Il Lauro che preoccupa la mente degli sciocchi
"è un essere che preoccupa la mente degli sciocchi. Irritante ed irritabile, danneggia e benefica, secondo capriccio, è il Dio Lare di quei tuguri che sceglie a dimora. E già lo Uru suole impossessarsi d'un abitacolo scendendo dai tubi fumaioli d'un camino. Infatti le cento volte ho sentito dipingerlo basso, anzi piccin piccino, gobetto, con gambe un po' marcate in fuori, peloso di tutta la persona, ma d'un pelo morbido e raso. Copregli il capo un piccolo cappelletto a larghe tese e indossa una corta tunica affibbiata alla cintola. I piedi poi... non so nulla dei suoi piedi per non averli mai visti.
In fin dei conti l'Uru altro non è se non uno di quei folletti tra il bizzarro e l'impertinente, tra lo stizzoso e lo scherzevole, cattivo con chi lo ostacola o sveli le sue furberie, condiscendente, anzi benefico, con chi gli usa tolleranza. Bazzica più volentieri nelle stalle, dove ospitatosi una volta difficilmente ne esce. Impadronitosi di una di esse tosto s'innamora della cavalla o dell'asina che meglio gli garba e l'assiste e la carezza di preferenza, nutrendo della biada sottratta alle compagne, o rubata ai presepi prossimi o lontani. È da notare che la bestia favorita gode l'alto onore di essere da lui stesso strigliata, lisciato il pelo ed intrecciati graziosamente i crini del collo e della testa.
Di giorno non appare giammai, esercita di notte le sue trappolerie. Se poi s'impossessa di un'abitazione, s'appiatta nei luoghi più reconditi, per lo più nel sacernale (trave maestra del tetto). Di là nella notte spicca il salto e cade giù producendo un tonfo sordo come pantofola scagliata contro un muro.
Talaltra volta, scapolato quatto quatto da buchi inosservati, o da catasta di vecchie quisquiglie eccolo a metter sossopra masserizie ed annessi, cambiandogli di luogo, a sparecchiar gomitoli e tele del telaio o a svegliar le persone, rompendo piatti, bottiglie, bicchieri.
Guai se è in collera col suo ospite. Se questi dorme i suoi sogni dorati, questi improvviso gli cavalca il petto e glielo calca fino a fargli perdere il respiro (incubo). È un brutto momento, uno di quelli in cui si crede di morire. Ma se l'oppresso riesce a vincere l'affanno e stende la mano sull'oppressore, ghermirlo per ciuffetto e tenerlo fermamente, fortunato lui! La sua sorte è fatta! L'Uru è geloso fino alla morte della propria libertà e ghermito così piange e prega e tutto promette a riaverla. Non gli si chiegga danaro allora, perché vi colmerebbe di cocci; meglio chiedergli cocci che vi subisserà di danaro.
Ad interpretare un tal nome dovremmo investigare nel latino, nel greco ed anche nell'ebraico. Più di rado lo chiamano moniceddhu (monacello) o scazzamurrieddhu" (Castromediano).