Chiuse lentamente la porta alle sue spalle,poggiandosi pesantemente sull’anta, e rimase a fissare la stanza per lunghi attimi.
Si guardò attorno e individuò un recipiente e una brocca con dentro dell’acqua, cominciò a lavarsi il viso e tentò di sciacquare i capelli intrisi di fango, salsedine e sangue.
Ci mise un po’ per levarsi di dosso tutto quello sporco, anche se sapeva che le macchie peggiori non se ne sarebbero mai andate.
Rimase un po’ davanti al camino per asciugarsi, indossò di nuovo la lunga camicia che le avevano dato e con un movimento rapido tolse la coperta dal letto, se la avvolse attorno alle spalle e si andò a rannicchiare in un angolo della stanza con la spada accanto.
Non riusciva ad infilarsi nel letto, non si poteva mai sapere che cosa sarebbe potuto accadere nella notte, era meglio rimanere li, pronta a scattare in qualsiasi momento.
La tragica realtà era che non voleva, non doveva addormentarsi, perché col sonno sarebbero arrivati gli incubi, poteva sentirli, poco oltre il limite oscuro della sua coscienza, sapeva che erano li, sapeva che non doveva abbassare la guardia. Si strinse ancora di più nella coperta calda e la sua mano inavvertitamente toccò la cicatrice sulla spalla. Un brivido la percorse, facendo scricchiolare i più oscuri recessi della sua anima. Cominciò a dondolarsi avanti e indietro, cercando di svuotare la testa dai pensieri, mentre fissava il fuoco, senza veramente vederlo.
Ma il calore della stanza, il conforto della coperta avvolta intorno alle spalle e quel vago senso di sicurezza che le dava quella casa, ebbero la meglio sul suo corpo sfibrato dal dolore e dalla fatica, e dopo poco il sonno arrivò a chiuderle le palpebre.
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Correva nel buio, e sentiva il suo fiato sul collo, ogni suo passo era un tonfo sordo che faceva tremare il terreno sotto i suoi piedi, entrò nella stanza e fronteggiò il suo avversario.
La poca luce faceva scintillare l'armatura che indossava, alto più di lei almeno di dieci spanne, tanto possente da sembrare un toro, brandiva un enorme spadone a due mani e il suo respiro era regolare e ritmato, come se la corsa non lo avesse minimamente affaticato.
“Questa volta non puoi scappare. Sei mia!”
Ringhiò il suo avversario.
Arhiael non rispose, si limitò ad indietreggiare di un passo.
Sentì la sua risata profonda, più simile al verso di un leone che a quello di una voce umana.
Lo vide menare fendenti nell'aria, ogni colpo era sempre più vicino a lei, ma c'era qualcosa che non capiva, nel suo modo di muoversi, sembrava...sembrava quasi che non riuscisse a vederla.
Si....ne era sicura...lui non la vedeva...schivò un paio di colpi molto vicini e si limitò ad indietreggiare ancora un po'.
Ora la risata del suo avversario era diventata un ringhio di odio.
Agitava la spada in aria con movimenti scomposti, sperando di riuscire a colpirla, fino a che non si arrestò di colpo.
“Pensi di essere molto furba vero?”
Urlò.
Arhiael continuava a non rispondere, sapendo che la sola possibilità che aveva, era quella di non fornirgli nessun punto di riferimento circa la sua posizione.
“...e va bene ragazzina...se non posso prenderti...allora ti darò una buona ragione per farti venire da me...”
Improvvisamente la luce esplose, come se cento candele fossero state accese contemporaneamente, il suo avversario era scomparso e lei finalmente capì dove si trovava.
Il soffitto bruciato, i corpi carbonizzati sul pavimento, le vasche piene d'acqua...sapeva dove si trovava.
Vide la lama saettare verso di lei e sentì il colpo secco della punta che si infilava nella sua spalla.
Cadde a terra.
Sapeva che presto avrebbe perso conoscenza e che si sarebbe risvegliata troppo tardi per poter cambiare le cose.
Ma il buio non toccava i suoi occhi, e le sue orecchie poterono sentire il clangore delle armi, i respiri convulsi, il ringhiare basso e profondo che sapeva appartenere a Dalkest.
Poi un'urlo strozzato, di profondo dolore e con un tonfo Drestan si accasciò accanto a lei.
Si voltò sapendo già cosa avrebbe visto.
Il dunadan era disteso vicino a lei, una smorfia di dolore e paura gli attraversava il viso, mentre le sue mani stringevano l'enorme ferita che aveva all'addome.
Si voltò a guardarla mentre il suo sguardo lentamente si spegneva, impotente lei non poteva far altro che fissarlo.
Capì che l'ultimo fotogramma nella sua mente, prima di svenire, non l'aveva immaginato, ma era realmente l'ultima cosa che i suoi occhi avevano visto.
Finalmente il buio l'avvolse.
[Modificato da Tyrande 07/03/2009 10:48]