Salve a tutti,
La poesia che Vi presento si intitola "Luce e gravità"; è stata scritta da mio fratello Graziano circa un anno prima della sua scomparsa.
Ha vinto due premi letterari, il secondo l'anno scorso, alla memoria.
Di lui mi restano le sue opere, che vorrei divulgare, e che sto man mano raccogliendo e pubblicando su un blog il cui indirizzo è riportato a fondo pagina.
Grazie a tutti per l'attenzione.
Strani giorni, in cui si cresce
agli angoli della strada, si rimane esterrefatti
dalla potenza dei fiori, e degli insetti saltellanti che attorno a essi girano
non c’è condizione, o posto, in cui rifugiarsi, e il potere dall’alto ride
assumendo la forma di meteore
quando lo spazio non ha gravità apparente.
Conosco scarpe consumate, per riuscire a capire il perché di foglie
tanto fracassose o disubbidienti, che alle tre di notte
allarmate da troppi sentimenti, fuggono parlando dell’Inferno
o di strade che si sdoppiano.
Giorni di guerra essenziale;
giorni di morte, di assoluta circostanza;
dopo tanto sfiancante camminare, vedo dei sorrisi
rari come stelle alpine,
di colpo mi ricordo il mio, di sorriso,
forse questa generazione, ha dimenticato delle cose,
cose come l’onore, il dolore, o l’essere al mondo,
è una sorta di torpore, e di sballati vincoli che non saziano di quella fame
per poi prepararsi al botto
la nuova poesia, o la nuova morte, è questa;
svincolato dalle mani di un chirurgo troppo fiorito
giro per tutta la città, guardo il sole, sopra i palazzi,
guardo i prati curati, e dimentico labbra nere, e tatuaggi dipinti;
l’innocenza è parte integrante della colpevolezza!
così di giorno e di notte, combatto anch’io una segreta guerra, in nuove vesti,
lasciando il niente alle spalle
e alle cicatrici dell’essenza non penso.
Penso piuttosto all’enigma che in te vedo,
e la sottile domanda che ti fai ogni giorno;
la luce del sole esiste anche per me,
mentre le scarpe si consumano.
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