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UTOPIA CONCRETA...ai bordi dell'infinito

LO ZEN, una via del cuore

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    Britannicus
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    00 07/12/2006 09:18
    L'inferno e il paradiso


    Un giorno un samurai, un grande soldato, andò dal maestro spirituale Hakuin e chiese:

    "Esiste un inferno? Esiste un paradiso?
    Se esistono l'inferno e il paradiso, da dove si entra?"

    Era un semplice guerriero. I guerrieri sono privi di astuzia nella mente. Conoscono solo due cose: la vita e la morte.
    Il samurai non era venuto per imparare una dottrina, non voleva dogmi, voleva sapere dov'erano le porte, per evitare l'inferno ed entrare in paradiso.

    Hakuin chiese: "Chi sei tu?"
    Il guerriero rispose: "Sono un samurai."
    In Giappone essere un samurai è motivo di grande orgoglio. Significa essere un guerriero perfetto, un uomo che non esiterebbe un attimo a dare la vita.
    “Sono un grande guerriero. Perfino l'imperatore mi rispetta."

    Hakuin rise e disse: "Tu, un samurai? Sembri un mendicante!"
    L'uomo si sentì ferito nell'orgoglio.
    Sfoderò la spada, con l’intenzione di uccidere Hakuin.
    Il maestro rise: "Questa è la porta dell'inferno – disse – con questa spada, con questa collera, con questo ego, si apre quella porta."

    Questo è ciò che un guerriero può comprendere.
    Il samurai rinfoderò la spada...
    e Hakuin disse: "Qui si apre la porta del paradiso."

    L'inferno e il paradiso sono dentro di te. Entrambe le porte sono dentro di te. Quando ti comporti in modo inconsapevole, si apre la porta dell'inferno; quando sei attento e consapevole, si apre la porta del paradiso.

    La mente è entrambi: il paradiso e l'inferno, perché la mente ha la capacità di diventare sia l'uno che l'altro. Ma la gente continua a pensare che tutto esista in un luogo imprecisato, all'esterno...







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    Britannicus
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    00 08/12/2006 14:03
    L'asino


    Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo.
    Non si era fatto male, ma non poteva uscire dal pozzo.
    L'asino continuò a ragliare sonoramente per ore, mentre il proprietario pensava al da farsi.
    Finalmente il contadino prese una decisione crudele: concluse che l'asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla,che il pozzo era ormai secco e che in qualche modo bisognava chiuderlo.
    Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l'animale dal pozzo. Al contrario chiamò i suoi vicini perché lo aiutassero a seppellire vivo l'asino.
    Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo. L'asino non tardò a rendersi conto di quello che
    stavano facendo con lui e pianse disperatamente.
    Poi, con gran sorpresa di tutti,dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. Il contadino alla fine guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide.
    Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l'asino se ne liberava,scrollandosela dalla groppa facendola cadere e salendoci sopra. In questo modo, in poco tempo tutti videro come l'asino riuscì ad arrivare fino|all'imboccatura del pozzo,oltrepassare il bordo e uscirne trottando.

    ...La vita andrà a buttarti addosso molta terra, ogni tipo di terra.
    Principalmente se sarai dentro un pozzo.
    Il segreto per uscire dal pozzo consiste semplicemente nello scuotersi di dosso la terra che si riceve e nel salirci sopra.
    Quindi, accetta la terra che ti tirano addosso,poiché essa può costituire la soluzione e non il problema...



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    Britannicus
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    00 25/02/2007 22:54
    Il sutra del cuore di Osho

    Tutto questo silenzio, questa quiete, questa pace, tutto questo infinito Niente che sei, è così vuoto che contiene ogni cosa, ed è così pieno...da Esso ogni cosa sorge e in Esso ogni cosa fa ritorno. Che sollievo scoprire che senza che ci sia nessuno ad agire, a fare il più piccolo sforzo, tutto continua ad accadere ugualmente! "Sei tu la verità! Ma la verità può accadere soltanto nel silenzio totale, quando neppure un pensiero si muove, quando la mente non ha niente da dire, quando non esiste la benché minima increspatura sulla tua consapevolezza."
    Sprechiamo la vita nell'illusione che ci sia qualcosa di giusto o di sbagliato, nei giudizi, nell'idea di separazione.
    Non c'è niente che possa farci paura, non c'è niente che possa farci male, non c'è niente che possa farci niente. Siamo liberi, siamo consapevolezza. Siamo il substrato di tutta l'esistenza.
    Conosci te stesso e sii libero!: un essere umano completo, spontaneo e rilassato.
    "Se lo chiedi, l'esistenza ti può aiutare, ti aiuta solo se lo chiedi. Se non lo chiedi, rimane in disparte, non interferisce. Ma se chiedi, se ti apri, l'esistenza comincia a riversarsi in te.
    Dipende da quanto ti apri: se ti apri totalmente, allora la parte è il Tutto, in questo caso l'uomo è magico come lo è il Tutto." Non essere teso, rilassati, sii soltanto. In questa consapevolezza, quando esisti semplicemente e sei seduto senza fare niente, la primavera viene e l'erba cresce da sola. Da parte tua non c'è bisogno di fare niente; semplicemente sii e lascia che le cose accadano. Non cercare di dirigere, non cercare di manipolare. Lascia che la brezza passi, lascia che i raggi di sole arrivino, lascia che la vita danzi, e lascia che la morte arrivi e danzi dentro di te.
    Chi sei tu per fare? Sei soltanto un'onda in questo oceano. Un giorno ci sei, e il giorno dopo scompari; l'oceano continua a esistere. Perché devi preoccuparti tanto? Arrivi, scompari.
    E nel frattempo, in questo così breve intervallo, sei così preoccupato e teso, e prendi tutto il peso sulle tue spalle e porti pietre sul cuore, per nessun motivo alcuno. Tu sei libero in questo stesso momento! In questo stesso momento io ti dichiaro illuminato. Ma tu non ti fidi...
    L'illuminazione non è una meta da raggiungere, è la vita più ordinaria, questa semplice vita che ti circonda. Ma quando non ti sforzi, questa vita ordinaria diventa straordinaria: allora gli alberi sono più verdi, allora gli uccelli cantano nei toni più svariati, allora tutto ciò che accade intorno è prezioso…allora i semplici sassi sono diamanti. Accetta questa semplice vita ordinaria."




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    Britannicus
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    00 27/02/2007 23:28
    Esprimi pienamente te stesso - Shunryu Suzuki Roshi

    Quando vivi completamente in ogni singolo istante, senza aspettarti niente, non hai alcuna idea del tempo. Se sei coinvolto in un' idea di tempo - oggi, domani, l'anno prossimo - ecco che la tua pratica si fa egoistica. Gli svariati desideri cominciano a comportarsi in maniera riprovevole. Se ti preoccupi di quale sarà il tuo prossimo passo, cercando di diventare qualcun altro, perdi la tua pratica e perdi la tua virtù; quando sei fedele alla tua posizione o al tuo lavoro, ecco il tuo vero essere. Questo è un punto molto importante.

    La pratica procede senza alcuna idea di tempo; attimo dopo attimo, si diventa se stessi. Questa pratica non è così facile. Ti costerà un grande sforzo. Poi ti puoi esercitare a prolungare questo sentimento istante dopo istante. Alla fine si estenderà alla tua vita quotidiana.

    Il modo per estendere la tua pratica è esporti così come sei, senza cercare di essere qualcun altro. Quando sei molto onesto con te stesso e coraggioso quanto basta ti puoi esprimere pienamente: qualunque cosa pensino gli altri, va tutto bene. Sii semplicemente te stesso.

    [...]Noi non siamo tutti uguali; ognuno è diverso e ognuno ha i suoi problemi. [...]. Quando pratichi zazen nessuno può sapere in che modo pratichi, ma per me è il momento migliore per conoscerti. Quando stai seduto faccia al muro e ti vedo da dietro, mi è particolarmente facile capire che tipo di pratica hai. E' molto interessante; se ballate o parlate o fate fracasso è piuttosto difficile capirvi, ma quando sediamo insieme in meditazione, ognuno di voi ha il suo proprio modo di sedere.

    E' un grave errore credere che il modo migliore di esprimersi sia fare tutto quello che si vuole, agire come meglio piace. Questo non è esprimere se stessi. Quando hai molti modi possibili di esprimere te stesso non sei sicuro di che cosa fare, dunque ti comporti con superficialità; se invece sai esattamente che cosa fare, e lo fai, allora ti puoi esprimere pienamente.

    E' per questo che seguiamo le forme. Forse pensi che all'interno di una forma particolare non ci si possa esprimere; quando pratichiamo tutti insieme, invece, le persone forti si esprimono in modo forte e le persone gentili si esprimono in modo gentile. Quando ci passiamo lungo la fila i fogli dei sutra da leggere, ognuno di voi ha un suo modo personale di farlo. Le differenze tra di voi sono facili da vedere perchè la forma è la stessa per tutti. E ripetendo più e più volte la stessa cosa, alla fine riusciamo a capire il modo di essere degli amici che abbiamo intorno.

    Senza questo genere di pratica le tue relazioni con le persone rischiano di essere molto superficiali. Se un monaco indossa un abito magnifico pensate che debba essere un bravo monaco. Se uno vi dà un oggetto bellissimo, pensate che sia molto gentile, che sia una persona meravigliosa. Questo genere di comprensione non è poi così buona.

    Di solito la nostra società funziona in modo superficiale, frivolo. [...]. Essere semplicemente se stessi ed essere pronti a comprendere gli altri è il modo giusto per estendere la pratica alla vita quotidiana. Noi non sappiamo quello che succederà. Se non vi esprimete pienamente in ogni momento, più avanti potreste rimpiangerlo: quando vi aspettate di avere ancora un certo tempo davanti a voi, mancate l'opportunità che avete già adesso e venite fraintesi dai vostri amici. Non aspettate a esprimervi pienamente!










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    Britannicus
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    00 02/03/2007 13:46
    Roland Rech , Monaco zen in occidente

    In questa fine d’inverno in cui il freddo stringe le pietre in una morsa, ci incontriamo sulle rive della Loira, nel tempio zen della Gendronnière. Situato al termine di una strada forestale, questa vasta dimora rievoca più la prosa magica e misteriosa del castello del Grand Meaulnes che non un tempio zen con il suo quadrato di sabbia ben rastrellata, con i suoi spogli ornamenti. In questo periodo il luogo è deserto e il silenzio cancella il rumore dei nostri passi. Questo luogo diverrà l’ambiente privilegiato di una serie di colloqui sul buddhismo Zen intercalati al mattino e alla sera da periodi di sedute immobili che ci invitano a ritrovare tutto il sapore dell’istante.

    In Occidente, dopo la seconda guerra mondiale, lo Zen ha suscitato un grande entusiasmo nel mondo intellettuale con la comparsa di numerose opere didattiche, come la traduzione completa (1954-1957) degli Scritti sul Buddhismo Zen del prof. Daisetz Teitaro Suzuki (1870-1966). All’epoca lo Zen era conosciuto solo da una minoranza di intellettuali sedotti soprattutto dal suo estetismo e dalle frasi enigmatiche e paradossali, i famosi kôan. Tra gli altri, il saggio della Foresta Nera, Karlfried Graf Dürckheim rivedrà progressivamente i pregiudizi europei che lui, e altri come lui, hanno sul buddhismo. Troviamo un accenno nel suo giornale scritto alla fine del 1940. Durante un soggiorno in Giappone confessa:

    Mi prenderò tutto il tempo possibile per studiare particolarmente il lato vivo del buddhismo. In Europa ne abbiamo una concezione del tutto sbagliata. Lo consideriamo per lo più come una dottrina passiva che allontana l’uomo dalla realtà.

    Oggi lo Zen rimane a volte molto mal compreso e suscita ancora parecchi interrogativi. Se la sua immagine affascina alcuni, in altri suscita dei sospetti: questo avviene a causa dell’interminabile corteo di interrogativi maldestri che lo assimilano ora a una setta orientale, ora a una religione atea. Certi lo ritengono solo una filosofia, un’arte o ancora una mera tecnica di concentrazione per gestire meglio lo stress… Ma ci sono anche domande più legittime. Che cos’è realmente la meditazione? Il risveglio? Il karman? Che visione ha lo Zen della morte? Possono i cristiani o gli appartenenti ad altre confessioni religiose praticare zazen? Qual è il vero Zen?

    Tutte queste domande le abbiamo poste a Roland Rech, un monaco occidentale che pratica questa disciplina da oltre vent’anni, fedele all’insegnamento ricevuto dal suo maestro giapponese Taisen Deshimaru, autentico Bodhidharma dei tempi moderni.

    A prima vista la sua testa rasata e la dirittura del suo portamento danno a Roland un aspetto abbastanza ascetico. Apparenza! Apparenza! Quello che è uno dei principali responsabili dell’Association Zen Internationale è anche il primo a condividere con gioia un buon pasto raccontandovi la sua passione per il nuoto subacqueo.

    Molto giovane, questo ex-alto dirigente di una grande impresa francese non può accontentarsi di una vita esclusivamente materialista immersa nei piaceri. Dopo le delusioni dell’infanzia dovute alle proposte a volte maldestre della religione cristiana, a suo parere fondata soprattutto sull’immaginario, opta più tardi per l’azione sociale e politica:

    Anche se non sono mai entrato nel Partito Comunista né in altre organizzazioni gauchiste, avevo adottato un punto di vista vicino al marxismo. Ciò che era importante per me era operare in un’azione storica che realizzasse prima di tutto la liberazione degli esseri umani perché vedevo bene che questo ideale umanitario (Libertà, Uguaglianza, Fraternità), fondamento della Rivoluzione Francese, non era assolutamente seguito dai fatti.

    Dopo il sogno infranto del Maggio ’68 dove scopre i limiti dell’utopia, dopo un lungo periodo di riflessione, pianta tutto in asso. Addio al grigiore parigino, alle abitudini fossilizzate. Sceglie l’esilio volontario per andare a scoprire un senso alla propria vita che non dipenda da nessuna ideologia, da nessun sistema di credenze. La sua unica motivazione: essere aperto e disponibile.

    Intraprende allora un periplo di lunga durata: Spagna, Nord Africa, Medio Oriente… In ogni Paese si interessa al sistema politico e sociale, visita fattorie autogestite nel sud dell’Algeria, campi profughi palestinesi:

    Provavo una grande simpatia per tutti i movimenti di liberazione del terzo mondo. Mi pareva che esprimessero qualcosa di nuovo e meno sclerotizzato rispetto ai sistemi democratici popolari o dei regimi socialisti costituiti. Ahimè, presto constatavo che dappertutto subentravano nuove burocrazie, nuove strutture di potere e di oppressione.

    Gli apparve via via evidente che quello che stava cercando sin dall’infanzia corrispondeva in effetti a un ideale di libertà, di liberazione. La vera rivoluzione non può nascere se non in virtù di una radicale trasformazione interiore lontana dalle ideologie politiche e religiose.

    È con questo spirito che approda in India. Molto impressionato dallo spirito religioso onnipresente, s’interessa all’induismo e al buddhismo nei templi e negli âshram che gli capita di incontrare sul suo cammino. Sempre molto critico, gli sembra che questo ideale di purezza e di santità espresso dai devoti sia troppo distante da quello che egli sente nel proprio intimo. Per lui l’alienazione è l’immaginario. Pensa che entrare in un sistema ideale che ci porti a rifiutare ciò che costituisce la realtà della propria vita per imitare qualche cos’altro, sia l’opposto della vera via.

    A quel punto del viaggio incontra una persona alla quale rivela il suo desiderio di trovare una via che gli permetta di avvicinarsi alla sua verità interiore senza passare per un sistema, un’ideologia o una credenza. Fiducioso, si sente rispondere: «Se continui il tuo viaggio verso il Giappone dovresti interessarti allo Zen».

    Dopo pochi mesi mette piede nel paese del Sol Levante in una condizione assai prossima alla disperazione. Ha la sensazione di essere in un vicolo cieco. è ormai chiaro che non può continuare a vivere all’infinito questa ricerca travolgente che porta solo a una delusione dopo l’altra. Sempre determinato a trovare una risposta, passa di tempio in tempio chiedendo di praticare zazen. Ahimè, non sono luoghi di pratica ma piuttosto musei e riceve solo risposte negative.

    Forse in quel momento la mia determinazione non era abbastanza forte? Dopo un mese di viaggio mi venne un accesso di disperazione. Dissi a un’amica che non avrei potuto continuare a viaggiare in quelle condizioni e decisi di non muovermi più fintanto che non avessi trovato la pratica dello Zen. Qualche istante dopo, un testimone di questo mio proposito mi dette alcune informazioni su una sesshin che si svolgeva in un tempio vicino, e ci andai. Un monaco mi iniziò allo zazen in due minuti, mi fece vedere la postura e mi spiegò che bisognava lasciar passare tutti i pensieri. Grazie a questi consigli praticai per un’ora all’interno del dôjô e questo fu sufficiente a produrre in me una vera rivoluzione interiore. Intellettualmente continuavo a non sapere niente dello Zen, però avevo ormai la profonda convinzione che sarebbe stato a partire da questa postura che avrei desiderato vivere. Ho provato un senso di liberazione e ho capito che tutto ciò che avevo vissuto precedentemente mi aveva in realtà condotto a questa postura. Non mi sono mai fissato su questa esperienza dicendomi: «Ho ottenuto il satori, il risveglio…». Altri lo potrebbero forse dire al mio posto ascoltando la descrizione di quello che avevo potuto provare a quell’epoca. Ad ogni modo, questa esperienza fu abbastanza forte per far cessare ogni peregrinazione.

    Questo incontro con uno stato d’essere profondo che non dipende da niente interruppe di colpo questa corsa smarrita. Roland sente spesso di non aver bisogno d’altro che di sedersi ed essere: tale esperienza intima con l’essenza dell’esistenza gli reca una profonda pace interiore. Ormai sa che c’è un modo di vivere totalmente indipendente e che nello stesso tempo non è separato dalla realtà fenomenica.


    Romana e Bruno Solt



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