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Sulle montagne rocciose canadesi, Logan cerca la pace dopo un secolo di guerre e violenza. Silverfox lo ama e lo incoraggia a dar retta alla propria natura umana e a tenere a bada la forza sovrumana e mutante che è in lui, ma il brutale assassinio della donna da parte del fratello Victor, riporta inevitabilmente Logan nelle mani di Stryker, che vuole fare di lui l'Arma X, una macchina da guerra indistruttibile. Nel corso di un'operazione d'indicibile sofferenza, lo scheletro di Wolverine viene rivestito di adamantio e ne esce un essere invulnerabile, il più micidiale degli esperimenti di laboratorio che Stryker sta operando sui mutanti: un cuore di dolore dentro un'impalcatura di rabbia, in attesa di rivolgere la propria furia contro il giusto nemico.
Brian Singer aveva coccolato il personaggio di Wolverine, gli aveva dato fascino, mistero, sofferenza. Gli aveva offerto spazio e aperto per lui una fessura sul passato. Gavin Hood non fa di meglio. Apre all'insegna del trauma e della notte, con un prologo che resterà, però, un piccolo cortometraggio a sé stante, nel quale il piccolo Logan uccide il suo vero padre, non intuendone l'identità, e si dà alla prima delle tante fughe da se stesso. Il seguito è un'irrisolta ricerca delle giuste proporzioni, tra azione e sentimento, racconto e allusione, sfaccettature ironiche e appiattimenti unidimensionali.
La carica animalesca che fa di Logan un diverso fra i diversi è ciò che resta più d'ogni altra cosa fuori scena e, se non fosse per Liev Schreiber nelle vesti di Sabretooth, la cui presenza scenica è una vera e propria forza sulla quale Hugh Jackman può far leva per goderne di riflesso, la sensazione rischierebbe di essere quella di trovarsi di fronte ad un sottosviluppo di Wolverine, anziché al racconto del suo perfezionamento.
Hood e Benioff hanno mescolato le carte del fumetto e sul campo si contano vinti e vincitori: Deadpool e Gambit sanno farsi apprezzare, Blob e Emma Frost si fanno sprecare, Ciclope si salva fortuitamente.
Wolverine è un buon film d'azione, che non si sottrae alla domanda di approfondimento che il genere porta recentemente e piacevolmente con sé nella sua declinazione supereroistica, ma risponde in maniera intermittente, balbettante, per cui non mancano le buone battute ma all'interno di un percorso senza imprevisti e non difetta qualche bella sequenza - specie nella prima parte, con le gesta del Team X - ma nemmeno il già visto. Gli artigli di osso sono stati convertiti in spade di adamantio ma non aprono squarci memorabili, fanno giusto qualche graffietto. La vendetta ai Vendicatori.