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Raffaele Tizzano Forum Ufficiale : un emozione nel cuore Il Forum Ufficiale

LEGGIAMO INSIEME : UN DIAMANTE PERICOLOSO di Isabel Sharpe

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    Debbyna1972
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    00 01/06/2007 02:41
    Corey Rockford si sistemò gli occhiali da sole e si abbassò il berretto rosso da baseball in modo tale che la visiera gli coprisse gli occhi. Soltanto allora suonò il campanello a Danworth. L'enorme villa georgiana situata poco fuori Princeton, nel New Jersey, era stata appena acquistata dal suo amico d'infanzia Aidan Conley, il miliardario paranoico che viveva come un eremita.
    Rock, come lo chiamavano i suoi amici, e Aidan erano cresciuti insieme e ora che era ritornato a insegnare letteratura inglese all'università locale, erano di nuovo vicini di casa.
    <> annunciò Reeves aprendo la porta, il naso così in alto da non vedere neppure chi avesse di fronte. Era nativo del posto, ma aveva acquisito l'aria e l'accento di un vero maggiordomo inglese, secondo i desideri del suo datore di lavoro.
    <> lo salutò Rock. <>
    Il maggiordomo abbassò il naso e, dopo aver riconosciuto Rock sotto quel berretto, si rilassò. <>
    Rock seguì Reeves nel sontuoso ingresso dal quale saliva una scala che conduceva in uno studio decorato minuziosamente. Era Conley, comunque, il capolavoro della stanza. Sedeva penosamente incurvato su una sedia a rotelle coperto da un plaid con motivo floreale rosa e blu. Una barba ispida gli copriva il volto sul quale spiccavano un paio di enormi occhiali scuri che si appoggiavano storti sul naso mentre i capelli erano così spettinati da ricordare un istrice.
    <>
    Da dietro la barba spuntò un sorriso malizioso. Aidan si alzò in piedi dalla sedia a rotelle gettando da un lato il plaid, rivelando un paio di pantaloni militari e una polo verde scuro identica a quella di Rock. <>
    <> Rock strinse la mano al suo amico perfettamente sano e in piena salute che aveva escogitato quel sistema tanto fantasioso quanto efficace per tenere alla larga falsi amici, cacciatori di soldi e paparazzi attirati dal suo denaro e dalla sua celebrità. <>
    <> Aidan si tolse la parrucca, la barba e gli occhiali rivelando dei lineamenti e un colorito molto simili a quelli di Rock. <>
    <> commentò Rock avvertendo una fitta d'invidia. Al contrario di Aidan, lui si era stancato di correre dietro alle donne. All'età di trentadue anni, in qualità di stimato professore e autorevole scrittore, si era messo alla ricerca di una donna che stimolasse la sua mente più che il suo testosterone. <>
    <> Aidan gli fornì gli strumenti del suo travestimento. Rock lanciò un'occhiata schifata alla parrucca e alla barba, ricordando fin troppo bene quanto fossero calde e fastidiose nelle altre occasioni in cui si era offerto di sostituire Aidan. <>
    <> rispose Rock con un sorriso. Il suo investigatore, Dirk, sapeva trattare sonetti e armi con la stessa disinvoltura, cosa che lo rendeva interessante agli appassionati di entrambi i generi. <>
    <> Aidan aprì uno stanzino dal quale estrasse due valige. <>
    Rock si tolse il berretto da baseball e lo infilò sulla testa dell'amico. <>
    <> Sulla porta, Aidan si fermò e sorrise. <>
    <> Rock s'avviò rassegnato verso la sedia a rotelle e si infilò con riluttanza l'odiosa parrucca. <>


    * * *

    Elizabeth Montclair si abbottonò il tailleur blu, gustando il fresco proveniente dall'impianto dell'aria condizionata che Conley aveva fatto installare nella sua casa di famiglia. Il signor Conley poteva ritenerla di sua proprietà, ma lei non era dello stesso parere. La famiglia di suo padre aveva costruito quella casa nel diciottesimo secolo ed era vissuta lì per generazioni fino a quando Conley non li aveva sbattuti fuori e rovinato suo padre, procurandogli quell'infarto che lo aveva ucciso.
    Elizabeth arricciò il naso. D'accordo, Conley aveva acquistato quella casa a un prezzo ben superiore al prezzo di mercato permettendo, in tal modo, ai suoi genitori di saldare i debiti accumulati e di permettersi una casetta nei dintorni di Princeton.
    D'accordo, suo padre era sull'orlo della rovina quando Conley aveva ritirato il capitale della sua società dall'ultimo investimento paterno. E poi, forse suo padre si stava uccidendo con l'alcool, il fumo e tutti quei viaggi notturni per andare a giocare nei casinò di Atlantic City.
    Ma la casa... Lo studio nel quale lei stava riprendendo fiato, una volta era la sua camera. Poteva vedere il punto del davanzale di legno in cui aveva intagliato un cuore con le sue iniziali e quelle del suo idolo Tom Cruise, ricordare le ore trascorse accovacciata sulla poltrona vicino alla finestra intenta a divorare pile di romanzi che aveva ereditato dai suoi genitori.
    Il suo intento attuale, però, era quello di farsi assumere come governante. Non le era servito a nulla aggirarsi furtivamente intorno alla proprietà nella speranza di trovare il sistema di entrare all'interno senza rischiare una denuncia per violazione di domicilio.
    Alcune settimane prima stava riordinando l'attico nel quale sua madre viveva in attesa del momento in cui sarebbe stata costretta a ricoverarla in una casa di cura, quando le capitò tra le mani un diario della sua trisavola, Lucinda Montclair. Nelle pagine ingiallite dal tempo riempite di un'ordinata scrittura d'altri tempi, trovò una citazione che aveva letto così tante volte da impararla a memoria.
    Oggi la mia cara mamma mi ha rivelato sul punto di morte che i gioielli di famiglia dei Montclair, compreso il diamante Andias, sono stati nascosti in una stanza segreta nella villa dei Montclair da Augustus Montclair durante la grande rivoluzione americana, per sottrarli alle mani dei britannici. Io non ho ancora trovato questa stanza, ma devo confessare la grande eccitazione in mezzo a tanta sofferenza.
    La madre di Elizabeth non aveva mai dato peso alla leggenda, ritenendola una romantica fantasticheria, ma adesso lei era fermamente intenzionata a scoprire se quei gioielli esistevano veramente ed erano ancora lì.
    Se fosse riuscita a mettere legalmente le mani su un vero tesoro, avrebbe potuto assumere un'infermiera a tempo pieno e risparmiare a sua madre l'umiliazione di trascorrere gli ultimi anni della vita in un freddo istituto per anziani. E chissà, forse sarebbe anche riuscita a realizzare il sogno della sua vita: recarsi in Inghilterra, terra di Re Artù, di cavalieri e del suo amato Shakespeare.
    <> annunciò il maggiordomo in tono così snob da suonare quasi comico.
    <> Elizabeth si alzò in piedi stringendosi la giacca, non sapendo lei stessa che cosa aspettarsi dall'uomo di cui tanta gente mormorava. Brillante, promettente, geniale, amato dai media e dalla gente comune fino a quando quel terribile incidente misterioso gli aveva lasciato intatto il cervello ma rovinato la vita sociale, sfregiato il viso e il corpo e trasformato in un misantropo il cui unico scopo era quello di accumulare soldi.
    Di tutto, non si era certo aspettata la parodia dello scienziato matto che le si avvicinava su una sedia a rotelle. Per un terribile istante, Elizabeth temette di scoppiare in una risata ma riuscì a dominarsi e a trasformare il primitivo impulso in un sorriso di simpatia. Che terribile trasformazione per quell'uomo del quale era abituata a leggere sui giornali!
    <> Aveva preferito usare il nome da ragazza di sua madre per evitare qualsiasi collegamento con la famiglia Montclair. <>
    Gli occhi dietro quell'enorme montatura la fissarono a bocca aperta, la testa che scendeva e saliva come se stesse ispezionando l'intero corpo.
    Elizabeth strinse i denti. Gli uomini non sembravano vedere oltre il suo seno, non importava quanto austero fosse il suo abbigliamento. <>
    <> rispose l'altro con un goffo rantolo che le procurò un altro moto di simpatia. Una volta era un uomo molto atletico. Adesso persino il semplice parlare gli costava grande fatica. <>
    Proprio. Elizabeth afferrò il medaglione d'oro che suo padre le aveva portato da uno dei suoi numerosi viaggi a Londra, viaggi ai quali aveva sempre promesso di portarla con sé senza, però, mai farlo. <>
    <> commentò l'uomo inarcando un sopracciglio sopra gli occhiali. <>
    <> sussurrò Elizabeth. Mai si sarebbe aspettata che un ex playboy fosse un appassionato del suo amato Bill. <>
    Elizabeth s'interruppe bruscamente. Che diavolo le saltava in mente? Raccontare a un emerito sconosciuto i suoi desideri più intimi? <>
    <>
    Un'improvvisa vampata di calore le imporporò le guance e si riverberò in tutto il corpo. Santo cielo, il modo in cui le aveva parlato l'aveva mandata su tutte le furie. Si sedette sulla sedia che le era stata indicata, cercando di non fissarsi sulla mano che aveva appoggiata sul plaid. Si potevano dire un mucchio di cose di un uomo a giudicare da una sola mano. Quella di Aidan era forte, graziosa, pulita e. grande.
    <> le domandò lui raccogliendo con quella mano robusta una penna d'oro e un taccuino.
    Nessuna. <>
    <> la zittì l'uomo prendendo nota.
    Elizabeth serrò i denti. Doveva ottenere quel lavoro, accidenti! Sua madre meritava una vecchiaia decorosa e lei voleva recarsi in Inghilterra. Chissà, forse avrebbe incontrato qualcun altro in grado di citare versi di Shakespeare sulla punta della.
    <> proruppe Aidan incrociando le braccia sul petto. <>
    <> Per una ragione indecifrabile, Elizabeth incominciò a sentirsi stranamente agitata sotto lo sguardo silenzioso di Aidan. Anche da dietro quegli occhiali, riusciva ad avvertirne tutta l'intensità. Non c'era da meravigliarsi se le donne gli erano cadute ai piedi, prima di quel tragico incidente. Elizabeth incominciò ad avvertire nel suo corpo uno strano formicolio. E lei non ne era assolutamente il tipo!
    Si udì un sommesso colpo alla porta, e un istante dopo apparve il pomposo maggiordomo che si accostò al padrone sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Aidan si voltò per un istante e in quel frangente Elizabeth riuscì a distinguere chiaramente un paio di occhi scuri circondati da folte ciglia nere. Ma quello non era il momento di lasciarsi andare ad alcuna sorta di debolezza.
    <> Quindi Aidan tornò a posare lo sguardo sulla ragazza, la faccia nascosta dalla barba, gli occhiali e quegli assurdi capelli spettinati.
    <>
    <>
    <>
    <> annunciò l'altro girando la sedia a rotelle e indicando con una mano la porta. <>
    Allo sguardo strabiliato della ragazza aggiunse: <>.

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    Debbyna1972
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    00 01/06/2007 02:45
    CAPITOLO 2
    "Cosa?" esclamò Elizabeth fissando l'uomo relegato sulla sedia a rotelle, domandandosi se in quell'incidente non avesse sul serio subito qualche grave lesione cerebrale come le indiscrezioni vociferavano.
    "Ho detto che è stata assunta" ripeté lui portando la carrozzella dietro la scrivania e iniziando a rovistare tra le carte. "Può prendere servizio domattina."

    "Non vuole controllare le mie."

    "Le ho già controllate. Vanno benissimo."

    Elizabeth strinse gli occhi. Per quanto potesse capire, l'unica cosa che quell'uomo aveva controllato erano le sue... misure.

    Poteva dichiararsi soddisfatta di aver ottenuto il lavoro così facilmente, considerato che le insegnanti d'inglese in realtà non avevano tanta esperienza in qualità di governanti. Poteva prendere l'occasione al volo per scoprire se la leggenda sui gioielli di famiglia fosse vera e se fossero davvero nascosti in una stanza segreta di quella villa. Quel tesoro nascosto rappresentava la ricchezza di cui lei aveva bisogno per aiutare la mamma sofferente e per realizzare il suo sogno di sempre, cioè recarsi in Inghilterra.

    Ma non se quell'occasione l'avesse portata in braccio ad Aidan Conley. "Vorrei chiarire una cosa, signore."

    "Dica pure" la invitò lui iniziando a suddividere le carte in mucchi più piccoli.

    "Sarò una governante e niente più, chiaro?"

    "Certo! Che cosa credeva di." L'uomo s'interruppe bruscamente sollevando lo sguardo dalle carte; le labbra ben definite si piegarono in un ampio sorriso al centro di quella barba lunga. "Ah, signorina de Rocher, lei mi sta adulando. Sfortunatamente non si deve preoccupare in quel senso."

    "Io non." Elizabeth si strinse tra le braccia, la collera improvvisamente svanita. Il suo istinto femminile le suggeriva di essersi infilata in una faccenda che non la riguardava e che si stava rivelando estremamente imbarazzante.

    "Vede, l'incidente mi ha reso impotente."



    ***




    "Che cosa le hai detto?" gracidò Aidan Conley al telefono dall'altra parte dell'oceano.

    Rock ghignò divertito al palese disagio dell'amico. Anche perché ripensando allo sguardo ammaliato di Elizabeth, quando le aveva citato un sonetto di Shakespeare, si era reso conto che involontariamente aveva gettato le basi per la prossima conquista di Aidan quando in realtà quella era una donna che Rock stesso avrebbe gradito conoscere meglio. "Le ho detto che hai problemi di. ehm, erezione."

    "Perché diavolo le hai raccontato una cosa del genere?"

    "Perché ha pensato che io, cioè tu, avessi bisogno di una donna che ti riscaldasse il letto. La donna non ha referenze, a parte un gran bel paio di "rotondità superiori" e l'ho assunta immediatamente."

    "Vuoi dire che hai assunto una coniglietta di Playboy, come governante?"

    "Reeves l'ha riconosciuta per la donna che le tue telecamere hanno sorpreso a spiare qui intorno. Assumendola, sarà sicuramente più facile tenerla d'occhio." Rock lanciò uno sguardo all'orologio domandandosi se ci fossero mai state delle circostanze in cui non fosse stato facile tenere un occhio su Elizabeth de Rocher. Quella donna l'aveva colpito più di quanto avesse il diritto di sapere.

    Aveva dovuto sforzarsi per concentrarsi sulle sue doti intellettive fino a quando non aveva rivelato la sua passione per Shakespeare, condiviso con lui il sogno di recarsi in Inghilterra e toccato una delle corde più profonde del suo animo accademico. Sarebbe stato molto più semplice desiderare soltanto il suo corpo eccezionale. "Meglio che vada a travestirmi da miliardario svitato. Tra poco dovrebbe essere qui. Non dimenticare di tornare. Non ce la faccio a recitare a lungo la parte del recluso sociale."

    "Oh? Nulla a che fare con quel paio di referenze? Forse anticipo il ritorno. In questi fiordi non ho trovato altro che ghiaccio."

    Rock avvertì nuovamente quella emozione a lui sconosciuta: gelosia al pensiero che Aidan ritornasse alla sua vera identità, con Elizabeth che circolava per casa con la testa piena di sonetti. Quella donna era la combinazione perfetta di un poster di Playboy e dell'innocenza da professoressa. "Fai tu. Adesso devo andare."

    Quindi andò alla finestra per vedere se per caso la sua auto fosse già lì sotto. No, non era ancora arrivata. Accarezzò il piccolo cuore inciso sul davanzale di legno, con le iniziali EM e TC, intagliato sicuramente da una persona romantica in termini a dir poco stucchevoli.

    E lui non era tanto lontano dal comportarsi diversamente.

    La signorina de Rocher gli era entrata nel cervello, non c'era dubbio. Ne riconosceva i sintomi: il primo segnale era quello che non riusciva a non pensare a lei e il secondo era quello di infinite fantasie erotiche, quelle che una volta usava praticare. Ma accanto a tutto ciò, avvertiva una curiosità più nobile e gentile nei suoi confronti. Gli interessavano la sua vera natura, i suoi pensieri, le sue aspettative nella vita. E, naturalmente, perché aveva tentato di infiltrarsi palesemente nella casa di Aidan Conley.

    Sollevò le braccia, issandole sugli infissi della finestra. Che cosa c'era di sbagliato in tutto ciò? Quell'interesse più profondo era proprio quello che aveva smesso di cercare in una donna. La ricerca di comuni interessi intellettuali, lo scambio di idee e la filosofia personale di vita, la possibilità di discutere sulla natura dell'uomo e dell'universo, il. la.

    La Mazda blu di Elizabeth risalì il lungo viale della proprietà e si fermò davanti all'entrata. Uscirono un paio di lunghe gambe dal lato del guidatore. Lunghe gambe con indosso un paio di pantaloncini. Poi emerse una folta massa di capelli biondi raccolti in una treccia e infine quel torso con quel paio di. referenze in una camicetta garzata bianca senza maniche che, se solo si fosse avvicinato un po', avrebbe potuto.

    Elizabeth sollevò la testa come se avesse percepito le fantasie sessuali di quella mente. Un istante prima che lei lo scorgesse, Aidan si ritrasse, sorpreso dalla sua incoscienza, meravigliato dalla profondità dei suoi istinti. Basta, avrebbe combattuto la sua battaglia. Avrebbe tenuto i suoi pensieri concentrati sui dibattiti intellettuali e filosofici.

    Sentì Reeves aprire la porta e salutare Elizabeth. Quindi avvertì i passi di entrambi salire le scale. Rock attraversò di corsa la stanza, si ficcò in fretta e furia la barba e la parrucca finte, si infilò gli occhiali e si sedette sulla sedia a rotelle appena in tempo, prima che bussassero alla porta dello studio.

    "Avanti." Si portò dietro la scrivania fingendo di non essere rimasto colpito dalla sua nuova domestica.

    "La signorina de Rocher è qui per prendere servizio, signore" annunciò Reeves spalancandogli gli occhi e muovendo vistosamente la bocca per dirgli qualcosa che Rock non riuscì a decifrare.

    Elizabeth, che gli era restata alle spalle, avanzò portandosi in mezzo alla stanza. Era come se la stesse illuminando con la sua freschezza. Fissò Rock e benché l'avesse fatto per un breve istante, fu in grado di procurargli un'ondata di elettricità che si diffuse in tutto il corpo. Poi iniziò a guardarsi intorno e, soltanto dopo aver finito la sua ispezione tornò a posare lo sguardo su di lui.

    "Buongiorno, Elizabeth" la salutò lui con voce gracida, degna della sua migliore interpretazione dello scienziato matto, grattandosi la barba e tentando di non pensare a quanto fosse perfetta. "Sta cercando qualcosa?"

    "Oh, niente... Sono soltanto incuriosita." Quindi si guardò nuovamente dietro le spalle. "Chi era l'uomo che stava in piedi alla finestra?"
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    00 01/06/2007 02:48
    CAPITOLO 3
    "Chi era l'uomo che ho visto in piedi accanto alla finestra?"

    Elizabeth ripeté la domanda, dal momento che Aidan Conley sembrava essersi addormentato o caduto in trance. Elizabeth si vide riflessa nei grandi occhiali sbilenchi e non poté non domandarsi che aria avesse l'uomo dinanzi a sé con un taglio di capelli appropriato e con la barba rasata.

    "Ah, quello?" replicò lui con voce ancor più stridula del solito. "Ecco, devi aver visto. la mia guardia del corpo, Corey Rockford. Rock, per gli amici. Lui, ehm... doveva andare via."

    "Oh." Elizabeth si rabbuiò. Era cresciuta in quella casa. Lasciare quella stanza significava doversi imbattere in lei.

    "Sta al terzo piano" proruppe Aidan con un improvviso sorriso. così smagliante da coglierla di sorpresa. Lo vedrai spesso, è un tipo veramente in gamba. Un ex campione di atletica. Quelle scale per lui non sono niente, ecco perché le ha potute fare così di corsa."

    "Capisco." Se c'era qualcosa che odiava di più degli atleti, era il modo in cui costoro la trattavano. Elizabeth l'aveva sperimentato fin troppo spesso al college, ancora prima che diventasse la donna attraente che era attualmente. Aveva dovuto mettere a posto giocatori di hockey e star del basket, tutti con lo stesso intento: quello di raggiungere le sue zone off limits.

    Stanca di doversi difendere di continuo, aveva deciso di frequentare solo ed esclusivamente uomini che poteva tenere al loro posto con relativa facilità. Eppure continuava a essere attratta da un paio di spalle larghe, da due braccia forti e da una prorompente mascolinità, al punto che.

    "Forse potrebbe invitarla a pranzo fuori per festeggiare la sua assunzione in questa casa."

    Elizabeth lo fissò sorpresa, poi scosse la testa. Che diavolo si era messo in testa quel tizio, di organizzarle incontri con la sua guardia del corpo? "No, grazie. Sono certa che oggi sarà una giornata intensa. Forse sarà per un'altra volta."

    "Essendo naufragata, sono una barca inutile./ Lui di grande statura e di buon orgoglio:/ Perché se lui prospera allora io sarò naufraga,/ La cosa peggiore è proprio questa: Il mio amore fu la mia rovina. Shakespeare, sonetto numero."

    "Ottanta." Elizabeth trattenne il respiro. Quello era uno dei suoi sonetti preferiti, la storia di un animo sfortunato che temeva di perdere la sua amata a causa di un uomo migliore. Che Aidan stesse cercando di.

    "Elizabeth." Lui la chiamò con quello stesso tono roco che aveva già usato il giorno precedente e che già le aveva procurato un brivido in tutto il corpo. Be', con tutta probabilità poteva avere la meglio su Aidan Conley.

    "Sì, signore?" Elizabeth si sforzò di ricordarsi il vero motivo per il quale si trovava lì. Non era lì per innamorarsi di un tipo che aveva l'aspetto di Rip Van Winkle, che sfidava il suo concetto di igiene personale, per non parlare del fatto che era impotente.

    Aidan girò le ruote della sedia a rotelle e le si accostò al punto che lei poté avvertire la fragranza di un gradevolissimo dopobarba, prima di essere investita da un forte odore di muschio dovuto forse ai capelli che necessitavano di essere lavati. "Chiamami Aidan."

    "Sì, signore. Cioè, Aidan" sussurrò lei. Che diavolo le stava succedendo? Chiamarsi per nome l'avrebbe portata a un livello di intimità più profondo.

    "Bene." Aidan si portò dietro l'enorme scrivania di mogano situata dove un tempo c'era il letto a baldacchino di Elizabeth. "Reeves ti mostrerà quali sono le tue mansioni."

    Lei chinò la testa con deferenza e uscì dalla stanza per cercare il maggiordomo. Dopo un giro d'ispezione per la casa, si armò di alcuni attrezzi per la pulizia e s'infilò in tasca un metro avvolgibile. L'unica cosa che doveva fare, per trovare la camera segreta, era misurare le pareti fino a quando non ne avesse trovata una fuori misura. La stanza segreta sarebbe dovuta essere lì dietro.

    Sorrise soddisfatta e si avviò in direzione del soggiorno da dove avrebbe iniziato il suo lavoro. Con il padrone rinchiuso nello studio e il resto del personale al lavoro, avrebbe potuto trovare i gioielli, offrire a sua madre la migliore assistenza medica e infine prenotare quel viaggio per la sognata Inghilterra. Con un po'di fortuna, sarebbe stata una questioni di giorni concretizzare i suoi progetti.

    Almeno fino a quando quel Rock se ne fosse stato al posto suo.



    * * *



    Rock entrò nel soggiorno richiamato dai rumori che la sua nuova domestica stava provocando. Era determinato a ignorare l'attrazione primordiale che avvertiva e a rafforzare quella connessione che aveva già stabilito con lei, anche se mascherato da Aidan. Ma dopo soli due passi nella stanza, raggelò.

    Elizabeth era piegata in avanti, con la testa ficcata dentro il camino. Che tentazione, in quei jeans che la coprivano come una seconda pelle! Stoppati! Doveva bloccare quei pensieri e concentrarsi sulla poesia. Doveva fingere di mantenere una conversazione del tutto casuale, pensare a tutto tranne a ciò che aveva realmente in testa. "Ha perso qualcosa?"

    Colta di sorpresa, Elizabeth si sollevò di scatto e batté la testa contro la mensola di marmo del camino. Rock si affrettò a soccorrerla e, prendendola per un braccio, l'aiutò a uscire da lì. Una pelle morbida, dei capelli di seta. Basta!, si ordinò. "Sta bene? Che diavolo stava facendo lì dentro?"

    "Sto bene. Volevo accertarmi se il camino. avesse bisogno di essere pulito." Quindi Elizabeth si massaggiò la testa dove aveva preso il colpo e fissò l'uomo davanti a sé con un'aria di attesa.

    Rock prese un profondo respiro. Era giunto il momento di far colpo su di lei usando la sua intelligenza. "Be', io sono Rock."

    "E io Elizabeth."

    "Lo so." Quindi restò in piedi di fronte a lei, impacciato e imbarazzato proprio come quella volta in cui suo padre gli presentò - a sedici anni appena compiuti - la donna con il compito di iniziarlo al sesso facendolo diventare dipendente fino ad appena qualche anno fa.

    "Sono spiacente, signor Rock" rispose lei accigliandosi nel notare che lui aveva iniziato a fissarla, anzi a divorarla con gli occhi. "Desiderava qualcosa?"

    All'improvviso Rock fu colto da un'ispirazione: quella era la stessa donna che le telecamere di Conley avevano sorpreso a curiosare intorno alla proprietà. Avrebbe potuto tentare di scoprirne la ragione, visto che anche in quel frangente l'aveva colta in flagrante con la testa dentro il camino. "Elizabeth... possiamo darci del tu. Sei di Princeton?"

    "Sono cresciuta lì, ma adesso vivo a Pennington con mia madre" rispose lei in tono mesto.

    "Insegni alle scuole superiori?" le domandò lui guardandosi una mano per apparire del tutto casuale, ma non poté trattenere un sorriso di soddisfazione allorché lei annuì. "Presso quale College?"

    "Princeton."

    "Però!" Quindi si avvicinò a lei di qualche passo per innervosirla, esattamente come faceva il suo eroe detective Dirk quanto voleva agitare i sospettati. Solo che lei, a differenza dei suoi personaggi, indietreggiò lanciandogli un'occhiata circospetta, piuttosto che intimorita. "Perché hai deciso di fare la governante?"

    "Ho bisogno di denaro extra. Perché tutte queste domande?"

    "Oh, niente. Pura curiosità." Era ora di fare marcia indietro, la ragazza si stava insospettendo. "Allora, dimmi: che cosa ne pensi del tuo datore di lavoro?"

    "Mi sembra una persona gentile e cortese. Non il mostro che la stampa descrive" aggiunse Elizabeth arrossendo.

    "Bene, bene... Mi sembra che ti abbia colpito." Incredibile! Rock era riuscito a farla arrossire per un impotente immobilizzato su una sedia a rotelle e, al contrario, non riusciva a strapparle un sorriso nelle vesti di se stesso!

    "E' un gentiluomo" disse infine con sguardo malinconico. "Conosce bene la poesia. Io mi sono laureata in letteratura inglese a Princeton, con una tesi su Shakespeare."

    "Anch'io adoro Shakespeare."

    "Davvero...?" commentò lei con aria dubbiosa.

    Rock trattenne il fiato. Le cose non si stavano mettendo bene. Non poteva certo citare qualche altro verso del sommo poeta. Sarebbe stata una coincidenza troppo sfacciata, che il padrone di casa e la sua guardia del corpo citassero sonetti di Shakespeare come canzonette. Ma quale altro poeta conosceva così bene? E poi, come risvegliarle quell'indicibile dolcezza nello sguardo e nei lineamenti?

    "Gelida nella terra - e la neve spessa sopra di te,/ rimossa lontana e fredda nel temuto sepolcro." Rock si schiarì la gola. A giudicare dall'espressione glaciale che si era stampata sul volto di lei, aveva fallito nel suo intento. Cos'altro poteva citare? "Erano versi della Brontë. Che ne dici di Browning? Ti ho lasciata che eri una tenera bimba,/ una donna lontano dalla maturità degli anni:/ ora vengo a te, un corpo solenne."

    Lei lo guardò come se avesse emesso un rumore fastidioso. Rock sospirò e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa sulla quale battere la testa. Accidenti ad Aidan e alla sua infermità! Accidenti a lui che si prestava a quel gioco di sostituzioni e accidenti a Elizabeth che l'aveva messo nell'assurda posizione di essere geloso di se stesso!

    Elizabeth si voltò da una parte, e di profilo la sua figura era più che mai mozzafiato. Rock iniziò a sudare. Quella donna era incredibilmente sexy, lui la desiderava e sapeva di non poterla conquistare.

    "Mi dispiace Rock" riprese lei brandendo in aria un piumino come se fosse stata un'arma. "Devo tornare al mio lavoro."

    "Posso rendermi utile in qualcosa?"

    "No."

    "Posso restare qui a osservarti?"

    "No."

    "Posso premerti contro la parete e baciarti finché non resti senza fiato?"

    Rock ammutolì esterrefatto. Le parole gli erano uscite di bocca automaticamente, dettate dalla frustrazione e dalla potenza del suo desiderio.

    Per un incredibile, brevissimo secondo, il volto di Elizabeth si tinse di rosso, il respiro le uscì più rapido dalle labbra schiuse e lo sguardo si fuse quello di lui. Ma soltanto per quell'incredibile secondo. Un istante dopo Elizabeth impallidì, le labbra si serrarono con ostilità e lo sguardo divenne gelido.

    "E poi ti meravigli perché definisca l'uomo al piano di sopra un gentiluomo." Quindi gli ficcò in mano il piumino e uscì dalla camera, lasciandolo imbarazzato, ammaliato e decisamente. eccitato.

    All'inferno l'intelletto! Due persone qualsiasi con gli stessi interessi potevano condividere quel punto. Lui ed Elizabeth l'avevano già fatto, sebbene lei non ne fosse consapevole. Al contrario, per quel breve attimo lei gli aveva risposto fisicamente. Come donna, non come una divinità shakespeariana. L'aveva infiammata il fuoco della passione accendendole i sensi e per quanto potesse negarlo, lei desiderava Rock e non Aidan.

    Rock sorrise. Povera Elizabeth. Tutto d'un tratto, Aidan non era più così affascinante come lei lo aveva dipinto. No davvero. Adesso Rock sapeva cosa fare: le avrebbe offerto qualche altra possibilità di sperimentare quel responso fisico per lui, quindi avrebbe azzardato qualcosa di nuovo.

    Non le avrebbe più chiesto il permesso di premerla contro la parete e di baciarla finché non sarebbe rimasta senza fiato. Sarebbe passato alle vie di fatto.


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    00 01/06/2007 02:52
    CAPITOLO 4
    Parete sud della libreria - venticinque piedi.


    Elizabeth riavvolse il metro. Erano tre giorni che cercava il luogo dove potessero essere nascosti i suoi gioielli di famiglia e non aveva scoperto nulla. Le pulizie della casa, per fortuna, non erano pesanti. Le stanze non venivano quasi mai usate dal misterioso nuovo proprietario ed erano sempre in ordine, al contrario di quando in quella casa ci abitava lei con la sua famiglia.

    Anche coordinare lo staff non era complicato, dal momento che era composto da un cuoco, un giardiniere, un maggiordomo e un autista; tutte persone molto gentili e soprattutto che sapevano che cosa fare e quando farlo.

    Certo, conciliare le sue mansioni con il vero motivo per il quale si trovava lì - scoprire la stanza segreta contenente i gioielli dei Montclair senza essere colta in flagrante dall'intrigante padrone di casa Aidan Conley o da quel terribile ficcanaso che compariva all'improvviso dal nulla, tale Corey "Rock" Rockford - bastava a farla diventare una brava maratoneta.

    Per il momento, comunque, non aveva avuto fortuna. Le misure di tutte le pareti combaciavano perfettamente, non esistevano discrepanze che indicassero uno spazio nascosto di qualsiasi tipo. Aveva ispezionato tutte le stanze del primo piano fino alla biblioteca situata al secondo piano, nella quale si trovava in quel momento. Al terzo piano avrebbe dovuto prestare grande attenzione, perché la stanza di Rock si trovava proprio lì.

    Una volta l'aveva pulita, anche se non ne aveva grande bisogno. Non era la stanza dell'atleta arrogante e super disordinato che si era immaginata, con slip usati sotto il letto. In realtà aveva trovato abiti accuratamente piegati e un'edizione dell'ultima traduzione dell'"Odissea" sul comodino, vicino al letto.

    Quell'uomo era senza dubbio attraente, doveva ammetterlo. Ma era l'unica cosa disposta a concedergli. Be', a pensarci meglio, era anche molto intelligente. E anche molto affascinante e con molto sex appeal, ma.

    Basta! Era stata sedotta e abbandonata un'infinità di volte da uomini come quelli. Profondi occhi scuri che al solo guardarli ti facevano sentire un uovo bollito; un corpo solido che ti faceva provare l'eccitante sensazione di pericolo e di protezione; quel carisma in grado di far cambiare verdetto persino alla suprema corte di giustizia; e quella voce profonda che ti faceva.

    Qualcuno tossì alle sue spalle. Lei si voltò e, arrossendo, si augurò che Aidan Conley non fosse uno di quelli in grado di leggere nel pensiero altrui.

    "Salve, Elizabeth" la salutò ansimando. "Come va il lavoro?"

    "Bene, bene..." rispose lei annuendo fin troppe volte. Non c'era dubbio, l'uomo le suscitava un certo effetto. Perché trovasse attraente un tipo tanto strano e un po' maleodorante, non ne aveva la più pallida idea. Forse era per via della sua impotenza. Sapeva che non l'avrebbe attirata nella tana del lupo. O forse era la sua tragica storia che l'intrigava: era un tizio affascinante prima dell'incidente e doveva esserlo ancora, a dispetto delle apparenze. O forse era per via di quel fantastico dopobarba. Insomma, lei non avrebbe saputo spiegarlo, ma di sicuro non era più lei quando lui le stava intorno. Inoltre non poteva negarne il fascino intellettuale: negli ultimi giorni Aidan non si era visto in giro e lei aveva sentito la mancanza delle loro discussioni.

    "Reeves non fa che lodare il tuo lavoro" annunciò lui sollevando la testa e tossendo senza coprirsi la bocca. "E Rock mi dice che vi siete incontrati un paio di volte. Mi è sembrato affascinato da te."

    Il sorriso di Elizabeth scomparve all'improvviso. "Già."

    Aidan si arrotolò una ciocca di capelli intorno al dito con un gesto che lei non aveva mai notato prima. "A quanto ho capito, il vostro primo incontro è stato alquanto movimentato."

    "Puoi ben dirlo" rispose lei con un sorriso beffardo.

    "Rock è. come dire, nervoso. con un certo tipo di donna."

    "Non vorrei contraddirti, ma a me è sembrato tutto, tranne che nervoso" precisò lei sbuffando.

    Aidan si tirò una ciocca di capelli sulla fronte per poi cacciarla via soffiando. In seguito, quasi l'avesse trovato un passatempo divertente, ripeté il gesto. "E' un tipo che si fa avanti in modo troppo deciso?"

    "A dire il vero, mi è sembrato un bulldozer." Dov'era finito il suo affascinante esperto di Shakespeare?

    Lui annuì e si avvicinò a lei con la sua sedia a rotelle, al punto che Elizabeth inalò un'altra ondata dell'erotica fragranza del suo dopobarba, mischiata all'altro odore decisamente molto meno gradevole.

    "Devi proprio innervosirlo tanto" insistette lui pronunciando le parole in tono pacato e sommesso da sembrare quasi un sussurro, con quella strana voce roca che aveva il potere di scioglierla come neve al sole. Poi lui tossì rumorosamente finché non divenne paonazzo e con le vene gonfie sul collo.

    "Dagli un'altra opportunità" aggiunse quando fu in grado di riprendere fiato. "Ti assicuro che vale la pena conoscerlo." Quindi estrasse un braccio da sotto il plaid fiorito e le prese una mano stringendogliela con le sue dita forti e robuste, lo sguardo fisso su di lei benché oscurato dalle lenti degli occhiali da sole.

    Elizabeth restò a bocca aperta, il fiato che le si era strozzato in gola. "D'accordo" convenne infine, arrossendo per l'imbarazzo.

    Aveva appena finito di pronunciare il suo consenso, quando si rese conto come la debolezza che avvertiva per l'uomo di fronte a sé, la stava in effetti catapultando nelle braccia di un altro ben più avido e deciso. Un uomo che le faceva scattare il campanello d'allarme nella testa.

    "Allora, raccontami: trovi Rock attraente?" le domandò lui liberandole la mano per asciugarsi il naso.

    "Be', ecco. Se a una donna piace, è. alto, moro, ben piazzato."

    "E a te non piace?" s'informò lui inarcando un sopracciglio con aria così interrogativa da spuntargli da sopra gli occhiali.

    "In base alla mia esperienza, gli atleti non sanno pensare ad altro che a fare punti. Preferisco di gran lunga i tipi che hanno sviluppato meglio il cervello che i muscoli."

    "Rock è docente all'università di Princeton. Non te l'ha detto?" le rivelò lui.

    "Cosa? Insegna a. a Princeton?" ripeté Elizabeth così sorpresa che per un momento temette che Aidan avesse un altro dei suoi attacchi. Quel tizio era un professore? Proprio quel Rock che lei aveva conosciuto?

    "E'. anche il Daniel Alexander che scrive le avventure di Dirk Davis" aggiunse Aidan dopo aver preso una lunga boccata d'ossigeno quasi stesse soffocando.

    Il volto di Elizabeth si tinse di ulteriore meraviglia. Rock era Daniel Alexander? L'uomo che scriveva quelle brillanti storie poliziesche che lei adorava tanto?

    "Sono davvero spiacente" gemette lei infine. "Temo di essere stata un po' troppo sessista, allora. E' che. guardandolo, la prima cosa che ti colpisce di lui non è certo il cervello."

    "Che cosa, invece?"

    Il sex appeal. "Perché ti interessa tanto quello che penso di Rock?" gli chiese lei ovviando la sua domanda.

    "Perché la notte scorsa era in uno stato indecente per colpa tua."

    "Come?"

    "Sì, non l'ho mai visto in quello stato. Sembrava un cucciolo ferito. Era proprio patetico."

    "Oh." Elizabeth si sentì sciogliere da una strana tenerezza. "A essere sinceri, non riesco proprio a immaginarmelo in quello stato."

    "Elizabeth."

    Lei tentò di sorreggersi alla strana eccitazione che la coglieva ogni volta che lui pronunciava il suo nome, ma questa volta non le suscitò il solito effetto.

    "Non credo che per lui si tratti di una semplice attrazione sessuale" annunciò Aidan andandosene sulla sua carrozzella e lasciando Elizabeth a bocca aperta a meditare su quanto le aveva appena rivelato. Possibile che Rock nutrisse dei sentimenti per lei, dopo appena un paio di imbarazzanti incontri?

    Lei scacciò con decisione quel calore che incominciava a divamparle dentro. Affondò la mano nella borsa finché non pescò una piantina della casa. No, non si sarebbe lasciata distrarre da Rock. Era vero, quell'uomo era la personificazione del sesso. Ed era anche lo scrittore dotato che lei ammirava da anni. E allora? Anche lui si sarebbe rivelato esattamente come tutti gli altri uomini, e lei che fine avrebbe fatto?

    "Venticinque piedi." Elizabeth annotò sulla piantina la lunghezza della parete e all'improvviso tutti i pensieri erotici su Rock scomparvero, rimpiazzati da un inconsueto eccitamento. Aveva commesso un errore?

    Elizabeth ripeté i calcoli. No, nessun errore. Anche calcolando l'ampiezza del camino nella parete interna, il retro della biblioteca avrebbe dovuto misurare ventuno piedi. Crollò su una poltrona ben imbottita e fissò la piantina che stringeva con mani improvvisamente tremanti.

    Aveva trovato la stanza segreta.
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    00 01/06/2007 02:53
    CAPITOLO 5
    Sì, aveva scoperto davvero la stanza segreta!

    Elizabeth balzò in piedi dalla poltrona e misurò a passi la lunghezza della parete interna della biblioteca. Quante volte era stata in quella stanza da bambina senza mai sapere di essere stata così vicina ai gioielli di famiglia dei Montclair! Sempre che quanto riportato nel diario della sua trisavola fosse vero. Tra quei preziosi c'era anche il diamante Andias.

    Nella sua immaginazione si trattava di un gioiello di circa otto carati, che poi lei avrebbe venduto per ottenere il denaro suffciente ad offrire alla madre sofferente un'infermiera diplomata per un'adeguata assistenza domiciliare, e acquistarle una casa più carina nel cuore di Princeton. Con il resto, avrebbe potuto visitare la lontana Inghilterra, patria del suo amato Shakespeare, ogni qualvolta ne avesse avvertito il desiderio.

    E adesso, come poteva scoprire l'apertura della stanza segreta senza destare sospetti? Quante volte avrebbe potuto pulire la libreria prima che qualcuno avesse iniziato a farle delle domande? Rock, il tizio dal fisico atletico e incredibilmente sexy - che in realtà aveva scoperto essere anche un professore e uno dei suoi autori preferiti - aveva già cominciato a fargliene parecchie, di domande.

    Aidan Conley, lo strano e misterioso padrone di casa, era appena uscito dalla stanza e probabilmente non si sarebbe rivisto per un po', così Elizabeth si alzò sulla punta dei piedi e afferrò un libro. Nei film, le porte segrete erano sempre azionate muovendo un libro. Non osò nemmeno immaginare quante gliene sarebbero occorse per controllarli uno a uno.

    A meno che... L'occhio le cadde sul busto di Beethoven. Nello spettacolo televisivo Batman il capo dei crociati aveva sempre premuto un pulsante nascosto nella testa della statua per aprire l'accesso alla cava di nascosta. Forse avrebbe potuto iniziare da lì.

    Il marmo del busto era freddo e liscio al tatto. Tentò di muovere la statua, la esplorò accuratamente su tutta la superficie controllando l'esistenza di perni o fessure o di...

    "Fortunato Beethoven."

    Elizabeth s'irrigidì e serrò le mani in due pugni. Rock aveva la capacità di comparire sempre al momento più inopportuno.

    Con uno sforzo allentò i pugni e gli sorrise desiderando che l'uomo davanti a sé non fosse così ordinato, forte, maschio e disponibile. Appena quindici minuti prima, aveva ascoltato incredula Aidan che le aveva rivelato come Rock si fosse innamorato di lei e, sotto pressione, gli aveva promesso di concedere a Rock una seconda possibilità.

    Intenzionata a mantenere quanto aveva promesso poco prima, Elizabeth gli sorrise con il sorriso più smagliante. Se fosse stato il degno essere umano che Aidan aveva descritto, questa era l'occasione giusta perché dimostrasse di meritare la seconda chance che lei gli stava offrendo senza che lui ne approfittasse. "Sto guardando se è impolverato."

    "Forse sono impolverato anch'io. Potresti controllare subito, per favore?"

    Il sorriso sul viso di Elizabeth scomparve. Quella era stata la sua seconda possibilità, e lui l'aveva gettata via. Si voltò verso la libreria sperando che, dandogli le spalle con atteggiamento seccato, si scoraggiasse e se ne andasse subito.

    Al contrario, lui le si avvicinò al punto che Elizabeth fu in grado di sentire il calore che il suo corpo emanava, o almeno di immaginarlo senza alcuno sforzo. Perché gli animi gentili non erano mai così sexy e sicuri di sé?

    "Mi dispiace, Elizabeth" proruppe lui con voce profonda e sinceramente dispiaciuta. Il calore del suo corpo divenne così vivido nella sua immaginazione che lei dovette sforzarsi per non adagiarsi addosso a lui. "Il comportamento è soltanto un'abitudine. Una stupida abitudine che io sto tentando di rompere, nata dal fatto di trascorrere troppo tempo con donne bellissime ma estremamente noiose. Tu, però, mi ecciti... te lo confesso. Voglio dire, il tuo cervello mi eccita. D'accordo" aggiunse infine, "mi eccita anche il tuo corpo. Sai, sono un essere umano."

    Elizabeth si voltò puntando le mani sui fianchi, per niente sorpresa che lui le stesse fissando il seno. "E' proprio il mio cervello, che ti eccita?"

    Lui la fissò con i suoi occhi scuri, uno sguardo così sincero da meravigliarla. Quel tizio ci sapeva fare. Al suo confronto, David Jensen sembrava un dilettante. David le aveva chiesto di sposarlo durante l'ultimo anno di università. Le aveva anche regalato un solitario. Peccato che, dopo averla sedotta, aveva rivoluto indietro l'anello di sua madre. La madre era viva e vegeta e si domandava dove diavolo fosse finito il suo prezioso gioiello...

    Naturalmente l'accaduto era anche colpa sua, almeno in parte. Se non fosse stata una sciocca romantica che credeva nell'amore a prima vista col Principe azzurro...

    Elizabeth scacciò via i ricordi. "Se la memoria non m'inganna, abbiamo avuto soltanto un paio di brevi conversazioni relative ai miei studi, durante le quali mi sono dovuta difendere dai tuoi sfrontati attacchi. Fino a che punto erano noiose queste donne?"

    Per un incredibile momento, Rock apparve in trappola. Non pensava che potesse essere così facile, meditò lei soddisfatta. Forse adesso se ne sarebbe andato lasciandola in pace una volta per tutte, e lei sarebbe stata finalmente libera di continuare indisturbata la sua ricerca e di non pensare al suo corpo domandandosi se quel fisico era davvero così liscio e forte come appariva.

    Elizabeth trasalì ai suoi pensieri e li scacciò con determinazione. Quando l'avrebbe piantata di desiderare un vero macho e di accasarsi, invece, con un animo gentile che l'avrebbe resa davvero felice? Eppure, gli animi gentili non erano mai arrivati al punto di desiderarla per sempre.

    "Ti piace questa stanza?" le chiese lui allontanandosi e accostandosi con aria indifferente verso le pareti, dove lasciò correre una mano sugli scaffali pieni di libri.

    "Sì" rispose lei.

    "Hai intenzione di trascorrere molto tempo qui dentro ficcanasando in giro?" Rock le lanciò uno sguardo tagliente, valutando con attenzione la sua reazione.

    Elizabeth s'irrigidì. Che voleva dire? "Credevo di rendermi utile qui dentro. Pulire i libri, accertarmi che siano in buono stato. Persino catalogarli se Aidan, cioè... il signor Conley lo desidera."

    "Aidan?" ripeté Rock fermandosi di fronte a lei, a distanza troppa breve perché lei si sentisse a proprio agio. "Ti piace sul serio quel tizio?"

    "Be', ecco... io credevo di sì" spiegò lei sentendo all'improvviso la bocca asciutta mentre avvertiva rispuntare intorno al cuore quella strana tenerezza. Ma questa volta non era per Aidan. "Sei davvero Daniel Alexander?"

    "Sì" replicò lui avanzando di un passo verso di lei. Elizabeth arretrò. "Che cosa c'è? Ti rendo nervosa?"

    "Be', un po'..." Quanto bastava per farla tremare come una foglia e a costringerla a sorreggersi contro la libreria. "Adoro i tuoi libri. Elabori i personaggi in modo così profondo e poi... tutti quei riferimenti letterari..."

    "Anche Aidan ti rende così nervosa?" chiese lui avvicinandosi di un ulteriore passo.

    Elizabeth scosse la testa realizzando all'improvviso come le riuscisse difficile persino respirare. "Sei anche professore all'università. Come..."

    "Hai mai desiderato che lui ti baciasse?"

    "Stammi a sentire" iniziò lei prendendo una boccata d'aria. La voce non aveva neppure un quarto della rabbia che riteneva di dover provare. Il corpo di Rock era imponente e caldo, senza che in questo caso dovesse usare la sua immaginazione. E il suo sguardo la stava riducendo al solito uovo bollito. "Non credo che tutto questo sia corretto."

    Lui si piegò finché la sua bocca fu solo a pochi centimetri dalla sua. "Hai mai desiderato che io ti baciassi, Elizabeth?"

    Poi lui la baciò e l'unica protesta che lei oppose fu un debole sospiro che non si rivelò affatto un valido deterrente.

    Baciare Rock fu un'esperienza fantastica. Le sembrò di arrivare al settimo cielo, se era corretto parlare di cielo quando tutti i suoi sensi erano infiammati di un piacere decisamente pagano. Che bello stringerlo. E poi, come baciava bene. E quel suo profumo...

    Elizabeth spalancò gli occhi. Un istante dopo li strinse in due fessure minacciose. Interruppe il bacio e lo allontanò con decisione. "Va' all'inferno, Corey Rockford. Vacci dritto senza passare per casa..."

    "Che diavolo..."

    Elizabeth lo spinse via con tutta la forza che aveva in corpo e in quell'istante notò sul volto di Rock quello sguardo scioccato carico di passione che era stampato sul suo stesso viso appena qualche secondo prima, fino a quando non aveva avvertito l'inconfondibile fragranza del dopobarba di Aidan Conley e capì di essere stata ingannata ancora una volta.

    Maledizione, Aidan Conley e Corey "Rock" Rockford erano la stessa persona!
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    00 01/06/2007 02:54
    CAPITOLO 6
    Andare all'inferno?

    Che diavolo ne era stato della bella, calda, appassionata donna che stava baciando?, si domandò Rock appena Elizabeth uscì dalla stanza come una furia.

    Si era ritrovato a baciarla perché aveva percepito quanto lei lo desiderasse, a meno che non si fosse rimbambito del tutto. E Dio solo sapeva quanto lo desiderasse anche lui, sin dal primo momento che l'aveva vista. E sul più bello, lei l'aveva piantato in asso come un imbecille. Non con i soliti modi, tipo scusa ma mi sono lasciata andare oppure Come osi, brutto porco! Elizabeth era letteralmente furibonda e viola dalla collera.

    "Psst..." Era Reeves che stava facendo capolino dalla porta.

    "Che c'è?" replicò Rock sospirando.

    "Il capo è a casa. E' rientrato ieri sera tardi. A quanto pare, ha trascorso delle pessime vacanze e, come se non bastasse, si è preso qualche strano virus. Così ha deciso che era meglio rincasare."

    Rock sentì lo stomaco sprofondargli fino ai calcagni. Grandioso. L'unico modo in cui Elizabeth gli rispondeva calorosamente era proprio quando lui era nei panni di Aidan, il miliardario matto, e dubitava che il vero Aidan recitasse la parte in modo da rendere lo strano invalido il meno attraente possibile.

    "Vuole vederla ed essere messo al corrente degli ultimi avvenimenti" lo informò il maggiordomo.

    "Va bene." Rock entrò nello studio. "Salve, Aidan. Felice di rivederti a casa. Hai un aspetto tremendo."

    Aidan alzò gli occhi al cielo. Erano ancora in grado di far cadere qualsiasi donna con una semplice strizzatina, persino se circondati da profonde occhiaie. "Ieri stavo ancora peggio. Allora, che cosa è successo durante la mia assenza?"

    "Oh, niente" rispose Rock con una risatina.

    "Reeves racconta tutta un'altra storia" replicò l'altro guardandolo con aria interrogativa. "Hai scoperto che cosa sta cercando la domestica?"

    "Non ancora."

    "L'hai sorvegliata adeguatamente?"

    "Ritiene che sia un porco" disse Rock infilando le mani in tasca e iniziando a fischiettare con indifferenza. Aveva dimenticato quanto Aidan lo conoscesse bene.

    "Ah, ha!" commentò l'amico incrociando le braccia sul petto e lanciandogli una lunga occhiata. "Hai preso una bella cotta, eh, professore?"

    "E non sai ancora il peggio" gli fece eco l'altro andando alla finestra.

    "Avanti, sputa il rospo."

    Rock tirò la tenda ricordando il giorno in cui aveva visto Elizabeth scendere dalla macchina e dell'immediata attrazione che aveva avvertito lei. "Si sta innamorando di te" gli spiegò infine.

    "Io non mi trovavo qui. Si è innamorata di te, stupido."

    "Oh, cielo. Hai proprio perso la testa."

    Rock annuì. Baciare Elizabeth era stato come rinascere in una nuova persona, nobile e potente. Si sentiva una specie di Super Rock ma profondamente umano e mortale, e soprattutto vulnerabile. I suoi sentimenti per lei non avevano nulla a che fare con l'ennesima noiosa conquista, piuttosto era come quando si fosse innamorato per la prima volta. Non poteva più sostenere una situazione così ambigua.

    Anche se lei non l'avrebbe mai perdonato, doveva spiegarle il perché del suo travestimento, che lui e Aidan erano la stessa persona. Era l'unica cosa che gli restava da fare, se voleva tentare di stabilire una fattispecie di rapporto con lei.

    Rock sorrise debolmente. "Aidan, amico mio, è giunto il momento delle confessioni."

    Con un po' di fortuna, ne sarebbe uscito con l'orgoglio e il fisico intatti. E chissà, forse avrebbe avuto la possibilità d'intraprendere qualcosa di profondo e veritiero con la donna che gli aveva rubato il cuore.

    * * *

    Elizabeth stava andando avanti e indietro sulla moquette del salone al primo piano domandandosi quanto tempo le sarebbe occorso ancora, prima di lasciarci un solco.


    Quell'arrogante fusto... Come si era permesso di giocare con le sue emozioni, attraendola prima nei panni del brillante quanto impotente invalido e in seguito con quelli del virile quanto sexy... maiale? Come doveva essersi divertito alle sue spalle! Elizabeth, Rock è un tipo molto carino. La prossima volta che lo vedi dovrsti


    "Maledetto bast... "

    Adesso Elizabeth Montclair reclamava vendetta, ma come avrebbe potuto raggiungere il suo obiettivo?

    Voleva costringere Rock a confessare il suo travestimento nei panni di Aidan Conley. Voleva rendere il suo sciocco camuffamento così ovvio da fargli capire che forse poteva ingannare gran parte delle donne che incontrava ma non tutte. E di sicuro non lei.

    Elizabeth lo immagino seduto sulla sedia a rotelle, sotto quella stupida coperta fingendo di essere malato, svitato e impotente.

    Grandioso, aveva trovato la vendetta perfetta.

    Si sciolse la treccia e agitò i capelli finché non le scesero mossi sulle spalle. Poi slacciò alcuni bottoni della camicetta, allentò una spallina del reggiseno e si arrotolò il più possibile gli shorts in modo da mettere in mostra il più possibile le gambe. Quindi il tocco finale...

    L'aspirapolvere.

    Dieci minuti più tardi, bussò alla porta dello studio.

    "Sì?"

    Allorché la flebile voce raggiunse il suo orecchio, Elizabeth sorrise trionfante. Perché le cose più dolci si trasforman nelle più amare per le loro stesse gesta;/ i lillà, quando marciscono, olezzan di putrido ben più che le erbacce.

    "Vorrei pulire la stanza. Posso?" domandò Elizabeth con voce melliflua per nascondere il veleno che sentiva salirle fino alle labbra.

    "Prego, entra pure."

    Elizabeth si inumidì le labbra lasciandole socchiuse in una smorfia il più sexy possibile, quindi spalancò la porta e disse: "Ti dispiace se vengo a toglierti la polvere?".

    Si udì un sussulto da dietro quella barba posticcia che l'avrebbe allarmata se non avesse saputo che l'uomo che si nascondeva lì sotto era in perfetta salute. Elizabeth si dovette mordere un labbro per nascondere la sua soddisfazione. Presto gliel'avrebbe pagata, e cara anche! Si era persino dimenticato di grattarsi la faccia come suo solito.

    Nell'infilare la spina nella presa, Elizabeth si chinò in una posa degna di una foto di Playboy, sicura che il presunto invalido vedesse tutto ciò che gli interessasse vedere e, a giudicare dal grido che gli si strozzò in gola, doveva essere tutto. Allora accese l'aspirapolvere e iniziò a passarla sul pavimento assicurandosi che il corpo ondulasse sinuosamente a ogni movimento.

    E adesso beccati questa! Elizabeth spinse l'aspirapolvere accanto alla sedia a rotelle e lì prese a manovrarla con maggior vigore finché la spallina del reggiseno non le cadde mettendole meglio in mostra le sue rotondità che si intravedevano perfettamente attraverso la camicetta sbottonata fino all'altezza del petto. E adesso era pronta per l'attacco finale: inserito nell'estremità dell'elettrodomestico il tubo per lo spolvero, Elizabeth si chinò sulla scrivania assicurandosi che gli occhi di Aidan fossero all'altezza del suo seno. "Scusa, faccio subito" annunciò lei mentre passava alacremente l'attrezzo. Poi al momento opportuno gli avrebbe tolto di dosso quella copertina che gli copriva le gambe per smascherare la sua finta impotenza e infine gli avrebbe strappato via quello stupido travestimento umiliandolo a morte.

    Uno... due... tre...

    Via la coperta. Ah! Eccolo lì, il presunto impotente... E adesso, via il travestimento. Elizabeth urlò, e il motore della aspirapolvere tacque.

    All'improvviso fu silenzio. Un terribile, insostenibile silenzio.

    "Bene, bene, Elizabeth..."

    Lei si voltò e s'incontrò con lo sguardo di Rock, il filo dell'aspirapolvere che pendeva dalle sue dita. Quindi squadrò prima lei, poi le sue zne erogene. "A quanto pare, ti trovi fra l'incudine e il martello" osservò infine.

    "Tu... tu..." balbettò Elizabeth fuori di sé dalla collera. Prima era lui sotto la barba. Di questo ne era certa. Aveva riconosciuto lo stesso dopobarba. Chissà come, Rock era riuscito a intuire che lei avrebbe tentato di incastrarlo ed era corso ai ripari.

    Lo sconosciuto sulla sedia a rotelle afferrò il plaid e si ricoprì. "Rock, non l'ho toccata con un dito."

    Elizabeth si ritirò su le spalline del reggiseno e si ricompose. Poi si rivolse all'uomo sulla carrozzella. Il vero Aidan Conley. Lo conosceva bene. "Non è né sfregiato, né ammalato. E neppure..." Elizabeth non terminò il discorso ma con un gesto rivolto ai pantaloni di Aidan lasciò intuire la conclusione.

    "E' un miracolo! Come potrò mai ringraziarti?" proruppe Aidan alzandosi in piedi per afferrarle una mano e stringergliela con vigore. All'improvviso serrò gli occhi. "Ehi, io ti conosco. Sei una Montclair. Ho comprato questa casa dalla tua famiglia."

    "Io... io..." farfugliò Elizabeth mortificata domandandosi con angoscia che cos'altro di peggio potesse accaderle.

    "Ah, interessante" commentò Rock andandole incontro per afferrarle un polso e tirarla senza tante cerimonie verso la porta. "Ci scusi, vero, Aidan?"

    Quindi Rock la trascinò nella biblioteca dove la prese per le spalle costringendola a guardarlo in faccia. "Ti dispiace spiegarmi che cosa succede e che cosa cerchi, signorina Ficcanaso?"

    "Perché non incominci tu, signor Imbroglione?" replicò lei non sapendo se sentirsi furiosa, ferita o piena di vergogna. "Non so come abbia fatto, ma il tizio nascosto in questi giorni dietro quella finta barba eri tu. Ne sono sicurissima!"

    "Avevo delle buone ragioni" ammise lui cauto, spingendola contro la libreria. "Certamente più oneste delle tue. Sono pronto a scommetterci."

    "Non ne sarei tanto certa" rispose Elizabeth spingendo indietro la testa per guadagnare un po' di distanza dal fisico imponente di Rock. In quel movimento, però, batté contro una solida protuberanza e, come in un film d'avventura, l'intero scaffale ruotò su stesso rivelando alle loro spalle un passaggio segreto.

    "Che diavolo..."

    "Oh, mio Dio!" Elizabeth s'aggrappò al braccio di Rock, la testa che le girava dal desiderio, dall'eccitazione, dal trionfo. La stanza segreta esisteva sul serio!
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    00 01/06/2007 02:54
    CAPITOLO 7
    "Che diavoleria è mai questa?" proruppe Rock fissando la libreria dietro la testa di Elizabeth. Lo scaffale era ruotato da una parte rivelando quello che sembrava un corridoio segreto.

    "La libreria nasconde un passaggio segreto. L'intero scaffale ruota su se stesso" dichiarò Elizabeth accucciandosi in terra per studiare meglio il congegno, il cuore che le batteva furiosamente appena capì che finalmente stava per trovare i gioielli di famiglia dei Montclair.

    Ricca! Finalmente stava per diventare ricca.

    Era stata una fortuna che Rock fosse furioso con lei per aver tentato di sedurlo mentre era sotto le spoglie dell'impotente Aidan, il quale si rivelò non essere Rock e niente affatto impotente. Se non fossero accadute tutte queste stranezze, probabilmente le sarebbero occorse settimane per scoprire la porta segreta. Per fortuna era accaduto tutto come per magia, quando aveva battuto la testa azionando involontariamente il meccanismo.

    "Lascia che ti aiuti" Rock puntò la spalla contro la porta e spinse. Cigolando, lo scaffale arretrò e iniziò a roteare sulla sinistra.

    Non appena si creò un varco sufficiente per entrare dentro il cunicolo, Elizabeth lo fermò. "Basta così, ci passo. Non riesco ancora a credere che l'abbia trovato."

    "Trovato... che cosa?" Rock l'afferrò per un braccio costringendola a guardarlo in faccia, l'aria torva. "Tu sai benissmo che cosa c'è lì dentro."

    Lei annuì. Del resto non era mai stata capace di mentire e già si sentiva male abbastanza per le bugie che era stata costretta a raccontargli in precedenza. "Sì, lo so."

    "La storia della governante era tutta una messinscena per intrufolarti nella casa di Aidan."

    "Ehi, aspetta un attimo" lo bloccò lei puntandogli un indice sul petto. "La storia dell'invalido amante di Shakespeare era tutta una messinscena per infilarti nel mio letto."

    "Senza offese ma, se avessi voluto ficcarmi nel tuo letto, l'avrei fatto a prescindere dalle serrature, gli allarmi e i cartelli di divieto."

    "Sono sicura che tu."

    "Raccontare un sacco di bugie per intrufolarti in casa a rubare." concluse con aria di sufficienza Rock, indicando l'apertura dietro di lei.

    "Non avrei rubato nulla. Ne avrei parlato ad Aid. ehm, al signor Conley" replicò Elizabeth emettendo un sonoro sospiro. Era stanca di tutti quegli inganni. "Lì dentro dovrebbero essere nascosti i gioielli di famiglia dei Monclair. Sono appartenuti alla mia famiglia per secoli. Se il signor Conley vuole fermarmi, si accomodi pure. Non ho in mano niente che lui possa far valere dal punto di vista legale. Ma io spererei che lui."

    "Se appartengono sul serio alla tua famiglia, è giusto che tu li abbia" annunciò Aidan entrando nella stanza. Alto, attraente e dall'aspetto così simile a Rock da poter essere scambiato per suo fratello. "E poi, chiamami Aidan. Qualsiasi donna in grado di curare un'impotenza con un aspirapolvere per me va più che bene..."

    Rock rafforzò la stretta intorno al braccio di Elizabeth. "È accaduto qualcosa prima che arrivassi io?"

    Aidan emise un sospiro esasperato. "Stavo scherzando. Lasciala andare a cercare i suoi gioielli."

    Elizabeth lanciò ad Aidan un'occhiata di infinita gratitudine quindi si rivolse a Rock con aria supplichevole. Lui la lasciò andare suo malgrado, anche se sollevato di sapere che non era accaduto nulla con la performance dell'aspirapolvere.

    Elizabeth si rivoltò verso la buia apertura nella libreria e, dopo aver preso un profondo respiro, s'infilò nel cunicolo. Se avesse trovato quei gioielli, avrebbe potuto restituire alla famiglia parte dell'antico splendore, ma soprattutto avrebbe potuto assicurare alla mamma una vecchiaia. Avrebbe pensato ai suoi sentimenti per Rock in un altro momento, quando sarebbero trascorse parecchie settimane e avrebbe rimesso ordine nella sua testa.

    Avanzò nell'oscurità domandandosi se non sarebbe stato meglio spalancare del tutto la porta segreta per lasciar passare un po' più di luce. Rock le stava dietro e lei avvertiva a pieno la sua vicinanza in quello stretto cunicolo buio.

    D'accordo. Avrebbe dovuto occuparsi di gran parte dei suoi sentimenti per Rock in un altro momento.

    Il cunicolo terminava in uno stanzino nel quale c'era un tavolo, una sedia e un baule in mezzo al pavimento. Elizabeth si bloccò davanti ad esso per qualche istante, sopraffatta dall'emozione.

    Rock fischiò debolmente. "Coraggio, aprilo."

    Elizabeth si chinò sul baule accarezzandone il legno consunto. Lentamente sciolse le cinghie che lo chiudevano, infine ne sollevò il coperchio. All'interno c'era un'imbottita ricamata a mano piegata con cura. La sollevò con delicatezza e poi, quando vide ciò che giaceva sotto, raggelò.

    Teli. Ce n'era una pila. Forse sei. Uno con un motivo geometrico intessuto nella trama.

    "Che diavolo è quella roba?" Rock diede voce a quello che lei stessa stava provando: incredulità, delusione, totale sconfitta.

    Elizabeth sollevò il telo con il disegno geometrico. Era rigido e stranamente pesante là dove compariva la scritta Ayre Co., Philadelphia, Pennsylvania.

    "Oh, mio Dio!" Elizabeth fissò con attenzione la tessitura e capì con sconcertante chiarezza che il disegno rappresentava un diamante. "Credo di sentirmi male."

    Rock le si accostò. Lei scosse la testa piegata dalla delusione. "Intendo dire, in senso figurato."

    "Che cos'è? Uno scherzo?"

    "No. Più semplicemente un enorme malinteso." Elizabeth sollevò l'oggetto e scoppiò in una risata di scherno, dettata più dalla tensione nervosa che dalla razionalità: tutti i suoi sogni di aiutare la madre erano improvvisamente andati in fumo, insieme al suo viaggio. "Ecco qui i gioielli dei Montclair: un mucchio di teli intessuti a mano."

    Le parole di Elizabeth non terminarono di riecheggiare dello stanzino che si udì il rumore di una pesante porta chiudersi. Era quella del passaggio segreto che li aveva lasciati intrappolati lì dentro nell'oscurità più completa.
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    Debbyna1972
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    Città: GROTTAZZOLINA
    Età: 51
    Sesso: Femminile
    00 01/06/2007 02:55
    CAPITOLO 8
    Elizabeth urlò non appena udì il tonfo della porta segreta chiudersi dietro di loro. Restare intrappolata in uno stanzino buio con Rock, l'uomo più desiderabile del pianeta, era una situazione dai risvolti... ben precisi.

    "Prima, però, doveva fidarsi completamente di lui. Doveva accertarsi che non fosse alla ricerca di una facile avventura. Era stanca di ritrovarsi col cuore infranto da uomini dal fisico atletico, e lui era uno di quelli che avrebbe potuto spezzarle il cuore più di tutti gli altri.

    "Aidan." Rock era saltato in piedi e, a giudicare dai colpi, stava battendo furiosamente contro la porta della libreria che si era appena chiusa. "Non è affatto divertente. Apri subito questa dannata porta."

    "No. Almeno finché non vi sarete chiariti una volta per tutte" gli rispose l'altro attraverso la porta, la voce attutita ma chiaramente divertita. "Vi do due ore di tempo."

    "Santo cielo, Aidan, che diavolo faremo chiusi qui dentro per..." Rock s'interruppe e seguì una lunga pausa. "D'accordo. Ci vediamo tra due ore."

    "Un secondo dopo Rock ripercorse il cunicolo verso di lei; Elizabeth si fece da una parte, nervosa ed eccitata, finché non si trovò con le spalle al muro.

    "Elizabeth." Lui la chiamò allo stesso modo in cui l'aveva chiamata quando fingeva di essere Aidan. Quel tono che la faceva tremare dentro... "Dove sei?"

    "Sono... sono qui" annunciò lei schiarendosi la gola.

    "Lui le si avvicinò con passo deciso. "Così è perfetto."

    "Perché?" gli domandò lei tremante.

    "Perché non puoi vedermi e potrai giudicarmi solo per quanto sto per dirti e... per quello che tu provi" aggiunse avvicinandosi di un ulteriore passo.

    "Oh..."

    "Come ti senti?"

    "Elizabeth smise di respirare e iniziò a tremare come una foglia. Sarebbe riuscita a dirgli come si sentiva veramente? Dopotutto, Rock era il gentiluomo della sedia a rotelle col quale aveva avuto tante discussioni fantastiche, colui che le aveva toccato le corde più intime. Era anche il brillante scrittore che lei ammirava da anni e, per finire, era quel fusto forte e sexy che le rendeva difficile ragionare chiaramente. Mettendo insieme tutti i pezzi, Rock era la combinazione perfetta di quello che aveva sempre desiderato.

    "Elizabeth?"

    "L'aveva chiamata di nuovo. Questa volta senza quel timbro sexy che la faceva sciogliere dentro, tuttavia bastava quel tono per sentirsi toccata come mai le era capitato con un uomo. E non era tutto. Non poteva negare, infatti, che chi le stava di fronte nell'oscurità esercitava su di lei un primordiale richiamo sessuale cui era difficile sottrarsi.

    "In fondo la scelta era facile. Poteva tentare di difendersi restando sulle sue oppure poteva rischiare ancora una volta il cuore come aveva fatto infinite volte negli anni precedenti. Con la differenza che, in questo caso, avrebbe trovato la vera gioia, il vero amore. Ma...

    "Sono spiacente per l'inganno, Elizabeth, per non averti detto subito che avevo preso il posto di Aidan. Il fatto è che tu rispondevi così bene a lui..." La voce di Rock era bassa e roca nell'oscurità. Si schiarì la gola. "Detestavo starti intorno come me stesso e sentirmi perdente."

    "Elizabeth emise un profondo respiro. L'onestà era un buon punto di partenza. "Non ti ho reso le cose semplici. Non ti ho neppure dato alcuna possibilità fino a quando non ho scoperto chi fossi sotto quel travestimento."

    " Rock sorrise e si avvicinò finché lei, nel buio, non avvertì il suo calore e udì il suo respiro stabile ma accelerato. Allora s'irrigidì e restò in attesa di sentire le sue mani sul suo corpo.

    "Al contrario, lui la baciò sulla bocca senza metterle una mano addosso. Dolci, teneri baci che crebbero di intensità finché non fu lei ad aggrapparsi a lui, debole e ansante, sopraffatta da un desiderio così intenso per il quale sarebbe stata pronta persino a morire.

    "Rock si staccò nonostante il mormorio di protesta, ed Elizabeth avvertì che lui si era inginocchiato dinanzi a lei. "Rock?"

    "Sto stendendo la coperta imbottita."

    " Elizabeth, in piedi nell'oscurità, tremò. Lui dava per scontato che facessero l'amore. Ma questo era ciò che lei voleva? Il suo corpo certamente sì, ma la sua mente? Il suo cuore? Era decisa a sopportare quel rischio?

    "Ecco."

    "Elizabeth drizzò le orecchie. Adesso udì uno strano rumore di trascinamento di piedi, come se lui fosse ancora sulle ginocchia e...

    "Due braccia forti l'afferrarono in vita adagiandola gentilmente sul pavimento, accanto a lui, sulla coperta coloniale. Rock infilò le calde mani sotto la camicetta e le slacciò il reggiseno, quindi iniziò ad accarezzarle la schiena fino alle spalle e poi i morbidi seni. "Oh, Elizabeth..."

    "Istintivamente lei s'irrigidì nonostante avesse tentato di non farlo. Ma quello era il momento in cui gli uomini, persino i più onorevoli e mossi dalle migliori intenzioni, perdevano la testa e facevano commenti irripetibili.

    " Ti amo."

    "Lei restò dapprima senza fiato, poi si sciolse nel vero senso della parola. Si sciolsero la sua mente, i suoi abiti, il suo corpo nudo contro quello di lui. Tutto quello che sapeva era che lui l'amava e le mani sul suo corpo la stavano facendo sentire una donna consapevole della propria femminilità.

    "Poco dopo, anche lui rimase nudo e si unirono in una deliziosa agonia di piacere, muovendosi insieme per trasformare il buio che li circondava nella loro versione privata del paradiso. Poi, provando una sensazione mai conosciuto prima, raggiunsero insieme l'appagamento. Un po' di tempo dopo, quando entrambi tornarono sulla terra, Elizabeth seppe che lui aveva fatto l'amore con lei, non con il suo corpo e a quella consapevolezza per poco non esplose dalla gioia.

    "Ti amo anch'io, Rock."

    "Allora lui si girò su un fianco e l'attirò a sé, la baciò con passione e tenerezza, e infine le passò un dito sulle labbra. "Voglio offrirti l'Inghilterra, Elizabeth. Ho deciso di affittare un appartamento a Londra per il prossimo agosto. Ti mostrerò tutto. Potremo vivere Shakespeare insieme."

    "Elizabeth si morse il labbro, l'improvviso senso di euforia evaporato dinanzi alla cruda realtà. Lui era il favoloso scrittore di successo e professore universitario. Lei era una semplice insegnante con una madre cui badare. Lui l'amava, era vero, ma desiderava portarla in Inghilterra, pagarle il biglietto aereo, il soggiorno, il vitto e lei avrebbe potuto contraccambiare il tutto nella camera da letto.

    "Elizabeth strinse gli occhi lasciando scivolare sul volto lacrime di frustrazione. Se solo i gioielli di famiglia fossero ammontati a qualcosa di più di una semplice beffa... Forse adesso non si sarebbe sentita così presa. Forse era solo l'orgoglio dei Montclair, forse la sua paranoia, ma lei avvertiva la necessità di sentirsi un po' al suo livello. "Rock, ti ringrazio, ma non mi sentirei a mio agio sapendo che tu mi paghi tutto. E poi, non posso lasciare mia madre."

    "Potrei trovare qualcuno che si prenda cura di lei. Di sicuro non le farebbe piacere sapere che tu resti a casa per colpa sua. E poi, il denaro non è un problema"

    " "Tranne quando non ne hai." Elizabeth cercò il volto di lui nell'oscurità e mesta gli accarezzò la linea decisa della mascella. "Mi dispiace, Rock. Adoro l'idea di recarmi in Inghilterra con te un giorno, ma dovrà essere alle mie condizioni."

    "Una serie di colpi la fecero sussultare.

    "Fine del tempo a vostra disposizione. Qual è il verdetto?" proruppe la voce di Aidan attraverso la parete della libreria.

    "Rock si alzò in piedi e tirò la camicia da sotto il corpo di lei. "Ecco, arriviamo."

    "Elizabeth sollevò gli occhi al cielo e dopo essersi messa seduta incominciò a rivestirsi infilandosi il reggiseno e le mutandine. Si sentiva felice e triste allo stesso tempo. L'uomo dei suoi sogni l'amava: aveva tutte le ragioni per sentirsi al settimo cielo. Ma la realtà della sua condizione non l'avrebbe abbandonata. Quei gioielli sarebbero stati la sua salvezza, e invece...

    "Dimmi quando sei pronta" le sussurrò Rock.

    "Elizabeth indossò alla cieca gli abiti e poi, sebbene non fosse del tutto sicura di averli messi correttamente, diede il suo okay.

    "Siamo pronti" annunciò Rock. Quindi Elizabeth lo sentì avvicinarsi alla porta. All'improvviso udì una specie di scoppio seguito da uno scricchiolio e uno strano suono simile a quello di sassolini che si sparpagliavano in terra. In quell'istante la porta del passaggio segreto si spalancò e un fascio di luce penetrò nella stanza lasciando Elizabeth interdetta.

    "Che cos'era quel rumore?" disse fissando il pavimento. La tela con intessuto sopra il diamante giaceva in terra rotta dalla pressione del peso di Rock e sparpagliati intorno ad essa in un luccichio abbagliante c'erano...

    "Diamanti." Elizabeth pronunciò la parola senza neppure rendersi conto di quanto era appena accaduto. Le cure mediche per la madre, l'onore della sua famiglia, il suo viaggio in Inghilterra, Rock. "Oh, mio Dio! I diamanti!"

    "Rock fischiò e si inchinò per raccoglierne uno delle dimensioni di una prugna. "Da' un'occhiata a questo."

    "L'Andias." Elizabeth s'inginocchiò accanto a lui e fissò con occhi sgranati le dimensioni di quella pietra.

    "Rock le sollevò la mano sinistra e sistemò l'enorme brillante sull'anulare. "Che cosa ne pensi? Può bastare?"

    "Lei avvertì una scarica elettrica. Intendeva dire che... "Rock?"

    "Credo proprio di sì" annunciò lui con un sorriso. Poi si fece serio e con sguardo tenero e vulnerabile aggiunse: "Vuoi sposarmi la prossima estate in Inghilterra, Elizabeth? Che ne dici di affrontare il viaggio il mese prossimo per organizzare il matrimonio, ora che finalmente sei venuta in possesso dei gioielli di famiglia?"

    "Oh, sì! Sì!" Le lacrime le spuntarono sugli occhi e lei non le trattenne. Aveva trovato il prezioso bottino di famiglia ma soprattutto qualcosa di infinitamente più importante. "Perché tu sai bene mio caro cuore / Tu sei il gioiello più prezioso e bello. Sonetto numero..."

    "Centotrentuno." Rock l'attirò a sé e la baciò a lungo, con crescente passione, premendola contro il suo corpo nuovamente eccitato. "Che ne dice, signora Shakespeare, vuole tornare nel nascondiglio con me?"

    "Lei rise e gli lanciò un'occhiata di sfida. "Credevo mi amassi per la mia testa."

    "Lui le rispose con un sorriso, lo sguardo una promessa di quel lieto fine cui lei non aveva mai smesso di credere. "Ti amo per ciò che sei, Elizabeth. Solo per tutto quello che sei."

    "Questa è pura... poesia" Elizabeth gli lanciò le braccia al collo e lo baciò con passione, ancora incapace di credere come tanta felicità fosse entrata nella sua vita in così poco tempo, ma certa più che mai che sarebbe durata per sempre.

    FINE