Forum dello scalatore Luogo d'incontro per salitomani

Dalla Sicilia alle Alpi

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    Valerio Capsoni
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    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    10 18/06/2009 18:40
    Eccomi di nuovo qui, con qualcosa di bello da raccontarvi... sono appena tornato nella torrida Sicilia, e voglio proporvi un resoconto a puntate di una settimana fra le Alpi. Un'esperienza indimenticabile!

    Le Alpi sono sempre state il mio sogno di bambino. I miei primi ricordi “ciclistici” sono infatti legati ai tapponi alpini e dolomitici del Giro d’Italia, negli anni in cui Moser e Saronni si sfidavano sui passi leggendari per la maglia rosa, preceduti da generazioni di campioni. Pordoi, Marmolada, Stelvio, sono alcune tra le vette che hanno sempre risuonato nella mia mente da quando mi sono appassionato alla bicicletta. Finalmente, dopo tanti anni, il sogno di vederle e di scalarle si è avverato, grazie all’aiuto di due amici che mi hanno permesso di vivere quella che mi sento di definire a tutti gli effetti una grande avventura. Viviamo in Sicilia, ai piedi dell’Etna, il più grande vulcano attivo d’Europa. Siamo in tre. Io, Alberto Scuderi, col quale condivido un’amicizia quasi decennale, tesserati con l’Etna Bike Team di Zafferana Etnea, e Salvatore Barbagallo, nostro vecchio compagno di squadra, ora in forze col Team Granfondo Pinarello di Treviso, e fresco conquistatore dello scudetto del Prestigio nel 2008, dopo aver partecipato a tutte le Granfondo più importanti d’Italia, partendo ogni volta dalla Sicilia, caso più unico che raro. Decidiamo di partire in camper, e di stare via nella settimana che va dal 7 al 14 giugno 2009. La mattina di domenica 7 giugno, dopo aver stipato il giorno precedente il camper preso in affitto di tutto il necessario e anche del superfluo, partiamo dunque alle 5:30 alla volta del “continente”. Alberto guida fino a Messina, traghettiamo, e poi gli do il cambio per affrontare la famigerata Salerno-Reggio Calabria, oltre 400 km di percorso di guerra, intervallato ogni tanto da tratti splendidi. Forse i cantieri saranno ultimati quando l’uomo metterà piede su Marte. Sono le 13:30, e siamo ancora a Salerno. Un panino, quindi Salvo mi dà il cambio. Non cederà più il volante fino alle 21:30, quando il nostro camper si fermerà nell’area di servizio di Affi, quasi sulla sponda Sud-Est del Lago di Garda, e in vista del Monte Baldo e dei Lessini, da me spiati avidamente durante l’attraversamento della pianura padana. Per la prima volta in vita mia si parano davanti a me le Alpi, o perlomeno ciò che le precede. Ammetto che l’emozione è tanta. Ci addormentiamo vicino alle decine di camionisti provenienti da ogni parte d’Europa, che decidono di passare la notte in quel luogo. La mattina successiva, alle 6:00, un cielo azzurro ci dà il buongiorno e fa ben sperare per la nostra prima pedalata sulle Dolomiti. Partiamo da Affi, con alla guida Alberto che sulle Alpi farà furore, dato che nessuno di noi aveva mai guidato un camper in vita sua. Risaliamo l’Adige, incassato tra montagne via via più alte, sfioriamo Rovereto, vediamo Trento dominata dal Monte Bondone, e poi Bolzano. Usciamo a Chiusa, e quindi su per la Val Gardena, attraverso Ortisei e Selva di Val Gardena. Il cielo si copre sempre di più, mentre fra le nuvole inizia a fare capolino il profilo del Sasso Lungo. I luoghi sono molto caratteristici. Tutto denota ordine, omogeneità, pulizia, e poi notiamo che qui col legno fanno quello che vogliono. Ecco in fondo il massiccio del Sella, mentre il passo Gardena scorre ormai sotto le nostre ruote. Scolliniamo dopo essere passati sotto le immani pareti di calcare e dolomia, ed ecco la conca di Corvara disegnarsi sotto di noi. Arriviamo a destinazione dopo 1463 km di viaggio. Entriamo nel camping, ci cambiamo immediatamente, e finalmente le nostre biciclette sono pronte per il primo giro, sotto un cielo ormai minaccioso.

    PRIMA TAPPA – Corvara in Val Badia-Passo Campolongo-Passo Pordoi-Passo Sella-Passo Gardena-Corvara in Val Badia. 53 km, dislivello 1800 mt.
    L’abbigliamento è necessariamente pesante, dato che la temperatura non raggiunge i 10 gradi, mentre in Sicilia ci dicono che ce ne sono più di 30. Un chilometro scarso in leggerissima discesa, e poi svolta a destra dentro Corvara. Comincia il passo Campolongo. Preso a freddo i primi 3 chilometri, ricchi di tornanti e con tratti anche al 10 %, danno un po’ di fastidio, visto anche che le nostre gambe sono rattrappite dal lungo viaggio. Un forte vento contrario completa l’opera, poiché l’andatura è subito allegra, forse anche troppo. Io stringo i denti, mentre Alberto e Salvo salgono con maggiore facilità, e questo sarà il leit motiv di tutte le salite che scaleremo. D’un tratto la strada sembra quasi spianare, e dei rettilinei ci conducono facilmente allo scollinamento. Il primo passo è andato. La discesa su Arabba è corta ma ripida, mentre di fronte si parano i pendii innevati che fanno da prodromo alla Marmolada. Svolta a destra, e comincia il leggendario passo Pordoi. Un complimento va senz’altro a chi all’epoca progettò la strada. Raramente mi era capitato di pedalare su una salita tanto regolare come questa. Senza grosse difficoltà saliamo verso la cima, posta a più di 2.200 mt di quota; questo diventa ufficialmente il mio primo 2.000 scalato in bicicletta. Salvo risente di qualche problema intestinale, che lo tormenterà anche sul passo Sella. Per inciso, lungo la salita abbiamo incontrato un ardito ciclista che pesava senz’altro più di 150 kg, ma che con stoicità pedalava verso il passo. Questo dimostra che il Pordoi è alla portata di chi abbia la buona volontà di scalarlo. Nel frattempo inizia la sequela di motociclisti, quasi tutti tedeschi, che ci accompagneranno durante tutta la nostra permanenza. Si può dire che in sei giorni ne incontreremo migliaia, molti disciplinati, alcuni decisamente meno. In cima il gruppo Sella ci mostra un volto già diverso, mentre il monumento a Coppi fa scorrere un brivido di emozione. Il tempo di indossare la mantellina, e giù verso il bivio per il passo Sella, che si dimostra decisamente la più impegnativa delle ascese di giornata. Niente di trascendentale, ma è evidente che la pendenza è più marcata. Nel frattempo la pioggia decide finalmente di iniziare a cadere, accompagnata da un vento gelido che in cima al Sella ci vedrà bagnati e con un temperatura di circa 6 gradi. Siamo di nuovo a 2.200 mt. La discesa verso l’imbocco del passo Gardena, sotto una pioggia ormai battente, non ci impedisce di vedere le pareti del Sasso Lungo sorriderci beffarde, quasi a voler battezzare con l’acqua la nostra impresa coraggiosa. Il passo Gardena lo affrontiamo di buona lena, visto che almeno così ci si riscalda. Il falsopiano a metà viene lasciato indietro velocemente, e superiamo di slancio l’ultima serie di tornanti. A questo punto Alberto tira i remi in barca. Troppo pericolosa la discesa verso Corvara per lasciar correre la bicicletta in maniera esagerata. Io e Salvo pennelliamo meglio le curve. Dal canto mio mi sto anche divertendo, immaginandomi in fuga in una tappa del Giro. Infreddoliti, inzuppati, ma felici, facciamo dunque ritorno al camper. La prima tappa, quella di ambientamento sulle Dolomiti, è terminata. Da domani inizieremo a fare sul serio.







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    Valerio Capsoni
    Post: 10
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 18/06/2009 19:07
    SECONDA TAPPA – Corvara in Val Badia-Passo Campolongo-Passo Fedaia-Passo Pordoi-Passo Campolongo-Corvara in Val Badia. 90 km, dislivello 2.800 mt.
    Dopo un pomeriggio in cui Giove Pluvio ci ha abbondantemente prodigato di acqua, la nottata è passata in maniera tranquilla, tanto che la mattina successiva un cielo decisamente più incoraggiante ci saluta di buon’ora. Ma sarà solo una fugace apparizione, dato che le nuvole ne riprenderanno presto il possesso, anche se questa volta nostro unico compagno di viaggio sarà il freddo. Memori del giorno precedente, affrontiamo il Campolongo in maniera più tranquilla. Ad Arabba svoltiamo a sinistra, e ci inoltriamo nella magnifica ma gelida valle di Livinallongo. Di fronte a noi si para l’immane parete del Pelmo, seminascosta dalle nuvole, e di conseguenza ancora più inquietante per la sua maestosità. Scendiamo verso Caprile, laddove inizia quella che sarà la prima vera salita di questo tour de force: il passo Fedaia. L’inizio è semplice, e io propongo il passaggio dai Serai di Sottoguda, strepitosa gola che si inoltra da Sottoguda a Malga Ciapela. Purtroppo dei lavori alla sede stradale ci impediscono il transito, quindi decidiamo inevitabilmente di salire dalla strada nuova. In prossimità della galleria però un’occhiata alla gola la diamo lo stesso. Ancora qualche centinaio di metri, e inizia il vero Fedaia, proprio in prossimità della stazione di partenza della funivia che porta verso la Marmolada. Un motociclista svizzero ci incoraggia, mentre inizia il micidiale drittone di 3 km che già da mesi tormentava la mia immaginazione. Salvo e Alberto allungano, mentre io procedo col mio passo, innestando il 34x26. Davanti a me ci sono ora svariati ciclisti i quali, una volta superati dai miei compagni di avventura, scendono dalla bicicletta proprio quando è il mio turno di superarli. Uno mi chiede se mi sto allenando per la Maratona; io rispondo di no, e che qui è meglio della Maratona. Dopodiché un piccolo pullman si affretta a raccoglierli, per portarli in cima. Ormai ho innestato da un pezzo il 34x29, mentre Salvo e Alberto dai tornanti più su mi lanciano urla di incitamento. Infatti loro hanno già terminato il tratto micidiale, e io immagino che lassù sia meglio. Ma mi inganno. Dopo soli 150 metri di parziale sollievo, ricomincia lo strazio. Il mio contachilometri segna 7 km orari. La cima è lassù, ma non arriva mai. Ogni curva, ogni rettilineo, li conquisto con tutto ciò che posso mettere in gioco. Alla fine sarà una grande soddisfazione. Abbiamo conquistato il passo Fedaia, una delle più dure salite italiane. Scopriamo che tutti i ciclisti che abbiamo incontrato lungo la salita sono svizzeri, e Salvo non perde tempo per socializzare con una loro graziosa rappresentante. Siamo a quota 2.050 metri, e dal ghiacciaio della Marmolada, immerso nelle nuvole sopra le nostre teste, scende un vento gelido che passa sopra il lago e ci raggiunge mentre noi siamo già diretti verso la discesa su Canazei. Sosta al bar per uno degli innumerevoli strudel che Alberto gusterà in questi giorni, e poi subito il passo Pordoi, dal versante opposto rispetto al giorno prima. Da questo lato la salita è per due terzi nel bosco, sovrastata dalla valle del Mezdì, ma comunque ugualmente pedalabile. Come al solito mi stacco leggermente, ma stavolta godo della compagnia di Roman, un ciclista tedesco dalla pedalata a metronomo che scandirà il ritmo per tutta l’ascesa, e che mi permette di allenare un po’ il mio inglese. Il finale è molto suggestivo, e fa godere parecchio del paesaggio, chiuso ad Est rispettivamente dal Latemar, dal Catinaccio e dal Sasso Lungo, oggi dall’aspetto un po’ più indulgente nei nostri confronti. Bellissima la discesa su Arabba, dove il locale distaccamento degli Alpini ci rifornisce di acqua, e ci dà il viatico per l’ultima ascesa di giornata, vale a dire il passo Campolongo, che da questo lato è più duro ma breve. Appena tornati a Corvara, la pioggia ricomincia a cadere copiosa. Oggi siamo stati graziati.









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    Valerio Capsoni
    Post: 11
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 18/06/2009 19:59
    TERZA TAPPA – Cortina d’Ampezzo-Passo Tre Croci-Tre Cime di Lavaredo-Passo Tre Croci-Cortina d’Ampezzo. 47 km, dislivello 1500 mt.
    Dopo una notte in cui i momenti senza pioggia sono stati rari, la mattina ci sorprende con un cielo plumbeo e tutt’altro che rassicurante, anche se il freddo è leggermente diminuito. La nostra intenzione sarebbe quella di raggiungere in bici le Tre Cime di Lavaredo da Corvara, per un totale di 107 km e 3400 mt di dislivello. Ma la giornata ci induce a una decisione drastica. Proveremo a partire da Cortina, dimezzando così distanza e dislivello della tappa. Partiamo così col camper scendendo verso La Villa, sede di partenza della Maratona delle Dolomiti, e risalendo poi verso il passo Valparola, al cospetto delle mute cattedrali di roccia che sovrastano le nostre teste, prima fra tutte la Varella. Il tempo in cima è nebbioso, ma il Valparola (intra i sasc in ladino) è comunque spettacolare, e certamente il nome locale ne descrive perfettamente l’aspetto. Un chilometro di discesa e siamo al passo Falzarego, chiuso tra il Lagazuoi e l’Averau, dietro il quale c’è il passo Giau. Un pallido raggio di sole ci illumina mentre scendiamo verso Cortina, immersi nei boschi. Il cielo però si richiude, proprio quando parcheggiamo. Montati dunque in bicicletta affrontiamo subito il passo Tre Croci, mentre fra le nuvole ogni tanto intravediamo il Cristallo e il Sorapiss. Il versante ampezzano del passo non si beve proprio come un bicchier d’acqua, anche se la seconda parte è un pelo più facile. Rapida discesa, e ci troviamo in men che non si dica lungo il lago di Misurina, nel quale si specchia il gruppo dei Cadini. Adesso c’è molto freddo, il cielo minaccia pioggia da un momento all’altro, e le Tre Cime non si vedono, nascoste come sono dalle nuvole. Ad un tratto, la coltre nuvolosa si alza di qualche centinaio di metri, e vediamo in lontananza il Rifugio Auronzo, molto, molto, troppo in alto… dal lago sono 7,5 km di salita, intervallata addirittura da due brevi discese, fino alla quota di 2320 mt. Il primo tratto è senza compromessi: 34x29 subito, mentre alcuni olandesi in mountain bike innestano il rampichino, e ci salutano mentre li superiamo su una rampa al 17%. Comunque ne usciamo ancora lucidi, e la successiva discesa verso il casello del pedaggio ci rimette in sesto le gambe. Falsopiano, ponticello, e inizia il dramma. Sono solo 4 km, ma non si va proprio su, e ogni metro che passa lo sforzo dei muscoli diventa uno spasimo quasi insopportabile. Rimango solo, mentre Alberto e Salvo allungano. Guardo il contachilometri: 6 km all’ora, “velocità” che non crescerà più fino alla fine. Faccio appello a tutta la mia tenacia, mentre i metri scorrono lentamente sotto le ruote. Le rocce e il panorama intorno forse mi sono ostili, ma il pensiero di mio padre che non c’è più mi dà la forza di andare avanti. Lo sento quasi vicino a me. Alzo la testa, e vedo la parete delle Tre Cime svelarsi parzialmente, e più in basso dei punti colorati in movimento, i quali altri non sono che i miei compagni di avventura, arrivati quasi alla meta. L’ultima rampa la percorro col cuore in gola, anche se non vedo i miei battiti, dato che la batteria del cardiofrequenzimetro mi ha appena abbandonato. Supero faticosamente dei turisti che salgono a piedi, i quali appena mi vedono esclamano un “respect!” che mi rinfranca. Ormai è finita. Salvo e Alberto hanno impiegato 38 minuti nella scalata dal bivio dopo il Misurina. Io ne ho impiegati 45, per nemmeno 8 km di salita! I gestori del Rifugio Auronzo ci accolgono molto cordialmente, fornendoci di giornali per la discesa. All’uscita, dopo una cioccolata calda, il sole fra capolino fra le nuvole andando a illuminare il Tricolore che sventola fieramente. Scendiamo velocemente, riaffrontiamo il passo Tre Croci, che da questo lato è decisamente più facile, quindi planiamo su Cortina, giusto in tempo per evitare un violento scroscio di pioggia. Ripartiti dunque col camper, vediamo finalmente aprirsi sotto i nostri occhi la conca di Cortina, appena dopo l’ultimo acquazzone. Vedo il Sorapiss, l’Antelao, il Cristallo, il Pomagagnon, le Tofane. E’ un vero spettacolo. Pranziamo in un ristorante nei pressi del passo Falzarego, in vista delle Cinque Torri, e poi giù verso la Val Badia, mentre finalmente posso vedere le Dolomiti illuminate dal sole, che mi ammaliano con tutto il loro fascino di variopinte sfaccettature. Ma dobbiamo affrettarci, dato che la nostra prossima destinazione è la Val Passiria, e il camping chiude alle 19:30. Ma la proprietaria, con severo accento tedesco, ci concede telefonicamente una dilazione fino alle 20:00. Arriviamo a Saltusio, 5 km a Nord di Merano, alle 19:55, giusto in tempo per portare un po’ di sana confusione nel fin troppo tranquillo camping, occupato esclusivamente da ospiti teutonici.









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    -Emiliano-
    Post: 650
    Registrato il: 30/03/2005
    Utente Senior
    00 18/06/2009 20:13
    SPETTACOLO!

    Per ora c'ho dato solo un'occhiata veloce (e un po' mi spiace per il tempo "così così" con cui ti hanno accolto le Dolomiti), ma il tuo messaggio merita tutta la mia ammirazione!

    Non oso immaginare le emozioni che hai provato durante questa settimana tre le Alpi!
    Anche se credo che riuscirai a farla trasparire dal tuo racconto (come peraltro ci sei già riuscito col primo resoconto)...

    Non vedo l'ora di leggere le altre giornate della tua settimana "speciale" (nella speranza che ti sia avvicinato anche all'ovest, il mio terreno di conquiste...).

    Emiliano
    _____________________________

    www.volleycornaredo.it

    www.denisekarbon.it
    www.lisamiskovsky.com
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    grigua
    Post: 426
    Registrato il: 02/01/2008
    Utente Senior
    00 18/06/2009 21:14

    GRANDE!!

    Proprio in questi giorni avevo notato la tua mancanza dal forum dopo i primi messaggi e pensavo che ti fossi già stufato di noi!
    E invece guarda che sorpresa ci hai preparato!
    Certo che tanto spirito d'avventura avrebbe meritato un meteo senz'altro migliore.

    Aspetto il seguito!

    [SM=g8080] [SM=g8080]
    ====================================================

    Un'emozione in più è terra conquistata,
    non possiamo chiedere certezze a questa vita (R.Z.)

    E' il tempo, sai, che ci misura,
    che ci fa uomini o soltanto frenesia (R.Z.)
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    CiclistaperCaso@
    Post: 213
    Registrato il: 07/02/2009
    Utente Junior
    00 18/06/2009 22:05
    Mi hai davvero EMOZIONATO e anche COMMOSSO ...
    Caro Valerio, ho divorato i Tuoi post con gli occhi (per primi) e con il cuore e l'animo da ciclista (brocco, ma pur sempre ciclista) poi.
    I complimenti per l'impresa ed il modo con cui ci hai concesso di condividerla sono il minimo che possa fare, ma meriteresti molto, molto di più. BRAVISSIMO [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080]
    Hai saputo davvero emozionarmi, prendermi dentro, farmi condividere la fatica immane delle salite che hai fatto, rivivere virtualmente quando le ho fatte io (non tutte, ma in parte sì e altre ancora ... l'ultima volta lo scorso 13 maggio, in occasione del passaggio del Giro d'Italia) e addirittura con il pensiero a Tuo papà mi hai fatto commuovere.
    Anch'io ho perso mio papà 22 anni fa e spesso, quando sono da solo su una salita e faccio quella fatica di cui hai parlato anche Tu, lo penso e mi chiedo se mi vede, se sarebbe orgoglioso del mio essere cicloamatore (anche a lui piaceva il ciclismo, anche se non era praticante).

    Non aggiungo altro.
    Solo un GRAZIE per le emozioni che mi hai dato.
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    Alefederico
    Post: 143
    Registrato il: 21/12/2004
    Utente Junior
    00 18/06/2009 22:48
    Caro Valerio, il tuo racconto è stupendo.
    Il sogno di ragazzo nato sulle ruote dei campioni del Giro, la lunga attesa negli anni che si materializza nel lunghissimo viaggio in camper, le salite, la sofferenza, il ricordo di tuo padre.
    Tutto meraviglioso. Vedo che sei un "nuovo acquisto" del forum e credo che non potevamo chiedere di meglio.

    Aspettiamo il resoconto delle giornate successive e magari... èerchè no... dell'Etna!

    Ale

    www.albumciclismo.blogspot.com
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    geobach
    Post: 298
    Registrato il: 03/01/2005
    Utente Junior
    00 19/06/2009 08:41
    semplicemente meraviglioso: venendo dalla Sicilia !!
    [SM=g8081]
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    Valerio Capsoni
    Post: 12
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 19/06/2009 11:03
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    Valerio Capsoni
    Post: 13
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 19/06/2009 11:27
    Vi ringrazio tutti di cuore per le vostre parole sincere, e sono veramente felice che il mio entusiasmo traspaia dal mio racconto. Per Emiliano: sono onorato dei tuoi complimenti, dato che le tue imprese sulle Alpi sono qualcosa di leggendario, e se avessi una posizione geografica meno decentrata mi piacerebbe davvero un giorno farti compagnia. Da quello che ho capito, noi abbiamo scalato lo Stelvio il giorno prima rispetto a te. Non ci siamo beccati proprio per poco... Per Ciclistapercaso: ti ringrazio sinceramente per quello che mi hai scritto, davvero. Sono convinto che quando saliamo in sella siamo sempre in due, e che i nostri papà siano con noi in ogni momento, e siano felici come noi per quello che stiamo facendo. Per Grigua, geobach e Alefederico: grazie, grazie, grazie... e ora proseguo!

    QUARTA TAPPA – Saltusio-Passo Rombo-Saltusio. Km 82, dislivello 2.000 mt.
    Ormai il tempo è in miglioramento, così la stretta Val Passiria ci vede risalire i suoi ripidi fianchi il giorno dopo lungo la bella strada che conduce prima a San Martino in Passiria, e poi a San Leonardo, da dove partono due delle salite più belle di tutta la zona: il passo Monte Giovo, e il passo Rombo, il famoso Timmelsjoch, già affrontato da Salvo lo scorso anno come ultima salita della terribile Oetzaler. Nonostante io indossi i pantaloncini corti per il primo giorno, l’austera vallata che ci conduce a Moso in Passiria non lascia presagire un cielo soleggiato, anzi. Tra cascate che strapiombano da altezze incommensurabili, e le prime gallerie che ci fanno immergere nella semi oscurità, la salita entra nel vivo. Abbiamo percorso appena 7 dei 29 km totali, e già il paesaggio è differente. I fianchi scoscesi del Monte Drone rivelano le nevi invernali sciogliersi in molteplici rivoli che vanno a riversarsi nel Passirio, e nel frattempo la pendenza è fissa sul 12 %. Ormai mi rendo conto che più passano i giorni e meglio girano le gambe, ma il pensiero di quello che mi attende mi fa salire con riserva. Alberto se ne va, tentando il tempo, mentre Salvo oggi rimane con me, rendendomi così meno severo il compito. A metà salita giungiamo al falsopiano di 3 km che rende questa ascesa un po’ più agevole, preparandoci a quello che sarà il piatto forte di giornata: gli ultimi 10 km, che a un tratto vediamo davanti a noi perdersi in una moltitudine di tornanti dentro le nuvole. Ora la cosa si fa seria: mi attesto sugli 8 km orari, girando il 39x26, e mi rendo conto che anche a voler forzare non ci riuscirei. Metro dopo metro mi risuonano in testa le parole di Davide Cassani: “se non sei allenato, qui non ci devi venire”. Ha ragione. Anche se sono andato al risparmio prima, adesso vado su come posso. Entriamo nella nebbia, mentre una cascata scende direttamente sulla strada a due metri da noi. Ad un tratto, grazie a un buco nelle nuvole, vedo davanti a me il ghiacciaio che scende dall’Hoher First, e alle mie spalle le millenarie nevi del Zuckerhutl. Sembra di essere in Paradiso. La coltre grigia ci fa vedere solo una ventina di metri davanti, mentre immagino gli orridi strapiombi a pochi centimetri dalle mie ruote. Gli immancabili motociclisti ci vedono all’ultimo momento uscire dalla nebbia, sempre in tempo per evitarci. Un ciclista austriaco ci supera agevolmente, e io non provo nemmeno ad andargli dietro. Di colpo mi si para davanti un portone scavato nella roccia. Dal Paradiso entriamo nel Regno dell’Ade. Una galleria lunga non meno di 500 mt, totalmente dritta, quasi totalmente buia, non fosse altro che per delle fioche lucine poste ai suoi bordi. Cercando di evitare l’acqua che ci cade sui caschi dal soffitto, ci dirigiamo il più velocemente possibile verso il puntino chiaro in fondo, che altro non è che l’uscita, grazie anche al fatto che la pendenza si è notevolmente attenuata, sperando sempre che qualche macchina o moto non ci colpisca in pieno. Finalmente usciamo, a riveder… la nebbia. E’ una specie di orrore ovattato quello che ci avvolge, anche se ormai la salita sta terminando, tanto che riesco a procedere ai 17 km orari. Delle ombre fuggevoli, forse alcuni rifugi, ci indicano che il passo è vicino. L’ultima curva, ed è fatta! Ho scalato il passo Rombo, posto a quota 2.500 mt, appena quattro giorni dopo la sua riapertura. Entro per la prima volta in vita mia in territorio straniero, nella fattispecie in Austria, tra due muri di neve che mi rivelano a un certo punto la sagoma di Alberto, infreddolito dall’attesa. Lui ha scalato il Rombo in 2 ore e 7 minuti, io e Salvo in 2 ore e 28 minuti. Dal lato di Solden salgono gli austriaci, i tedeschi, gli olandesi. Ci buttiamo immediatamente in discesa, nella nebbia, sotto un leggera pioggia che nel frattempo ha iniziato a cadere, pensando che se qui si sbaglia una curva nessuno saprà più niente di noi. Ostacolati da una numerosa carovana di moto e macchine che come noi scendono a valle, all’improvviso all’uscita da una galleria ci troviamo davanti una moto terminata sotto un camion, e tanti motociclisti dall’aria preoccupata. La scena fa abbastanza impressione, mentre dopo poche centinaia di metri incrociamo un’ambulanza che sta risalendo. Se Dio vuole torniamo a San Leonardo in Passiria, dove un sole tiepido ci riaccoglie sulla terra. Salvo si accorge di avere una ruota leggermente frenata, e non sa ancora che cosa lo aspetta. Torniamo finalmente al camping, situato proprio sotto la funivia che porta a Punta Cervina, frequentatissima dai turisti. Un po’ di sole, un po’ di pioggia, poi il tempo si sistema definitivamente. Pranziamo, e nel primo pomeriggio salutiamo la Val Passiria per dirigerci in Val Venosta. Breve sosta a Merano, città molto graziosa, e poi via lungo la trafficatissima statale 40 che porta al passo Resia, con le imperturbabili cime delle Giogaia di Tessa che ci guardano da lassù, sotto un cielo ormai blu cobalto. Arriviamo a Prato allo Stelvio, giusto in tempo per cambiare i freni della bici di Alberto nel locale negozio di biciclette, dove i gentilissimi gestori ci mostrano la squadra giovanile, età media nemmeno 10 anni, allenarsi nella tranquillità della zona. In Sicilia non avevo mai visto niente di simile. Giungiamo al solito camping strapieno di tedeschi, che comunque sembra un villaggio turistico, tanto è ben organizzato. Da lontano lanciamo un’occhiata di sfida a Sua Maestà Stelvio.








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    SuperIannellus
    Post: 581
    Registrato il: 24/09/2008
    Utente Senior
    00 19/06/2009 13:29
    Complimenti per il giro, per il bel racconto, per le foto. Insomma, complimenti per tutto!

    Credo meritavaste maggior fortuna col tempo, ma in fondo è bello anche così!
    ----

    www.ilciclismo.it/2009

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    christianR77
    Post: 20
    Registrato il: 22/10/2008
    Utente Junior
    00 19/06/2009 15:57
    Complimentoni anche da parte mia! Dev'essere davvero un emozione incrediile farsi una settimana scalando alcuni dei piu' bei passi dell'arco alpino senza averlo mai viso prima!
    Peccato che non siate potuti passare nella gola dei serrai, anche se sta diventando sempre piu' un luna park(l'ultima che ci sono stato c'erano degli assurdi pupazzi) rimane un luogo unico, molto affascinante l'avventura nella nebbia del rombo.


    Supero faticosamente dei turisti che salgono a piedi, i quali appena mi vedono esclamano un “respect!” che mi rinfranca.



    Capita ogni tanto l'incitamento di qualche improvvisato "spettatore", la tua frase mi ha ricordato il mio caso piu' clamoroso, alla fine della salita di capraga da premosello, vicino al lago maggiore, salita che non porta da nessuna parte ma che come pendenze, su fondo stradale disastroso, rappresenta una discreta impresa in bdc.
    In cima c'era un gruppo di persone, una ventina, che faceva una grigliata davanti ad una baita, quando mi hanno visto passare in bici da corsa su una strada del genere e' partito l'unanime applauso spontaneo, con complimenti vari, un episodio davvero particolare.




    L'unica droga che mi piace e' l'endorfina.
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    Valerio Capsoni
    Post: 14
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 19/06/2009 21:27
    Grazie a Superiannellus, a cui qualche tempo fa avevo accennato qualcosa di questa spedizione, preso com'ero ancora dall'incertezza per la sua riuscita, e a christianR77, che come me si è accorto di quanto faccia piacere e possa aiutare un parola di incitamento sincera nel momento della massima fatica. Vado avanti!

    QUINTA TAPPA – Prato allo Stelvio-Passo dello Stelvio-Prato allo Stelvio. 50 km, dislivello 1.800 mt.
    Finalmente un’alba splendida va ad illuminare le magnifiche montagne che fanno da corona al nostro risveglio, proprio in coincidenza con l’attacco al Passo per eccellenza, quello che ogni ciclista vorrebbe scalare almeno una volta nella sua vita. Io avrò la fortuna di farlo in una giornata eccezionale. Alle 7.55 parto dunque da solo. Precederò Alberto e Salvo di mezz’ora, per ricongiungerci tutti in cima più tardi. Il fondovalle è ancora all’ombra e freddissimo, e nella solitudine più assoluta percorro la strada già in discreta salita, accompagnato solo dal rumore delle acque del Rio Solda, che scorrono tumultuose alla mia destra. Poi il sole inizia ad illuminare anche me, mentre transito da Gomagoi, e dal bivio per la Val Solda. Giungo al tornante numero 48, e so benissimo che di strada ce n’è ancora tanta. Ma oggi me la voglio proprio godere. Di fronte adesso iniziano a fare capolino, contro il blu intenso del cielo, le abbaglianti nevi e le seraccate dell’Ortles e del Thurwieser. Passo dentro Trafoi. Silenzio. Il rapporto è il 34x26 (lo stesso del giorno prima, anche se ho scritto erroneamente), che mi permette di andare su con battiti sufficientemente contenuti. Entro nel bosco, affronto la prima lunga serie di tornanti ravvicinati, quando all’improvviso sento un fruscio proveniente dal bosco sopra di me. Quand’ecco un capriolo attraversa la strada non più di 10 metri davanti a me, si infila letteralmente sotto il guard rail, e scompare nel folto del bosco più in basso, lasciandomi il tempo di rimanere a bocca aperta, nonostante mi trovi in un tratto al 10 %. E’ passata più di un’ora, e non ho ancora incontrato anima viva, tranne una mamma con la figlia piccola che mi hanno benedetto con lo sguardo qualche chilometro prima, e due o tre camioncini per le consegne. All’uscita del bosco, alla mia sinistra il commovente panorama dell’Ortles e della vallata sottostante mi rapisce, e quasi non sento più la fatica della salita, ma solo i battiti del mio cuore, mentre sento che gli occhi mi si inumidiscono leggermente. L’incanto verrà presto rotto da un rombo che risale dal basso, e che si avvicina progressivamente. I motociclisti si sono svegliati, e stanno arrivando. A nugoli mi raggiungeranno presto, seguiti da altri, da altri, da altri ancora, come se uscissero direttamente dalle viscere della montagna. Il silenzio è spezzato, ma non permetto che l’armonia dentro di me venga guastata. Altro tornante, ed ecco pararsi sopra di me l’infinita serie di tornanti che tanto aspettavo. Sono gli ultimi 6 km che portano al passo, di cui vedo già gli edifici. Ormai ho capito il trucco. Nei tornanti mi allargo al massimo, per poter sfruttare così quei pochi metri in cui la strada letteralmente spiana. Non sempre questa manovra, ovviamente scorretta e da fare solo con strada assolutamente libera in entrambi i sensi, mi è possibile. Tuttavia con qualche accorgimento riesco a compierla spesso. Verso l’Hotel Franzenshohe raggiungo una coppia di cicloturisti piuttosto avanti con gli anni, vestiti in maniera assolutamente normale (pantaloni con cintura e cappellini da pescatore) che vanno su mulinando tranquillamente le gambe. Gli rivolgo una battuta in inglese, ma la signora, posta davanti a fare l’andatura, mi chiede se sono italiano. Rispondo di sì, e che vengo dalla Sicilia. Lei allora mi dice nella nostra lingua che sono tedeschi, di Monaco, e che intendono scendere poi dall’Umbrail. 30 anni fa hanno fatto il giro della Sicilia e della Sardegna. Tanto di cappello. Gli do l’appuntamento in cima, e poi proseguo del mio passo. Dopo qualche secondo vedo cadere davanti a me alcune piccole pietre. Alzo la testa, e alla mia sinistra due marmotte mi osservano immobili, dopodiché emettono una specie di fischio, e scappano dentro una buca. Supero quota 2.500, ma non avverto problemi particolari legati all’altitudine, anche se l’andatura è fissa sugli 8/9 all’ora ormai da un pezzo. Ancora uno sforzo, ancora pochi tornanti, guardo giù, e vedo la sottile linea di asfalto che mi sono lasciato alle spalle, sembrandomi già incredibile come sia riuscito a coprire tale dislivello. Nel cielo molteplici scie di aerei disegnano complicati arabeschi, mentre ormai sono all’ultimo chilometro. Credo che un sorriso si dipinga sul mio volto, mentre giungo in vetta al passo, tra due ali di motociclette, e lo sguardo un po’ incredulo di qualcuno. Ce l’ho fatta anche oggi! Il vento è molto fastidioso, anche se la temperatura non è freddissima. Mi sistemo nel punto panoramico da cui si vede tutta l’ultima parte della salita, e inizio a vestirmi. Giù, in mezzo a uno sciame di motociclette, vedo un puntino verde salire. Riconosco Alberto. Appena giunge a portata di voce, due tornanti più in basso, gli lancio un urlo con tutta la forza che ho. Lui alza la testa, e solleva il braccio in segno di vittoria. Lo Stelvio lo aveva già scalato qualche anno fa, e oggi ha stabilito il suo record personale: 2 ore e 1 minuto. Io ho impiegato 2 ore e 18 minuti. Mi raggiunge, ci abbracciamo felici, e sporgiamo le teste per vedere dov’è Salvo. Alberto mi dice che ha avuto subito problemi con la ruota, quindi è un po’ attardato. Lo vediamo sbucare nel tornante sotto di noi, gli urliamo, e anche lui ci risponde. Ha dovuto scalare lo Stelvio senza praticamente potersi alzare sui pedali, a causa della ruota posteriore che andava a strisciare contro il telaio. Ma è felice anche lui. Cerchiamo il cartello del passo per le foto. Una signora esce da un negozio di souvenir, e ci dice che il cartello originale se l’è portato via il vento. Dopodiché entra nel negozio, e spunta fuori con un cartello fatto realizzare da lei. Gentilmente ci fotografa, mentre la nostra Cima Coppi attira altri ciclisti che nel frattempo sono saliti dal versante di Bormio. Nella confusione ormai totale che regna in questa cittadella a 2.758 metri di quota, giriamo le nostre bici e scendiamo verso Prato, visto che nelle condizioni in cui si trova Salvo, non sarebbe prudente affrontare lo sterrato dell’Umbrail verso Santa Maria. Giunti in paese, la verità salta fuori. Il telaio è rotto, proprio dietro il movimento centrale. Salvo stenta a credere ai suoi occhi.
    Mentre cerchiamo una soluzione per il giorno seguente, ci incamminiamo col camper per raggiungere Bormio, salendo nuovamente lungo lo Stelvio, confortati anche dal fatto che in mattinata ne abbiamo visti salire un paio. Ma dopo pochi tornanti Alberto, alla guida, si rende conto che è meglio fare dietrofront. Troppo infatti il traffico di moto e macchine, che costituiscono ad ogni svolta un ostacolo ed un pericolo. Decidiamo dunque di fare un giro molto più lungo, ma che si rivelerà estremamente spettacolare. Riscendiamo a Prato, svoltiamo per Glorenza, quindi ci inoltriamo nella magnifica Munstertal, tra montagne di imponente bellezza. L’ultimo paese italiano sul nostro cammino è Tubre, passato il quale incontriamo la dogana, e quindi il territorio elvetico. Per la seconda volta in pochi giorni mi trovo su un suolo che non è italiano. Risaliamo lo splendido Ofenpass, e lungo la discesa entriamo nel Nationalpark svizzero, immersi in un paesaggio da favola. Nemmeno il tempo di rendersi conto dello spettacolo che ci circonda, che svoltiamo a sinistra per entrare nel tunnel di Livigno, che ci riporterà in Italia. Sono 4 chilometri quasi completamente dritti, da percorrere in senso unico alternato. All’uscita rimango a bocca aperta. Il Lago del Gallo mi proietta direttamente in una fiaba nordica. Sembra uno di quei fiordi norvegesi che tante volte ho visto in televisione. Proseguiamo lungo le sue rive per diversi chilometri, per ritrovarci quasi subito nella conca di Livigno, paese completamente circondato da montagne e nell’isolamento più totale. Sullo sfondo vediamo la maestosa mole innevata del Bernina. Affrontiamo le facili rampe del passo Eira, dall’asfalto molto più “italiano” rispetto al biliardo dell’Ofenpass, e quindi scavalchiamo il Foscagno, in mezzo a montagne sempre più spoglie di boschi. Qui c’è solo roccia ed acqua. Scendiamo su Bormio, e quindi giungiamo finalmente al camping, in località Cepina. Salvo si è messo il cuore in pace per l’indomani, ma l’ultima parola non è ancora detta.









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    patavium82
    Post: 24
    Registrato il: 27/04/2009
    Utente Junior
    00 19/06/2009 21:52
    Emozione!
    Valerio, è un piacere vedere, immortalati e raccontati così bene, i luoghi dove da ormai quasi vent'anni ho la fortuna di andare in vacanza, almeno per qualche giorno. Complimenti per la grande tenacia! con certe tue parole sembra proprio di immedesimarsi nella grande fatica, di ricordare quante volte la salita, la pendenza, la mancanza di energie sembravano prendere il sopravvento, e invece poi la cima del passo è arrivata. Ricordo anch'io salite a velocità "pedestri" (Passo delle Erbe: te lo consiglio per il prossimo viaggio...)

    Il Gardena (da Corvara, però) è stata in assoluto la mia prima scalata. E aver percorso il Sellaronda, sempre nel senso opposto al tuo, con il Gardena all'inizio e i tornanti del Pordoi pennellati in discesa, è stata una soddisfazione incredibile. Comunque, più avanti non mi sono fatto mancare Campolongo + Pordoi da Arabba, con discesa in Val di Fassa, e non posso che concordare con il tuo giudizio sulla salita. Mi dispiace che non abbiate potuto scalare il Valparola, è un'altra salita che, ne sono sicuro, avresti gustato fino in fondo, con quella sua seconda parte (dal cartello "Provincia di Belluno") in cui l'asfalto si fa ruvido e le pendenze si accentuano.

    Buona fortuna, e invia presto altri racconti!
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    Jack.ciclista
    Post: 2.730
    Registrato il: 29/12/2004
    Utente Veteran
    00 19/06/2009 23:00
    Complimenti
    Mi associo ai complimenti che hai ricevuto: nonostante il maltempo dal tuo racconto sembra di rivivere le emozioni che hai provato tu ! Bello davvero.


    Jack
    www.jack.135.it
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    MirkoBL
    Post: 605
    Registrato il: 02/08/2007
    Utente Senior
    00 20/06/2009 10:55
    Bravo, bellissimi racconti.
    Certo che fare 1400 km e rovare quasi sempre brutto tempo rompe un po'... Meno male che sono posti che meritano anche se il clima non è dei migliori.

    ALmeno tu lo Stelvio l'hai fatto col bel tempo, lo scorso anno io ho beccato nuvole ed un po' di pioggia.
    [Modificato da MirkoBL 20/06/2009 10:56]

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    Ciao Moro...

    9/10/1963 - “Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi.” (D. Buzzati)
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    Valerio Capsoni
    Post: 15
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 20/06/2009 18:56
    Ancora grazie a patavium82, MirkoBl e Jack.ciclista per le loro parole e i loro complimenti. Mi avete fatto tutti veramente grandissimo piacere. Concludo!

    SESTA TAPPA – Tirano-Passo del Mortirolo-Tirano. Km 45, dislivello 1.500 mt.
    Inevitabilmente il nostro ultimo giorno sulle Alpi risulta in parte stravolto. Ragioniamo rapidamente sul da farsi, e giungiamo alla conclusione di provare ad affittare una bici da corsa per Salvo a Tirano, o in alternativa anche una mountain bike. Il programma prevederebbe il tentativo di compiere l’anello Mortirolo-Gavia, e la giornata spettacolare che ci accoglie ci fa ben sperare almeno sull’aspetto meteorologico. Salvo generosamente ci dice di provare a fare il giro anche in sua assenza, nel caso non si trovi nulla. Ma noi scartiamo decisamente l’ipotesi. Ci incamminiamo quindi col camper da Cepina in direzione Tirano, e dopo due chilometri una deviazione ci porta sulla strada nuova, per gran parte in galleria. Pensiamo che comunque un’alternativa per il transito in bici ci sia, quindi speranzosi continuiamo a scendere la valle, in vista della grande frana di 20 anni fa. Ammetto di attendere con particolare preoccupazione la vista del Mortirolo, che per tanto tempo è stato oggetto di discussioni fra me e Alberto sulla sua durezza. Dal canto mio non sono tanto sicuro di percorrerlo senza mettere il piede a terra, tanto le descrizioni che ne ho appreso mi hanno messo in agitazione. Salvo lo ha già percorso nella Gran Fondo dell’Aprica, e mi mette ancora più ansia addosso. Passiamo finalmente accanto a Mazzo, e guardando in su capisco che cosa ci attende… Arrivati a Tirano cerchiamo subito un negozio di biciclette. Il primo che troviamo purtroppo non ha nulla che faccia al caso nostro. Ma il proprietario, con estrema e squisita gentilezza, chiama al telefono un secondo negozio di bici, che potrebbe avere quello che fa per noi. Detto, fatto. Il secondo gestore, affabile quanto il primo, appronta in men che non si dica una bici da corsa per Salvo, il quale aveva già perso le speranze di poter pedalare oggi. C’è però un problema. Sono le 10:00 di mattina, ma la bicicletta dovremo restituirla entro le 14:00, poiché il negoziante poi non avrà modo di recuperarla. Quindi addio Gavia. Ma non fa nulla. Il giro sarà comunque durissimo; un vero banco di prova. C’è caldo, finalmente dopo una settimana partiamo in maglietta e pantaloncini, e l’umore è alto. C’è l’aria delle grandi occasioni. Mentre risaliamo verso Mazzo, non mi sembra neanche vero che da lì a poco starò affrontando le prime rampe del Mortirolo. Ci siamo. Entriamo in paese, svolta a sinistra, oltrepassiamo la colonnina del tempo, e azzeriamo i cronometri. Alberto e Salvo partono subito col loro ritmo, io non li guardo nemmeno andar via, mentre i primi tornanti sono quelli di una salita ancora tutto sommato normale. Quasi al terzo chilometro però, senza praticamente accorgermene, mi ritrovo già col 34x29, e le ruote incollate alla strada. E’ iniziato il vero Mortirolo, quei 6 km che sono il banco di prova di ogni ciclista che vuole definirsi tale. Guardo il contachilometri. 7 all’ora. “Meglio delle Tre Cime”, penso. I battiti sono dentro la soglia, e il morale sale. Sto bene, e credo anche di capire quali tratti al 20 % e più mi lasci progressivamente alle spalle. In certi momenti mi sembra di essere in surplace, ma poi la pendenza molla quel tanto che basta per proseguire. Il bosco non mi permette di capire che cosa mi aspetta dopo ogni curva, ma di tanto in tanto lascia degli spiragli per guardare giù, e rendersi conto di quanto si è già salito con così poca strada. Supero una signora che sale di buona lena con una mountain bike. Meno male che non passano né macchine né moto, perché altrimenti sarebbe un problema, visto che la strada è veramente stretta. L’unico riferimento che ho, a parte il contachilometri, sono i cartelli in legno distribuiti lungo la salita che indicano il nome e la quota delle piccole frazioni dislocate lungo i suoi tornanti. Ormai ho preso il mio ritmo, sempre 7 all’ora, e faccio il conto alla rovescia per il nono chilometro, quando so che il peggio sarà passato. All’improvviso, ad un tornante a sinistra, mi trovo davanti il monumento a Marco Pantani. Marco mi sorride, e da quel momento la strada diventa più facile. Supero un ragazzino che spinge a piedi la sua bicicletta. “Sali su sta bici!” gli dico, e lui mi risponde con un sospiro. Ormai sta finendo. Metto un rapporto più duro, mi alzo sui pedali, e mi ritrovo nella radura con le mucche che indica l’approssimarsi dell’ultimo chilometro. Sono felice, anzi, sono strafelice. Da lontano vedo i miei compagni che mi aspettano, assieme ad altri ciclisti. Mi incitano, l’ultimo scatto, e sono arrivato! Ho scalato il Mortirolo! Ho impiegato 1 ora e 18 minuti, contro 1 ora e 14 di Alberto, e 1 ora e 6 di Salvo. Nel frattempo arrivano altri ciclisti, che dopo scopriremo provenire da tutta Europa. E’ una festa. Ci sono danesi, olandesi, tedeschi, spagnoli. Questi ultimi, ai quali in due minuti Salvo ha raccontato tutta la sua gioia e le sue peripezie, dicono che “el ragazzo tiene la lingua veloce como le gambe”. Alberto è orgoglioso e soddisfatto. Al quarto chilometro aveva temuto per qualche attimo, ma poi la sua tempra battagliera lo ha portato su come al solito. Mentre scattiamo le foto, incitiamo chi sta per arrivare al famoso cartello in legno, e sulla faccia gli leggiamo tutta la fatica che fino a poco prima era la nostra. Non ci resta che scendere, e renderci conto lungo la discesa di quanto sia realmente dura questa salita. Torniamo a Tirano, riconsegniamo la bicicletta, mangiamo, e quindi iniziamo a fare strada. Scendiamo lungo la Valtellina, sfioriamo il Lago di Como. Alle 22:00 siamo già a Firenze. Torneremo in Sicilia l’indomani, nel tardo pomeriggio, stanchi, felici, con già tanta nostalgia nel cuore. Salvo ritornerà sulle Dolomiti già per la Sportful, e poi per la Maratona. Io, dal canto mio, ho lasciato un pezzetto di cuore sulle Alpi. Ma il pensiero già corre all’anno prossimo. Corre alle Alpi francesi.









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    Valerio Capsoni
    Post: 16
    Registrato il: 15/05/2009
    Utente Junior
    00 24/06/2009 19:58
    A completamento di questo breve resoconto del nostro viaggio, voglio mostrarvi alcune foto che dal punto di vista meramente estetico descrivono quello che abbiamo potuto vedere e vivere.


    Il Gruppo Sella, dal passo Gardena.


    Le Odle.


    Il Sassòngher.


    Prati fioriti in prossimità di Colfosco.


    Il Torrente Gàdera.


    Lagazuoi dal Valparola.


    Arte in legno sul Falzarego.


    Il Sorapiss e l'Antelao.


    Le Cinque Torri.


    I tornanti finali del passo Falzarego.


    Uno scorcio della Val Passiria.


    Le montagne che sovrastano Prato allo Stelvio.


    Un piccolo ospite venuto a farci visita.


    La scalinata finale dello Stelvio.


    Le Cime di Platòr, dal passo Eira.








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    MirkoBL
    Post: 611
    Registrato il: 02/08/2007
    Utente Senior
    00 24/06/2009 21:46
    Certo che farsi 1400 km e scassare la bici è proprio sfiga!
    Un augurio al tuo amico Salvo.

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    Ciao Moro...

    9/10/1963 - “Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi.” (D. Buzzati)
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    CiclistaperCaso@
    Post: 230
    Registrato il: 07/02/2009
    Utente Junior
    00 24/06/2009 22:09
    Complimenti a Valerio, Alberto e Salvatore.

    [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080]

    Non c'è altro da aggiungere: qualsiasi commento aggiuntivo sarebbe un niente rispetto alle imprese che avete compiuto.
    [SM=g8079] DAVVERO BRAVI e TEMERARI.
    [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080] [SM=g8080]
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