00 27/04/2008 21:47
Le guerre persiane: La battaglia delle Termopili

Parlando degli spartani è pressoché immediato il collegamento con i trecento valorosi che sacrificarono la loro vita contro gli invasori persiani nella battaglia delle Termopili.
La loro fama ha però finito per consegnare ai posteri quasi solo il valore morale di questo episodio, mentre la dinamica dell’ accaduto è spesso riassunta brevemente, tralasciando, quindi, molto di quella che è stata la strategia che i due schieramenti hanno messo in pratica in quei giorni.
Pertanto, quello che ci si propone in questa stesura è l’ analisi della battaglia che si svolse alle Termopili, prestando una particolare attenzione alla tipologia di tattiche militari che furono applicate dai due schieramenti e ai reali motivi che portarono allo scontro presso questo luogo.
L’ esposizione è basata su materiale reperito per la maggior parte in internet, in quanto nella rete è possibile trovare una gran quantità di informazioni relative all’ argomento trattato, poi verificate con l’ ausilio del nostro manuale di storia e dell’ enciclopedia “Storia Universale”, edita da editorialSol90 e distribuita da La Stampa.
A questo riguardo è da osservare la facilità di reperimento del materiale, che si rivela però trattare sempre gli stessi aspetti della battaglia, valorizzando l’ atto eroico; più difficile è stato quindi trovare materia prima sufficiente ad avere una visione d’ insieme dell’ argomento.
Veniamo quindi all’ oggetto della relazione, cercando di evidenziare il contesto nella quale si è svolto
l’ episodio delle Termopili.
Esso si svolge nel 480 d.c. durante la seconda guerra persiana, che vede l’ esercito persiano, comandato
dal re Serse I, avanzare alla volta di Atene per sottomettere il Peloponneso e annetterlo come provincia nel suo impero.
Gli si oppongono i greci, stretti attorno alle due città principali, Sparta e Atene, ancora galvanizzati dalla vittoria riportata a Maratona, dieci anni prima.
Presa coscienza dell’avanzata di Serse, i greci si riunirono per decidere dove e come approntare la linea difensiva: gli ateniesi auspicavano uno svolgimento della battaglia sul mare, mentre gli spartani avrebbero preferito combattere sulla terraferma, difendendo l’istmo di Corinto, che era già in fase di fortificazione.
Dato che la fanteria oplitica spartana era di gran lunga la più forte e un'eventuale vittoria sulla terraferma avrebbe arrecato gloria e potere soprattutto agli Spartani, mentre Atene avrebbe ricavato benefici da una vittoria navale, dato che le sue navi costituivano il grosso della flotta.
Si decise, infine, di formare una linea di difesa a nord dell’ Attica, ma a causa dei diverbi citati in precedenza, solo un ristretto contingente, al cui comando vi era il re di Sparta, Leonida, andò a difendere il passo detto delle “Termopili”, ossia delle porte calde (in quanto in quella zona erano presenti numerose fonti termali).
Alcuni storici dell’ epoca ci forniscono informazioni abbastanza precise riguardo al numero di uomini presenti in entrambi gli schieramenti.
All'iniziale distaccamento spartano di Leonida e della sua guardia del corpo, composta da 300 opliti
Spartani si unirono altri 2.800 opliti provenienti dalle altre città del Peloponneso.
Per Erodoto tra esercito e truppe di supporto in Grecia entrarono oltre 4 milioni di persiani: una cifra che, secondo un’ analisi di altre fonti risulterebbe sproporzionata.
Vengono però citati 29 comandanti di Baivabaram, un'unità dell'esercito persiano composta da 10.000 uomini, e quindi in linea teorica i persiani non dovevano essere più di 290.000.
Ai soldati greci venne detto che sarebbero stati l’ avanguardia dell’ esercito, in realtà, nessuna città né tantomeno Sparta intendeva inviare rinforzi, in quanto non intendeva distogliere il grosso dell’ esercito dalla patria e dall’ istmo di Corinto.
Inoltre, se l’ esercito di stanza alle Termopili fosse successivamente arretrato, avrebbe lasciato la città di Atene in mano ai persiani, significando una rottura dell’ alleanza da parte di Lacedemone : è quindi probabile che Leonida e i suoi soldati siano stati sacrificati a una logica politica più che militare.
Nonostante ciò, Serse, concesse ai greci cinque giorni di tempo per ritirarsi, ma Leonida e i suoi tennero il campo.
Allora il re dei re promise al monarca spartano che sarebbe diventato re di tutta la Grecia, ma ciò che ottenne fu solo un altro rifiuto.
Al colmo della pazienza, Serse ingiunse agli spartani di consegnare le armi ma Leonida gli rispose con
solo due parole: Mòlon Labe, ovvero “vieni a prenderle”.
Quello che permise all’ esercito greco di resistere per tre giorni nonostante la schiacciante superiorità numerica persiana fu la strategia e, in buona parte, la conformazione geofisica del territorio.
Come vediamo, il passo delle Termopili era una stretta lingua di sabbia, tra il mare e i monti; Erodoto scrisse che nel punto più angusto era possibile far transitare solo un carro e dove vi era il muro difensivo lo spazio disponibile era poco più ampio.
Pertanto, il luogo costituiva il punto perfetto dove organizzare una difesa e, se non altro, dove resistere il più a lungo possibile, infatti, in uno spazio così ristretto, i persiani non avevano avuto modo di dimostrare la loro schiacciante superiorità numerica.
Inoltre, l’ esercito persiano era costituito in maggior parte da fanteria leggera e cavalleria e sfruttava molto la velocità e la mobilità, cosa che non era possibile fare alle Termopili.
Uno dei fattori determinanti fu la formazione che i greci erano solito adottare, ovvero la falange oplitica, un muro impenetrabile di lance e scudi che ben si adattava alla difesa.
Esempio di formazione di falange oplitica.
Infatti, i greci combattevano indossando un elmo, una corazza che proteggesse il torso e dei gambali di bronzo e il loro equipaggiamento consisteva in una lancia lunga circa due metri e un grande scudo rotondo di bronzo, esternamente convesso, detto hòplon.
lo scudo oplitico, a prima vista, non era uno scudo particolarmente razionale, in quanto rispetto ad uno scudo ovale presentava più superficie
( quindi un maggior peso) coprendo la stessa porzione di corpo.
Bisogna però dire che l’ oplita greco non era un soldato di professione ma un contadino o un proprietario terriero che era stato mobilitato per la difesa del territorio.
Non essendo stato addestrato specificamente, l’oplita greco necessitava di una forza di gruppo per risultare efficace, è così nato lo schieramento oplitico, dove l’ hòplon svolgeva un ruolo fondamentale.
Infatti, come si può denotare dalla figura descrittiva della falange, lo scudo oplitico serviva a fornire le giuste distanze tra uomo e uomo e proteggeva sia sé stessi che al compagno a fianco, ottenendo una coesione tra gli uomini non possibile in altre formazioni.
L’ unica falla nell’ efficacia della falange si presentava in caso di sconnessioni del terreno, che rompevano la formazione e risultavano indebolire la falange; in ogni caso questo problema non si presentava, in quanto la difesa alle Termopili fu organizzata su una spiaggia, quindi in condizioni perfette per formare lo schieramento oplitico.
Nei primi due giorni di battaglia, le forze persiane vennero respinte dalle falangi greche, schierate
all’ imbocco dello stretto, Erodoto parla di un muro impenetrabile di lance e scudi che non accennava ad assottigliarsi.
Per assicurarsi di avere forze fresche da schierare in prima linea, i greci si davano il cambio, ovvero ruotavano gli uomini in combattimento con quelli al campo, presso la fortificazione, che intanto riposavano e venivano medicati per poi tornare a combattere; ma in realtà anche le forze greche stavano scemando.
Inoltre, essendosi la battaglia svolta d’ estate, il caldo doveva rendere insopportabile l’ uso delle
armature e anche reggere il pesante scudo doveva risultare una tortura.
Serse aveva sempre cercato di attaccare frontalmente i greci, non solo perché sembrava la via più semplice ma anche perché se avesse provato a bersagliare i nemici con le frecce, questi ultimi avrebbero comunque potuto chiudere la distanza con una carica e coinvolgere gli arcieri persiani in una mischia che si sarebbe rivelata disastrosa.
Alla fine del secondo giorno, però, la situazione si sbloccò in quanto un traditore dei greci, di cui ci è pervenuto il nome di Ephialtes rivelò al re dei re l’ esistenza di un passaggio nelle montagne che avrebbe condotto il suo esercito alle spalle dei nemici e li avrebbe stretti in un attacco a tenaglia.
Leonida conosceva quel passaggio, detto sentiero dell’ Anopaia o (Anopea) e aveva posto a guardia di quella via un contingente di opliti focesi.
In realtà esistevano più vie simili al sentiero interessato dalla battaglia, ma tutte erano anguste e scoscese, pertanto impraticabili da un esercito in marcia.
Pertanto, senza por tempo in mezzo, il re dei re inviò lungo l’ Anopea forze sufficienti a prendere i greci in una morsa dalla quale non sarebbero potuti scappare.
Quando il contingente persiano (si parla di due o tre baivabaram) incontrò i focesi di guardia, la sorpresa fu reciproca, ma i medi, più pronti, iniziarono a bersagliare di frecce i greci, che non poterono far altro che ritirarsi sulle alture, lasciando quindi libero il passaggio all’ esercito di Serse.
Avvisato dell'imminente apertura di un secondo fronte alle sue spalle Leonida permise a chi voleva di lasciare in tempo la posizione per mettersi in salvo,
lui con gli Spartani e i loro Iloti, i Tespiesi e i Tebani, sarebbe rimasto a trattenere i Persiani.
Vi è da dire qualcosa anche sugli opliti spartani, che si differenziavano da quelli comuni, per superiorità di addestramento e tattica, la qual cosa fu evidente anche nella battaglia delle Termopili.
Infatti, parlando di equipaggiamento, contrariamente a quanto si crede, la spada non era portata da tutti gli opliti, ma solo da quelli lacedemoni; erano infatti gli unici a contemplare il combattimento con una spada, detta xiphoi, lunga 30 cm, come alternativa qualora la lancia si fosse rotta in combattimento (cosa che accadeva molto spesso).
Osservando invece la disciplina, ogni falange spartana portava presso di sé un flautista che desse il ritmo alla formazione.
I lacedemoni infatti praticavano alcune tattiche sconosciute agli altri opliti, quelle che riguardarono la battaglia delle Termopili furono due in particolare: il passaggio dalla formazione a colonna a fronte da battaglia e l’ inversione di direzione.
La prima tattica permise a Leonida e ai suoi soldati di sfruttare efficacemente la strettoia delle Termopili e di formare velocemente un fronte unico qualora ne fossero usciti, in modo da ricacciare indietro le ondate persiane.
L’ inversione di fronte fu invece una delle tattiche più utili, in quanto gli spartani fecero più volte credere ai nemici di ritirarsi dietro il muro per farli entrare nel corridoio, per poi invertire il fronte e massacrarli, sfruttando la loro impossibilità di ritirarsi velocemente.
La tattica sopradescritta fu anche utilizzata alla fine dello scontro perché permise di non rompere lo schieramento quando giunsero i rinforzi persiani dal sentiero dell’ Anopea.
Nonostante ciò, però, la superiorità numerica persiana ebbe la meglio e il doppio attacco fu correttamente gestito dagli ufficiali del re dei re, gli spartani furono costretti a ritirarsi su di una collina che si trovava dietro il muro di cinta chiamata Kolonos.
Nel frattempo il re Leonida era già morto e il suo corpo era passato di mano quattro volte e quando, alla fine, il suo corpo si trovò nelle mani di Serse, questi lo fece decapitare e crocifiggere, come oltraggio e monito alla Grecia.
Infine, per non perdere altri uomini, il re dei re fece bersagliare gli spartani superstiti di frecce, così terminò la battaglia delle Termopili.
I focesi del passo di Anopea, invece, si arresero e vennero marchiati a fuoco e fatti schiavi.
Anche se rappresentò una sconfitta, la battaglia delle Termopili, servì a trattenere i persiani tanto da consentire agli ateniesi di organizzarsi per quella che sarebbe poi stata la battaglia di Salamina.
Senza la vittoria nella battaglia appena citata, i persiani avrebbero sottomesso la Grecia, non ci sarebbero quindi stati i grandi filosofi e l’ arte classica.
Il mondo e la cultura di oggi sarebbero prive di quella che fu l’ influenza artistica e culturale apportata dalla Grecia successiva al 480 a.c. , nella quale sono comprese anche le olimpiadi, che stiamo per vedere nuovamente a Pechino.
Forse, quindi, è grazie agli spartani delle Termopili che oggi non riconosciamo le nostre radici comuni nel mondo persiano.

A.C.S
[Modificato da ATTILA FLAGIELLO DI DIO 08/05/2008 19:33]