00 06/10/2007 15:00

RASSEGNA STAMPA PARTE 1


Ispirata a un fatto vero raccontato nel romanzo Twins di Bari Wood, è la storia di due gemelli, affermati ginecologi di Toronto, fisicamente identici, ma diversi nel carattere, che si dividono tutto: clinica, casa, onori, e donne finché uno dei due rompe l'omertà gemellare. 9° film del geniale regista canadese, e, dopo La Mosca (1986), il più ambizioso nella sagacia con cui introduce elementi di aberrazione fantastica in un contesto di realismo psicologico. L'uso della vecchia tecnica dello split-screen (abituale per un film dove lo stesso attore interpreta due parti nella stessa inquadratura) è stupefacente, e la recitazione di J. Irons superiore a ogni elogio. È, in fondo, una sconvolgente storia d'amore e il film più perverso degli anni '80.
Il Morandini 2007 (Zanichelli)



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Elliot e Beverly sono due gemelli, d'identico aspetto. Fino a trentacinque anni la loro vita è un successo. Sono entrambi ginecologi di fama, ricchi, coccolati dall'alta società (anche le donne, molte donne, si sono spartite). Un giorno Beverly, il più introverso, inizia da solo una love story con un'attrice. Ma non può condurre un'esistenza prescindendo da Elliot. Cade nel tunnel della droga e poi della pazzia. Uccide Elliot e si suicida. David Cronenberg, per la prima volta nella sua carriera, rinuncia agli effettacci e ci cala in una storia horror dove l'orrore è tutto interiore. Un gran bel film, superiore alle attese.
Il Farinotti 2007 (San Paolo Editore)



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Entrato ormai di diritto nel ristretto novero dei cosiddetti “autori”, Cronenberg sforna un film che rispetta in pieno le attese: un’opera difficile, appesantita da un ritmo lento e cupo, soffocata da un senso di disfacimento che la pervade fino all’ultima sequenza. Un’opera sostanzialmente priva di quegli effetti speciali che avevano contraddistinto le sue ultime produzioni, perché le mutazioni qui sono interne e coinvolgono soprattutto la psiche. Il concetto di base riguarda il “comune sentire” dei gemelli: quando il più debole di loro cede agli stupefacenti, il più forte ne risente fino a condividerne intimamente lo strazio in un crescendo drammatico sottolineato da una fotografia singolarmente fredda. Jeremy Irons rende con straordinaria efficacia i due diversi caratteri, Cronenberg lo supporta alla perfezione senza lasciar mai intravedere una sbavatura nei trucchi che gli permettono di mostrare lo stesso attore due volte nella medesima inquadratura. Un lavoro di fino incasellato su di una struttura studiata accuratamente scena per scena. La sceneggiatura è tratta dal romanzo Twins di Bari Wood e Jack Geasland (il titolo del film viene cambiato solo a causa della contemporanea uscita del Twins di un altro canadese, Ivan Reitman, con Schwarzenegger e DeVito), ma all’origine vi è un reale fatto di cronaca che vide protagonisti due ginecologi di Manhattan e che si chiuse nell’identica maniera. Dead Ringers non può esser preso sottogamba. Potrà risultare ostico a molti (come la personale poetica di Cronenebrg in generale), a tratti criptico, indiscutibilmente pesante, ma resta cinema di serie A.
davinotti.com



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“Erano anni che volevo raccontare il legame profondo che unisce due gemelli e ne condiziona l'esistenza, la difficile ricerca di identità, il conflitto drammatico tra la libera volontà di ciascuno dei due e la predestinazione imposta dalla natura. Hollywood ha sfruttato questo tema, ma spesso in rozze storie dell'orrore nelle quali si contrappongono un fratello buonissimo e uno cattivissimo, tutto il bene e tutto il male di una personalità divisa. Io volevo qualcosa di meno semplicistico”, dice David Cronenberg, uno dei più affermati registi della paura, l'autore di Scanners, Dead Zone, La Mosca. L'occasione gliel'ha offerta un racconto intitolato Twins e soprattutto la realtà della cronaca: i due gemelli Marcus, ginecologi di grande successo a New York, che nel 1975 furono trovati morti suicidi in un elegante appartamento di Manhattan. Ne è venuto fuori Dead Ringers, il film che sarà presentato stasera al pubblico del 32esimo London Film Festival. È la vicenda di due gemelli, Elliot e Beverly Manton, ginecologi affermati, l'uno estroverso mondano e disinvolto, l'altro più chiuso e timido. Vivono e lavorano in perfetta armonia, dividono lo stesso appartamento e spesso le stesse avventure amorose. Finché incontrano una donna, un'attrice che cerca il loro aiuto contro la sterilità. Per Elliot è un esaltante incontro di erotismo, per Beverly diventa il grande amore, un legame attraverso il quale cerca il distacco totale dal fratello. Ma non sarà possibile perché entrambi verranno travolti dalla droga e dalla follia . Di David Cronenberg, un quarantacinquenne canadese dolce e gentile, la faccia da ragazzo miope, si dice che usi nei suoi film quantità industriali di sangue e che gli effetti speciali dell'orrore non gli bastino mai. Con Dead Ringers, in cui gli effetti speciali sono ridotti al minimo, sembra smentire se stesso. In realtà non è vero che ho cambiato genere. Ho solo fatto un film che non è dell'orrore tradizionale e neanche di fantascienza. Non ci sono elementi di fantasia come in altri miei film. Dead Ringers è naturalistico. L' angoscia deriva più dalle situazioni emozionali e psicologiche. Se in La Mosca ho cercato di far sembrare reale la fantasia, in Dead Ringers ho scelto la sfida opposta: far apparire il realismo come fantastico, stimolare la mente e la psicologia degli spettatori invece che i loro nervi. Ambientato a Toronto, Dead Ringers non è stato facile da realizzare. Quando raccontavo la storia tutti dicevano: ma non potrebbero essere avvocati anziché ginecologi? Nessuno riusciva a capire quanto fosse essenziale un lavoro di continuo rapporto con la natura femminile. E anche il cast non è stato facile. Non tanto per il personaggio dell'attrice che Genevieve Bujold ha accettato subito, superando anche la perplessità sulle caratteristiche fisiologiche del suo personaggio, che non può avere figli perché ha un rarissimo utero triforcuto. È uno dei pochi elementi di fantasia che ho aggiunto alla storia. La difficoltà è stata per l'attore. Gli americani che ho interpellato sono sempre prontissimi a fare il poliziotto duro o il criminale mafioso, ma nessuno vuole fare il ginecologo. Per fortuna in Inghilterra non c' è questa sindrome da macho italiano e ho trovato Jeremy Irons. L' interpretazione che Jeremy Irons offre di entrambi i gemelli è uno degli elementi più suggestivi del film. La sua efficacia nel rendere le sfumature sottili di comportamento che differenziano la personalità dei due diventa talmente credibile che l'impressione è quella di due diversi attori sullo schermo. I critici inglesi già parlano di grandi riconoscimenti e di possibili Nomination per l'Oscar. Nel programma del 32esimo festival di Londra Dead Ringers è indubbiamente il titolo più inquietante. […]
Maria Pia Fusco, La Repubblica



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Il suo cinema suscita angoscia e paura, si esercita crudelmente sul tema dell'identità, esplora i lati oscuri della psicologia umana, delinea con violenza i conflitti tra l'anima e il corpo, rappresenta con impressionante lucidità perversioni sessuali e orrori biologici. Con film come Scanners, Videodrome, The Dead Zone, soprattutto La Mosca, David Cronenberg si è guadagnato definizioni del genere maestro del brivido o principe dell'orrore. Definizioni in netto contrasto con il suo aspetto, un giovane signore - ha 46 anni ma non li dimostra - dall'aria mite, quieta, serena e sorridente. Consapevole del contrasto, David Cronenberg scherza: “Martin Scorsese era terrorizzato dall'idea di incontrarmi, si aspettava una persona se non altro disturbata, magari perversa. È rimasto molto sorpreso di trovarmi così normale, siamo diventati amici. È vero che c' è sempre una relazione tra una persona e i film che fa, ma non è così semplice. Quando fai un film focalizzi solo due o tre cose della tua personalità, mentre nella vita ti presenti con un'immagine più ricca e complessa.” David Cronenberg è stato a Roma per l'uscita di Inseparabili (titolo inglese Dead Ringers), ai primi di marzo, distribuito dalla Medusa. Il film racconta la vicenda di due gemelli, ginecologi di successo, fortemente attratti dai misteri del sesso e dell'anatomia, che crescono in perfetta armonia e cercano invano di separarsi. Naturalmente il mistero dei gemelli è usato da Cronenberg per continuare la sua ricerca sul tema dell'identità e sul rapporto dell'individuo con la propria evoluzione biologica. “Secondo me, quello che noi siamo viene dal nostro essere fisico. Invece perdiamo assai più tempo a cercare i mutamenti della psicologia, e trascuriamo la nostra evoluzione fisica. L' interno del nostro corpo continua a sembrarci disgustoso. Eppure siamo in un tempo in cui la genetica ci permette di controllare e addirittura di intervenire sul nostro sviluppo e io sono affascinato da questo tema. L' idea del film risale a una notizia di cronaca: l'improvviso, doppio suicidio di due gemelli, due ginecologi di successo a New York. Non sapevo che film volessi fare e perché. L' ho capito soltanto mentre lo facevo. Perché per me un film non è una dichiarazione politica o sociale o di qualunque genere. Né lo faccio per soldi o per divertimento. Per me un film significa inventare una creatura viva, che nasce e si sviluppa con una sua esistenza propria. Non è stato facile realizzare Inseparabili: Ci ho messo otto anni e ho girato almeno quaranta studi. Nessuno voleva fare il film. Hollywood è dotata di grande senso pratico, il film sembrava troppo bizzarro, temevano l'art movie. Avrebbero preferito La Mosca 2. E non è stato facile trovare un attore. Ho parlato con 25 attori americani. Tutti erano spaventati dall'idea di due gemelli che erano persone vere, piene di umanità, non pretesti per storie di horror, esasperazioni del Bene e del Male, come in genere sono stati rappresentati. Anche la professione li disturbava. Tutti pronti a fare il mafioso o lo spacciatore di droga, trovano che il ginecologo non sia una professione da macho.” Alla fine Cronenberg ha scelto felicemente Jeremy Irons, che è Elliot e Beverly Mantle e le differenze di personalità sono tutte affidate all'interpretazione e a piccoli dettagli, come una diversa acconciatura di capelli o un diverso modo di muovere le mani. L' effetto è incredibile, l'impressione immediata è quella di trovarsi di fronte a due attori diversi. A scatenare la crisi tra i due gemelli è l'incontro con una donna (Geneviève Bujold) di fronte alla quale la reazione è diversa: uno si innamora, l'altro no. La risposta al dramma dei due, che non vogliono vivere insieme ma non riescono a stare separati, è soltanto nel suicidio. In alcune circostanze, quando la morte è l'unico mezzo per raggiungere la pace, è un fatto positivo, no? Del resto il rapporto con la morte varia secondo le diverse culture e civiltà. Solo per noi occidentali è un tabù. Malgrado il suo cinema inquietante, David Cronenberg ha una biografia e una quotidianità perfettamente normali. “Sono nato e vivo a Toronto. Anzi, un tempo tutti mi dicevano ‘perché non vai a Hollywood?’ Adesso mi dicono beato te, che vivi lontano da Hollywood. I miei nonni venivano dalla Lituania, mio padre era scrittore, mia madre pianista. Non ho avuto traumi o turbe infantili, sono stato un bambino felice, ho avuto giocattoli normali, una preferenza per gli oggetti con le ruote. Tant' è vero che mi è rimasta la passione per le macchine da corsa, il mio passatempo preferito insieme a quello di giocare con i miei figli. Ne ho tre, la maggiore ha sedici anni. Ho anche una sorella, che lavora con me.” Al cinema, David Cronenberg è arrivato tardi. “Avevo cominciato a scrivere racconti e pensavo di continuare su quella strada. Poi, mentre ero all'Università, un mio collega fece un film. Quando lo vidi, fui affascinato dal fatto che una persona che conoscevo bene, uno come me, fosse riuscito a raccontare una storia che parlava di tutt' altro, altre esistenze, altra realtà. Per me fu una specie di rivelazione. Decisi che anch' io avrei raccontato storie attraverso il cinema. Forse, proprio per questa origine, non credo di avere maestri nei grandi registi. Se mai, le mie influenze vengono dalla letteratura, William Borroughs, Vladimir Nabokov, Saul Bellow. Ho cominciato in Canada, che viene considerato una specie di punto d'incontro tra Europa e America e penso che questo caratterizzi il mio cinema, qualcosa che è europeo ma anche americano.” Ma c' è un altro episodio significativo che David Cronenberg recupera nella memoria e risale alla sua infanzia. “Erano i tempi felici in cui non c' era la televisione e c' era la bella abitudine, ogni sabato pomeriggio, di andare al cinema con gli amici. Abitavo nel quartiere italiano di Toronto e c' era una sala, si chiamava Studio in cui si proiettavano film in italiano. Un sabato, da quella sala vidi uscire dal cinema una folla di persone. Piangevano tutti: avevano visto La strada. Mi sembrò prodigioso che un film potesse suscitare un'emozione così forte in tante persone, uomini e donne di età diversa. Avevo scoperto la magia del cinema.” Dopo Inseparabili, Cronenberg ha cominciato la preparazione di un film che definisce impossibile, una storia dal romanzo Naked Lunch. Intanto farà la terza esperienza di attore in personaggio di cattivissimo in un film a Londra. La prima fu con John Landis in Into the night e, nel ruolo di un ginecologo nel suo La Mosca.
Maria Pia Fusco, La Repubblica



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“C' è una lunga sequenza in Inseparabili, nella quale Beverly e Elliott Mantle hanno un incontro con una ragazza, un abbraccio a tre che è fatto di dolcezza e di erotismo, di ambiguità e di gioco. Realizzata in una sola giornata, è stata la sequenza più impegnativa per Jeremy Irons, interprete dei due gemelli. Nei momenti in cui Beverly e Elliott sono vicinissimi, abbracciati, è stato usato un attore dal fisico somigliante al mio, inquadrato sempre di spalle, usato solo come corpo, costretto ad ore di immobilità per non disturbare l'equilibrio studiato delle immagini. Quella è stata una giornata di grande tensione, anche perché nella sequenza la differenza di comportamenti tra Beverly e Elliott è molto sfumata, e dovevo restare nel massimo della concentrazione. L' altro attore è svenuto e ci ha messo una settimana per riprendersi. Io invece sono uno di quelli che si liberano del personaggio appena finite le riprese. A casa, dimentico tutto.” Abbiamo trovato Jeremy Irons a Londra in una breve sosta, dopo la fine delle riprese del film The Australian e prima di raggiungere la sua casa in campagna, vicino ad Oxford, dove trascorrerà una vacanza con sua moglie Sinead Cusack (anche lei attrice) e i due bambini di dieci e tre anni. Inseparabili è un film che considera molto importante nella carriera. “Prima di tutto perché spero che spezzi lo schema del gentiluomo inglese che continua a perseguitarmi. Quando Cronenberg me lo ha proposto, mi ha entusiasmato subito la sfida. Quale attore non sogna di fare due, o anche dieci, ruoli in un film? E non il fratello buono e quello cattivo, ma due personalità psicologicamente molto complesse, caratteri diversi in mille piccole sfumature. Non credo che capiti spesso un'opportunità così.” Opportunità che l'attore inglese quarantenne (è nato nell'Isola di Wight il 19 settembre 1948) ha sfruttato splendidamente: la sua interpretazione di Beverly e di Elliott è così credibile che l'impressione del pubblico è quella di vedere due attori diversi. Non ci sono trucchi particolari, è solo questione di concentrazione e di prendere confidenza con i due caratteri. Attratto dalla sfida di attore, Jeremy Irons non aveva pensato molto al contenuto. “Di Cronenberg conoscevo La Mosca e mi era piaciuto. Ho visto anche altri suoi film e non tutti mi hanno entusiasmato. Però mi ha entusiasmato lui, con quel suo carattere sottilmente perverso, quel lato infantile che lo porta a giocare con gli effetti speciali nel cinema e con le macchine da corsa nella vita. La perplessità era che Inseparabili non scivolasse nel cattivo gusto e non fosse un horror movie. Entrando nella storia mi sono rassicurato. Si tratta di un thriller psicologico molto forte, una analisi del problema dell'identità, che può coinvolgere tutti, a diversi livelli di consapevolezze, di scoperta di perversioni. E chi non ha perversioni? Certo, anch' io. Ma le sembra il caso di raccontarle in giro? Quanto ai due personaggi di Beverly e Elliott, sento leggermente più vicino quello di Beverly, così chiuso, introverso, timido, ma non credo di somigliare molto a nessuno dei due. Del resto non mi piace prendere dalla vita materiale utile per i miei personaggi. Faccio l'attore proprio perché mi permette di rimuovere continuamente me stesso dalla mia esistenza.” Non a caso, la decisione di fare l'attore, presa a 18 anni quando si iscrisse alla scuola dell'Old Vic di Bristol, fu determinata dalla voglia di vivere un'esistenza romantica, un po' zingaresca. “E non sono rimasto deluso, né in cinema, né in teatro. Amo entrambi allo stesso modo. Dopo tanto cinema comincio ad avere fame di teatro e viceversa.” Sia dal cinema che dal teatro, Jeremy Irons ha avuto molto. Dopo la popolarità raggiunta con La donna del tenente francese, Tradimenti, Un amore di Swann, Jeremy Irons fu accettato e premiato a Broadway, generalmente diffidente nei confronti di un inglese, protagonista per due stagioni di The real thing di Tom Stoppard, accanto a Glenn Close. Negli ultimi dodici mesi, ha girato quattro film. Oltre a Inseparabili, ci sono stati A chorus of disapproval, una commedia diretta da Michael Winner (“Finalmente provo a far ridere la gente e dimostro il mio senso dell'umorismo. Sarà inglese, ma è pur sempre umorismo...”), Dany, the champion of the world, una storia tutta familiare in cui c' è anche suo figlio Simone, e The Australian del regista belga Jean Jacques Andrien con Fanny Ardant, ambientato negli anni Cinquanta, in cui è un emigrato che ha fatto fortuna in Australia e torna in Belgio dove vive il conflitto con una mentalità rimasta nel passato. “Per ora non ho progetti di teatro. Mi riposerò e finirò di scrivere una storia. Ho cominciato ad amare tutti i meccanismi del cinema, non soltanto la professione di attore. E mi piacerebbe conoscerli meglio, facendo la regia. Forse non immediatamente, ma magari fra tre anni lo farò.”
Maria Pia Fusco, La Repubblica



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Il cinema dell'orrore, anche il più basso e truculento, ha spesso nascostamente trattato questioni sottili e inquietanti quali quelle dell'identità individuale, della tortuosa linea di demarcazione fra i corpi e le anime, delle mutazioni che lavorano gli uomini e le personalità. E David Cronenberg, che dell'horror è un riconosciuto maestro, ha sempre maneggiato questi temi percorrendo e intrecciando con il suo cinema i confini più rischiosi non solo fra i personaggi e il loro mondo ma fra la realtà e la sua messa in scena. Non stupisce dunque che da oltre dieci anni covasse il progetto di un film su un tema dei più intriganti, la vicenda di una coppia di gemelli assolutamente identici, concepita quando i giornali raccontarono appunto di due gemelli, ricchi e stimati ginecologi, morti assieme per overdose nel loro appartamento diventato un covo maleodorante. Inseparabili resta nell'ossatura fedele a questo vecchio episodio di cronaca, ma Cronenberg fa compiere una svolta notevole al suo cinema: abbandona il genere, l'apparato figurativo dell'horror, i trucchi vistosi e le mostruose deformazioni di Videodrome o La Mosca e imposta la vicenda nella maniera più semplice e realistica possibile, o con quel tipo di effetti speciali che restano, allo spettatore, invisibili. Anche la più ardita performance tecnica, lo sdoppiamento in due personaggi, nella stessa inquadratura, dell'unico protagonista Jeremy Irons, all'inizio non viene messa in atto. È infatti attraverso comunissimi stacchi e controcampi o con il vecchio trucco della controfigura di spalle che i due personaggi vengono presentati, e sembra ai limiti della banalità la loro situazione di noti professionisti, con clientela e studio in comune e il gusto più che comprensibile di giocare qualche volta con la loro straordinaria somiglianza. Finché non appare Claire (Geneviève Bujold, canadese come Cronenberg), una paziente con una strana malformazione all'utero, che comincia a sconvolgere senza che nessuno se ne renda conto il delicato equilibrio su cui si regge la vita della coppia di gemelli. Uno di loro, forse lo stesso che per bellezza interiore delle donne intende e magnifica quella dei loro apparati genitali, è sorpreso e affascinato da quell'utero tricipite e l'anomalia fisiologica si trasforma presto in matrice di storie e anomali rapporti: nasce una love story, appunto, a tre, con i due gemelli che si dividono la donna senza che lei lo sappia, e con Jeremy Irons che non solo deve sostenere due parti diverse ma deve fare un personaggio che finge di essere l'altro da lui stesso interpretato. Ma anche Claire, che pure tarda a scoprire l'inganno, non è estranea a questi giochi poiché fa l'attrice e dunque il cambio di identità è il suo mestiere (sarà bellissimo, più avanti, quello sdoppiamento del suo volto, metà truccato e metà no, che il profilo rivela solo in una delle due identità). Che l'incontro con Claire sia uno snodo narrativo cruciale lo dimostra il fatto che è la scena in cui i due gemelli rivelano di dividersi la donna quella in cui essi sono anche, materialmente, per la prima volta insieme nell'inquadratura. Ma se il gioco diventa amore, se qualcuno comincia a voler tenere qualcosa o qualche emozione solo per sé, non si potrà più essere uguali e la differenza porterà alla separazione, alla perdita di rapporti con la realtà, all'autodistruzione. Non però alla morte, cercata invece proprio per ritrovare l'identità perduta, in una regressione all'infanzia che è un allucinazione di siamesità e dunque di indifferenziazione nel ventre materno. La progressione della vicenda non potrebbe lasciare le immagini sempre uguali a se stesse, e, se Cronenberg rifiuta l'horror esplicito, non per questo attenua la forza del suo sguardo o la lenta moltiplicazione di oggetti inquietanti e mostruosi: medici che operano in camici rosso fuoco invece del solito verde chirurgico, ferri ginecologici contorti come perverse sculture metalliche, ambienti dilatati e rarefatti che amplificano le solitudini, incubi di separazione e metafore di compenetrazione, come quando un ballo a tre fa pensare all'uomo-insetto della Mosca. Insomma tutto il cinema di Cronenberg (lontani debutti a luci rosse compresi, o sublimati nell'argomento ginecologico) con in più la lucida e chirurgica precisione di taglio narrativo e di eliminazione del superfluo. Senza perdere però emozioni e malinconie: la continua, lenta e tristissima musica che accompagna tutta la parte finale del film ne è insieme la conferma e la sottolineatura più intensa.
Alberto Farassino, La Repubblica



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Il tema inquietante del doppio, da sempre endemico nella letteratura, nei miti, nelle favole, compare credo per la prima volta nel cinema nel 1913, nel film muto di Stellan Rye Lo studente di Praga. E subito, puntualmente, il viennese Otto Rank uno dei pionieri della psicoanalisi su quel film scrisse un saggio, tutt'ora insuperato, teso ad indagare la radice psicologica dei significati inconsci delle tante magiche storie di sosia, gemelli, doppi, replicanti. Da allora, continua costante il gioco di riflessi su questo tema tra arte e psicopatologia (ultimo nella serie il volume che raccoglie saggi di autori vari, edito da Cortina, Il doppio tra patologia e necessità). Non ho dubbi che Cronenberg, principe dell'orrore, di questo genere di scritti ne abbia letti molti e li abbia poi abilmente mescolati per aggiungere un sapore in più al suo ultimo thriller psicologico. Secondo il più classico dei canoni, difatti, inizialmente lo sdoppiamento dell'immagine sia essa un sosia, il riflesso nello specchio, l'ombra, o come in questo caso due gemelli identici crea una sensazione al tempo stesso conturbante ed eccitante. I due gemelli Beverly e Elliott Mantle, entrambi ginecologi di successo, si assicurano reciprocamente di non patire le pene della solitudine e insieme detengono una sorta di magico potere di inganno sugli altri. Sempre secondo le regole, la crisi avviene ad opera di una figura femminile: qui Geneviève Bujold, inconsapevolmente paziente ed amante di entrambi. Le esigenze del rapporto d'amore della donna con uno solo dei due, infrangono inesorabilmente l'antica perfezione dell'unione narcisistica tra Beverly e Elliott e il loro tentativo di separarsi e di differenziarsi scatenano angoscia e aggressività. Drammi ben noti, ahinoi, della separazione e della dipendenza non solo tra gemelli! Dietro l'apparenza straordinaria e fantastica di tutte queste storie di doppi, difatti, si possono riconoscere le vicende più consuete, ma non meno appassionanti, di tanti umani (coppie di amanti, genitori e figli...) al confine tra normalità e patologia, che vivono la sofferenza dell'essere divisi: nel senso di patire l'abbandono della persona cara, ma anche nel senso di sentirsi divisi dentro, da conflitti a opposti desideri, fino alla scissione dell'io e allo sdoppiamento della personalità. Insomma, in questo Inseparabili c' è proprio tutto il repertorio psicopatologico sulla materia, e magari qualcosa di più. Non credo, però, che Cronenberg vada preso troppo sul serio e sul tragico, per lo meno a livello dei contenuti; la sua specialità, difatti, non mi sembra che stia nelle psicologie dei personaggi, ma nella capacità di evocare inquietudine e malessere attraverso le immagini concrete ed inanimate: i suoi ovattati, le penombre con grandi isole di luce, i colori freddi tra l'acquario e la sala operatoria (perfino il rosso, in questo film, sembra un colore freddo!). C' è un miscuglio di regressivo e di avveniristico, di degrado e di alta tecnologia, come nelle gelide sculture-gioiello di metallo prezioso (strumenti ginecologici per donne mutanti, dice l'etichetta). Poche cose sono così personali come l'orrore, ma bisogna ammettere che qui di oscure emozioni ce n' è per tutti i gusti: dalla visita ginecologica con una specie di strumento di tortura, alla scena di passione con i due amanti uniti da lacci emostatici e pinze chirurgiche! Un effetto in più si gioca sul contrasto di questo scenario macabro-perverso con i volti sensibili e delicati di Iron e della Bujold. Cronenberg ci tiene, in molte occasioni, a segnalare che è un uomo normale, con una tranquilla infanzia alle spalle. Perché non credergli? Dietro le sembianze di queste storie eccezionali di gemelli/sosia, infatti, l'ossessione vera mi sembra un'altra: quella che spinge tanti bambini normali a rompere bambole e orsacchiotti per vedere cosa c' è dentro e che rappresenta il lato inconscio, segreto della vocazione di tanti bravi ginecologi: la nostalgia rabbiosa, la pulsione sadica e amorosa insieme di sapere cosa c' è dentro la pancia della mamma, quali tesori conserva per il padre e quanti bambini-rivali nasconde. (Sia o no un caso, è ancora Rank l'autore di quel contestato, ma geniale saggio Il trauma della nascita, che vede nella perdita della condizione endo-uterina l'origine di ogni futuro male). Alla ricerca di coincidenze, l'unica volta che Cronenberg compare in un suo film come attore (La Mosca), fa appunto la parte di un ginecologo! Cronenberg è stato definito un regista cerebrale e viscerale; concordo. Il punto è che sembra non ci sia un'area intermedia tra cervello e visceri: o l'intellettualizzazione asettica da computer, o la corporeità più arcaica e primitiva. Quel che manca nei suoi film è proprio lo spazio psicologico; perciò i suoi orrori biologici, i suoi incubi freddi inquietano più lo stomaco che la fantasia. Forse, questa è insieme la sua specialità di cineasta e il suo problema.
Simona Argentieri, La Repubblica



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I favolosi gemelli Mantle, interpretati da Jeremy Irons, rappresentano la ginecologia d'avanguardia per l'utilizzo di strumenti innovativi studiati appositamente per i loro interventi. Entrambi sono geniali, entrambi hanno la mania della bellezza interiore e per la magnificenza degli organi, entrambi sono all'opposto. Per carattere, modi di fare, desiderio di successo, relazioni.
Nel momento in cui l'attrice Genevieve Niveau (Claire Bujold) entra nel loro studio, i rapporti fra i due fratelli si intensificano e stridono. Non perché persi nella bellezza esteriore della donna, ma per l'interesse nell'interno del suo corpo. Genevieve ha un utero triforcuto, sorta di strabismo di Venere del piacere, che i Mantle non possono farsi sfuggire. Questo gioco delle parti, le fusioni, le finzioni conducono i protagonisti al massacro guidati dalla mano invisibile di David Cronenberg.
Attualmente ci sono pochi esempi di poetica cinematografica coerente nell'espressione e nei contenuti. L'omologazione non consente allo spettatore di comprendere i segni distintivi di un regista, poiché sono leggeri e indistinguibili. Il marchio di fabbrica oggi è un problema. Cronenberg, al contrario, si manifesta. Sempre. In Inseparabili, uno dei suoi migliori film, le atmosfere sono livide, bluastre, e la macchina da presa si concentra sui corpi, nella totalità e nei dettagli (il volto è parte di un intero). L'interno e l'esterno si scambiano gli ruoli, così come il fascino dei gemelli si esprime nel personale con il cervello (le parole sono il veicolo della mente, un altro interno) diviso nei due lobi, quello frontale, del movimento e degli istinti, e quello parietale delle sensazioni. Gli strumenti stessi utilizzati sono il prodotto di quello che è la commistione fra il tradizionale, la fisicità, e l'innovazione, il corpo, il movimento, che non sono altro che la filosofia della mutazione del regista. Per questa ragione le emozioni sono giocate sulle frontiere di ciò che è presente in scena, che sia Beverly Mantle ("Beverly è un nome da donna", recita Genevieve), Elliot Mantle o la stessa Genevieve, chiusura del triangolo. Sesso e ginecologia, ferro e carne, uomo e donna. Tutto cambia a ogni secondo nello scorrere del dramma in un continuo crescendo di intricate relazioni che il regista e Irons sostengono con grande maestria.
Nei lungometraggi di Cronenberg le interpretazioni degli attori sono fondamentali (si pensi allo stesso Irons in M. Butterfly o a Ralph Fiennes in Spider), perché è necessario che l'ambiguità sia sorretta e condotta sino alla fine per creare nello spettatore un'inquietudine che si porterà al di fuori della sala. E anche oltre.
Mattia Nicoletti, castlerock.it



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La trama
Toronto. Canada. 1954. I piccoli gemelli Mantle, Beverly ed Elliot, scoprendo che cos’è il sesso, chiedono alla piccola Luciana di farlo, per un esperimento. La bambina si rifiuta. Entrambi hanno una passione per il corpo umano ed in particolare per la chirurgia micro ovulare. Cambridge. Massachussets. 1967. All’università di medicina ginecologica festeggiano il divaricatore chirurgico Mantle, inventato dai celebri fratelli gemelli, non ancora laureati. Toronto. 1988. Claire Niveau, diva del cinema, è in visita presso l’ospedale dove lavorano entrambi i gemelli. È sterile, ed i medici stanno cercando di capire come risolvere il problema. Elliot, il dongiovanni dei due, convince Beverly ad andare a letto con la star, dopo che anche lui c’è già stato. Bev, suo malgrado, accetta. I due fratelli hanno sempre condiviso tutte le esperienze sessuali. A colazione con quella, Beverly scopre l’uso d’anfetamine da parte dell’attrice. Stanco fisicamente, Beverly si lascia consigliare dal fratello che gli prescrive della Butazamina, una droga che potrebbe sollevarlo e far piacere alla donna, anche se gli consiglia di mollarla. Soli sul divano, Beverly confessa a Claire di avere un fratello e quella, sconvolta, incomincia ad offenderlo circa il suo nome femminile, alludendo ad una latente omosessualità. L’uso della Butazamina riappacifica la coppia. A colazione con un’amica, Claire scopre anche che i fratelli sono perfetti gemelli e contro la volontà di Bev, riesce ad ottenere di incontrarli entrambi. A cena a ristorante, Claire constata che non c’è possibilità di distinguerli, ma è sicura che Elliot è quello cattivo e Beverly quello tenero. Elliot le confessa di essere stato il primo a portarla a letto e quella lascia il tavolo offesa. Beverly ne soffre. Ad un gala dove Elliot riceve un prestigioso riconoscimento, interviene Beverly ubriaco con discorsi che diffamano il comportamento di entrambi con le clienti. La mattina dopo Elliot riceve un’offerta per una cattedra all’università mentre Beverly, risentito per quanto accaduto, stanco, continua ad assumere altri medicinali. Elliot intanto, ha una storia con Cary e dopo qualche giorno parte per un viaggio. Beverly vede Claire in un appartamento che voleva acquistare e si ritrovano ancora a discutere dell’ambiguo rapporto tra lui e suo fratello. Tornano insieme. La notte a casa di lei, Beverly fa un incubo: sogna di essere a letto con Claire, legato da una fascia di carne ombelicale al fratello Elliott e per non fare sesso con Claire davanti a lui, la donna li divide mordendo la fascia di carne. Quella stessa sera, in un albergo, Elliot va a letto con due gemelle, facendosi chiamare con entrambi i nomi dei fratelli Mantle. Beverly è distrutto dalle pillole che assume con Claire. Al ritorno dal viaggio Elliot va a trovare Claire sul set e quella gli confessa di essere innamorata di suo fratello Beverly e rifiuta un suo tentativo di sedurla. Pochi giorni dopo Claire parte da Toronto per girare un’altra pellicola. Beverly sente la sua mancanza e la chiama nella sua stanza d’albergo ma risponde il segretario e Bev immagina che lei abbia un altro uomo. A sera, nell’appartamento dove entrambi i gemelli vivono, per tirare su il morale a Beverly, Elliot fa ballare Cary stretta da entrambi gli uomini. Beverly sviene: ha bisogno di essere disintossicato ed Elliot decide di prendersi cura di lui. Durante una normale visita, Beverly usa il divaricatore chirurgico con una paziente, convinto che abbia una mutazione della vagina. In strada, Bev vede in vetrina le opere dell’artista Anders Wolleck e gli domanda di forgiare in metallo chirurgico alcuni strumenti ginecologici per donne mutanti da lui disegnati. La clinica intanto perde clienti e, durante un’operazione, Beverly, scosso dalle medicine, tenta di utilizzare i nuovi strumenti appena forgiati. L’indomani Elliot chiede scusa ai dirigenti al posto del fratello ma quelli se ne accorgono e allontanano entrambi dalle operazioni più importanti. Elliot prova ancora a disintossicare il fratello. Tornata dalle riprese, Claire contatta di nuovo Beverly. Rimasto chiuso all’interno del suo studio nella clinica, il dottor Mantle si fa aprire da un custode. In strada trova gli strumenti ginecologici Mantle esposti alla mostra dell’artista Wolleck e se ne riappropria. Arriva sconvolto da Claire che gli dà del Seconal. La mattina dopo, Beverly le dice che quegli attrezzi servono a separare i siamesi. Torna nello studio, a soqquadro come se fosse un appartamento, e nella doccia trova Elliot. Vestiti entrambi uguali, festeggiano il giorno del loro compleanno. Beverly droga Elliot e decide con il suo consenso di dare via all’operazione. Al mattino Bev chiama il fratello, che non vede morto sul lettino. Scende in strada, chiama una donna dalla cabina telefonica, riattacca senza parlare. Torna nello studio. È abbracciato alle gambe del deceduto fratello.

Dopo la fruttuosa esperienza americana de La Mosca (1986), che gli permette di tornare ad essere finalmente anche produttore, abbandonando genere e paese, il regista torna a girare nel suo Canada una pellicola che si costruisce su diversi livelli, confusi almeno quanto quelli di Videodrome (1983). Il tema del doppio, naturalmente, è la base strutturale e narrativa di tutta la pellicola (che si apre proprio sui due fratelli ancora fanciulli e si chiude nell’abbraccio mortale di entrambi): il rapporto tra i due gemelli, Jeckyll ed Hyde Mantle (“Andrà tutto bene, basta che fai me” dice Elliot a Beverly; “Sono davvero tanto diverso da Bev?” Elliot guardandosi allo specchio nel camerino di Claire, ma rivolto a se stesso); il collegamento tra l’interno e l’esterno del corpo umano (vorrebbero fare un concorso di bellezza per l’interno del corpo); l’incubo di Beverly, prima di assoluta unione e poi della dolorosa separazione per mano (bocca, morso) di Claire, l’elemento di confusione, distruttivo, nella saga dei fratelli Mantle. Fin dai titoli di testa, su sfondo rosso mestruale, dove antichi disegni riproducono feti, corpi sezionati, coppie siamesi e strumenti chirurgici senza tempo, è chiaro che questa volta l’ossessione di Cronenberg per la medicina ed il rapporto tra paziente e medico finalmente diventa punto centrale del suo percorso (“Oggigiorno è difficile trovare dei medici di cui potersi fidare”) questa volta affrontato con sottili innesti che fanno riferimento anche al rapporto tra cinema e medicina: la dipendenza dell’attrice Claire Niveau dalle droghe mediche è nello stesso medico che gliele prescrive e che le assume senza controllo (o meglio sarebbe dire con l’eccessiva sicurezza di poterle controllare). Più che nelle precedenti pellicole, infatti, Cronenberg utilizza largo uso di sostanze che alterano chimicamente il corpo: fiumi di alcool, medicinali e droghe sono un reticolato di assunzioni che s’introducono, s’iniettano nel corpo dei protagonisti alterandone umori, rapporti, dipendenze affettive. Mutazioni invisibili (inseparabili) all’interno del corpo femminile (prima ancora della procreazione quindi): la vagina mutante di Claire, un elemento di confusione, distruttivo, che porterà il gemello Beverly a distruggere entrambi i Mantle. È, in fondo, una sconvolgente storia d’amore e il film più perverso degli anni ottanta (Il Morandini – Dizionario dei film 2004). Mutazioni invisibili anche quelle dell’uno e del doppio, la mutazione in se stessi, la più contaminante (E.Ghezzi – Paura e desiderio – Bompiani). Le coordinate psicologiche dei due fratelli gemelli (la cui psiche siamese è l’insieme di tutte le interpretazioni possibili di quanto accade ad entrambi) sono legate fra loro in un complicato gioco ad incastri tanto profondo da confondere lo spettatore sulla vera natura del professor Mantle. Ciò che Cronenberg, infatti, riesce ad ottenere con superlativa maestria, è soprattutto il dubbio che l’alter ego possa non esistere veramente, e che si tratta invece sempre della stessa persona: “Non sapevo che avei un fratello” chiede Claire alla quale Beverly risponde “Sì, ma non siamo molto uniti”; la telefonata finale del dottor Mantle, la voce femminile dall’altro capo del telefono (Cary o Claire?) pone (forse) il dubbio finale su chi abbia ucciso l’altro. Il rapporto conflittuale dei due gemelli (entrambi accusano l’altro di una latente, costante minaccia di pericolosità) rimane saldato dalla forte dipendenza che uno mostra dell’altro, in un rapporto quasi omosessuale e incestuoso (“Siamo inseparabili, quando saremo sincronizzati sarà più facile per tutti e due”). Tra identico ed identità, la mostruosità si nasconde (dentro, dietro) la seconda. Inseparabili comunque: Elliot il più grande (chiama Beverly fratellino) ma dipendente dalla genialità di quello (è lui più bravo nella ricerca). Tra scienza e genio, la follia dell’uomo, del professore e del medico, gli inseparabili Mantle: “Questa clinica è la migliore perché noi abbiamo la tecnologia”. L’orrore cronenberghiano, latente, sinuoso, fastidiosamente in attesa, in realtà è la scoperta che non c’è peggiore mostruosità di quel che lampantemente e tranquillamente appare, non c’è devianza più orribile dell’identità stessa (E.Ghezzi – Paura e desiderio – Bompiani). Ancora più penetrante infine, l’uso del video (visibile): le grosse labbra di Videodrome (1983) questa volta sono l’interno della vagina che è trasmesso in una stanza mentre un’equipe di medici è a lavoro nella sala operatoria. Accuratissimi tutti gli abiti di scena: i camici sabbatici dei medici e la circolarità narrativa dei vestiti dei gemelli, uguali solo all’inizio (nascita) ed alla fine (morte). Meraviglioso l’uso dello tecnica dello split-screen, superlativo ed impagabile Jeremy Irons (il corpo disteso con le luci della città sullo sfondo, fotografia di Peter Suschitzky). Ancora una volta Cronenberg dimostra un’avversione per i girati in esterno, utilizzati come al solito anche in questa pellicola per brevi passaggi o per contestualizzare gli interni: particolare è la coincidenza che le uniche azioni esterne sono entrambe collegate a quelle di Scanners (1988), la cabina telefonica e l’incontro con l’artista Anders Wolleck, interpretato proprio da Stephen Lack che in quella pellicola era il protagonista Darryl Revok. Auto citazione del regista con il morso materno di Claire al cordone ombelicale che lega i due fratelli: Nola Carveth che partorisce i suoi figli dell’odio in Brood (1979). Estremamente liquidatoria a questo proposito l’analisi di Irene Bignardi: Brood e Inseparabili esprimono un tale profondo disagio nei confronti dell’anatomia femminile che sfiorano il sadismo (I.Bignardi – Il declino dell’impero americano – Feltrinelli). Sia Inseparabili che Brood, sono molto di più infatti. La sceneggiatura del film, tratta dal soggetto originale Twins di Bari Wood e Jack Geasland, è scritta da Cronenberg e Norman Snider, e s’ispira al caso di cronaca dei gemelli Markus (il Mereghetti – Dizionario dei film 2000). In molte scene la controfigura di Irons è interpretata da John Bayliss (Il Mereghetti – Dizionario dei film 2000). “La separazione può essere una cosa spaventosa” e così come era già accaduto in Scanners (1998), è impossibile che avvenga senza la morte di uno dei due (lo sguardo di Revok che entra nel corpo di Cameron).
Mario Bucci, cinemah.com
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 19:19]