IL FOCOLARE

Un vampiro in condominio

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    kamo58
    Post: 1.074
    Sesso: Femminile
    00 10/06/2009 14:51
    La fanciulla, correva disperatamente nel sentiero del bosco. I suoi biondi capelli sciolti, svolazzavano brillando alla luce della luna.
    Stava scendendo una lieve nebbia e lei aveva smarrito la strada. L’abito lungo s’impigliò ad un ramo, strappando un lembo della veste. Elena continuava a correre ma ormai aveva perso le forze.
    Appoggiò la mano sul tronco di una vecchia quercia per riprendere fiato, mentre in alto sui rami, un barbagianni emetteva il suo lugubre lamento.
    Fu un attimo, lui le si parò davanti. La pelle diafana, bianca, bello come un adone, occhi azzurri magnetici, la fissò intensamente e lei perse ogni resistenza. Lui le si avvicinò, delicatamente scoprì il suo collo, bianco e liscio come marmo. Lentamente si chinò e…
    Frena, lettore, credevi di essere in un racconto gotico dell’ottocento?
    Siamo alle soglie del terzo millennio, non è così che la storia continua.

    Roma, una via periferica qualsiasi, in un grande palazzo di otto piani e tre scale, vi abitano come in un alveare una moltitudine di persone. Gente che si sveglia di mattina, beve rapidamente un caffè, apre l’ascensore e sparisce, risucchiata dalla megalopoli che vortica a ritmi vertiginosi.
    Nessuno conosce il suo vicino, nessuno sa cosa si celi dietro quelle porte chiuse, una di fianco all’altra, sul lungo corridoio delle scale.
    Al sesto piano, c’erano stati frenetici lavori di ristrutturazione. Rumori di demolizione, rumori di ricostruzione.
    La “sora” Cecilia, chiamata così da tutto il condominio, era l’unica conosciuta più o meno da tutti. Ormai un’istituzione, era lì da più di quarant’anni. Aveva sopportato pazientemente i rumori dell’appartamento di fronte, contenta di avere dei nuovi vicini. La vecchia famiglia, che abitava lì da una decina d’anni, la trattava sempre con tanta freddezza. Lei si sentiva sola, tanto sola. Vedova da più di vent’anni, i suoi ottant’anni, le pesavano molto.
    Fu così che quando vide arrivare gli operai del trasloco, non potè fare a meno di sbirciare curiosamente i nuovi vicini. A dire il vero, loro non si fecero vedere. In compenso, la sora Cecilia, rimase a bocca aperta nel vedere i mobili d’epoca antica, c’era persino una spinetta del seicento. Cecilia, pensò che i suoi vicini, dovevano essere degli antiquari, grandi intenditori d’arte, visti i quadri che sfilarono ad uno ad uno, davanti alla sua porta.
    Le venne un po’ di tristezza pensando che se fosse stato così, questi erano peggio dei vecchi vicini.
    Si domandò il perché, vicini così danarosi, fossero venuti ad abitare in un quartiere anonimo e popolare.
    La cosa che la incuriosì maggiormente, tenendola incollata alla spioncino della porta di casa, furono dei tendaggi pesantissimi, di velluto cremisi.
    Passarono i giorni, e la sora Cecilia, non era ancora riuscita ad incontrare i fantomatici dirimpettai.
    La notte, che lei passava quasi insonne, li sentiva muoversi, anzi, i rumori a volte erano davvero troppo forti, intensificati dal silenzio notturno. Per fortuna che nell’appartamento di sotto, non abitava nessuno da mesi. Di giorno solo un lunghissimo silenzio.
    La sora Cecilia, ormai, presa dalla curiosità, una mattina provò a suonare al citofono, sperava di agganciarli con una scusa qualsiasi. Nessuno rispose.
    Non li aveva sentiti uscire. Pensò che fossero andati a lavorare molto presto.
    Dopo circa un mese, Cecilia, aveva quasi dimenticato i suoi dirimpettai, quando una sera di dicembre, rincasando dalla messa vespertina, incontrò uno strano giovanotto che aspettava l’ascensore.
    - Sei nuovo di qui? – Chiese la sora Cecilia – Nun me parare d’avette mai visto prima – continuò nel dialetto romanesco, squadrando da capo a piedi il ragazzo.
    Lui abbassò lo sguardo, sembrava molto timido. La stava osservando di sottecchi e lei non se n’era accorta.
    - Come te chiami? –
    - Mario – rispose lui con una voce così cavernosa, che stonava con l’aspetto macilento.
    Era un ragazzo di circa 25-30 anni, a dire il vero, aveva un volto dall’età indefinibile. Uno sguardo profondo, che sembrava ne avesse davvero viste tante.
    Magro, con una maglietta che gli ricadeva dalle spalle e un colorito così diafano, da sembrare convalescente. Lunghi capelli biondo cenere gli scendevano leggermente sulle spalle e una rada barba gli ricopriva il volto.
    La sora Cecilia, dopo averlo squadrato e soppesato, gli chiese a che piano sarebbe sceso.
    - Sesto – rispose lui.
    A questa risposta, la sora Cecilia drizzò le orecchie.
    - Sarai mica il mio nuovo vicino?- gli chiese alla fine lei, non riuscendo più a contenere la sua curiosità.
    Lui non rispose e la guardò con un’increspatura delle labbra che voleva sembrare un sorriso.
    Fu così che si conobbero Mario e la sora Cecilia.
    Qualche giorno dopo, lei aveva preparato una bella torta di mele, con quelle belle grosse e succose mele gialle, che la pubblicità diceva che venivano dal Trentino.
    La sora Cecilia, passava ore davanti alla televisione e conosceva perfettamente tutte le qualità delle varie merci che, di volta in volta, interrompevano i suoi amati programmi, con i “Consigli per gli acquisti” e lei li memorizzava.
    Era quasi l’ora dei vespri, prima di andare alla messa serale, suonò alla porta di Mario.
    Ci volle un bel po’, prima che lui le aprisse la porta. La guardò con quel suo sguardo magnetico, che stranamente aveva poco effetto su di lei perché per nulla turbata esclamò:
    - Ciao Cocco, ti ho portato una bella torta di mele, mangiala che mi sembra tu ne abbia bisogno. L’ho fatta io, con le mele del Trentino –
    Lui guardò Cecilia, la torta, di nuovo Cecilia e fece quella smorfia che sembrava un sorriso, richiudendo la porta in faccia alla vecchietta.
    - Strano ragazzo!- pensò lei, per nulla turbata, mentre prendeva l’ascensore.
    Di sotto, al portone, Cecilia incontrò due signore, che non conosceva se non di vista, residenti alla scala C. Parlottavano fittamente e mentre lei si avvicinava, camminando incerta, la fissavano con insistenza.
    - Buon giorno sora Cecilia – La salutavano per la prima volta da quando abitavano lì -
    - Buon giorno signore – Rispose baldanzosa, Cecilia, sperando di farsi delle nuove amiche.
    - Sora Cecì, ma lei lo conosce il suo vicino?-
    - Chi Mario? Certo che lo conosco. Povero ragazzo, tutto solo, deve venire da lontano, perché non ha parenti e poi mangia poco. Pensate che gli ho lasciato una torta, magari gli faccio tornare l’appetito -
    - Sora Cecì, ma ha visto che strana gente che gira la notte nel suo appartamento? Ne parla tutto il condominio. Qui bisogna fare un’assemblea, perché è gente strana, bisogna mandarli via. Sono pericolosi, abbiamo bambini piccoli qui –
    - Ma che pericolosi, so’ ragazzi. Che male ve fanno? – Lo sapete che i giovani si vestono in modo strano, sentono musiche incomprensibili e fanno tanto chiasso. Pericolosi no! – Finì con tono, quasi di sfida.
    - Allora lei, non la firma la petizione? – Aggiunsero le due vicine con tono infastidito.
    - No, non la firmo! – Esclamò Cecilia, allontanandosi brandendo minacciosamente il bastone, mentre mormorava: - E la bigotta sarei io! –
    Ogni sera Cecilia, bussava alla porta di Mario, portandogli nuovi manicaretti. Era felice di poter cucinare per qualcuno e sperava che prima o poi lui la facesse entrare in casa. Cosa che puntualmente non avveniva mai. Lui prendeva i piatti, increspava le labbra e chiudeva la porta. L’ultima volta però, le aveva fatto una riverenza come uomo d’altri tempi.
    Una sera, la sora Cecilia, non resistette più, con una teglia di lasagne in mano, decise di entrare e che stavolta non si sarebbe fatta chiudere la porta in faccia.
    - Ciao Cocco! – Esclamò, mentre metteva un piede dentro casa di Mario.
    - Figliolo, mangi abbastanza? Ti vedo sempre più pallido. Ci sei andato dal medico? Se vuoi ti do il telefono del mio, è tanto bravo sai, sta lì a sentire tutti i miei acciacchi, ogni volta che ci vado. Posso entrare? - Senza aspettare risposta, ormai la sora Cecilia era entrata in casa di Mario.
    Rassegnato, Mario si scostò dalla porta.
    - Regazzì, ma nun apri mai le finestre, te? Non senti che aria viziata qua dentro? – Fece per avvicinarsi alla finestra ma Mario era già lì davanti a lei. Era stato così rapido che neanche s’era accorta che si era spostato.
    - Ho capito, nun vuoi aprille! Va bene Cocco, però che tende pesanti e polverose, un po’ di sole ti farebbe bene – Mario la fissava con quel suo strano sguardo e non si mosse dalla sua posizione.
    - Certo che sei de poche parole! – Esclamò alla fine la sora Cecilia che da quando lo conosceva, aveva sentito la sua voce solo un paio di volte.
    - Nun te piace d’annà ar mare, Cocco? Ti farebbe bene un po’ di colore su quel volto così pallido -
    Mentre la sora Cecilia, era intenta a dissertare sul colorito di Mario, rapidi e silenziosi, erano entrati altri individui, più o meno simili a Mario. Meno emaciati di lui ma dal colorito perfettamente diafano, in mezzo a loro, una ragazza, vestita nello stile dark, si muoveva intontita, come se avesse bevuto troppo.
    La sora Cecilia, li squadrò da capo a piedi, poi capì che era giunta l’ora d’andarsene.
    Quegli amici di Mario, erano proprio strani ragazzi, non è che le fossero piaciuti molto.
    - Vengono dalla Transilvania, lo avete sentito? – Chiese una delle comari della volta scorsa all’altra, mentre Cecilia stava di nuovo uscendo per la messa vespertina.
    - Ci mancavano i romeni! – Esclamò l’altra zittendosi alla vista di Cecilia. Ricordava bene quel bastone agitato per aria.
    - Romeni, romeni, siete delle razziste! – Aggiunse Cecilia mentre le guardava con aria di disprezzo – Gesù non dice che siamo tutti uguali? -
    Rientrando, la sora Cecilia, bussò di nuovo alla porta di Mario.
    - Senti, Cocco, te lo devo proprio dire, sai, posso esse tu nonna…-
    - Signora - rispose finalmente Mario con un accento straniero - Non direi proprio! –
    - Ho detto che posso esse, mica che so’ tu nonna – continuò imperterrita lei.
    - A me, quegli strani amici che hai, non piacciono e neanche a tutto il condominio. Non saranno affari miei, ma tu sei un così bravo ragazzo, che ce fai co’ quelli? So’ drogati! –
    - Io sono molto più vecchia di te, accetta il consiglio, lo dico per il tuo bene, Cocco –
    Mario stette lì a guardarla, serio, silenzioso, poi increspò le labbra, ma stavolta sembrava quasi che ridesse mentre richiudeva la porta davanti alla sora Cecilia.
    Cecilia stavolta s’offese un po’, però non era tipo da portare rancore e poi Mario le piaceva, le sembrava quasi un nipote.
    Dopo una settimana, la sora Cecilia, era convinta che fosse passata un’eternità che non vedeva più quel caro ragazzo, così, uscendo per la messa vespertina e dopo che s’era sorbita due ore di televendite, bussò come al solito alla porta di Mario.
    - Cocco, ci sei? So’ la sora Cecilia –
    Mario, aprì la porta e la fissò come al solito.
    - Scusami se ti scoccio ancora, ma l’hai sentito il telegiornale? Sono state ritrovate tre ragazze, completamente dissanguate, erano vestite come quella che stava qui, sere fa –
    - Non è per farmi gli affari tuoi, però stai attento all’amici tui, ti potresti mettere nei guai e poi nun ce l’hai la regazza? – Mario la guardava con un’espressione neutra, sembrava una statua del museo delle cere.
    - Dicevo, se ce l’hai, la regazza, non la lasciare sola, perché è pericoloso. L’hanno detto al telegiornale che qui a Roma, non c’è più la sicurezza de na’ vorta. Stupri, rapine, pestaggi… Mo’ pure le regazze dissanguate. Vabbè, io t’ho messo in guardia, poi fa’ un po’ te… -
    Mario, restò lì a guardarla con lo sguardo vitreo e lentamente richiuse la porta.
    - Certo che se la deve passare male quel povero ragazzo. Neanche accende la luce, solo candele. Chissà di chi saranno quei mobili così costosi, sarà per caso un ricettatore? – Pensava Cecilia, mentre apriva la porta di casa sua.
    Tre giorni dopo le due comari davanti al portone:
    - Ma l’hai sentito il telegiornale? - chiese la prima, alla seconda – Povera Cecilia, erano un po’ di giorni che non la si vedeva in giro. Certo era strana e bigotta ma fare quella fine. Poveretta! –
    Esclamò la seconda, tirando su con il naso e asciugandosi gli occhi.
    - Poveretta davvero! L’hanno trovata in quella stradina dietro la chiesa, completamente dissanguata. Verrebbe da pensare ai vampiri, ma quelli non esistono. Sono stati sicuramente i romeni! -
    [Modificato da kamo58 10/06/2009 14:59]
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    ciokky
    Post: 331
    Sesso: Femminile
    00 10/06/2009 15:26


    MOLTO BELLO COMPLIMENTI [SM=g1807561] CERTO CHE MI FA PENSARE [SM=g1807585] NEL MIO PALAZZO C'E' UNA RUMENA [SM=g1807565] LA MORALE E' NON FICCARE MAI IL NASO NELLE CASE ALTUI [SM=g1807565] [SM=g1807565]

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    kamo58
    Post: 1.074
    Sesso: Femminile
    00 10/06/2009 15:38
    C'è più di una morale ciokky.
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    ciokky
    Post: 331
    Sesso: Femminile
    00 10/06/2009 16:29
    Re:
    kamo58, 10/06/2009 15.38:

    C'è più di una morale ciokky.



    infatti lascio indovinare alle altre [SM=g1807561]

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    sancio panza
    Post: 731
    Città: PRATO
    Età: 53
    Sesso: Maschile
    00 10/06/2009 17:26
    nel palazzo accanto al mio ci sono i trans brasiliani..contano?
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    dr.oste
    Post: 1.140
    Città: VENEZIA
    Età: 59
    Sesso: Maschile
    00 12/06/2009 08:33
    [SM=g1807561] [SM=g1807561] Brava Kamo....molto bello
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    kamo58
    Post: 1.074
    Sesso: Femminile
    00 05/11/2009 19:52
    Dopo che le amiche di golosandia erano rimaste male per la morte della protagonista, ho deciso di continuare la storia, cambiare ambientazione e resuscitare la sora Cecilia.

    Non copio e incollo, sarebbe troppo lungo, per chi volesse leggere,
    qui la prima parte

    qui la seconda

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    dr.oste
    Post: 1.140
    Città: VENEZIA
    Età: 59
    Sesso: Maschile
    00 08/11/2009 17:29
    comincio a guardare Kamo con occhi diversi.............sei un vampiro? [SM=g1807562] [SM=g1807562] [SM=g1807562]

    Bellissimo racconto
    [Modificato da dr.oste 08/11/2009 17:30]