00 15/04/2008 16:28
Un altro giorno difficile sembra non volermi guardare, pur riguardandomi, e io sono stanco di sopravvivere senza capire il perché. Ogni giorno cerco di aggiungere un mattoncino di deduzioni nuove a questa costruzione traballante di pensieri, per rinforzarla, per renderla stabile, per fare in modo che non mi crolli addosso con la massa della sua vanità.
Ho cominciato da piccolo a esercitarmi, per colpa di un cielo insieme nero e sfavillante.
Lo osservavo spesso la sera, incantato e con la testa piegata all'indietro, dalla staia sotto casa mentre accarezzavo Alì, il cane del cortile che mi amava senza che gli avessi mai dato un boccone, e che mi si appoggiava pesante e caldo, come se volesse consolarmi, dicendomi che anche lui non capiva.
In quel tempo la mia costruzione era appoggiata solo alle domande che non trovavano risposta ed era bassa, larga e stabile, nella sua bruttezza.
Crescendo, la vita si è insinuata tra le fessure di quel chiedersi e le ha apparentemente chiuse, con l'appiccicarsi di desideri sempre nuovi e più grandi, mai soddisfatti davvero. Sembrava che tutto fosse una realtà provvisoria che attendeva qualcosa di meglio per essere vera, e che anche quel meglio aspettasse di meglio.
Poi la mia testa si è abbassata a contare le pietre che non si lasciavano contare, per decidere dove appoggiare i miei passi, senza più il timore delle distanze, perché ovunque andassi la mia costruzione mi seguiva, aumentando di peso.
Tanti sono stati i passi, tanta la frenesia nel dolore, ma quando alzo la testa al cielo, ridivento bambino.
Per questo ho deciso di abbattere tutto e di ricominciare dal primo mattone, senza pregiudizi e pronto a perderci se il risultato lo vorrà.
Posso ricominciare solo grazie agli errori fatti, e da bambino mai avrei potuto decidere quello che è possibile oggi.
Alzo la testa, guardo il cielo come se fosse la prima volta, e sento che questo sentirmi piccolo non mi fermerà più, perché il grande che vedo è l'insieme di tanti piccoli.
Per questo ogni cosa che lo compone è proporzionata a tutte le altre, perché ogni cosa si complica causandone altre che si complicheranno a loro volta, in un continuo crescente.
Decido allora di tornare indietro col pensiero, per cercare la cosa più semplice che ha cominciato a complicarsi.
Un granellino di sabbia non può essere, perché mi pare ovvio che se qualcosa si estende in una forma, deve essere divisibile, anche se non si possiedono gli strumenti per farlo.
Devo cercare più in là, prima che la forma si compia.
Prima della forma c'è il punto ipotetico che, in fondo, è solo l'idea dello spazio senza estensione.
Un po’ mi viene da ridere, perché lo spazio è l’estensione…
Ma il punto senza forma ha bisogno di un altro punto per definire una forma, la quale sarà determinata dalla distanza infinitesimale che separa i due punti.
Per esserci e avere una forma, la distanza ha bisogno della possibilità di estendersi, occorre quindi che ci sia l'estensione.
Poiché l'estensione è una conseguenza del punto dal quale trae origine, non sarà l'estensione a spaventarmi, perché non è lei che cerco.
Fino a quando non avrò capito cos'è il punto non potrò guardare oltre, e mi sembra evidente che il cielo non è un gigantesco punto.
È solo costellato di punti.
Cosa è questo punto, allora?
Se il punto non ha forma e da lì deriva il tutto delle forme, quel tutto proviene dalla possibilità che non ha forma.
Allo stesso modo del tempo che nasce dall’istante, privo di durata, che si replica continuamente, creando la durata.
Quindi ci deve essere una realtà senza forma che viene prima di quella caratterizzata da una forma, la quale si mostra attraverso l'idea priva di forma, cioè il punto.
Ma se il punto è inconsistente, la realtà che gli si nasconde dietro deve potersi vedere, perché è senza riparo.
Quella realtà quindi, non si vede perché, anche lei, non è.
Questo significa che ci deve essere una realtà che non appartiene all’esistente che conosciamo e che deve essere, con evidenza, sua causa.
Una causa che non è.
Un “Non essere” che è più che l’essere.
Ciò che è nasce, quindi, da ciò che non è.
Ciò che non è, palesemente è superiore a ciò che è.
Ho davanti al mio pensiero due realtà: una che non è e l'altra che è.
Quella che non è contiene l'altra che è.
Quindi le è maggiore e deve contenere anche ciò che non è manifestato ancora, ma si manifesterà, insieme a quello che non è suscettibile di manifestarsi.
Ne deriva che il “Non essere” e l’essere costituiscono, nel loro complesso, l’interezza della Possibilità universale.
Poiché quella che è sta dentro a quella che non è... non può a sua volta comprenderla.
A questo punto mi sento meno imbecille, ma non lascio la presa.
Cos'è, a questo punto, la realtà che non è?
Più che l'essere di sicuro, altrimenti l'essere non sarebbe sua conseguenza.
Si deve altresì dire che la Possibilità universale, in quanto costituita da ciò che è possibile ma, insieme a questo, anche dell’impossibile e della realtà in divenire è, per questo, un insieme, e ogni insieme è necessariamente relativo.
Relativo a cosa?
Cosa può essere superiore alla totalità del relativo?
Se relativo indica l’avere dei limiti, ciò che gli è superiore e lo contiene in principio… non deve avere limiti.
Deve essere oltre l’essere: Infinito, Eterno e Assoluto.
E ciò che non ha limiti non può essere circoscritto da definizioni, anche se è tradito dal punto e dall’istante immobile.
Sento che stavolta i mattoncini del mio pensiero sono stabili.
Nella loro trasparenza, ma stabili.
Meglio che consistenti e instabili.
Poiché "Non essere" ed "essere" si definiscono vicendevolmente, nessuno dei due può dirsi Assoluto.
Se Dio ci fosse non sarebbe assoluto, e anche se costituisse o facesse parte del "Non essere"... continuerebbe a non essere Assoluto, perché se lo fosse sarebbe oltre quella complementarietà che il “Non essere” forma con l’essere.
Ciò significa che l'idea di Dio che mi hanno rifilato da piccolo non corrisponde al vero.
Cavolo!
Non si può nemmeno avere un'idea di Dio senza che questa si trasformi in una falsità.
È per questo che il Sacro sfugge?
È per questa ragione che ciò che è Sacro, per rivelarsi, si deve sacrificare?
Per questo l’amore è la forma del sacrificio?

Rialzo la testa al cielo, e mi tremano le ginocchia.
E non c'è nemmeno Alì al quale appoggiarmi.

Resta il Mistero a guardarmi in silenzio, e capisco solo che il mio esserci sarà davvero prezioso solo quando diverrà la verità che devo ancora conoscere.




Intelligence is the shame of Intuition