigas? Vedi di fare qualcosa perché sembra che c’hai un topo morto in bocca, e non posso più perdere i clienti per colpa tua, chiaro?”
    Ecco cos’era, finalmente capiva tutto, la sua solitudine, il suo soprannome (pensava che lo chiamassero “faccia da culo” per la sua frizzante spregiuducatezza), il suo isolamento, anche tutti i rifiuti delle ragazze, non dipendevano dal suo naso aquilino, eredità di suo padre, nè dalle orecchie a sventola, eredità della nonna, e neppure dalle sue ridotte dimensioni (eredità di una zip chiusa troppo di fretta), era l’alito, come aveva fatto a non pensarci prima? “A proposito di ragazze, ho proprio bisogno di una distrazione”, pensò mentre saliva affranto sul suo fiammante fuoristrada nero vinto a una tombolata aziendale perché dopo aver declamato il primo estratto era rimasto solo.

    …sognava un anno felice, sognava una tavola piena di dolci veri, e non di sassolini bianchi che in famiglia raccoglievano per strada fingendo fossero confetti e che non mangiava nessuno tranne il nonno che non solo era cieco, ma adesso non aveva più neanche un dente e quando parlava sembrava il vento di scirocco; sognava un albero di natale vero, e non il nonno che doveva stare un mese immobile con le braccia spalancate pieno di palline colorate da tutte le parti che una volta l’avevano scambiato per una pista d’atterraggio e un caccia gli era atterrato vicino e lui s’era pisciato sotto per lo spavento e allora un cane per segnare il territorio l’aveva scambiato per un albero vero e gli aveva pisciato addosso pure lui; sognava un caminetto vero e non la bombola che usavano per riscaldarsi che per accenderla, non avendo il gas, dovevano staccare il respiratore del nonno che ora quando respirava sembrava il ghibli. E allora ripensò alle parole di sua mamma che le aveva detto “quando ti senti triste, accendi un fiammifero, ed esprimi un desiderio. E quando vedrai una stella cadente, saprai che il tuo desiderio si avvererà”. Con gli occhi chiusi e il cuore che le batteva forte forte, prese un fiammifero, e lo accese…

    Come ogni mattina, una arzilla e simpatica novantaquattrenne, inutilmente sorretta da un bastone in piombo con finiture in ghisa e uranio impoverito, girava barcollando pericolosamente per il mercato per comprare i generi di prima necessità: pane, cipolle e lamette da barba. Passando davanti all’unica bancarella della piazza, che vendeva frutta, verdura, abbigliamento mimetico, fiat duna, missili terra/terra, televisori al plasmon, dischi de “I ragazzi Iraniani”, “I Poveri e Poveri” e “Gli amici di Maria De relitti”, pensò
    “Ah, oggi al cenone voglio fare una bella zuppa. Giovanotto, mi darebbe quel bel pomodoro rosso?”
    Il commerciante, piuttosto stupito, rispose:
    “Signora, quello che sta guardando è un preziosissimo rubino da venti carati, dinastia Ming…” “Intanto non dica parolacce, e poi non ho nessun cugino coi denti cariati di Nassyria, ma cosa c’entra? Piuttosto mi dia quella bella zucchina là, che con le lenticchie ci sta benissimo”
    “Ma questa è completamente rincoglionita” pensò il venditore “ma signora, quella non è una zucchina, è un…un…insomma non è adatto per la sua età, si usa per il femminil…sollazzo”
    “La smetta con parolacce, villano, e poi mi serve intero, non a metà, comunque lasciamo perdere, me la vuole dare o no quella pera matura?” esclamò indicando decisa il famoso clistere utilizzato tra gli altri da Sancho Panza, Pipino il Breve e Dumbo.
    “Se, vabbè, buonanotte”
    “Ah ah, sporcaccione, non si va a mignotte sotto natale, lo sa? E non ci provi più o la picchio con questo ombrello in bambù e piume di struzzo” disse la vecchina agitando tutt’intorno il pesante bastone con un’imprevedibile velocità causando la rapidissima schivata del commerciante, la recisione netta del mignolo della mummia originale del faraone Tuttattakkàton e l’asportazione della cornea di un ignaro passante. Poi, contrariata, la bonaria vecchietta decise di fare da sé, si riempì la sportina di datteri, cus cus e una cazzuola da muratore e si allontanò borbottando.

    …non aveva ancora finito di accenderlo quando in aria, sospesa come una nuvoletta, si materializzò una stufa. Una vera stufa, di quelle con la legna, la fiamma e tutto. “Devo aver mangiato qualcosa di pesante” pensò la bambina ricordando il funghetto che aveva preso a colazione, regalatole da Imad. Stava già pregustando il calduccio che poteva provenirle da quella meraviglia, quando un boato (a cui era abituata, convivendoci da appena nata, ma che ogni volta le procurava un improvviso sussulto, un forte spavento e un principio di alopecia) face svanire immediatamente l’incanto, facendola ripiombare nella bellicosa routine…

    Il camion procedeva ad andatura piuttosto sostenuta tra le strade del centro, rese poco praticabili dalle numerose ed inevitabili voragini, dalla solita folla di gente e da uno sciopero degli autotrasportatori in protesta contro l’aumento del costo del gettone per il videopoker.
    “Allaccia la cintura per favore, non vorrei che ci facessero la multa”
    “Ah ah, buona questa. Dai accelera, che oggi passiamo alla storia. Allah è grande”
    “Non posso, stiamo già perniciosamente rasentando il limite, che, sebbene opinabile, tuttavia costituisce a tutt’oggi un valido deterrente contro l’ormai dilagante malcostume…”
    “Ma come cazzo parli? E perché ti sei fermato? Dai, non perdiamo tempo. Allah è grandissimo”
    “Non vedi che il semaforo è arancione?”
    “Ma porca di quella miseria zozza. Idiota. Noi stiamo andando a fare un attentato all’ambasciata iraniana, con centinaia di morti, feriti e servizi in tv, e tu mi parli di semafori? Qui dietro abbiamo un arsenale da sterminare mezzo mondo e tu pensi alle cinture? Ma che ti sei rincoglionito? Su, sbrigati. Allah è enorme!”
    “Mio solerte amico, anche io penso all’incommensurabile privilegio rappresentato dall’eclatante azione odierna, e mi figuro con casto ludibrio (perdonami l’ossimoro) l’incomparabile beltade delle sette vergini che attendono le nostre anime anelanti di catarsi, eziandio…”
    “E non bestemmiare, cazzo. Premi quell’acceleratore chè stiamo già in ritardo. Ricordati che il muezin ha detto che se ne accoppiamo meno di 100, invece che sette vergini ci toccano tre pensionate tirolesi, una ex impiegata delle poste con il colpo della strega, lo strabismo di venere e il gomito della lavandaia, e due campioni di body-building dell’arcy-gay. Allah è gigantesco”.
    “Non vorrei tu cadessi nell’abusato e stantio luogo comune della discriminazione sessista che contribuisce inequivocabilente a connotare quegli individui di vedute obsolete e retrogade”
    “Ma che cazzo stai a dì? Mi stai facendo innervosire. Ringrazia che sono un buono e che stiamo andando a fare una strage, sennò t’ammazzerei con le mani mie. Allah è grandissimo”
    “L’hai già detto”
    “Cosa? Ah. Allora…Allah è…enorme”
    “Pure”
    “Azz…grandissimissimissimo?”
    “Non vale”
    “….Allah…lah…la…vuoi piantare di rompere le palle? Abbiamo cose più importanti da fare. Su andiamo, sterminiamoli tutti questi infedeli, massacriamoliiiiiiii”
    E il pesante automezzo blindato riprese caracollando la sua folle corsa

    …la bambina volle ripetere l’esperimento. Accese un altro fiammifero e si concentrò a fondo. Immediatamente nel cielo sopra di lei prese forma un albero di natale. Con le lucette, le palline e perfino la stella cometa in cima. “Ci dev’essere qualcosa che non va” pensò subito, e le tornò in mente la voce di Imad che le prometteva di regalarle un funghetto se lei riusciva a darne altri cento ai suoi amichetti/professori/sconosciuti con le caramelle. In quel momento si avvicinò al lampione un fuoristrada nero; rallentò fino a fermarsi e piano piano cominciò ad abbassarsi il finestrino.
    Alla vista di quella faccia la bambina esclamò “che naso grande che hai, e che orecchie grandi che hai. Ma lo sai che sei proprio un cesso?”
    L’uomo non fece una piega e con voce melliflua e suadente rispose “Ciao pupa, quanto vuoi?”
    “Ma quanto voglio per cosa? Per i fiammiferi? Tieni, te ne regalo uno, basta che te ne vai, chè c’hai un alito che ammazzi le mosche al volo”
    E così dicendo gli mise in mano il fiammifero che ancora teneva stretto, ma in quel momento un'altra di quelle innumerevoli esplosioni fece dissolvere nel nulla l’albero che ancora campeggiava in cielo e contemporaneamente andare in mille pezzi il fuoristrada.
    “Mannaggia” pensò la ragazzina “questa mi ha quasi sfiorato. Ma tu guarda se questi cattivoni non mi lasciano sognare in pace” e accese decisa un altro fiammifero.
    Subito si materializzò una tavola imbandita, piena di torte, di caramelle e di due bottiglie di Jack Daniel’s riserva. Allora la piccola decise che avrebbe lasciato stare Imad e che sarebbe tornata da Hussam, anche se la farina che le dava lui le piaceva di meno. Nello stesso istante le si avvicinò una simpatica vecchietta che la guardò con affettuosa commiserazione
    “Bambina,” disse “ma tu devi mangiare, altrimenti ti senti male, guarda come ti sei ridotta, sei tutta pelle e ossa. Tieni, prendi queste olive nere”.
    “A parte che quelle lì sono cacche di capra” fece lei “e poi io sono di qua, sta parlando con il lampione”. E, impietosita, le regalò il fiammifero, aggiungendo “ma si allontani subito, che qui sparano le bombe”
    “Ma no piccola, non preoccuparti che non scavano le tomb…”
    Non fece in tempo a terminare la frase che l’ennesima esplosione la colpì in pieno facendo naturalmente scomparire anche la meravigliosa tavolata.
    “Oggi non è giornata” si disse la bambina “Sai che faccio? Li accendo tutti insieme”. E così fece

    Il camion era già in vista dell’ambasciata, e si avvicinava pericolosamente; all’interno l’atmosfera era tesissima
    “Dai fratello, dai che ci siamo, ecco l’ambasciata. Su, schiantiamoci. E se quella stronzetta di bambina sotto quel lampione non si scansa, passale sopra senza pietà. Paradiso aspettaci, stiamo arrivandooooo. Allah è…vabbè va.”
    L’autista, lanciato a folle velocità e per di più in preda ad una fortissima emozione con conseguente copiosa sudorazione ascellare, riuscì a compiere una miracolosa manovra, ma non riuscì a evitare completamente quella ragazzina immobile con dei fiammiferi in mano, pestandole un piede con la pesante ruota anteriore sinistra.
    “Mi scusi, graziosa signorina, per mia imperdonabile sbadataggine” disse abbassando il finestrino “tuttavia mi auguro di non averle arrecato un eccessivo indolenzimento metatarsiale, pur essendo consapevole che cotanto peso genera inevitabilmente una spiacevole sensazione di…”
    “Ahiaaaaaaaaaa. Il calloooo! Maledetti, oggi non ne posso più” e così dicendo la ragazzina lanciò tutti i fiammiferi che aveva in mano attraverso il finestrino. Era mezzanotte in punto.

    La gente si sarebbe ricordata per decenni di quel capodanno. Fuochi artificiali eccezionali, un boato assordante e luci multicolori senza precedenti. Qualcuno giura anche di aver visto due grandi stelle cadenti sfrecciare sul cielo di Baghdad.
    “Le stelle!” immediatamente la bimba ebbe la visione della mamma. Era felice, e stava lavorando! La vide mentre lucidava il vetro di una macchina tutta insaponata. E la lucidava con il corpo. “Sicuramente per non sprecare la spugnetta” pensò, candida; e poi lucidare un palo verticale in mezzo ad una strana sala piena di distinti signori, nuda “Per non rovinare i vestiti, certo” si disse.
    La piccola non si accorse dell’ennesimo miracolo di quella magnifica notte: le due stelle, splendidi bagliori incandescenti sullo sfondo del cielo nero, stavano parlando:

    “Immenso. L’ho detto immenso?”
    “Cosa? Ah, no non mi pare, o quantomento non mi sovviene, in codesto concitato momento”
    “Allah è immensoooooooooooooooooooooooo”
    BOOOOOOOOM

    La ritrovarono due giorni dopo, il suo corpicino già freddo ma l’espressione felice, ancora strette delicatamente in mano tutte le sue scatoline, ognuna con una piccola scritta ormai quasi cancellata: RAUDI




  • f.almerighi
    00 04/12/2013 13:29
    potremmo definirlo sarcasmo visionario, meglio una lettura dopo quattro anni che mai