L'Isola Incantata delle Figlie della Luna Un luogo protetto dalle Nebbie in cui le Fanciulle studiano insieme...

PAGANESIMO ITALICO: Fauno

  • Messaggi
  • OFFLINE
    AlessandroSkryer
    Post: 257
    Registrato il: 18/02/2008
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    Fanciulla dell'Isola
    Sognatore dell'Isola
    00 11/02/2009 04:20


    Nelle rappresentazioni, Fauno è barbuto e abbigliato in pelli di capra. Impugna la clava del pastore e la cornucopia, simbolo di abbondanza e di fertilità dei campi.

    Alcuni studiosi hanno ricondotto il suo nome sia al verbo «favere» (proteggere, da cui «fausto», «buono»), sia al verbo «fari» (parlare). Secondo altri, invece, il suo nome significava originariamente «strangolatore, lupo», talché egli, pur avendo corna di capra, è un dio lupo. Infatti era identificato con Luperco, che derivava da «lupo», come il nome sacrale dei Luperci, i quali, nei Lupercali, erano lupi, e servivano e rappresentavano un dio lupo. In quanto tale, Fauno, al pari di altri numi, è associato al mondo infero e alla purificazione. Era detto anche Inuo, come Pan era chiamato dai Romani e accostato a Luperco. Silvano era il nome che Fauno assumeva nel culto privato.

    Se è corretto identificarlo con Agrio (il «selvaggio»), allora Fauno è figlio di Kirke e di Odisseo. Secondo un’altra tradizione, invece, è figlio di Kirke e di Pico, primevo nume oracolare, trasformato in picchio dalla dèa stessa quando ha osato rifiutarne l’amore. Come Kirke, vive nella foresta ed è Signore degli Animali. Sia come cornuto e caprino, sia come lupesco, è connesso al mondo infero.





    Fauno e Ninfa in un mosaico da Taranto (II sec. d.C.)



    Sia Fauno sia Pico, «entrambi divinità della terra italica» (Ovidio, «Fasti», III, 291, traduzione di Luca Canali), sono detti «numi silvestri» e «divinità dei boschi» (Ovidio, «Fasti», III, 303, 309). Lo stesso Fauno, «scuotendo le corna», afferma: « […] “il nostro potere è limitato. Siamo divinità agresti, il nostro dominio è sugli alti monti”» (Ovidio, «Fasti», III, 314-316). Di loro, su consiglio di Egeria, si serve re Numa affinché, con un rito, evochino Giove come si attira il fulmine sulla Terra.

    «Sotto l’Aventino v’era un tenebroso bosco di ombrosi lecci, alla cui vista avresti potuto dire: “Qui c’è un nume”», riferisce Ovidio («Fasti», III, 295 ss). «Nel mezzo, un prato; e coperta di verdeggiante muschio, da una roccia sgorgava una vena d’acqua perenne: ad essa quasi soltanto Fauno e Pico si dissetavano».

    Narra invece Virgilio, che re Latino «si rivolge agli oracoli di Fauno, il padre profetico, e consulta i divini boschi sotto l’alta Albunea, massima tra le selve, che risuona dal sacro fonte ed esala violenti vapori mefitici» («Eneide», VII, 81-84, traduzione di Luca Canali). Là si chiedono responsi, si giace in incubazione per avere visioni, per comunicare con i numi e con il mondo infero.

    Antica ninfa italica, Albunea dimora nel profondo di una selva e parla dal recesso di una fonte sacra, fornendo responsi e ammonimenti profetici, in parte evidenti e diretti, in parte allusivi e misteriosi, agli umani che la consultano. Similmente, Fauno parla profeticamente attraverso lo stormire del vento nelle fronde, o il bisbiglio delle foglie nel bosco, e per questo è soprannominato Fatuus. Al tempo stesso, è nume ispiratore e invasante, che scarica la propria azione ossessiva e possessiva sulle sue paredre, le Ninfe delle fonti e delle sorgenti, le quali, di conseguenza, divengono simili alle Sibille nel loro profetare.

    Talvolta Fauno fa risuonare la propria voce nelle selve e invia sogni profetici a chi giace in incubazione o è invasato dall’estasi. È inoltre l’inventore degli antichissimi versi saturnii su cui si fonda la poesia latina. È dunque dio d’ispirazione profetica e poetica, come Pan e come le Ninfe a cui è connesso.

    È associato al timor panico: le apparizioni spaventose e le voci soprannaturali sono opera sua. Ma non sempre la sua voce incute terrore, anzi, talvolta rassicura ed incoraggia. Infatti è un nume buono e fausto, protettore degli animali domestici, delle greggi e delle coltivazioni.

    Secondo Virgilio, è marito di Marica, ninfa dei boschi, venerata in un bosco sacro, la quale, tuttavia, potrebbe essere un’immagine o un aspetto della Signora degli Animali, dell’antica Potnia, altri aspetti della quale sono Fauna e Kirke. Secondo un’altra tradizione è fratello e marito di Fauna, Signora degli Animali come Kirke e come Diana, nonché identificata con Bona Dea, e soprannominata a sua volta Fatua. In un’altra versione, Bona Dea è sua figlia, e lo respinge, quando lui la insidia. In seguito, però, egli riesce a congiungersi con lei dopo essersi trasformato in serpente. Tutto ciò rimanda al suo legame con gli animali, con la foresta, con la Natura, con il mondo infero, con la Madre, di cui potrebbe essere figlio e paredro. Tutto ciò, inoltre, lo accosta a Pan, che ha simili caratteristiche.

    È possibile che le somiglianze tra Fauno e Fauna siano dovute a una sorta di sdoppiamento, o che come tali siano state considerate, e che a ciò sia dovuta la loro moltiplicazione in Fauni e Faune, Fatui e Fatue, divinità boscherecce simili ai Silvani e alle Ninfe: i Fauni, simili ai Satiri, sono per metà umani e per metà caprini, cornuti, talvolta zoccoluti. Nel medioevo, tutte queste divinità attirarono l’astio dei cristiani non soltanto per il loro aspetto «diabolico» e per i loro doni profetici, bensì anche per il loro spiccato carattere erotico, connesso ai culti della fertilità. Di conseguenza Agostino, in un celebre passo de «La città di Dio», scrisse che «secondo testimoni degni di fede», Silvani e Fauni era volgarmente chiamati «incubi» e avevano rapporti erotici con le donne umane. Successivamente, Marziano Capella aggiunse che le foreste inaccessibili agli umani, i boschi sacri, i laghi, le fonti e i fiumi erano popolati di Fauni, di Satiri, di Silvani e di Ninfe, di Fatui e di Fatue, esseri dotati di poteri profetici e talmente longevi da apparire agli umani immortali, sebbene tali non fossero. Naturalmente erano pericolosi per i cristiani, di cui risulta evidente, da questa descrizione, il terrore e l’orrore nutrito nei confronti della Natura selvaggia, viva, numinosa, e dunque, ai loro occhi, diabolica: la stessa Natura con cui la Strega era in armonia, e destinata, per questo, ad essere perseguitata.

    Oltre ai «Faunalia rustica», celebrati il 5 dicembre nelle campagne, erano consacrati a Fauno i Lupercali, celebrati il 15 febbraio, cioè durante i «dies parentales», i giorni di onoranza dei defunti, dal 12 al 21 dello stesso mese, il cui nome, «Februarius», è connesso a «februum», «ciò che purifica», e a «Februus», «il Purificatore», cioè Dispater, il dio del mondo infero in aspetto di purificatore.

    In questo periodo, allorché l’equilibrio fra il mondo umano e il mondo naturale si rompeva, Fauno diveniva selvaggio, si scatenava, anche in senso erotico. Nei Lupercali, festa che precedeva il rinnovamento primaverile, i Luperci correvano seminudi e sferzavano con cinghie in pelle di capra coloro che incontravano per purificarli, secondo il principio per cui ciò che ferisce, può guarire. La «Purificata» della festa era Iuno, dèa abbigliata in pelli di capra, e il rito di purificazione rendeva feconde le donne. Il Luperco (lupo) rappresentava la purificazione, mentre la frusta (capra) rappresentava la procreazione.

    Attraverso i Lupercali, Fauno, in quanto dio lupo, si può forse collegare anche ai riti d’iniziazione dei guerrieri e dei cacciatori che includono metamorfosi animale, di cui abbiamo già trattatto nella discussione sul Lupo e in quella sulla Caccia Selvaggia.


    FONTI

    Adriani, Maurilio, «Italia magica: La magia nella tradizione italica», Roma, Biblioteca di Storia Patria, a cura dell’Ente per la diffusione e l’educazione storica, 1970.
    Del Ponte, Renato, «Dèi e miti italici», Genova, ECIG, 1998.
    Esiodo, «Teogonia», 1011 ss.
    Grimal, Pierre, «Enciclopedia dei miti», Milano, Garzanti, 1997.
    Harf-Lancner, Laurence, «Les Fées au Moyen Age: Morgane et Mélusine, La Naissance de fées», Paris, Champion, 1984.
    Kerényi, Karoly, «Lupo e capra nella festa dei Lupercalia», in «Miti e misteri», Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 270-278.
    Ovidio, «Fasti», III, 291 ss.
    Virgilio, «Eneide», VII, 47, 48, 81-84, 103, 213, 254, 368




    E sempre il vento e l’ombra misuravano il tempo,
    il sole portava riflessi come grate di gioia
    alloggiata là fuori, incurante degli agguati—
    quella che si sarebbe dovuta cercare.


    Crevice Weeds






  • OFFLINE
    AlessandroSkryer
    Post: 299
    Registrato il: 18/02/2008
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    Fanciulla dell'Isola
    Sognatore dell'Isola
    00 13/04/2009 02:02


    Secondo una tradizione riferita da Nonno di Panopoli nelle «Dionisiache», Fauno era figlio di Poseidone e di Kirke, e della madre, la quale amava gli alti monti rocciosi e boscosi, e dimorava nelle ombrose sale di un palazzo di roccia, aveva appreso le arti. Da lei aveva imparato a conoscere i boschi solitari e i loro segreti.






    E sempre il vento e l’ombra misuravano il tempo,
    il sole portava riflessi come grate di gioia
    alloggiata là fuori, incurante degli agguati—
    quella che si sarebbe dovuta cercare.


    Crevice Weeds