00 17/02/2008 20:44
Di pomeriggio vado a prendere Dario all’asilo. Mi corre incontro, lo prendo in braccio, mi abbraccia strettissimo e non si stacca più.
Gli chiedo se vuole fare un giro in piazza. C’è la festa di Halloween per i bambini. Andiamo. A lui non importa gran che. Ha soltanto voglia di stare con suo padre. I bambini sono travestiti, ma Dario non ha più paura di loro come lo scorso anno. Non li osserva nemmeno. Mi tiene per mano poi, ogni tanto, si stacca e corre per la piazza. Dopo poco si gira, controlla dove sono, mi sorride e torna indietro. E mi abbraccia, mi abbraccia forte.
Dario ha un piumino arancione con la cerniera rotta. Stona in mezzo a quei fantasmi, a quei mostri, a quelle streghe. Sembra capitato lì per caso. Penso di avere sbagliato a non travestirlo, ma vedo che a lui non interessa.
Nella piazzetta c’è il calcinculo. Chiedo a Dario se vuole salire. Mi dice che vuole fare due giri. Comincia a girare e si aggrappa alla bimba davanti a lui, come vede fare agli altri bambini. A lungo si distrae e mi domando a cosa stia pensando. Gira, ma la sua mente è molto lontana. C’è un giro in omaggio per chi prende la coda di volpe, ma lui non la degna. Guarda delle bolle di sapone uscire da un buco della giostra.
Scende dalla giostra senza fare capricci e guarda con disapprovazione i bambini che invece non vogliono scendere. Torniamo in piazza e comperiamo un palloncino a forma di automobile. Lo leghiamo al suo piccolo polso. Continuiamo a passeggiare, a correre, a lasciarci e a riprenderci. Comincia a fare freddo. Dario mi tiene la mano, mi abbraccia, cerca la mia vicinanza. A volte sorride, a volte pensa, altre volte si distrae. Vorrei che la sua infanzia fosse più spensierata. Per colpe non sue, Dario è dovuto crescere molto in fretta.
Ci avviamo a riprendere l’auto. Il palloncino si sfila dal polso e sale rapidamente in cielo. Lo guardiamo finché non si vede più. Dario non dice niente, non piange. Sembra tutto naturale, sembra giusto che alla fine se ne sia andato.
Ci stringiamo forte la mano. Penso ad un proverbio brasiliano: “uccellino che si affaccia al nido, già è pronto per spiccare il volo”. Ora mi tiene la mano. Fra qualche anno me la lascerà, poi scomparirà alla mia vista come il palloncino, cercando la sua strada.