Il folletto alto tre spanne, bruttino, fosco, peloso...
"Il folletto (che oltre il nome comune di Laùru gode del polinomio di Scazzamurrieddhu, di Moniceddhu e di Carcaluru), benefico di frequente, è un piccoletto alto tre spanne, bruttino, fosco, peloso, vestito di panno color tabacco, con cappellino in testa; d'ordinario scalzo; smanioso quindi di possedere un pajo di scarpette, se ne sdebita con chi gliele dona regalandogli un gruzzolo di moneta sonante, o indicandogli il luogo ove giace nascosto un tesoro. Vuoi tu altra via, e men costosa, per guadagnarti uno di quei tesori? Se mai verrà da te, presso il tuo letto, fagli trovar alcuni sassolini nelle tue pantofole; egli li prenderà ed in cambio vi deporrà oro. T'avverrà lo stesso se giungerai a rubargli il cappellino. Però il signorino ha il gusto di saltare a piè pari sul dormiente che visita, e raggomitolarsegli sullo stomaco, producendogli un senso di gran malessere, di pesantezza e di pressione (da carcare, calcare, premere, carcaluru); e ciò massime se è donna, e più se fanciulla, ché anche egli sente il pizzicor d'amore. Protegge le giovinette da' furori delle matrigne o delle dispotiche padrone, sino a compiere tutti i servizi della casa che esse dovrebbero compiuti dalla sue protette: e quando le sente sgridate o le vede manomesse, disturba la quiete notturna, rompe "lu cofanu de la culata" (conca "del bucato"), lancia pietre contro le vetrate, rovescia le padelle etc. etc. e fa altri dispetti alla famiglia. Orbene: lu Laùru è lo spirito incubo di Plinio, di Servio, di S. Agostino, di Petronio Arbitro, etc. con qualche piccolissima aggiunzione o cambiamento; è il morbo efialte (?) dei nosografi che sorprende non di rado il dormiente supino, per modo da fargli parere che una forza esterna lo assalga e l'opprima. Però non sempre i dotti si sono separati dal volgo e parecchi scrittori di medicina del secolo scorso (tra' quali il veneziano Sebastiano Merlli), seguendo certi moralisti, ebbero il coraggio di scrivere che messer lu Laùru è incubo e succubo e che si compiace di fare or l'una or l'altra parte di un certo giuoco. Incubo e Succubo sono le specie del genere degli spiriti concumbenti.
Lu Laùru volge la sua attenzione agl'animali; di notte, striglia, abbevera, dà la profenda ai cavalli, agli asini; qualche volta anche li bastona, li impiaga, li fa intristire [ossia trascura la pulizia dei crini che s'increspano e si aggrovigliano in modo inestricabile] e non mancano casi in cui d'una coppia d'animali ben l'uno e mal veda l'altro; toglie allora dal secondo e dà al primo la profenda della biada, della crusca etc. Una volta una famigliuola scasò da casa appigionata ed andiede ad abitare in un'altra per ragione che il Laùru, disturbandola durante il corso della notte, facevala dannare.
Bene: la prima notte che passarono nella casa novellamente appigionata, udirono rumori e domandandosene la ragione tra essi, ebbero a sentire una vocina stridula, che diceva: "Avevate dimenticato li cestieddhi [panchette] e la camastra [catena da fuoco], io ve li ho riportati, perciò fo tanto rumore, eh... non me ne volete ringraziare?". Quanti di questi Cunti non ci han fatto passare le lunghe serata d'inverno, quieti, tranquilli, anzi mogi e paurosi presso il focolare! Non ho potuto sapere se lu Laùru appartenga alla famiglia de' Nani. Parrebbe di sì. Tra questi ultimi è lu Cumpare Sangunazzieddhu intorno al quale recitano una filastrocca, però nella famiglia dei Laùri (Auri) vi sono gli Auricchi (l'Auricchi) a Taranto.
In generale, s'ha idea molto confuda del Laurus, esso è un amalgama dei Lares e dei Penates: come quelli è l'"augurio della casa", come mi diceva una vecchia tranese (l'auru - l'augurio?), e sarebbero le anime dei buoni antenati della famiglia, legate strettamente alla casa che si curano di proteggere; come questi, accompagnano sempre e dovunque della casa avita, giri o emigri dovunque la famiglia" (De Simone).