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A Camillo Ruini

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    proRatzinger
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    00 08/11/2008 14:32
    A Sua Eminenza Reverendissima Camillo Cardinal Ruini
    A Sua Eminenza Rev.ma Camillo Ruini

    "Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto "(Mt 12, 18, cfr Is 42, 1- 4). Questa frase evangelica di Matteo che riprende quella di Isaia è particolarmente giusta per un uomo che ha fatto la storia della Chiesa italiana prima e anche mondiale negli ultimi venti anni: Sua Eminenza Rev.ma il cardinale Camillo Ruini. Tutto il suo ministero è stato impregnato dalla totale dedizione alla Chiesa cattolica e la totale fedeltà al successore di Pietro, prima Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI. Ruini è arrivato ai massimi vertici della Chiesa cattolica: l’8 Dicembre 1954 è ordinato sacerdote, il 29 Giugno 1983 è consacrato vescovo di Nepte, il 28 Giugno 1986 è nominato da Giovanni Paolo II segretario della conferenza episcopale italiana, il 17 Gennaio 1991 è nominato sempre da Giovanni Paolo II pro-vicario generale del pontefice per la diocesi di Roma, il 7 Marzo 1991 è Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il 28 Giugno 1991 è creato cardinale presbitero da Giovanni Paolo II con il titolo di S. Agnese fuori le Mura, il 1° Luglio 1991 diventa cardinale vicario per la diocesi di Roma. Poi è diventato arciprete della Papale Arcibasilica Lateranense e Gran Cancelliere della Pontificia Università Lateranense. Un cardinale che ha sempre combattuto, che ha portato la Chiesa italica ad essere modello per le altre chiese, la CEI ad essere modello per le altre conferenze episcopali. Grazie Eminenza per tutto quello che ha fatto. Il cardinale non si tirava mai indietro, nonostante le critiche di molti che vorrebbero imbavagliare la Chiesa, rinchiudere la fede nelle sacrestie. Ma la fede in quanto tale non può non permeare ogni ambito della vita umana, da quello più strettamente privato al pubblico. La fede cattolica lo esige cioè esige un’interiorità pronta e un’esteriorità altrettanto capace di dimostrare l’interiorità: non possiamo confinare la fede nell’ambito privato. Questo ci ha insegnato Sua Eminenza. Mentre, a colpi di martello giudiziario, l’onorevole Di Pietro faceva crollare la Democrazia Cristiana, uomo mediocre e sgrammaticato, che dovrebbe andare ad accendere un’intera pira sotto l’altare della Madonna per dove è arrivato pur svergognando ed esponendo al pubblico ludibrio l’Italia, Camillo Ruini vedeva in questo nuovo clima politico non la sconfitta della Chiesa ma la sua affermazione: senza la mediazione del partito della Democrazia Cristiana, la Chiesa stessa, la CEI, poteva intervenire direttamente sulla politica. Non che la Chiesa con Ruini facesse politica, perché non è la vocazione della Chiesa, ma proprio per questo fatto d’interiorità ed esteriorità strettamente connesse tra loro per la fede, non si poteva tacere, come alcuni politici perbenisti, relativisti e secolaristi credevano, sulle gravi offese alla dignità umana che si stavano perpetrando in Italia contro la famiglia, la vita,… Se è vero che al centro della fede c’è il rapporto tra Dio e l’uomo è pur vero che quest’ultimo termine va salvaguardato ed aiutato ad uscire dalla sciocchezza di una libertà che in realtà è capriccio. Ed è proprio la Chiesa che ha salvaguardato ciò, proprio lei grazie a questo grande cardinale. In 17 anni e mezzo: 484 sacerdoti ordinati da Ruini, 57 nuove chiese nell’Urbe, 25 inchieste diocesane chiuse dal cardinale (tra cui quella su Giovanni Paolo II, Paolo VI e don Luigi Sturzo), ha rinforzato il quotidiano Avvenire e fondato la testata Romasette, 122 volte accanto a Giovanni Paolo II e 7 volte a fianco di Benedetto XVI nelle visite alle parrocchie romane. Le sue “vittorie” come le chiamano i nemici del porporato sono il Family Day, il Papa Day e l’astensione dal referendum del 2005 sulla fecondazione assistita. Contro chi voleva inserire i PACS o DICO per equiparare unioni omosessuali, per loro natura innaturali, e unioni eterosessuali senza matrimonio, ancora innaturali, millantando precarietà e svuotamento dei valori e delle istituzioni come bene, alla famiglia vera fondata sul matrimonio tra uomo e donna, abbiamo risposto in tanti guidati dal “cardinale Sottile” in piazza S. Giovanni in Laterano a Roma. Anch’io ci sono andato per testimoniare pubblicamente quello in cui si crede: una moltitudine c’era quel 12 Maggio 2006, compatta, unita nel difendere la prima cellula della società. Poi il Papa Day, 20 Gennaio 2008, dopo la mancata visita alla Sapienza per colpa degli ateisti oscurantisti che non hanno niente di meglio da fare che gettare fumo sugli occhi a sciocchi studenti che invece di pensare a studiare che hanno gli esami, si mettono a fare una battaglia ideologica e inutile. Per commentare questo episodio ci sono le parole del cardinale Ruini che disse di provare pena e tristezza per questi studenti passatisti ancora fermi al ’68. Poi il referendum abrogativo della legge 40 sulla fecondazione assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali, in cui invitò all’astensione e per questo fu anche denunciato dal ginecologo Severino Antinori che, annoiato dalla sua professione, voleva un po’ di pubblicità: la denuncia poi fu ritirata, il quorum non fu raggiunto. Grazie Eminenza! Veniamo anche al caso di Welby, contestatissimo: il cardinale Ruini ha agito in modo legittimo e coerente con la dottrina della Chiesa cattolica, perché quello di Welby fu suicidio meditato. Il 21 Giugno 2008, nella SS. Messa per il XXV del suo episcopato, nella Papale Arcibasilica Lateranense, Sua Eminenza Rev.ma Camillo Ruini ha pronunciato l’omelia che è il suo testamento spirituale. Un passo del Vangelo diceva: “Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti”, una cosa che questo grande porporato emiliano ha sempre fatto. “Egli (Giovanni Paolo II) cita le parole pronunciate in tempi difficili dal Cardinale Primate di Polonia Stefan Wyszyński: “Per un Vescovo la mancanza di fortezza è l’inizio della sconfitta. Può continuare a essere apostolo? Per un apostolo, infatti, è essenziale la testimonianza resa alla Verità! E questo esige sempre la fortezza”, e ancora “La più grande mancanza dell’apostolo è la paura. A destare la paura è la mancanza di fiducia nella potenza del Maestro; è questa che opprime il cuore e stringe la gola”. Il cardinale continua: “Ogni Vescovo tuttavia, nel suo tempo e nelle sue situazioni di vita e di ministero, ha bisogno di almeno un poco di fortezza e anch’io ne ho avuto bisogno, a Reggio Emilia e poi qui a Roma”. Poi Ruini inizia a soffermarsi sul dovere dei vescovi di non cedere ai mass-media, di non essere schiacciati dalle opinioni ma di amare e affermare la Verità, che è Cristo: “Quando poi se ne parla si pensa subito alla fortezza o al coraggio rivolto per così dire “verso l’esterno”, soprattutto verso la pressione esercitata dalla “opinione pubblica”, così come questa è interpretata, e non di rado “costruita”, dai mezzi di comunicazione. E’ indispensabile, per un Vescovo, sottrarsi alla sudditanza nei confronti di questo genere di pressione e a tal fine è importante ricordare che la verità che ci è stata donata e affidata, quella verità che in ultima analisi è Cristo stesso, conta e “pesa” molto di più di qualsiasi opinione”. E poi torna a citarsi: “Le pallottole di carta non fanno molta paura”. Infine parla di quella che tutti hanno percepito come l’azione prevalente della missione del cardinale: “Un ultimo pensiero riguardo al coraggio del Vescovo ritorna alla fortezza nell’annuncio e nella testimonianza pubblica della fede. Sono stato assai aiutato e stimolato sotto questo profilo dal mio compito di Vicario del Santo Padre, in concreto dall’esempio che ho ricevuto da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI: in molte occasioni ho percepito quasi fisicamente che sarebbe stato ingiusto lasciarli soli. Già prima, quando non ero ancora Vescovo, ho avuto la stessa sensazione nei confronti di Paolo VI. Essere a fianco del Papa nell’annuncio e testimonianza della fede, specialmente quando questi sono scomodi e richiedono coraggio, è in realtà il compito di ogni Vescovo, un aspetto essenziale della collegialità episcopale.” E poi una critica giusta a quei vescovi disobbedienti che non sanno che l’obbedienza e l’attaccamento alla sede di Pietro sono intrinsecamente i valori di questo ministero, come il cardinal Carlo Maria Martini, biblista, non azzeccato arcivescovo di Milano, e disobbediente fino all’ultimo. Contro il Motu Proprio “Summorum Pontificum”, del 7 Luglio 2007, ha parlato e non solo: che gli rinfreschino le idee queste parole della grande eminenza Camillo Ruini, vero pastore e grande principe di Santa Romana Chiesa: “Mi permetto di dire che se tutto il Corpo episcopale fosse stato forte ed esplicito sotto questo profilo, varie difficoltà, nella Chiesa, sarebbero state meno gravi e che anche per il futuro questa può essere una via efficace per ridimensionarle e superarle”. Poi ringrazia i suoi più vicini e la diocesi di Roma, delineando un suo ritratto molto umile: “Per parte mia ho fatto poco, certamente non abbastanza, per meritare la solidarietà che ho ricevuto, e ne chiedo scusa. Il contributo che ho cercato di dare è consistito soprattutto nel senso del dovere e quindi nell’assiduità al lavoro e nell’assumermi le mie responsabilità, sforzandomi di essere sincero e leale”. E poi un grande constatazione: “Il sacerdote, il Vescovo, il cristiano avverte giustamente il “regno del peccato” (Rom 6), avverte oggi la radicalità della sfida che è posta alla fede cristiana nei comportamenti e nel pensiero. Ne scaturisce facilmente la tentazione della sfiducia: questo nel nostro tempo è forse il pericolo più grande per la missione del Vescovo e della Chiesa”. Ed infine il testamento vero e proprio: “Il piccolo testamento che vorrei lasciare alla Diocesi di Roma è dunque questo: guardiamo alla grande sfida che oggi dobbiamo affrontare, rendiamocene conto, non nascondiamoci davanti a lei, cerchiamo di coglierla nella sua forza, spessore, pervasività, capacità di penetrazione, quella capacità e quell’attrattiva che essa esercita specialmente verso le nuove generazioni. Ma guardiamola con occhio disincantato e a sua volta penetrante, con l’occhio della fede, che è necessariamente diverso e anche più penetrante rispetto a uno sguardo soltanto umano. Con la luce della fede possiamo intuire infatti la realtà profonda dell’uomo, in cui Dio è presente per attirare a sé ed orientare a Cristo le persone e la storia”. Eccoci Eminenza, “cardinale combattente”, lei che ci ha dato un grande esempio nel suo ministero fruttuoso per l’Italia: anche di fronte alle bare dei caduti di Nassiriya è riuscito a mettere d’accordo tutta l’Italia: «Non fuggiremo davanti ai terroristi, li fronteggeremo, ma non li odieremo». È stato amato e criticato, blandito da schiere di politici e temuto da altri. Di lui è si tratteggiata una figura ascetica, orgogliosa, intrecciata per alcuni di alterigia e di arroganza, addirittura poco misericordioso. Ruini, invece, è tutt'altro. L’Eco di Bergamo ha detto: “Mai ha contrapposto la Chiesa, ma ha infilato la Chiesa nella storia. Ha sempre cercato il dialogo anche con intellettuali critici. Ha scritto un libro insieme a Vattimo, Scalfari e Magris. Ha colloquiato con Amato, ha studiato Heiddegger, Husserl, Tocqueville. Del politologo francese gli piace l'idea di una religione non schierata con alcuna forza politica. E negli anni difficili della fine dell'unità politica dei cattolici l'ha applicata con rigore, sicuramente ripristinando la coscienza identitaria della Chiesa italiana. Nessun vescovo ha avuto un ruolo così pubblico come Ruini. Forse solo Siri, per alcuni aspetti. Nel 1989, quando ancora era segretario della Cei, in un libro tratteggiò il suo programma: «Bisogna superare quel sottile complesso che fa ritenere inevitabile un esito sempre più minoritario dell'appartenenza cristiana ed ecclesiale». Ha avuto contestazioni dentro e fuori la Chiesa, ma non se n'è mai fatto un problema. Qualche anno fa spiegò che è «meglio essere criticati che irrilevanti». L'ultima sfida dell'impegno pubblico della Chiesa l'ha impostata recentemente sulla questione educativa, in linea con quel «Progetto culturale» della Chiesa che lui ha inventato. Perché nonostante la pensione, Ruini continuerà a pedalare”. Ebbene Eminenza, questo sarà il nostro motto, “Meglio criticati che irrilevanti” e anche noi cristiani non dobbiamo essere sudditi del potere laicista, perché ce lo ha insegnato lei. Vale la pena combattere e morire per queste idee? Sì vale la pena morire e combattere non per queste idee, ma per questo che è il Logos del Signore, di un Dio presente e vivo in mezzo a noi. Lo stuolo di martiri che ha imporporato Roma e la Chiesa non è sangue di vendetta ma sangue di redenzione: hanno combattuto e sono morti per il loro Dio e, al contrario di quanti pensano che cattolico sia bigotto, sono liberi!!! Papa Benedetto XVI ci ha ricordato che chi s’inginocchia di fronte al Santissimo è libero da ogni potere della terra che non può fare nulla. Il cristianesimo non ci invita ad essere sovversivi ma ad essere coerenti e liberi, nessuna opinione, nessun potere terreno è potere per noi: solo Dio lo è. Trascendiamo quindi lo Stato ma lo miglioriamo anche. La vita del porporato emiliano ci ha dato l’esempio, è stato un grande cardinale che ancora continuerà a dare all’Italia con il Progetto Culturale della CEI. Grazie, grazie eminenza!!! Tutti capiranno che qui vicino è passato un uomo grande, l’Eminenza di Nostro Signore Gesù Cristo, l’Eminentissimo e Reverendissimo signor Camillo cardinale Ruini, principe di Santa Romana Chiesa, cardinale presbitero di S. Agnese fuori le mura, già presidente della Conferenza Episcopale Italiana, già vicario del sommo pontefice per la diocesi di Roma, già arciprete della Papale Arcibasilica Lateranense, già Gran Cancelliere della Pontificia Università Lateranense.
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    EXTRA ECCLESIAM NULLUS OMNINO SALVATUR
    IN HOC SIGNUM VINCES
    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
    "Bisogna dare battaglia, perchè Dio conceda vittoria" (S. Giovanna d'Arco)
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    proRatzinger
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    Registrato il: 26/10/2006
    Utente Junior
    00 16/11/2008 15:53
    Caso Englaro, il dolore del Cardinale Ruini: “Non pensavo si potesse ripetere in Italia un caso come quello di Terry Schiavo”
    CITTA’ DEL VATICANO - ''C'e' il rischio che decisioni come questa spingano verso una concezione dell'uomo considerato come un oggetto''. Lo ha detto il Cardinale Camillo Ruini (nella foto) in merito al caso di Eluana Englaro intervenendo alla trasmissione 'A Sua immagine' su 'Raiuno'. Ancora, ha spiegato il porporato, la sentenza della Corte di Cassazione e' ''una decisione tragicamente sbagliata, alla base della quale c'e' un grande equivoco: guardare all'Eluana di oggi come se fosse quella di ieri; invece, alla luce di quel che e' oggi, Eluana ha esigenze molto modeste, ha bisogno di un po' di cibo e di un po' di acqua''. ''Non pensavo - ha sottolineato il Cardinale Ruini - che si potesse ripetere in Italia un caso come quello di Terry Schiavo. I mie sentimenti - ha rivelato - ricalcano quelli delle suore che l'hanno accudita e che oggi chiedono di lasciarla a loro perche’ la sentono viva”.

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    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
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    proRatzinger
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    Utente Junior
    00 16/11/2008 15:54
    Meno male che almeno Sua Eminenza Reverendissima Camillo Ruini non lascia il suo gregge alla deriva: bravo cardinale, continui ad intervenire!!!
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    IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM" E' QUANTO DI PIU' GIUSTO SI SIA FATTO IN QUESTI ANNI PER LA CHIESA CATTOLICA
    "O glorioso S. Francesco, gettate uno sguardo sopra il Successore di Pietro, alla cui sede, vivendo, foste così devoto" (Pius PP. IX).
    "Ma se fu sempre necessario, Venerabili Fratelli, ora specialmente, in mezzo a così grandi calamità della Chiesa e della società civile, in tanta cospirazione di avversari contro il cattolicesimo e questa Sede Apostolica, e fra così gran cumulo di errori, è assolutamente indispensabile che ricorriamo con fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare benevolenza nell’aiuto opportuno". (Pius PP. IX, enclica Quanta Cura).
    Tu es Petrus e super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)
    "Che ci sia una ed una sola Santa Chiesa Cattolica ed Apostolica noi siamo costretti a credere ed a professare, spingendoci a ciò la nostra fede, e noi questo crediamo fermamente e con semplicità professiamo, ed anche che non ci sia salvezza e remissione dei nostri peccati fuori di lei, come lo sposo proclama nel Cantico: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta; unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice", che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio, e in esso c'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo". (...) Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: "Ecco qui due spade" (che significa nella Chiesa, dato che erano gli Apostoli a parlare (il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti). E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: "Rimetti la tua spada nel fodero". Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale. Perché quando l’Apostolo dice: "Non c’è potere che non venga da Dio e quelli (poteri) che sono, sono disposti da Dio", essi non sarebbero disposti se una spada non fosse sottoposta all’altra, e, come inferiore, non fosse dall’altra ricondotta a nobilissime imprese. (...) Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremo potere spirituale, questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini. Quindi noi dichiariamo, stabiliamo, definiamo ed affermiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana che essa sia sottomessa al Pontefice di Roma". (Unam Sanctam, Bonifacius PP. VIII, 18 Novembre 1302).
    "Bisogna dare battaglia, perchè Dio conceda vittoria" (S. Giovanna d'Arco)