Premetto che sul gidizio del 68 e gli anni successivi sono piuttosto indeciso.
Se da una parte ritengo positivo l'esercito di un diritto di resistenza, volto ad ottenere un maggiore egualitarismo da una parte e rispetto dell'individuo dall'altro, non posso nemmeno ritenere che la contestazione non ebbe a che fare con l'origine di movimenti terroristici, gli anni di piombo etc etc. Magari gli studenti e i lavoratori che manifestavano non avevano nulla o quasi nulla a che fare con le br,ma innegabile, almeno per me, che da un punto di vista storico i due fenomeni sono strettamente coniugati.
Ah, premessa, quello che scriverò sono solo considerazioni personali, a quanto ne so potrei aver scritto delle palesi idiozie. Anche perchè riguardo a questo periodo non ho trovato (neanche cercato, a dirla tutta) granchè di fonti. Ci sono molte opere -poche storiografiche però- che lo descrivono, quasi nulla però che lo analizzi. Forse è per la difficoltà di dare una visione d'insieme del fenomeno (si finsice per concentrarsi solo sul terrorismo, o sulla guerra fredda, o sulle manifestazioni) ad un evento tutto sommato molto recente, o forse perchè (come spiegherò verso la fine), non c'è nè la ovlontà nè è sentita la necessità di parlarne al di là della parentesi culturale.
Allora, per quanto riguarda la "Storia monumentale" penso che il 68 in quanto inutilità se la giochi alla pari con i moti del 21. Altri sono stati i grossi eventi del periodo (crisi petrolifera,p. es)
E' nel costume,nei rapporti fra privati, che il movimento ha avuto maggior successo. Il che deve costituire un certo smacco per chi ne fece parte, e che pensava ad una restrutturazione globale della società. Anzitutto con la parificazione effettiva tra i due generi, con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che sancisce una parità fra i coniugi resa effettiva da un cambio di mentalità. Cadono le disitnzioni fra figli illegittimi e non, e l'autorità parentale.
Sempre negli anni '70 è da registrate, finalmente, la possibilità del divorzio che smarca la legge di una pesante impostazione moralistica (anche se non del tutto, per me, nei fatti, gli assegni rimangono una sanzione), e la legittimità dell'aborto, sul quale valgono le stesse considerazioni del divorzio.
Considero un progresso queste riforme giacchè permettono (non solo sulla carta) una più ampia autodeterminazione degli individui circala propria vita.
Ma oltre alle "istituzioni" come il matrimonio, la famiglia, l'uguaglianza cambia anche la mentalità sessuale in senso stretto -che per altro dava già segni di cedimento negli anni 60- diventando più libera rispetto quella precedente che univa l'ipocrisia della borghesia al bigottismo cattolico.
Alcuni però anche glia spetti engativi del periodo. In generale il rammollimento. Anche lasciando stare stare lo stereotipo del figlio dei fiori incapace ed in perenne estasi, credo che mai nessuna "epoca" abbia mai avuto tanti pretesi artisti. C'erano più possibilità di trovare pittori astratti e poeti creativi nelle piazze che funghi nel bosco.
Oltre a questo c'è c'è da registrare una compiuta omologazione di forme e contenuti. Il che ha comportato una sorta di abdicazione volontaria di essere fabbri del proprio destino. Trovo tuttavia che sia sbagliato far risalire al 68 l'apertura al consumismo,in quanto in quel periodo (oltre a ribellarsi proprio all'americanizzazione e all'integrazione dei lavoratori neglis chemi del capitalismo avanzato, al contrario della loro emanicpazione) a farla da padrone erano le grandi ideologie. Appartenevi a quella ideologia e da lì sapevi a che modello "incollarti", vestirti così e pensare cosà.
Il consumismo verrà dopo, con la caduta delle varie ideologie. Del resto l'omologazione al modello standard di cittadino medio è stato un processo iniziato prima degli anni 70 e che ha coinvolto (e coinvolge) persone che alla contestazione non hanno partecipato e generazioni successive che vivono con un sistema di valori abbastanza distante.
Dal punto di vista socio economico credo che le conquiste sindacali sarebbero arrivate da sole. Ci si era avviati già prima con la legge sul licenziamento e la nazionalizzazione di alcuni settori dell'economia. Da registrare lo statuto dei lavoratori che prende in considerazione la personalità e la dignità del lavoratore subordinato oltre che le emre condizioni economiche.Ma oltre a questo è stato un susseguirsi di contratti collettivi che spesso hanno imposto le conquiste senza convincere, e quindi preparando una prevedibile reazione da parte dei datori di lavoro.
Cmq, la conseguenza è stata le redistribuzione del reddito -ed era innegabile che la crescita economica sia stata disordinata e abbia favorito solo i ceti "borghesi". Io credo che, nel complesso, questo sia stato un fattore positivo, ma forse è anche vero (io non credo) che se fosse avvenuto in altri modi ci sarebbe stata, in seguito, una maggiore collaborazione tra imprenditori e lavoratori, maggiori investimenti e ammodernamento.
Purtroppo, moti di piazza da una parte, terrorismo dall'altra, repentinità dell'azione e delcambiamento, hanno lasciato un senso di sfiducia nel progresso e sopratutto indebolito il ruolo dello stato, laddove avrebbe dovuto cogliere l'attimo per ammodernarsi. Questo al contrario alle prese con l'ordne pubblico e il terrorosimo da una parte, le maggiori spese (premessa di tangentopoli) e la crisi economica dall'altra, non ha colto l'occasione per fare un lungo passo, prendere il timone per traghettare il cambiamentod a culturale ad istituzionale. La vera rivoluzione sarebbe arrivata solo con tangentopoli, e anche lì, ci sono voluti dieci anni ora che morisse la prima repubblica e la seconda fosse -si spera- in grado di camminare da sola.
Forse da un lato è per questa sua natura astratta, troppo fissata alle ideologie, dall'altro senza vere riforme istituzionali concrete che fissassero il raccolto di quegli anni nella struttura della collettività, facendone patrimonio comune per il futuro, che il 68 è raccontato come qualche cosa di effimero per chi non lo condivide o taciuto da chi ci ha creduto come una specie di sconfitta.
il sonno della ragione genera mostri
caro m'è il sonno, e il più l'esser di sasso
mentre che 'l danno e la vergogna dura
Non veder, non sentir m'è gran ventura.
però non mi destar; deh, parla basso!
Ne plurimi valeant plurimum (Cicero)