00 13/02/2008 12:58




R.CARETTONI



CON GASOL AI LAKERS RITORNA LA SFIDA INFINITA DEGLI ANNI ’80 .

di

RENATO CARETTONI.



Questa volta ho proprio la sensazione di essere capitato nel posto giusto al mo­mento giusto. Decidendo di ripudiare l’ All Star Game e di anticipare il viaggio in­vernale negli USA, assistendo a partite casual­mente scelte in base all’itinerario di viaggio, ho visto i Lakers a Toronto e sono uscito con la con­vinzione che a Ovest bisognerà al momento del dunque fare i conti con loro: un Kobe Bryant in­trattabile ne ha messi 46 senza forzare e facen­do girare una squadra di altissimo livello. Tre giorni dopo da New York attraverso il Lincoln Tunnel, vado all’ex-Continental Arena, ora Izod Center, e assisto all’esordio di Pau Gasol in ma­glia Lakers: la sensazione uscendo è stata quel­la di aver visto una delle pretendenti principa­li al titolo NBA.
La cosa che mi ha impressionato è di aver con­statato come lo spagnolo sia perfettamente in­serito nei meccanismi del famoso triangolo la­terale (i Lakers giocano ancora con questo si­stema che fa le fortune delle squadre dirette da Phil Jackson) già al suo primo giorno in maglia Lakers. Kobe Bryant ha affermato molto con­vinto: «Se senza di lui eravamo già una squa­dra da titolo, ora non possiamo proprio perde­re! ». Le altre non staranno a guardare, questo è certo, ma vedere l’esecu­zione del triangolo con Gasol al centro è stato un piacere per gli occhi: il concetto è che si tratta di un sistema di gioco dalle 100 opportunità, ebbene, a Toronto ne ho viste 50 e nel New Jersey le ho rivi­ste assieme alle altre 50, quelle con il centro inteso nell’accezione vecchia e di­menticata del termine, ovvero quella di «pivot» nel senso di perno del gioco attorno al quale si svolge tutto e che sa scegliere con grande intel­ligenza se concludere lui o servire compagni me­glio messi per prendere un buon tiro. Ho l’im­pressione che per Pau Gasol sia arrivato il gran­de momento nel quale potrà esprimere tutta la sua classe: fino ad ora ha giocato in squadre (i Memphis Grizzlies in NBA e la nazionale spa­gnola) dove tutti si appoggiavano su di lui, do­ve era la prima opzione offensiva, dove era sem­pre contro due avversari che lo raddoppiavano. Ora la struttura dei compagni e del sistema di gioco lo lasceranno spesso obbligatoriamente uno contro uno nel cuore della difesa e senza raddoppi: sarà devastante! Titolo ai Lakers? Pos­sibile!
Ma il giorno dopo ecco la risposta dei Phoenix Suns che danno Shawn Marion ai Miami He­ats in cambio di Shaq. Altro trasferimento-bom­ba! La domanda è semplicissima: Shaq darà ai Suns quel qualche cosa in più da farli diventa­re una squadra da titolo che vada oltre la fina­le di Conference a Ovest? In molti hanno subi­to detto che con Shaq i Suns dovranno snatu­rare il loro gioco fatto di contropiede e di ba­sket a 1.000 all’ora: troppo facile! E se invece fosse che, pur continuando a correre come face­vano prima, i Suns acquisiscano anche quella dimensione di gioco a metà campo indispensa­bile quando conta? Inoltre vedere giocare assie­me Steve Nash e Shaq sarà un piacere sicuro!
Insomma, due trasferimenti che mettono in pri­ma fila Lakers e Suns a Ovest, con i Lakers con qualche certezza in più, ma non dimentichia­mo i campioni in carica dei San Antonio Spurs che saranno ancora più stimolati a centrare per una volta il back-to-back. Quel che è certo è che il livello è molto alto e anche ad Est abbiamo i Boston Celtics che sono ritornati ai fasti di un tempo. I nostalgici sperano in una finale tra La­kers e Celtics per un ritorno alla realtà degli an­ni ’80 che avrebbe un impatto mediatico note­vole; anche la convinzione che i Celtics ce la possono fare dopo averli visti domenica contro i campioni in carica degli Spurs aumenta: man­cava Garnett ma i Celtics hanno vinto una par­tita intensa, da playoffs. A Boston lo slogan è «The Celtics Pride is back» e non è una frase fatta in quanto le cifre della produzione difen­siva fino a questo punto della stagione sembre­rebbero dimostrarlo. Boston è la squadra che subisce meno punti (89 di media per partita) e qui da noi si direbbe che è la miglior difesa, ma lo è veramente in quanto i Celtics sono la squa­dra che costringe le avversarie alle percentuali più basse sia da 2 che da 3. La conseguenza di tutto questo è semplicemente un 39-9 che a que­sto punto della stagione vale molto (anche se i Pistons non scherzano e sono 36-13) e che lan­cia i rinati Celtics verso playoffs nei quali avran­no sempre il vantaggio del campo che a Boston conta forse di più che in ogni altra parte d’ Ame­rica.
Siamo oramai alla pausa consacrata All Star Game che si gioca domenica a New Orleans e poi via verso un finale di stagione senza prece­denti, con grandissimo basket già sin d’ora as­sicurato.


© Corriere del Ticino


[Modificato da !maro! 13/02/2008 13:04]