00 07/06/2008 18:06
LICANTROPIA


Di solito, la licantropia suggerisce immediatamente la trasformazione in lupo, giacché deriva dal greco «lykos», lupo, tuttavia «il complesso mitico della metamorfosi rimane strutturalmente invariato anche quando essa non riguarda i lupi», perciò è lecito riferirlo «alla casistica metamorfica nel suo senso più ampio, prescindendo dall’animale prescelto».

La «versipellis», cioè la «facoltà di cambiare la propria pelle, di trasformarsi», corrispondeva ad una delle pratiche tipiche della stregoneria italica, ma la credenza nella trasformazione dell’essere umano in animale, e viceversa, connessa al totemismo e al mondo della metamorfosi in generale, che è anche il mondo dell’immaginazione e del mito, è diffusa in tutto il mondo, e l’animale in cui ci si trasforma è fra «quelli che hanno una particolare rilevanza simbolica» nell’ambito di ciascuna cultura. Per esempio, il lupo nell’Europa meridionale e in gran parte dell’Asia; l’orso nell’Europa settentrionale; la iena nell’Africa settentrionale; il leone, il leopardo, il coccodrillo e l’elefante nell’Africa meridionale; la volpe nell’Asia orientale; il lupo e l’orso nell’America settentrionale; il giaguaro nell’America meridionale.

La metamorfosi avviene nel contesto della magia e dell’iniziazione. Può essere indotta, se provocata da chi possiede poteri magici, sia in chi è consenziente, oppure l’ha richiesta, sia in una vittima inconsapevole. Può essere volontaria, se provocata da chi la subisce. Può essere spontanea, cioè provocata da un influsso naturale, di solito la Luna, in una vittima che non ne è consapevole, o che non la desidera. Può essere prodotta mediante incantesimi, rituali inziatici, magici o estatici, l’impiego di varie sostanze, oppure il mascheramento con la pelle dell’animale in cui ci si vuole trasformare.

Raccolgo qui alcune notizie relative alla trasformazione in lupo.

Anche se tradizionalmente la licantropia è collegata al plenilunio, forse per «una confusione tra la parola greca che significa “lupo” e quella che significa “luce”», il lupo, in quanto predatore, è connesso piuttosto all’oscurità, dunque alla luna nuova, e alle divinità ad essa associate.

L’inglese «wolf» significava anticamente «ladro», e il lupo è stato spesso associato al ladro, sia in quanto predatore, forse, sia perché ha sempre simboleggiato i fuggiaschi, i reietti e gli esiliati: «secondo le leggi di Edoardo il Confessore, i proscritti dovevano portare una maschera di lupo».

«Molti popoli si vantavano di discendere dai lupi e ne conservavano traccia nel nome stesso: ricordi i Daci (dal frigio “daos”, lupo); gli Hyrcani del Mar Caspio (dall’iranico “vehrka”, lupo); i frigi Orka (dalla medesima radice); i Licaoni dell’Arcadia, i Lucani dell’Italia meridionale; i Lici, i Lucenses spagnoli (tutti dal greco “Lykos”); gli Italici irpini (dal sannita “hyrpus”, lupo). Tanta convergenza di significati nei popoli antichi, va riferito a ciò che abbiamo detto sopra riguardo al significato simbolico del lupo come proscritto o fuggiasco. Questi popoli derivavano evidentemente da emigrazioni forzate da altri territori vicini: molte popolazioni antiche vantano simili origini. I proscritti, per sopravvivere, si organizzavano come bande di guerrieri o come confraternite militari. Noi sappiamo che queste società guerriere richiedevano una forma di iniziazione che spesso consisteva nella metamorfosi rituale dell’iniziato in animale. Essa portava ad un accesso di vero furore aggressivvo e di crudeltà bestiale, che rendevano invincibile il guerriero: tipico è il caso dei Berserkr; né è da dimenticare che simili tipi di iniziazione portano in Africa alla costituzione di società segrete basate sul camuffamento con maschere animali e sulla aggressività selvaggia. Il camuffamento con pelli di animale serviva a far partecipare realmente l’iniziato della natura della belva, tanto da credervisi trasformato. I popoli dal nome di lupo dunque erano antiche confraternite di guerrieri licantropi, inizialmente scacciate da altri teritori. Sappiamo poi che anche i popoli cacciatori spesso dicono di discendere da belve predatrici, perché esiste una stretta comunanza tra il cacciatore e l’animale feroce, anch’esso cacciatore. Ecco che quindi dietro la caccia, la guera, l’invasione di un teritorio da parte di immigrati e il comportamento dei fuggiaschi, si percepisce una identica struttura mitica, in cui alla disgregazione di un mondo precedente, si oppone una ricostituzione, con la forza, di un nuovo ordine. Il licantropo è dunque un disadattato, un reietto, un escluso, ma non un vinto. Attraverso una forza interiore invincibile, che lo rende, come le belve, parte integrante della natura, ritrova la sua legittimazione, purché abbia saputo uscire dalle trappole dell’isolamento.»

(Le notizie e le citazioni precedenti sono tratte dalla voce «Licantropo», in Massimo Izzi, «Dizionario illustrato dei mostri», Roma, Gremese, 1989, pp. 215-216.)

Tutto ciò che si è accennato, cioè la relazione del lupo e della licantropia con il totemismo e con il mondo della metamorfosi, dell’immaginazione e del mito, riconduce all’armonia arcaica con la natura, e insieme alla figura del licantropo quale appartenente a una confraternita guerriera sopravvissuta «alla disgregazione di un mondo precedente», e quindi composta di fuggiaschi e di reietti, si ritrova nel lupo mannaro protagonista del romanzo di Fulvio Martini, «La strana storia di Garolfo» (Milano, edizioni della Terra di Mezzo, 1995), in cui la metamorfosi dell’essere umano in animale è un potere che contraddistingue alcuni di coloro che sono «in sintonia assoluta con le forze occulte della natura», ovvero i Maghi e le Maghe, nonché alcuni guerrieri, iniziati alle confraternite segrete, e dunque divenuti guardiani e difensori della Natura, delle Fate e dell’Armonia arcaica.

Un aspetto a mio parere molto interessante di questo romanzo, è che narra una sorta di «iniziazione inversa», nel senso che il protagonista, reincarnazione di un antico guerriero licantropo, ha compiuto la sua iniziazione in una vita precedente, è già «in sintonia con le forze occulte della natura», quindi non deve recarsi Altrove e tornare, bensì torna dall'Altrove, e attraverso l'iniziazione deve imparare a sopravvivere nel mondo moderno, occultando la propria armonia arcaica dietro una maschera di normalita'. Così, il lupo potrebbe forse simboleggiare, attualmente, sia questo occultamento dellla ricerca dell’Armonia, sia la ricerca e la riscoperta, nell’essere umano, della parte animale, selvaggia, piu' vicina alla natura (cio' che nella magia e' ritenuto possibile, benche' non implichi una metamorfosi del corpo).

Dall’intervento su «Cappuccetto Rosso», in «Favole, Fiabe e Racconti Magici», riporto alcuni brani pertinenti, basati sulle seguenti opere: Anita Seppilli, «Poesia e magia», Torino, Einaudi, 1971; Vladimir Ja. Propp, «Morfologia della fiaba—Le radici storiche dei racconti di magia», Roma, Newton, 2003. Tutte le citazioni sono tratte da «Poesia e magia».

Come sembra testimoniare Iliade, XXI, 54-63 (cfr. XXIII, 751-754), il lupo era colui che compiva la catabasi iniziatica, colui che tornava dal mondo infero, colui che moriva e rinasceva. Fra i Germani, l’iniziando era chiamato lupo, in relazione alla licantropia, cioè vivere come lupi (vivere nel bosco), ovvero una condizione rituale che apparteneva al ritiro iniziatico.

L’iniziando che si fa cucire all’interno di una pelle animale, per poter accedere al mondo infero, o poterne uscire rinato, ricorda il rito funebre arcaico in cui i defunti venivano avvolti in pelli animali. «Ma se il rito iniziatico significa sempre una morte, sia pur temporanea, è naturale che esso sia, come sempre è, solidale nelle forme al rito funebre.»

Il mito di Pasiphae potrebbe derivare dalla pratica di «entrare in pelli di animali ritualmente, in vita», mentre «l’uso di avvolgere cadaveri in pelli» è «relativo alla religione di Kirke», sorella di Pasiphae. Nel culto di Kirke, i defunti maschi venivano appesi agli alberi dopo essere stati avvolti in pelle di toro per essere resi simili all’animale che era paredro della Grande Dèa, «la Potnia fecondatrice, e Signora di tutti gli animali, e Signora dei morti», di cui la stessa Kirke è equivalente. Essere trasformato in animale equivale a morire, come deve fare l’iniziando per poter rinascere.

«Il giovane deve passare attraverso a un rito di morte e rinascita, e perciò attraverso il mondo infero, che è rappresentato in forma o con attributi animali. Questo mostro è identico all’essere mitico in forma d’uomo, e contemporaneamente al mondo dei morti, sì che l’iniziando, entrandone e uscendone, essendo inghiottito da lui e risputato, passa contemporaneamente attraverso il grembo animale e la morte, per quella equivalenza che è propria ad ogni simbolo mitico.»




[Modificato da stregaviolet )O( 07/06/2008 20:04]


E sempre il vento e l’ombra misuravano il tempo,
il sole portava riflessi come grate di gioia
alloggiata là fuori, incurante degli agguati—
quella che si sarebbe dovuta cercare.


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