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Scheda personaggio: KLINGEN

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    00 22/06/2006 23:17
    LA STORIA DI UN NOME “Cacofonio?”. “No, no assolutamente!” rispose Janiça. “Allora… Liropold?”. “Mai e poi mai!”. “E che ne dici di Amadeo?”, “Ma ti sembra un nome da gnomo? Comincio a dubitare che sotto quel cono non vi sia la testa d’uno gnomo, mi pare più una mela cotogna!”. Il vecchio Jimmen non sapeva più come prendere la sua povera moglie: “Ma Vladimiao? Eh? Questo non va bene?”. “Oh senti! Adesso basta!” E mentre i due gnomi litigavano, una creaturina ben più piccola si agitava nella culla di corteccia e paglia, e rideva soddisfatta della scena involontariamente improvvisata dalla coppia di gnomi. “Beh, cara la mia mamma gnoma, tuo figlio avrà pur bisogno d’un nome! Indi per cui… bisogna trovarglielo! Sembra però che tu non mi stia aiutando molto!”. “Ma cosa dovrei fare?! Approvare nomi come ‘Vapomarjo’ o Grigoberto? Che, son questi nomi da gnomi?”. Jimmen a quel punto ebbe un’idea, geniale come tutte le sue idee: “Facciamo che sia il piccolo a scegliere. Ora noi pensiamo a qualsiasi cosa, e man mano che pronunciamo delle parole vediamo quali a lui sembrano più divertenti!”. “Sei il solito…” disse Janiça a suo marito “…vabbè, vediamo cosa succede!”. Jimmen cominciò a guardarsi intorno… spostò una tenda e notò un certo movimento tra i cespugli lontani… “Oh! Guarda, Janiça, laggiù, laggiù in fondo, c’è una lince!”. “Alcepicchia! Presto Jimmen, serra porticine e finestrelle!” I due furono presi dal panico, ma appena raccoltisi attorno al piccolo notarono che rideva, rideva velocemente, gnomescamente. “Ma cosa può essere che lo ha fatto divertire così?”, “Mah, forse siamo stati noi, con le nostre corse.” disse Janiça. Provarono a correre ancora ma non ottennero lo stesso effetto. “Chi lo sa. Bisognerebbe che tornasse anche la lince per sape…” non fece in tempo a finire la frase che il piccolo scoppiò in un’altra fragorosa risatina. Al vecchio sembrava di intuire: “Ma che sia forse… LINCE?” così dicendo e avvicinandosi al piccolo scoprì che la parola ‘Lince’ lo mandava in estasi! “Si si cara, è lince la parola! E’ lince!”. E più i due pronunciavano quella parola più il piccolo rideva. “Proviamo a trovarne delle altre, magari possiamo mischiarle!” disse gasato lo gnomo. Janiça allora pensò e disse: “Bisogna continuare con parole simili a ‘Lince’! Dunque… linciare, linciatore, lindo, lindura, linea, linfa…”, ma non ottenne nient’altro dal piccolo se non un ruttino, a dire la verità abbastanza forte e baritonale. “Mmmmhh, c’è qualcosa che non va. Allora…” e riprese il suo elenco “…lima, lana, liana…aspetta! Proviamo a cambiare argomento! Mmmhh… piante, foglia, tronco, erbe…”. “No no cara, non vedi che così lo stai quasi per far piangere! A proposito di erbe però… lo vuoi un goccino di genepì? Guarda, ce l’ho già in mano!”. “Si graz…” Janiça stava per rispondere quando la creatura scoppiò a ridere più forte di prima. “Guarda cara” disse Jimmen intervallando un sorso di liquore “ride di nuovo!”. “Si lo vedo! Cosa sarà stato questa volta? E ora smettila di bere il tuo genepì!”. “Ma…” il vecchio gnomo fu subito interrotto da una risata infantile e gutturale. “Hai visto vecchio gnomo sbevazzatore!” disse Janiça rivolta a suo marito “è ‘genepì’ la parola! Il tuo liquore piace già a nostro figlio!”. “Non hai per nulla torto, mia cara! Genepì genepì genepì!” continuava il vecchio, facendo ridere il piccolo. “Mmmmhh, ‘genepì’ e ‘lince’, cosa avranno in comune queste due parole proprio non lo so!” disse Janiça tra sé e sé. “Cara, perdonami ma ora devo andare fuori, nel bosco.”. “E cosa devi fare nel bosco subito dopo pranzo?”. “Eh, appunto, dopo pranzo… dopo il liquore… tutta questa frenesia mi avrà fatto digerire in fretta!”. “Ah ho capito, beh aspetta almeno un altro po’, finiamo di scegliere il nome di nostro figlio!” ribatté la gnoma. “No, no no! Non ce la faccio proprio, mi scappa, mi SCAPPAAAA!” e corse fuori lasciando la porta semiaperta. La gnoma, rimasta sola, si accorse che il suo pargolo rideva anche in quel momento, piano e dolcemente. “Cosa c’è piccolo, cosa ti ha fatto ridere?” e rimase in attesa di una risposta che non poteva venire. Pensò e pensò fino a che disse: “Mi scappaaaa!” e vide che il piccolo rideva. “Mi scappa?” continuò “cosa avrà mai questa parola! Mi scappa mi scappa…scappa, scappa…Ah si! Kappa!” e il piccolo rideva “E’ il suono di questa parola che lo fa ridere! Kappa eh?, è una bella lettera…”. “Ecco fatto cara!” disse Jimmen rientrando nella casina. “Oh eccoti qua! A nostro figlio piace la lettera K, guarda…” indicando l’ilare infante. “Hai ragione!” disse Jimmen, e subito riprese “Dunque, ora abbiamo ‘lince’, ‘genepì’ e la lettera ‘k’… genepì, lince, k… k, lince, genepì… k…linc…gene…ma certo! Potremmo chiamarlo Klingen! Klingen, nella lingua degli avi sta a testimoniare la benevolenza della terra e degli alberi!” il piccolo nel sentire questa parola rise così forte che alcuni gnomi di passaggio vicino alla casina bussarono per sincerarsi delle sue condizioni. “Che bello! Klingen mi piace un sacco! Questa volta hai avuto un’idea degna d’uno gnomo, caro!”. Ma lo gnomino smorzò il suo riso tutto d’un colpo. Janiça si avvicinò alla culla-corteccia e disse: “Jimmen, adesso glielo cambi tu il pannolino-foglia!”

    LA STORIA DI KLINGEN Lo gnomo Klingen ha 102 anni. Nacque da due gran bravi gnomi in una giornata di sole. Per tutta la sua lunga infanzia, fino a poco tempo fa, visse in un villaggio di gnomi del nord, nascosto nella foresta e ben mimetizzato. Il piccolo Klingen giocava tanto con gli altri piccoli gnomi ma a volte, finito il tempo dei giochi, correva a casa, cenava e riscappava nel bosco. Dopo qualche settimana caratterizzata da cene fugaci e tardi rientri, suo padre decise di seguirlo. Faticava a stargli dietro, il piccolo aveva imparato bene la corsa degli gnomi. Così lo vide fermarsi ai piedi d’un larice… stava scrivendo sulla corteccia con un nero pastello di cera. Il vecchio gnomo allora guardò intorno a sé e vide che su molte altre cortecce c’erano delle scritte, molte scritte. Si apprestò a leggerne una tra quelle che aveva più vicine. ‘Son felice qua, tra gli animali e i cespugli. Qualcosa non và? Che c’è, cosa farfugli? Tranquillo son qui io adesso! Amico mio Cipresso.’ Il padre rimase pressoché sbalordito o almeno leggermente disorientato: “Incredibile, da chi avrà imparato?”. Lo gnomo allora capì che il piccolo non era più così piccolo, e che di lì a pochi giorni avrebbe dovuto cominciare a tramandargli le sue conoscenze. I due trascorsero lunghe giornate insieme nel bosco, imparando a capire la saggezza degli alberi, leggendo le tracce degli animali, scrutando il cielo per indovinare quando l’acqua sarebbe caduta di nuovo; come poter scrivere della natura, magica e misteriosa… o di storie di gnomi e altre creature, fiabe di cieli e terre lontane. Klingen cresceva, e cominciava a delinearsi in lui il desiderio di conoscere cosa vi fosse al di là del bosco, più lontano del lago, oltre le montagne. Aveva imparato tutto quello che gli poteva servire per affrontare un viaggio: come parlare agli umani, o a chi comprende il loro linguaggio, e il processo di fabbricazione della birra.

    ASPETTO: alto esattamente un piede e un pollice, pesante poco meno di una libbra, capacità massima di assunzione liquidi: 1,25 galloni. Folta barba non più brizzolata ma ormai tendente al bianco più assoluto, occhi grigio chiaro e, spesso, gote rosse. Graziosa pancetta e folti riccioli. Muscoli forti e grande forza.

    ABBIGLIAMENTO: camicia d’un celeste spento, antico, senza asole né bottoni, toppe ai gomiti, gran cicatrice sartoriale dal sottobraccio destro al basso fianco sinistro, colletto dal taglio lungo e strinto da lacci di cuoio; sulle spalle varie smagliature, provocate dalle zampine della sua amica volante. Indossa dei calzoni nerastri, che di solito lava solo quando viene giocosamente gettato in acqua dai suoi compagni di burle - il che avviene non di rado. Accompagnati da bretelle dello stesso colore sono forniti di due ampie tasche laterali, mai vuote. In vita cinto da uno spesso cinturone di cuoio dalla fibbia inaspettatamente dorata e luccicante – a testimonianza di una cura quasi sacrale – dal quale pende la sacca per gli attrezzi, sempre presente insieme al suo proprietario. Possiede solamente due tipi di calzature: stivali ottenuti con una complessa lavorazione della tela di ragno, sono molto resistenti e isolano alla perfezione dal freddo, e scarpini di iuta, più o meno spessi a seconda della stagione, dalla suola in mallo di noce. Gli gnomi sono soliti mascherare le suole delle loro calzature con impronte di animali per non lasciare le proprie orme. Tra i capelli, d’un rosso morto, lavico, troneggia impeccabile un lungo cappello conico, rosso sgargiante.

    ANIMALE: La sua amica è una femmina di Nocciolaia, un uccello delle foreste del nord. Nome scientifico: Nucifraga Caryocatactes. E’ lunga poco meno di un piede, ha un lungo becco marrone scuro e potenti ali ricche di piume nere e affusolate; attorno al capo è costellata di macchie bianche, in bel contrasto sul resto del piumaggio invece di un marrone chiaro. Klingen la trovò molto piccola, ancora nel nido insieme a due suoi fratellini morti, mentre nelle vicinanze, stesa per terra, c’era la sua mamma, morta anch’essa nel disperato tentativo di difendere i suoi piccoli dall’attacco di una civetta. Klingen si prese cura di lei, seguendo il suo istinto di gnomo. Oggi vivono insieme, facendosi compagnia e aiutandosi l’un l’altra. Capita spesso che la simpatica uccellina capisca quando il suo amico gnomo si trovi nei guai, e di conseguenza si precipiti in strepitose picchiate per poi planare sopra di lui e acchiapparlo per le spalle con le zampe, tirandolo così fuori dai pasticci.

    ALLINEAMENTO: buono.

    SKILL APPROVATE:
    EMPATIA

    Slitzweitz!

    MOTIVAZIONE SKILL DA BG :
    Richiederei la skill ‘empatia’ per un motivo principale: l’allineamento. Essendo di allineamento buono questa particolare abilità servirebbe ad evitare dolore provocato da estranei approfittatori, mi permetterebbe di capire come si sentono i miei amici e potrei aiutarli, soprattutto se essi fossero in gravi guai e non volessero che alcuno intervenga in loro aiuto, in questo caso sarebbe perfetto il mio intervento, così piccolo, portatile e, mi impegno ad esserlo, disponibile, che starei in una bisaccia meglio di un libro. Non parliamo poi di chi volesse ingannare un così minuto figuro e che io potrei smascherare per tempo: un avido commerciante del mercato, un locandiere poco affidabile, dame dai facili costumi in cerca di qualcuno per una notte e via…(si, magari quest’ultima è un po’ improbabile, però…eh eh eh).
    Infine questa skill risulterebbe assai utile al fine descrittivo: se si presentasse l’occasione di descrivere una persona o un’altra creatura per realizzare opere manoscritte sarebbe indispensabile un’accurata introspezione del soggetto.
    Ricordo bene un giorno in cui ero nel bosco con mio padre, come facevamo sempre, anche se era uno degli ultimi che avremmo passato insieme. Sarei dovuto partire per il mio peregrinare di lì a qualche luna. Mi stava insegnando il linguaggio degli umani. Diceva che mi sarebbe tornato utile, e che comprendere esseri strani come gli umani sarebbe sicuramente stato meglio che disprezzarli, solo perché ancora troppo ‘animali’. Io non avevo ancora capito fino a che punto lui avesse ragione, se non che dopo qualche ora di cammino ci imbattemmo in un cacciatore.
    “Klingen, aspettami qui, stai nascosto bene, eh?”
    “Si papà.” dissi io, che non capivo cosa volesse fare. Camminò vicino al cacciatore che stava prendendo la mira in direzione di un cervo, un bel cervo, dal pelo marrone lucido, con due corna grandi. Il cacciatore era appoggiato al tronco di un albero caduto e stava ormai per scoccare il dardo della sua balestra. Mio padre allora corse dall’altra parte del tronco e prese un bastoncino, che appoggiò alla parte sottostante dell’arma. Il cacciatore non poteva vederlo e nel momento preciso in cui il grilletto scattò mio padre spinse impercettibilmente il bastoncino verso l’alto facendo mancare il bersaglio al cacciatore, che imprecò e non si accorse di nulla, mentre il cervo correva via.
    A quel punto mio padre saltò sul tronco e si mostrò al cacciatore.
    “Hey, tu!” disse mio padre al cacciatore “perché volevi uccidere quel cervo?”
    Il cacciatore si voltò veloce verso lo gnomo. “Co-cosa? T-tu sei…”, “Uno gnomo, si esatto.” Lo interruppe mio padre “Allora, perché volevi uccidere quel cervo?”. “Io…io non volevo uccider…no no, cioè, io volevo ucciderlo ma…” diceva il cacciatore incredulo davanti allo gnomo “…io lo volevo uccidere per mangiarlo. Ho bisogno di carne per la mia famiglia, e di pelli, per farne vestiti!”
    Mio padre penetrava gli occhi del cacciatore con i suoi. “Non è vero. Tu sei cattivo. Tu sei un umano cattivo. Solo la testa, di quel cervo, ti sarebbe servita, da appendere in un salone, per vantarti con i tuoi amici.”. “Ma che dici gnomo!” rispose il cacciatore “Non è affatto vero!”. Mio padre allora cambiò espressione, la sua faccia si fece dura, minacciosa. “Come osi mentire a oltranza? Mentire d’innanzi ad uno gnomo? Sciocco, persino il tuo abbigliamento tradisce le tue nobili intenzioni. So bene che degli stivali come quelli, una giacca dal taglio ‘sì raffinato e dei calzoni pregiati nel vostro mondo sono posseduti da quelli che chiamate ‘ricchi’, quelli che posseggono molti oggetti, ma nelle cui vene scorre sangue marcio.”
    Il cacciatore fu preso da un violento raptus e puntò la balestra verso mio padre, che sparì velocemente nascosto dal tronco per tornare da me, poco lontano, e mentre ce ne restavamo ben nascosti mi disse: “Klingen, lo vedi quello? Quello è un cacciatore. Vi sono cacciatori e cacciatori cattivi. I cacciatori uccidono per mangiare, vestirsi con le pelli degli animali, insomma, uccidono per vivere. I cacciatori cattivi invece non meritano pietà, dovranno essere vittime dei tuoi scherzi, dovrai fargli i dispetti, e non permettere che uccidano gli animali.”
    “Ma come farò a distinguere i cacciatori cattivi da quelli che uccidono per necessità?” chiesi a mio padre.
    “Questa non è una cosa che si impara subito. Avrai bisogno di parlare con molti umani, dovrai fare molta esperienza. All’inizio ti servirà parlare con loro per capirne le reali intenzioni, ma poi ti basterà uno sguardo, e capirai.”
    “Grazie papà.” dissi. E ce ne tornammo a casa.

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    (regina degli gnomi... ancora per un po'...)



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    Ecco il link al diario:

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