00 28/05/2009 16:09
Venne il giorno in cui il mondo si sentì appesantire dalle forze militari troppo potenti di molti re bellicosi, veri e propri esseri demoniaci che pretendevano di appartenere all'ordine regale. Questo turbamento indusse Bhumi, il deva-maestro della Terra, a recarsi da Brahma per riferirgli le sventure che le causavano i re demoniaci. Assumendo la forma di una mucca, Bhumi si presentò a Brahma con le lacrime agli occhi, e con aria sofferente e singhiozzando per invocare la sua compassione gli raccontò come la Terra si trovasse in una condizione precaria. Ascoltate le sue parole, Brahma, molto rattristato, decise di recarsi all'oceano di latte, dove dimora Sri Visnu, il Signore. Tutti i deva con Siva a capo lo scortarono, e Bhumi li seguì. Giunto sulle sponde dell'oceano, Brahma pronunciò le parole che dovevano rendergli favorevole Sri Visnu, il Quale un tempo aveva già salvato il pianeta Terra prendendo la forma di un cinghiale.

Tra i mantra vedici c'è una speciale preghiera detta purusa-sukta, che i deva recitano quando offrono il loro omaggio a Visnu, Dio, la Persona Suprema. Il deva maestro di ogni pianeta può recarsi da Brahma, sovrano dell'universo materiale, ogniqualvolta sopraggiunga il caos sul proprio pianeta, e Brahma può avvicinare il Signore Supremo, Sri Visnu, non direttamente, bensì restando sulle sponde dell'oceano di latte, a Svetadvipa, un pianeta del nostro universo. Numerose Scritture vediche c'informano che come sulla Terra esiste un oceano di acqua salata così su altri pianeti si trovano altri oceani, di latte, per esempio, di olio oppure di liquore e altri ancora. Il purusa-sukta è la preghiera che generalmente recitano i deva per soddisfare Ksirodakasayi Visnu, Dio, la Persona Suprema, così chiamato perché è disteso sull'oceano di latte (ksira). Ed è proprio attraverso questa particolare manifestazione del Signore Supremo che appaiono in questo mondo tutti gli avatara.

Offerta la preghiera del purusa-sukta al Signore Supremo, i deva non udirono alcuna risposta; allora Brahma si sedette in meditazione, e Sri Visnu gli trasmise attraverso il pensiero un messaggio che egli rivelò poi agli altri deva. E' così che si trasmette il sapere vedico; proviene dalla Persona Suprema, e il primo a riceverlo è Brahma, nel suo cuore, com'è spiegato anche all'inizio dello Srimad-Bhagavatam: tene brahma hrida, il sapere spirituale assoluto dei Veda fu dapprima rivelato a Brahma, nel suo cuore. Anche in quest'occasione soltanto Brahma poté capire il messaggio di Sri Visnu e fu lui a trasmetterlo poi ai deva perché agissero immediatamente. Questo era il messaggio: Dio, la Persona Suprema, apparirà presto sulla Terra accompagnato dalle Sue potenze, supreme ed eccezionali; fino a quando Egli rimarrà sul pianeta, anche i deva dovranno essere presenti per assisterLo nel compimento della Sua missione di annientare gli esseri demoniaci e proteggere i bhakta. Tutti devono "nascere" subito nella dinastia Yadu, nella quale, a suo tempo, anche il Signore apparirà.

Dio stesso, la Persona Suprema, Sri Krishna, apparve come figlio di Vasudeva; ma fu preceduto da tutti i deva, che apparvero con le loro consorti in differenti famiglie virtuose per assisterLo nella Sua missione. Il termine usato qui è tat priyartham a indicare che i deva sono discesi sulla Terra per soddisfare il Signore. Deva è in realtà chiunque viva unicamente per la soddisfazione del Signore. I deva seppero inoltre che l'emanazione plenaria di Sri Krishna detta Ananta, a forma di serpente, che sostiene tutti i pianeti dell'universo allungando milioni di teste, sarebbe apparsa sulla Terra prima di Sri Krishna, e che maya, la potenza esterna di Visnu, capace d'incantare tutte le anime condizionate, sarebbe apparsa anche lei allo scopo di attuare i disegni del Signore Supremo.

Dopo aver informato e tranquillizzato con dolci parole i deva -tra cui Bhumi-, Brahma, padre di tutti i Prajapati, gli antenati della popolazione universale, ritornò alla sua dimora, Brahmaloka, il pianeta materiale più evoluto.

Il capo della dinastia Yadu, il re Surasena, governava la provincia di Mathura, oltre che l'omonima provincia di Surasena. Mathura era dunque la capitale di tutti i re della dinastia Yadu. Gli Yadu avevano fatto di Mathura la loro capitale anche perché sapevano, essendo molto pii, che a Mathura Sri Krishna vive eternamente, come a Dvaraka.

Un giorno, Vasudeva, il figlio di Surasena, subito dopo aver sposato Devaki, salì sul suo carro per tornare a casa accompagnato dalla sposa. Il padre di Devaki, Devaka, che nutriva un profondo affetto per la figlia, aveva offerto una dote imponente; centinaia di carri tutti equipaggiati con accessori d'oro.

Quel giorno, il figlio di Ugrasena, Kamsa, per soddisfare sua sorella Devaki aveva preso di sua iniziativa le redini e conduceva il carro di Vasudeva. Il costume vedico vuole infatti che quando una ragazza si sposa, il fratello conduca la giovane coppia alla casa del padre dello sposo per evitarle una brusca separazione dalla famiglia. La dote di Devaki comprendeva 400 elefanti ornati di ghirlande d'oro, 15.000 cavalli decorati e 1.800 carri. Devaka aveva anche disposto che duecento belle fanciulle accompagnassero sua figlia perché il sistema di matrimonio in vigore presso gli ksatriya, e ancora oggi osservato in India, vuole che quando un re ksatriya si sposa, numerose giovani amiche della fidanzata vadano a vivere nel suo palazzo. Queste seguaci della regina sono chiamate servitrici, ma in realtà agiscono come amiche. Questa pratica esiste da tempo immemorabile e la ritroviamo all'epoca dell'avvento di Sri Krishna, 5.000 anni fa.

Mentre il carro degli sposi passava, il suono di diversi strumenti festeggiava il felice evento. Le conchiglie, i corni, i tamburi e i timpani formavano insieme un piacevole concerto in cui il corteo si snodava festosamente. Kamsa conduceva il carro, quando d'un tratto dal cielo si udì un suono prodigioso che si rivolgeva proprio a lui: "Come sei sciocco, Kamsa! Stai conducendo il carro di tuo cognato e di tua sorella senza sapere che il loro ottavo figlio ti ucciderà."

Kamsa, figlio di Ugrasena, era considerato il più demoniaco di tutti i re della dinastia Bhoja. Udire la profezia che veniva dal cielo e afferrare Devaki per i capelli fu un tutt'uno per lui, e già stava per ucciderla con la sua sciabola quando, sorpreso da questo gesto, Vasudeva per tranquillizzare il crudele e cinico cognato tentò di farlo ragionare: "Caro cognato, caro Kamsa, tu sei il re più famoso della dinastia Bhoja e la gente ti considera il più grande dei guerrieri. com'è possibile che il tuo furore sia così cieco da spingerli a uccidere una donna, tua sorella, e nel felice giorno del suo matrimonio? Perché tanto terrore della morte? La morte è già venuta insieme con la tua nascita; dal momento in cui sei nato hai cominciato a morire. Supponiamo che tu abbia venticinque anni: dunque sei già morto da venticinque anni. In realtà, muori istante dopo istante, secondo dopo secondo. Perché allora tanta paura della morte? Alla fine è inevitabile. Che tu muoia oggi o tra cent'anni, non potrai sfuggirle. Perché rimanere tanto turbati? La morte non è che l'annientamento del corpo materiale. Appena il corpo smette di funzionare e torna a mischiarsi con i cinque elementi della natura materiale, l'essere vivente si riveste di un altro corpo, determinato dagli atti della sua esistenza passata e dalle loro conseguenze. Questo cambiamento di corpo è del tutto simile all'incidere di un uomo per la strada; egli fa un passo, poi quando è sicuro che il piede posato a terra è stabile, solleva l'altro piede. Così, i corpi cambiano l'uno dopo l'altro, e l'anima trasmigra. Guarda con quale attenzione il bruco passa da un rametto all'altro!. Similmente, l'essere vivente cambia corpo non appena gli agenti del deva della morte decidono del suo prossimo involucro mortale. Finché l'essere vivente resta condizionato dal mondo materiale deve rivestirsi di corpi di materia, uno dopo l'altro, determinati dalle leggi della natura secondo gli atti compiuti nella precedente vita.

"Questo corpo non differisce dai corpi che vediamo nei sogni, quando con la mente creiamo mille corpi fittizi. Per esempio, se abbiamo visto una montagna e abbiamo visto dell'oro, associando le due idee vedremo in sogno una montagna d'oro. Talvolta, sempre in sogno, abbiamo un corpo che vola nell'aria e ci dimentichiamo del vero corpo. Così, di vita in vita i corpi cambiano, e quando si ottiene un corpo nuovo si dimentica tutto del precedente. Durante i sogni possiamo venire a contatto con numerosi corpi nuovi, ma al risveglio saranno tutti dimenticati. Così, i corpi materiali di cui siamo rivestiti sono il prodotto delle nostre attività mentali, ma attualmente non possiamo ricordarci dei nostri corpi passati.

"La mente è febbrile per natura, capace di rifiutare ciò che ha accettato un istante prima. Accettare e rifiutare sono le funzioni della mente a contatto con i cinque oggetti del piacere dei sensi -forma, sapore, odore, suono e tatto. Dedita alla speculazione, la mente viene a contatto con gli oggetti del piacere dei sensi e quando un essere desidera un particolare tipo di corpo, l'ottiene. Il corpo ci è dunque offerto dalle leggi della natura materiale. L'essere vivente accetta un corpo e prolunga la sua permanenza nell'universo materiale per godere o soffrire secondo la struttura del corpo acquisito. Senza un corpo è impossibile godere e soffrire in questo mondo, secondo le tendenze mentali ereditate dalla vita precedente. Infatti è lo stato mentale dell'essere all'istante della morte a determinare il particolare corpo che gli sarà offerto.

"I pianeti luminosi, come il sole, la luna e le stelle, si riflettono sulla superficie di differenti liquidi -acqua, olio, ghi(¹) - e il loro riflesso si sposta col movimento di questi liquidi. La luna si riflette sull'acqua, che agitandosi farà sembrare che la luna si muova; ma non è così. Similmente, per semplice creazione della mente, l'essere ottiene differenti tipi di corpi, sebbene in realtà non abbia alcun legame con essi. Ma per la forza dell'illusione, per l'incantesimo di maya, egli pensa di appartenere a un corpo di una particolare specie. Questa è l'esistenza condizionata. Prendiamo l'esempio di un essere dotato in questa vita di una forma umana: egli crede di appartenere alla comunità umana, a questo o a quel paese, a questa o a quella regione, e identificandosi con queste cose si prepara a prendere un altro corpo di cui non ha affatto bisogno. Tali creazioni mentali, tali desideri, sono all'origine di svariati tipi di corpi. Il velo della natura materiale è così spesso che gli esseri sono soddisfatti del corpo che ottengono e traggono grande piacere a identificarsi con esso. T'imploro quindi di non farti soggiogare dal corpo e dalla mente."

Vasudeva chiedeva a Kamsa di non nutrire invidia verso sua sorella, appena sposata. Tutti dovrebbero liberarsi dall'invidia, perché genera la paura in questa vita come nella successiva, quando si è portati di fronte a Yamaraja. (²) Vasudeva si rivolse a Kamsa in nome di Devaki, ricordandogli che lei era sua sorella minore, e per difendere la causa di sua moglie fece appello al felice momento del suo matrimonio. Una sorella o un fratello giovani devono ricevere dai loro superiori la protezione che si dà a un bambino. "La situazione è molto delicata, concluse Vasudeva. Se la uccidi, la tua fama resterà segnata."

Vasudeva tentò di rappacificare Kamsa dandogli saggi consigli e usando la discriminazione filosofica. Ma non ci riuscì perché quest'ultimo, anche se nato in una famiglia regale, conservò sempre la sua natura demoniaca a causa della compagna di esseri demoniaci. L'essere demoniaco non ascolta mai i buoni consigli; è come un ladro ostinato: per quanto si tenti di farlo ragionare non cambierà mai la sua condotta. Questa è la differenza tra deva e asura. Coloro che sono in grado di sottomettersi ai saggi consigli e introdurli nella loro esistenza sono detti deva, coloro che non possono sono detti asura.

Visto fallire il suo tentativo di tranquillizzare Kamsa, Vasudeva pensò al modo di proteggere Devaki. Di fronte a un pericolo imminente, l'uomo d'intelligenza deve sforzarsi di evitarlo per quanto è possibile, e se poi, nonostante la sua intelligenza, non ci riesce, non può essere considerato colpevole. L'uomo deve fare del suo meglio per adempiere il suo dovere, e se lo sforzo non è coronato da successo non è colpa sua.

Vasudeva pensò: "Per il momento devo salvare Devaki; in seguito, se avremo dei figli troverò il modo di proteggerli." Un altro pensiero gli si affacciò alla mente: "Se in seguito avrò un figlio capace di uccidere Kamsa, come lui è convinto, allora sia Devaki che il bambino saranno salvi, poiché inconcepibili sono le leggi della Provvidenza. Ma per il momento devo salvare Devaki, in un modo o nell'altro."

Non si può mai sapere quale tipo di corpo assumerà un essere come non si può mai stabilire quali alberi divorerà l'incendio nella foresta: spinte dal vento, le fiamme investono un albero qua e là e ne lambiscono altri. Un uomo può mettere tutta la sua prudenza e la sua meticolosa attenzione nel compiere i suoi doveri, ma è molto difficile per lui prevedere quale tipo di corpo otterrà nella prossima vita. Per esempio, Maharaja Bharata eseguì con grande fede i suoi doveri sulla via della realizzazione spirituale, ma si affezionò a un cervo e dovette assumere un corpo di cervo nella vita successiva.

Dopo aver riflettuto sul modo di salvare sua moglie, Vasudeva, ancora una volta, molto rispettosamente si rivolse a Kamsa, sebbene questi fosse un peccatore abominevole. Qualche volta è necessario che un uomo di virtù come Vasudeva debba adulare un essere vizioso come Kamsa. Questa si chiama diplomazia. Sebbene profondamente rattristato, Vasudeva mostrò esteriormente un'aria gioiosa. A causa dell'atroce carattere del cinico Kamsa, egli dovette rivolgersi a lui in questo tono: "Mio caro cognato, rassicurati, nessun pericolo può venire da tua sorella. Il tuo timore nasce solo dall'aver sentito una voce profetica dal cielo, ma secondo questa voce il pericolo verrà da figli che non sono ancora stati messi al mondo. E chissà! Forse tua sorella non avrà mai figli. Ora, se consideri bene tutto ciò ti renderai conto che per il momento non hai nulla da temere, e quindi nessuna ragione di aver paura di tua sorella. Se lei metterà al mondo dei figli, ti prometto che te li porterò tutti, così tu potrai prendere le misure necessarie."

Kamsa, che conosceva il valore della parola di Vasudeva, si lasciò convincere dai suoi argomenti e rinunciò per il momento a uccidere sua sorella. Soddisfatto, Vasudeva lodò la decisione di Kamsa e riprese il cammino verso casa.

Devaki mise al mondo otto figli e una figlia. Alla nascita del primo, Vasudeva mantenne la sua parola e lo portò subito a Kamsa. Si dice che Vasudeva fosse molto virtuoso e rinomato per la sua parola d'onore, ed egli desiderava mantenere questa fama. Se fu estremamente doloroso per Vasudeva consegnare il bambino, Kamsa, invece, lo ricevette con gioia. Questi, tuttavia, fu mosso a compassione davanti a suo cognato. Il comportamento di Vasudeva è un esempio per tutti. Per una grande anima come lui non c'è nulla di troppo doloroso nello svolgimento del dovere. Un uomo saggio come Vasudeva compie il suo dovere senza esitare, là dove un asura come Kamsa non esita mai a commettere un atto abominevole. Si dice perciò che una persona santa può tollerare ogni condizione difficile, che un saggio è pronto a compiere il suo dovere senza aspettare di trovarsi nelle circostanze favorevoli, che un uomo crudele come Kamsa può compiere qualsiasi atto colpevole, e che un bhakta può sacrificare tutto per la soddisfazione della Persona Suprema.

Kamsa fu contento del gesto di Vasudeva e sorpreso nel vedere come egli mantenesse la sua promessa; poi, compassionevole e soddisfatto insieme, pronunciò queste parole: "Caro Vasudeva, non è necessario che tu mi offra questo bambino. Egli non rappresenta alcun pericolo perché mi è stato predetto che sarò ucciso dall'ottavo figlio di Devaki. Non è questo il bambino che voglio. Riprendilo pure."

Sulla strada del ritorno, col suo primo figlio, Vasudeva, sebbene fosse contento dell'atteggiamento di Kamsa, non riusciva a convincersi delle sue parole perché sapeva che Kamsa non era padrone di sé. Un ateo non sa mantenere la sua parola d'onore. Chi non controlla i sensi non conosce la determinazione. Il grande politico Canakya Pandita ha detto: "Non riponete mai la vostra fiducia in un diplomatico o in una donna." Coloro che si abbandonano al piacere dei sensi non possono essere onesti, e non conviene porre in loro la nostra fiducia.

Intanto il grande Narada fece visita a Kamsa. Sapendo che questi si era mostrato compassionevole verso Vasudeva e gli aveva restituito il suo primo figlio, Narada, che desiderava ardentemente accelerare il più possibile la venuta di Sri Krishna, lo informò che a Vrindavana, Nanda Maharaja e tutti i pastori e le gopi, e altrove Vasudeva, suo padre Surasena e tutti i suoi parenti, membri della famiglia Vrisni della dinastia Yadu, si preparavano insieme all'apparizione del Signore. Narada consigliò a Kamsa di sorvegliare queste famiglie e i loro amici e tutti i deva che vi avrebbero preso nascita. Kamsa, i suoi parenti e i suoi consiglieri erano tutti asura, e gli asura temono sempre i deva. Perciò, dopo aver ricevuto da Narada queste informazioni, Kamsa si tenne all'erta: sapeva che i deva erano già discesi sul pianeta e quindi Sri Visnu, il Signore, sarebbe apparso presto. Egli fece subito arrestare Vasudeva e Devaki e li gettò dietro le sbarre. Là, in quella prigione, tenuti da catene di ferro, Vasudeva e Devaki ogni anni diedero nascita a un figlio, e Kamsa, credendo di vedere in ciascuno di essi Visnu disceso sulla Terra, li uccise uno dopo l'altro. Temeva particolarmente l'ottavo figlio, ma dopo la visita di Narada era giunto al punto di credere che ciascuno dei bambini poteva essere Krishna, perciò considerò più opportuno uccidere tutti i figli che nascevano da Vasudeva e Devaki.

Il comportamento di Kamsa non è difficile da capire. Nella storia del mondo ci sono numerosi esempi di principi e re che uccisero il padre, il fratello o tutta la famiglia o i loro amici solo per soddisfare le proprie ambizioni. E non c'è da meravigliarsi, perché gli asura ucciderebbero chiunque pur di realizzare le loro infami aspirazioni.

Per la grazia di Narada, Kamsa divenne cosciente della sua esistenza precedente. Seppe di essere un asura di nome Kalanemi, ucciso da Visnu. Nato ora nella famiglia Bhoja, aveva deciso di diventare il nemico mortale della dinastia Yadu, e poiché Krishna doveva apparire in quella dinastia, Kamsa aveva una gran paura di essere ucciso ancora una volta da Lui, come nella sua vita precedente. Cominciò allora coll'imprigionare suo padre Ugrasena, perché era il re più potente delle tre dinastie Yadu, Bhoja e Andhaka; occupò poi il regno di Surasena, padre di Vasudeva, e si proclamò sovrano di tutte queste terre.

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul primo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "L'avvento di Sri Krishna".

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(1) Burro chiarificato.

(2) Il deva che dopo la morte giudica e punisce i peccatori.

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