Frusta le vene fino al cuore dormiente, molestando il silenzio notturno
apprestandosi vorace, ad indagare i sensi
di calunnie, morbose sentinelle che serrano i pugni
le mani, sugli occhi di luce spenti
vagabondando tra le frivolezze del desìo, interrogando il vermiglio labbro
di corolle esangui, i seni, d’apparente morte sono i Porti
mi presto ai voli, al crepuscolo, e ti raggiungo
disteso, Tu, adorno di notti eburnee
dissolvi nettare tra le serrate labbra, che chiave sia
per aprir scrigni di segreti, mentir ancora a se stessi
di calunnie, taciuto amore, nell’iride si perda come ombra
il tuo vagare nella carne, sii sangue delle mie vene
-mo shíorghrá -
sii battito, in questo che per te è
il Cantico del Sangue.