Da: www.debaser.it
Nel 1998 debuttano sul mercato discografico, con un album omonimo, i System Of A Down; band di Los Angeles formata solo da musicisti d’origine armena, come chiaramente intuibile dai loro nomi: Serj Tankian (Voce e Tastiera), Daron Malakian (Chitarra), Shavarsh Odadjian (Basso) e John Dolmayan (Batteria).
La musica proposta dai System Of A Down è un crossover molto originale, in cui convivono la velocità del punk, i riff del death/trash metal di scuola losangelina e le affascinanti melodie che richiamano alla loro terra d’origine, l’Armenia. La parte “metallica” del sound dei System Of A Down è composta dai furiosi riff di Daron, chiaramente influenzato dagli Slayer nello stile e, in generale, dalla capacità dello stesso di trasformare sensazioni ed emozioni in parti di chitarra davvero geniali. Strepitoso il vocalist Serj Tankian, il quale possiede un’ottima tecnica vocale che adatta alle composizioni con un’attitudine schizofrenica ed ossessiva, alternandola alla profondità e all’enfasi del suo caldo timbro vocale. Molto validi sono anche gli altri due elementi del gruppo; Shavarsh sa supportare ottimamente i riff del chitarrista, pur non rinunciando a qualche stacco darkeggiante, John Dolmayan è un batterista dotato di una tecnica e di una precisione sopraffina.
Finite le presentazioni (utili per quei pochi che ancora non li conoscessero), parliamo dell’album: La prima traccia, “Suite-Pee” parla in generale delle inutili morti causate (non proprio indirettamente) dalle varie religioni, ed ha un incedere veloce e molto diretto, segue “Know”, brano molto percussivo e ben bilanciato che parla della sensazione d’intrappolamento tipica del nostro tempo, espressa attraverso un testo a tratti davvero poetico. La terza traccia, “Sugar”, presenta uno spaccato della parte perbenista della società americana; un brano davvero fuori di testa in cui il cantante offre una prova davvero psicopatica, la quale si rispecchia completamente nel testo, che sfocia in un finale da brividi. “Suggestions” pone l’attenzione sul rapporto servo-padrone in generale, ed ha un incedere davvero adrenalinico. A questo punto si arriva a “Spiders”, l’unica ballad dell’album: testo davvero poetico con la musica che crea un sottofondo malinconico prima di arrivare ad un finale maestoso in cui la voce di Serj risuona epica. Con la traccia seguente, “D-Devil”, riesce fuori la loro parte più folle che si rispecchia nel testo come negli arrangiamenti frenetici ed ossessivi.
La settima traccia, “Soil”, parla in generale del male che le persone compiono, e dal punto di vista strumentale è molto varia e godibile. Segue “War?”, brano incentrato sulla stupidità di qualsiasi guerra di religione attraverso una prima parte furiosa, seguita dall’intervento delle tastiere che ne rallentano i tempi prima del gran finale. “Mind”, la nona traccia, è la più lunga dell’intero album e, come il titolo può far intuire, rappresenta un’analisi della mente dell’uomo, e passa da momenti quasi ipnotici ad esplosioni di rabbia maestose, da momenti insani ad altri molto più ragionati. “Peephole” possiede delle melodie che richiamano alla mente il medio oriente in maniera lampante, oltre che un bel testo ottimamente interpretato. La traccia seguente, “CUBErt”, è simile a D-Devil per il grado di follia che si percepisce. “Darts” mantiene l’attitudine insana della precedente, aggiungendo un bel po’ di schizofrenia, tutto supportato da degli ottimi arrangiamenti strumentali.
La tredicesima e ultima traccia, “P.L.U.C.K.” parla del genocidio armeno da parte dei turchi avvenuto durante la prima guerra mondiale, tragedia storica di cui molti non sono a conoscenza per via della perpetuata censura da parte del regime turco negli anni seguenti al fatto. In questo brano il gruppo sfoga tutta la rabbia del proprio popolo sterminato, attraverso attacchi strumentali davvero furiosi, lasciando alla fine un senso di profonda tristezza.
In conclusione, questo è davvero un grande album, con il quale i System Of A Down si sono fatti conoscere al mondo attraverso un suono, certamente duro e molto ruvido, ma veramente vario ed originale e portando di pari passo le emozioni con l’impegno politico.