In questo spazio potrete leggere alcune poesie che ho presentato in Officina di Poesia Creativa
nella sezione "Scrivi e/o commenta Poesie"
Chi volesse lasciarmi un parere potrà farlo liberamente.
Grazie
Rosanna Spina
rosannaspina1957@msn.com
(Non ho seguito un ordine cronologico, le riordinerò in seguito secondo la data).
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Oltre l’altra riva
Sono cattiva
feroce
negativa
stammi distante
oltre l’altra riva
dove non c’è ponte,
solo frecce da scagliare
punte di parole senza senso,
- perché che senso hanno, le parole? -
non spiegano i gorghi
dell’acqua turbolenta,
e tu non sei un sommozzatore:
non troveresti mai
i resti dell’amore
Sublimazione (a Emily Dickinson 2)
Se l’eremo
dev’essere prigione
abbia pareti di vetro, tutta luce
sia acceso un faro là dove urla il mare
così che possa illudermi d’un volo
Alla casa dell’anima non servono mattoni
né finestre, o porte chiuse a chiave
solo vetro sottile - come l’illusione
di essere là - dove non siamo -
e qui - con il mondo
sul palmo della mano -
presenza-assenza
parleremo di aghi, questa volta,
aghi fitti, sottili e indolori,
di vene asciutte e sangue da aspirare
tentativi falliti di nuove trasfusioni
parleremo d’inchiostro, cartastraccia
di forbici taglienti che sminuzzano illusioni
di strade, autostrade e piccoli sentieri,
della fine di una strada distante dalla meta
Parleremo di noi
- così lontani -
nonostante la pelle che si sfiora
Un canto secco e neve che si scioglie
Vivere senza pelle
con il vuoto sulle ossa che mai crolla
i nervi dei morti che scuotono le spalle -
inventarsi i denti - la bocca che ride forte
e non interroga il futuro nel presente -
sentire ormai disincarnato il disinganno, coprirsi il volto
non accarezzato, sfibrato come bandiera al vento -
e l’ombra assassina cercarsi dentro:
squadrarla, torcerla, usurarla, premerla
contro il tempo, sentirla infine cedere nel pugno,
negarsi il dramma di appartenerle
ingannare il vuoto delle orbite, e ricominciare poi
dal grigioperla, dal sale che si scioglie, dalla neve
con la sua puntuale presenza-assenza
- nel mare aperto dell’indifferenza -
Essenza
Ti ho sempre conosciuto - eri vicino
nascosto come nido tra le foglie
lontano come certi orizzonti
che spaventano piccoli aquiloni -
eri nel dentro di tutte le cose
amate lungo il tempo - che non sfioro
quasi possano incrinarsi come vetro
ma è più facile amare la sorgente
accarezzandone una goccia nella mano
così del mio dire - adesso - di tutto quello
che mi preme in fondo al pozzo -
resta un secchio che di sillabe trabocca -
ed il verbo è lì che si consuma,
nella carrucola che gira la catena.
Malattia
Mi ammalo spesso d’incalcolabili distanze,
non chilometriche: quelle le sa Dio,
quelle le ignoro, come so fare io,
no, mi ammalo dei viaggi a fari spenti
nelle corsie degli ospedali, vicino ai letti
dove si legge di padre Pio e all’imbrunire
si condiscono bestemmie con l’avemaria,
e non dite che dovrei sciacquarmi i denti,
se gli anatemi li pronuncio io.
Mi ammalo tra malati veri e fingo
che sia tutta una bugia. So cancellarmi i brividi
buttare via il termometro, che non serve
alla mia febbre: neanche la pronuncio
la malinconia
Tracce
Ho spolverato male e certo non sapevo
che la polvere avesse il pregio di una traccia
L’impronta che vedo, nel mio cuore batte
al ritmo di lancette che girano all’indietro
- così posso cogliere ciliegie nella neve -
Il calendario dice “non è giugno”
ma è un inverno, questo, che si finge grano
Proprietà transitiva del dolore
Questa volta
mi duoli nel costato
come un crocifisso a carne viva
spurgo così le congiunzioni
quelle strette per eccesso o somiglianza
non c’è differenza tra l’edera e la pianta:
entrambe si colorano di muschio, sanno
dov'è il nord che intride pioggiavento
Ora sono legna, fuoco e fiamma, impasto
di cenere tra lingua e denti -
ed è così per l’anima che arde
prima di risorgere fenice
principio con la fine
- eterna danza -
La forza dei contrari
Dovremmo costruire scale lunghe
con tutta una serie di gradini
scenderle sottobraccio con nessuno
e poi sondare il fondo degli abissi
fare insieme le prove per l’inferno
con sempre qualche smorfia sopra il viso
e mentre le cose fragili si spezzano
avere dentro la consapevolezza
di quanto sia in alto la Luce, la Bellezza,
perché Uno è il Sogno: rarefazione
di sostanza, ed è purezza,
e a cadere è soltanto la sua ombra:
ogni sbriciolìo tramuta in raggio,
e infine si trasforma
in energia
Metafore
Dietro virgole
scalciano parole
come vagoni di senso su rotaie
hanno fretta alle fermate
ne temo il deragliare:
frena il punto
fischia il dubbio nell’attrito
sulle tracce certe della storia
ripido affanna
precipita, curva,
si contrae l’interrogativo
tra due parentesi
come braccia calde
dorme
il sogno
come fosse il mio bambino:
non batte ciglio
lo accarezzo
piano
col respiro
e come mi faccio piccola
e come mi faccio piccola
nei giochi
a cui non vinco e tu non vincerai
perché il gioco
non ha regole lo sai
adesso ti scompiglio e già ne hai voglia
- chiudo -
resti un po’ muto e bussi sulla soglia
ah, ti lascerò aspettare
ma prima raccontami la sete
e basta
non parlare
percorri quella strada
soffermati ma poco
distendimi nel gioco
disperdimi e poi legami ad un bacio…
e come mi faccio piccola
d’immenso -
- cancello ancora ombre
sulla pelle
cadendoti sul cuore
come stella,
ti nasco luna piena tra le ciglia
mi spezzi il fiato - mi lasci
mi riprendi -
- non temo questa morte lenta
che ci consegna all’ultimo sospiro
Lascia che pianga
Lasciami piangere come una bambina
mi asciugherò al calore del tuo petto
sentimi dentro: trema in me la sera
riflesso-argento nei tuoi occhi scuri,
ti lascio l'impronta calda del mio viso
fammi sentire com’è vicino il cielo
tu che voli con i sassi in tasca
e li lanci come fossero aquiloni
potresti avere la sorpresa di una gioia
nata per sbaglio come figlia
per aver fatto l’amore con il sogno
e se all’improvviso ti nasce dentro il sole
e cresco infinita - come luce sulla foglia,
se non sai cosa - ma qualcosa manca
adesso - o quando senti vuoto il fianco,
vieni a prendermi: sono la tua voglia,
per la tua sete non ci sarà altra fonte
Dentro i palmi
Non darti pena se non t’addormenti,
sotto il cuscino infilo una poesia
vieni a cercarmi tra le coperte e l’alba
prima che bussi la luce del mattino
- tocca lo zenit della fantasia
dove ti sperdi già dopo tre stelle
- leggi la lettera che scrivo dentro i palmi
tra la penombra e un raggio alla persiana -
- a filo prendimi e fa’ che io m’arrenda,
spogliami il cuore nel paravento della mano
- là fuori il mondo sarà un’ombra sottile -
e muta la notte sul nostro pentagramma
berremo in coppe d’estasi l’incanto
Smarrirsi di nebbia
Sfuma questo giorno
di minimi eventi, e non so
se ad est della nebbia
il sole tremi o si penta
di essere luce -
o se questo sia l’ovest
che smarrisce il tramonto.
Ho perso il tempo
dietro un racconto
senza soggetto
quando ti stavo cercando
Corpi in amore
Preciso si è fatto il segno nella carne,
il tu con l'io non coincide mai
come l'est e l’ovest non sono mai gemelli
eppure accompagnano la stessa luce
lungo il perimetro del mondo e sulla pelle
si comincia dagli occhi che si posano
negli occhi, complici in continui svestimenti
lasciando ai margini periferie dei luoghi
dove l’anima si aggira sola controtempo
come un cane perso in cerca di compagna
che crede di vedere la sua ombra
poi diviene intreccio, svelamento:
quasi un riconoscersi da sempre
in estasi mutuate dalla luce, moltiplicata
come un sole tra due specchi:
allora sai di essere il suo battito,
lo stesso respiro a riconoscere sentieri
di mani che percorrono la pelle:
e non sei più periferia d’un sogno
- ora sei il centro -
sole a picco
che annulla l’ombra
Non sempre la voce
Non sempre il dolore fa chiasso
è piuttosto un chiodo fastidioso
non hai nulla per toglierlo, ti spiazza
le unghie sono consumate
non trovi una pinza, una tenaglia
e allora speri sia l’acqua di fontana
ad attutire l’eco di quel male.
Lo guardi, quel chiodo, ad occhi asciutti
e s’apre una voragine lontano
ci sono corpi nudi di bambini
vecchi sdentati e fermi come statue
e un bimbo che cammina solitario
con sguardo basso e senza meta
e non sa, non sa chi sia sua madre.
E’ stato allora
E’ stato quando s’è accorciato il mare
coprendo la laguna di detriti
che hai voltato le tue spalle al sole
incamminandoti con una nube tra le mani
sul nastro non spiegato d’orme scure
come se l’ultimo mercante
avesse venduto le certezze al cielo
pur di sapere quale Dio
abbia permesso al vento
di sbattere negli occhi il sale
per quale via preclusa all’infinito
possa raccogliere il grido della luce
nell’eco d’anime in ascolto di chi è solo,
e piano - diluendo il tempo -
dissetare una conchiglia tra i detriti
mentre l’oro d’un raggio
galleggia nel cavo della mano
Solo le parole
Non te l’ho detto mai…
Stranamente mi tremavano le labbra,
così cercavo nel palmo della mano
la via d’uscita, il segreto del pudore
in realtà premevo sulla bocca
per non sfiatarle, ridicole parole
così piccole e tonde quando scrivo…
illogiche quadrate tonde coerenti,
parole piccole, onniscienti,
a me sempre fedeli,
- a te bugiarde -
perché le sgridi sempre,
e sempre fai domande e già le ignori…
Ma questa volta…
non troverai la casa, il tavolo, la sedia,
non ci sarà più il letto l’armadio ed i cassetti,
sarà sparito il gatto,
un vetro opaco, un muro la finestra;
‘stavolta sarà tutto diverso:
è un’altra me che scrive, che mi detta,
è un altro te che ascolta:
che cerca e altro non trova
se non un foglio vuoto
e increduli i tuoi occhi
- soli soli -
giocano a indovinarne
le parole -
“Scripta manent…”
(…e parole di gesso si fanno polvere,
la lavagna torna al suo colore…)
Verba volant… - e volano le idee -
ma noi, coi polsi incatenati
a comprimere la gola ad un segreto
torturiamo versi
- inconsapevoli di morire
in espianti di significato -
e siamo triangoli scaleni,
terre di novembre ed un sepolcro
ove filtra il fascio della luce,
siamo la casa con la porta che si apre
al volto diverso e sconosciuto
che arreca la notizia certa, all’ora
stabilita, e lascia muta
la bocca che ha sete,
l’incognita del domani
Acqua, le parole
Dovrà pur esserci
tra la sabbia violata dalle onde
il senso delle fragili parole:
forse dovremo scavare tutt'intorno
o sfinire gli sguardi controluce
dove si condensano i vapori
in leggere forme
che ci precipitano addosso
il senso di noi - quando ci ritroviamo
senza un portone dove ripararci:
solo il calore delle braccia intorno ai corpi,
il petto che s’incolla contro il petto,
le labbra a sigillo delle labbra:
dovrà esserci, in un posto tra la sabbia
a dispetto di un’onda ladra e prepotente
il senso delle semplici parole...
- altrimenti ditemi: perché tornare qui
ogni volta, quando il passo smuove
il rumore dell’assenza
e nell’assenza lascia un’orma
più viva del tuo nome?
[Modificato da Versolibero 19/04/2008 19:08]