Officina della poesia "Nicola Imbraguglio" Laboratorio poetico

Poesie di Versolibero

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  • Versolibero
    00 19/04/2008 18:37


    In questo spazio potrete leggere alcune poesie che ho presentato in Officina di Poesia Creativa
    nella sezione "Scrivi e/o commenta Poesie"

    Chi volesse lasciarmi un parere potrà farlo liberamente.

    Grazie [SM=g27822]



    Rosanna Spina

    rosannaspina1957@msn.com



    (Non ho seguito un ordine cronologico, le riordinerò in seguito secondo la data).

    ***********************************************************************************



    Oltre l’altra riva



    Sono cattiva

    feroce

    negativa


    stammi distante

    oltre l’altra riva
    dove non c’è ponte,

    solo frecce da scagliare
    punte di parole senza senso,


    - perché che senso hanno, le parole? -


    non spiegano i gorghi
    dell’acqua turbolenta,

    e tu non sei un sommozzatore:


    non troveresti mai
    i resti dell’amore



    Sublimazione (a Emily Dickinson 2)


    Se l’eremo
    dev’essere prigione
    abbia pareti di vetro, tutta luce

    sia acceso un faro là dove urla il mare
    così che possa illudermi d’un volo

    Alla casa dell’anima non servono mattoni
    né finestre, o porte chiuse a chiave

    solo vetro sottile - come l’illusione

    di essere là - dove non siamo -

    e qui - con il mondo
    sul palmo della mano -




    presenza-assenza


    parleremo di aghi, questa volta,
    aghi fitti, sottili e indolori,
    di vene asciutte e sangue da aspirare
    tentativi falliti di nuove trasfusioni


    parleremo d’inchiostro, cartastraccia
    di forbici taglienti che sminuzzano illusioni
    di strade, autostrade e piccoli sentieri,
    della fine di una strada distante dalla meta


    Parleremo di noi


    - così lontani -


    nonostante la pelle che si sfiora




    Un canto secco e neve che si scioglie


    Vivere senza pelle
    con il vuoto sulle ossa che mai crolla
    i nervi dei morti che scuotono le spalle -
    inventarsi i denti - la bocca che ride forte
    e non interroga il futuro nel presente -

    sentire ormai disincarnato il disinganno, coprirsi il volto
    non accarezzato, sfibrato come bandiera al vento -

    e l’ombra assassina cercarsi dentro:

    squadrarla, torcerla, usurarla, premerla
    contro il tempo, sentirla infine cedere nel pugno,
    negarsi il dramma di appartenerle

    ingannare il vuoto delle orbite, e ricominciare poi
    dal grigioperla, dal sale che si scioglie, dalla neve

    con la sua puntuale presenza-assenza

    - nel mare aperto dell’indifferenza -




    Essenza


    Ti ho sempre conosciuto - eri vicino
    nascosto come nido tra le foglie
    lontano come certi orizzonti
    che spaventano piccoli aquiloni -

    eri nel dentro di tutte le cose
    amate lungo il tempo - che non sfioro
    quasi possano incrinarsi come vetro

    ma è più facile amare la sorgente
    accarezzandone una goccia nella mano

    così del mio dire - adesso - di tutto quello
    che mi preme in fondo al pozzo -
    resta un secchio che di sillabe trabocca -
    ed il verbo è lì che si consuma,
    nella carrucola che gira la catena.



    Malattia


    Mi ammalo spesso d’incalcolabili distanze,
    non chilometriche: quelle le sa Dio,
    quelle le ignoro, come so fare io,
    no, mi ammalo dei viaggi a fari spenti
    nelle corsie degli ospedali, vicino ai letti
    dove si legge di padre Pio e all’imbrunire
    si condiscono bestemmie con l’avemaria,
    e non dite che dovrei sciacquarmi i denti,
    se gli anatemi li pronuncio io.
    Mi ammalo tra malati veri e fingo
    che sia tutta una bugia. So cancellarmi i brividi
    buttare via il termometro, che non serve
    alla mia febbre: neanche la pronuncio
    la malinconia




    Tracce


    Ho spolverato male e certo non sapevo

    che la polvere avesse il pregio di una traccia


    L’impronta che vedo, nel mio cuore batte

    al ritmo di lancette che girano all’indietro

    - così posso cogliere ciliegie nella neve -


    Il calendario dice “non è giugno”

    ma è un inverno, questo, che si finge grano




    Proprietà transitiva del dolore


    Questa volta
    mi duoli nel costato
    come un crocifisso a carne viva
    spurgo così le congiunzioni
    quelle strette per eccesso o somiglianza
    non c’è differenza tra l’edera e la pianta:

    entrambe si colorano di muschio, sanno
    dov'è il nord che intride pioggiavento

    Ora sono legna, fuoco e fiamma, impasto
    di cenere tra lingua e denti -
    ed è così per l’anima che arde
    prima di risorgere fenice

    principio con la fine
    - eterna danza -




    La forza dei contrari



    Dovremmo costruire scale lunghe
    con tutta una serie di gradini
    scenderle sottobraccio con nessuno

    e poi sondare il fondo degli abissi
    fare insieme le prove per l’inferno
    con sempre qualche smorfia sopra il viso

    e mentre le cose fragili si spezzano
    avere dentro la consapevolezza
    di quanto sia in alto la Luce, la Bellezza,

    perché Uno è il Sogno: rarefazione
    di sostanza, ed è purezza,
    e a cadere è soltanto la sua ombra:

    ogni sbriciolìo tramuta in raggio,
    e infine si trasforma
    in energia






    Metafore



    Dietro virgole
    scalciano parole
    come vagoni di senso su rotaie
    hanno fretta alle fermate
    ne temo il deragliare:
    frena il punto
    fischia il dubbio nell’attrito
    sulle tracce certe della storia
    ripido affanna
    precipita, curva,
    si contrae l’interrogativo

    tra due parentesi
    come braccia calde
    dorme
    il sogno
    come fosse il mio bambino:
    non batte ciglio

    lo accarezzo
    piano
    col respiro






    e come mi faccio piccola



    e come mi faccio piccola
    nei giochi
    a cui non vinco e tu non vincerai
    perché il gioco
    non ha regole lo sai

    adesso ti scompiglio e già ne hai voglia
    - chiudo -
    resti un po’ muto e bussi sulla soglia
    ah, ti lascerò aspettare
    ma prima raccontami la sete

    e basta
    non parlare
    percorri quella strada
    soffermati ma poco
    distendimi nel gioco
    disperdimi e poi legami ad un bacio…


    e come mi faccio piccola
    d’immenso -
    - cancello ancora ombre
    sulla pelle
    cadendoti sul cuore
    come stella,
    ti nasco luna piena tra le ciglia
    mi spezzi il fiato - mi lasci
    mi riprendi -


    - non temo questa morte lenta
    che ci consegna all’ultimo sospiro





    Lascia che pianga



    Lasciami piangere come una bambina
    mi asciugherò al calore del tuo petto
    sentimi dentro: trema in me la sera
    riflesso-argento nei tuoi occhi scuri,
    ti lascio l'impronta calda del mio viso
    fammi sentire com’è vicino il cielo


    tu che voli con i sassi in tasca
    e li lanci come fossero aquiloni
    potresti avere la sorpresa di una gioia
    nata per sbaglio come figlia
    per aver fatto l’amore con il sogno


    e se all’improvviso ti nasce dentro il sole
    e cresco infinita - come luce sulla foglia,
    se non sai cosa - ma qualcosa manca
    adesso - o quando senti vuoto il fianco,
    vieni a prendermi: sono la tua voglia,
    per la tua sete non ci sarà altra fonte





    Dentro i palmi



    Non darti pena se non t’addormenti,
    sotto il cuscino infilo una poesia
    vieni a cercarmi tra le coperte e l’alba
    prima che bussi la luce del mattino
    - tocca lo zenit della fantasia
    dove ti sperdi già dopo tre stelle
    - leggi la lettera che scrivo dentro i palmi
    tra la penombra e un raggio alla persiana -
    - a filo prendimi e fa’ che io m’arrenda,
    spogliami il cuore nel paravento della mano
    - là fuori il mondo sarà un’ombra sottile -
    e muta la notte sul nostro pentagramma
    berremo in coppe d’estasi l’incanto





    Smarrirsi di nebbia


    Sfuma questo giorno
    di minimi eventi, e non so
    se ad est della nebbia
    il sole tremi o si penta
    di essere luce -
    o se questo sia l’ovest
    che smarrisce il tramonto.
    Ho perso il tempo
    dietro un racconto
    senza soggetto
    quando ti stavo cercando




    Corpi in amore



    Preciso si è fatto il segno nella carne,
    il tu con l'io non coincide mai
    come l'est e l’ovest non sono mai gemelli
    eppure accompagnano la stessa luce
    lungo il perimetro del mondo e sulla pelle

    si comincia dagli occhi che si posano
    negli occhi, complici in continui svestimenti
    lasciando ai margini periferie dei luoghi
    dove l’anima si aggira sola controtempo
    come un cane perso in cerca di compagna
    che crede di vedere la sua ombra

    poi diviene intreccio, svelamento:
    quasi un riconoscersi da sempre
    in estasi mutuate dalla luce, moltiplicata
    come un sole tra due specchi:

    allora sai di essere il suo battito,
    lo stesso respiro a riconoscere sentieri
    di mani che percorrono la pelle:
    e non sei più periferia d’un sogno

    - ora sei il centro -

    sole a picco
    che annulla l’ombra




    Non sempre la voce


    Non sempre il dolore fa chiasso
    è piuttosto un chiodo fastidioso
    non hai nulla per toglierlo, ti spiazza
    le unghie sono consumate
    non trovi una pinza, una tenaglia
    e allora speri sia l’acqua di fontana
    ad attutire l’eco di quel male.

    Lo guardi, quel chiodo, ad occhi asciutti
    e s’apre una voragine lontano
    ci sono corpi nudi di bambini
    vecchi sdentati e fermi come statue
    e un bimbo che cammina solitario
    con sguardo basso e senza meta

    e non sa, non sa chi sia sua madre.





    E’ stato allora


    E’ stato quando s’è accorciato il mare
    coprendo la laguna di detriti
    che hai voltato le tue spalle al sole
    incamminandoti con una nube tra le mani
    sul nastro non spiegato d’orme scure

    come se l’ultimo mercante
    avesse venduto le certezze al cielo

    pur di sapere quale Dio
    abbia permesso al vento
    di sbattere negli occhi il sale

    per quale via preclusa all’infinito
    possa raccogliere il grido della luce
    nell’eco d’anime in ascolto di chi è solo,
    e piano - diluendo il tempo -
    dissetare una conchiglia tra i detriti
    mentre l’oro d’un raggio

    galleggia nel cavo della mano




    Solo le parole


    Non te l’ho detto mai…
    Stranamente mi tremavano le labbra,
    così cercavo nel palmo della mano
    la via d’uscita, il segreto del pudore

    in realtà premevo sulla bocca
    per non sfiatarle, ridicole parole
    così piccole e tonde quando scrivo…

    illogiche quadrate tonde coerenti,
    parole piccole, onniscienti,

    a me sempre fedeli,

    - a te bugiarde -

    perché le sgridi sempre,
    e sempre fai domande e già le ignori…


    Ma questa volta…

    non troverai la casa, il tavolo, la sedia,
    non ci sarà più il letto l’armadio ed i cassetti,
    sarà sparito il gatto,
    un vetro opaco, un muro la finestra;

    ‘stavolta sarà tutto diverso:


    è un’altra me che scrive, che mi detta,
    è un altro te che ascolta:

    che cerca e altro non trova
    se non un foglio vuoto


    e increduli i tuoi occhi

    - soli soli -

    giocano a indovinarne
    le parole -





    “Scripta manent…”


    (…e parole di gesso si fanno polvere,
    la lavagna torna al suo colore…)


    Verba volant… - e volano le idee -
    ma noi, coi polsi incatenati
    a comprimere la gola ad un segreto
    torturiamo versi
    - inconsapevoli di morire
    in espianti di significato -

    e siamo triangoli scaleni,
    terre di novembre ed un sepolcro
    ove filtra il fascio della luce,

    siamo la casa con la porta che si apre
    al volto diverso e sconosciuto
    che arreca la notizia certa, all’ora
    stabilita, e lascia muta
    la bocca che ha sete,
    l’incognita del domani




    Acqua, le parole


    Dovrà pur esserci
    tra la sabbia violata dalle onde
    il senso delle fragili parole:

    forse dovremo scavare tutt'intorno
    o sfinire gli sguardi controluce
    dove si condensano i vapori
    in leggere forme
    che ci precipitano addosso
    il senso di noi - quando ci ritroviamo
    senza un portone dove ripararci:

    solo il calore delle braccia intorno ai corpi,
    il petto che s’incolla contro il petto,
    le labbra a sigillo delle labbra:


    dovrà esserci, in un posto tra la sabbia
    a dispetto di un’onda ladra e prepotente
    il senso delle semplici parole...


    - altrimenti ditemi: perché tornare qui
    ogni volta, quando il passo smuove
    il rumore dell’assenza

    e nell’assenza lascia un’orma
    più viva del tuo nome?





    [Modificato da Versolibero 19/04/2008 19:08]
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    sceltadiluce
    Sesso: Femminile
    00 24/04/2008 17:14
    Sai Rosanna, che messe così, tutte insieme, le tue poesie hanno radici pronde, profondissime, perlustrano il buio della terra fino all'acqua, acqua che raggiunge ogni cuore. Sei brava, più di quello che pensavo.


    [Modificato da sceltadiluce 24/04/2008 17:15]
    “L’oscenità è l’eccesso del visibile” J.Baudrillard

    Se qualcuno mi chiedesse: "che cosa ami di più?" direi senz'altro: la mia solitudine. E comunque se mi chiedesse quello che detesto di più, direi lo stesso: la mia solitudine.



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    EEFF
    Sesso: Femminile
    00 04/04/2012 21:02
    Re:
    Versolibero, 19/04/2008 18.37:




    Io sfronderei un po'...
    così ad esempio

    Oltre l’altra riva

    stammi distante
    dove non c’è ponte
    solo frecce da scagliare
    punte di parole senza senso

    che non spiegano i gorghi
    dell’acqua turbolenta

    e tu ...
    non troveresti mai
    i resti dell’amore