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Artù, il Re Sacro

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    stregaviolet )O(
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    Anziana dell'Isola
    00 23/03/2009 03:35

    Riporto questa parte di Celtica, di Luigi Balocchi, Ed. Atlantide. E' ricchissima a mio parere, e bellissima... [SM=g27836]
    Premetto che il capitolo che ne parla tratta della profonda Armonia che vi era fra i celti e la Natura, "natura naturans", come la definisce l'autore. Armonia che faceva partecipare l'uomo della Natura e che faceva sì che la Natura stessa fosse vicina all'uomo e ne condividesse le vicende. Per questo in certe occasioni, alla morte di guerrieri ed eroi che erano stati Re Sacri, la Natura stessa compiangeva e lamentava tali rari uomini. L'autore chiama queste morti, le "Morti Luminose", simile a quella di Artù, in riferimento alla quale, appunto, si dice che un raggio di sole attraversò la sua carne insieme alla lancia di Mordred... "il raggio di sole, segno dell'immanente presenza del divino".
    Sempre di Morti Luminose si parla quando la Natura, poco prima serena e soleggiata, si scatena in un istante con tutte le sue forze, oscurandosi e divenendo tempestosa, quando muore qualcuno che con lei aveva stretto un ufficiale o silenzioso Patto Sacro.
    In questo pezzo si parla anche dei Cavalieri rimasti vivi alla morte di Artù, e se ne dà una visione a dir poco splendida.
    A quanto ho capito, la fonte usata come riferimento è I Romanzi della Tavola Rotonda, di Boulenger.

    "Artù va alla morte circondato dai simboli che attestano, in corpo e spirito, la sua funzione di re sacrificale.
    A strage ultimata, tutti i cavalieri della tavola rotonda erano uccisi.
    Accanto ad Artù ne rimangono quattro. Lucano, il coppiere, è distributore delle bevande di corte. Il liquido alcolico, sia esso vino, idromele o birra, è strettamente collegato allo stato di ebbrezza sacra tale da permettere la comunicazione con l'Aldilà. Per tal motivo Lucano esprime una specificazione divina. E' l'evidente incarnazione di un'ancestrale funzione druidica.
    Keu, fratello di latte di Artù, è l'araldo dell'insegna reale, colui che in battaglia innalza agli occhi di tutti il visibile segno della regalità. Ambedue i cavalieri del re dei britanni indicano la sacralità del suo agire, cui è condizionata la prosperità della terra e la felicità delle genti.
    Artù è sacro, come del resto tutti i re celti, non in quanto diretta espressione della divinità, bensì quale incarnazione del patto di fratellanza, di rispetto e armonia, stabilito fra tutti gli uomini del regno e gli elementi cosmici, rivelazione del divino. In ciò è evidente la funzione sacrificale del re. Sua è la responsabilità del mantenimento di quanto suggellato con il cosmo. Conseguente, gli deriva l'obbligo di agire in rispetto delle leggi che regolano l'evoluzione armonica della manifestazione. Lui, colui che il piano umano deve rendere conforme a quello divino, in primo luogo rendendo se stesso sacro. Accetto, cioè, alla divinità, e fautore del perpetuo rinnovamento dei cicli di vita.
    Dodinel, detto "Il Selvaggio", è figlio del re Belinan di Sorgalles. Con più ardore di qualsiasi altro uomo insegue i cervi e i cinghiali delle foreste. Il suo essere focoso, congiunto all'amore per la violenza della caccia, riporta alla mente l'ancestrale figura del selvaggio dei boschi, frutto della primordiale vitalità della natura e archetipo sciamanico. E' figlio di Belinan, e ciò lo collega alla discendenza divina del dio Belenos, ispiratore della festa druidica di Beltane, i fuochi di Bel, simbolo del perpetuo rinnovarsi della natura nel passaggio stagionale dall'inverno alla primavera. Belenos, il raggiante, divinità solare per eccellenza, ha pieno diritto di cittadinanza nelle avventure arturiane.
    (...) Ma un'altra ancestrale presenza accompagna il re alla morte. E' Giflet figlio di Do. Nel tragico scenario del compimento, assiste il signore morente, da questi ricevendo la spada meravigliosa. Escalibur, un tempo estratta dalla pietra. Nei racconti eroici dell'antico Cymru, il suo nome è Gilvaethwi, figlio di Don, la dea madre delle antiche tribù britanne, stesso ceppo della Dana gaelica da cui, i Tuatha de Danann, gli dei poggi e dell'Altromondo irlandese, derivano.
    (...) Artù sente prossima la fine. Affida a Giflet il visibile segno della sovranità. E' Escalibur, la lama che unisce la terra e il cielo, l'uomo al divino, estratta dalla viva, eterna sapienza della roccia misteriosa. (...) lo strumento di giustizia, la visibile teofania dell'essere cosmico, che solo il figlio meraviglioso, colui che in sè unisce l'armonia degli elementi, può possedere.
    (...) Nell'istante in cui Escalibur sta per affondare nelle acque lacustri, una mano, dalle profondità, viene svelata. Afferra la lama e, per l'ultima volta, la brandisce al cielo. Per sempre, Escalibur, giace nel fondo del lago. La sapienza divina, che era stata visibile strumento di pace e prosperità tra gli uomini, torna ad essere occultata. Il lago, ventre della forza primordiale, e la mano che ne fuoriesce, azione attiva del divino, nel tempo a venire custodiranno il potere benefico che la spada buona e bella ha reso al mondo. L'acqua primordiale da cui tutto, ad aeterno, venne generato. La lama del fuoco, origine del mondo e divenire del tempo. Giacché, alla fine, solo il fuoco e l'acqua avranno dominio."

    Una miriade di spunti bellissimi...


    [Modificato da stregaviolet )O( 23/03/2009 03:43]


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    L3lith
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    00 11/03/2010 20:47
    Spero di non sbagliare sezione ma parlando di Artù non resisto :p ho letto molti libri al riguardo.
    Ho letto in un breve trattato di Stelio Calabresi alcune cose riguardo la simbologia di Artù.
    Prima di tutto per comprenderne appieno il significato simbolico bisogna accettare 2 circostanze:
    La prima è quella relativa al momento in cui si formò la leggenda. Come ho accennato ci troviamo alla fine della dominazione romana sulla Bretagna; sotto la spinta dei popoli scozzesi e Germanici (Sassoni) mai domati, gli Angli cercavano di ricostituirsi una unità ed un'identità nazionale: avevano perciò necessità di un simbolo intorno al quale raccogliersi.
    La seconda è che quello stesso momento segnò la fine (sotto l'aspetto culturale) sia del mondo latino-pagano che di quello celtico-druidico: entrambi costretti a cedere il passo, pur se con notevoli resistenze, al mondo cristiano di Saint Patrick.

    "Uther Pendragon", con l'aiuto di Merlino (o il mago druido Myr-Ddyn), riesce a sedurre Igrain.
    Al frutto di questa unione viene dato il nome gaelico di "Arth-Wavr" (liberamente tradotto nel latino "Artorius" da cui deriva la traduzione romanza in Artù, in inglese "Arthur"). Il nome latinizzato ci parla di un'affinità con Artemis (la dea Diana dei romani) in quanto derivano entrambi dalla stessa radice indo-ariana "arta" o "artùmati" che indicano "splendore", ma anche il "tempo indeterminato" o "leggendario".
    La connessione di Arth-Wavr con Artemis diventerà in seguito più evidente.

    Ma l'accezione gaelica del nome di Artù richiama alla mente le forze della natura e la derivazione dalla radice "artùmati". Essa ci dice, in buona sostanza, che Artorius vive fuori dal tempo, in una dimensione più leggendaria più che storica. Del resto il trigramma (Arth-Wawr - Artù - Artemis??) si unisce al simbolo indoariano dell'orso, proprio del nome di Uther Pendragon, che simboleggia l'autentica forza della natura.
    Non è un caso che ritroviamo il segno dell'orso in molte antiche mitologie (tra l'altro quella degli indiani Uroni americani e degli Ainu Giapponesi).

    Del resto il nome celtico Arth-Wavr, sia in Gaelico che in Gallese significa "Orsa Maggiore" e ne individua il destino di "capo" mentre le stelle che formano quella costellazione (il mistico numero "sette") sono un'icona della divinità che domina il mondo (graficamente si tratta del simbolo del quadrato, il reale, sormontato dal Triangolo, forma Trinitaria della divinità).
    Natura e divinità riemergono anche nel nome dei genitori: la madre è Igrain che la "Chanson des Gestes" definisce "la Bionda" (cioè il grano maturo, il solstizio d'estate, il sole e la fertilità). Il nome di Uther (o Uthir) Pendragon, d'altra parte, in gaelico significa "meravigliosa testa del drago", rappresenta le correnti sotterranee della earth Force, l'impulso vitale che feconda.
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    Nathair Mac Brighit
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    00 12/03/2010 09:55
    L3lith posso chiederti come si chiama il libro di Calabresi a cui ti riferisci?

    Violet che dire, sono ancora sorpreso... quello di balocchi è un libro meraviglioso, intriso di segreti e concetti da "iniziati".
    Pensavo che glielo avessi comprato solo io al S.Balocchi^^

    E' molto interessante comunque la figura di Artù, credo che indichi proprio il punto di confine, in giro di boa, delle Ere.
    Prima di lui Taliesin era il simbolo di un'epoca florida ed attiva, dopo di lui, le Antiche Tradizioni si sono sciolte lentamente, le grandi forze della Britannia sono svanite...

    Fu proprio Artù (figlio di Artio=orso), a dissotterrare la testa del Bran Bendigeidfrân..ha rinunciato alla protezione delle Antiche Forze, ed è caduto. Nessun Re può regnare se non per concessione della Madre, ed Artù ha rinnegato la Madre.

    Sicuramente è una metafora, forse un uomo, probabilmente una legenda...ma è comunque una figura molto importante della storia della Britannia e del paganesimo.

    Nathair






    "Non dovete aver paura dei Romani: non sono più numerosi di noi, né più forti. Guardateli bene: si coprono di elmi, di corazze, di gambiere, si riparano dietro valli, mura, fosse, per non esser minimamente feriti da ostili incursioni. I Romani amano far uso di tutti questi presidi per paura, anziché intraprendere azioni contro il nemico speditamente, alla nostra maniera. D'altronde noi abbondiamo di tanta forza, che le nostre tende sono più sicure delle loro mura, i nostri scudi migliori di qualunque loro armatura. [...] Non ci sono pari nel sopportare la fame, la sete, il freddo, il caldo; sempre abbisognano di ombra, di coperture, di frumento macinato, di vino, di olio in tal misura che, se una sola di queste cose viene a mancare, subito periscono. Per noi, invece, qualunque erba o radice è cibo; qualunque succo è olio; qualunque acqua è vino; qualunque albero è casa"
    Boudicca



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    L3lith
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    00 12/03/2010 13:35
    "Re Artù tra simbolo e leggenda" ma non è un libro credo, ecco il link [+]
    [Modificato da L3lith 12/03/2010 13:37]