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La leggenda di Grotta Cola (Abruzzo)

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    ale3000
    Post: 67
    Amico della Montagna
    Giovane Escursionista
    00 06/10/2006 19:45
    Quante volte, dai racconti degli anziani dei nostri paesi marsicani, affiorano leggende e spaccati di un mondo fantastico e magico, tradizioni orali tramandate di padre in figlio che sono parte integrante della cultura locale. In una terra che, come la nostra, ha vissuto vicende politiche, economiche e sociali del tutto peculiari, la cultura in senso stretto non può non coincidere con la cultura popolare (come ebbe a dire un noto studioso delle nostre terre). I racconti degli anziani vanno quindi non soltanto raccolti, trascritti e valorizzati, ma attentamente studiati, perché la loro sostanza nasconde in realtà verità antiche, arcaiche e ancestrali. Uno di questi viene raccontato spesso dagli anziani di Cappadocia , e tratta di una leggenda che chiama in causa la Grotta Cola, sito preistorico che si apre sulla parete del Monte Arunzo che guarda verso la Valle di Nerfa. Si racconta che all’interno della grotta è sepolto il tesoro dei briganti, la cui custodia è affidata a un famelico serpente costretto da tempo immemorabile a fare la guardia al prezioso bottino. Colui che, temerario, coraggioso e incurante della paura diffusa del serpente, ardirà di ritrovare e riportare alla luce il tesoro, non dovrà far altro che raggiungere l’ingresso della grotta a mezzanotte. Lì dovrà invocare il serpente, recitando la seguente formula: “Esci Portogallo che sono solo!”. Lì inizierà la vera prova a cui il temerario dovrà sottoporsi: il serpente striscerà dall’interno della grotta, raggiungerà il coraggioso, lo avvinghierà e inizierà a risalirne il corpo per fermarsi soltanto all’altezza del volto. Qui, dopo averlo fissato un istante, si avvicinerà ancora al suo volto per baciarlo in fronte. Se il coraggioso e temerario personaggio avrà superato questa prova, se sarà riuscito a mantenere la calma senza fuggire alla sola vista del serpente, allora sarà degno di dissotterrare il tesoro dei briganti. Una volta baciata la fronte dell’ardito protagonista, il serpente ridiscenderà a terra, e inizierà a strisciare verso la grotta, fino a fermarsi per indicare il punto preciso dove è sotterrato il tesoro. Il coraggioso protagonista della prova inizierà quindi a scavare nel punto preciso indicato dal serpente, fino a ritrovare, finalmente, il tesoro dei briganti. Nel preciso istante che il tesoro sarà accarezzato dalla pur flebile luce della luna di mezzanotte l’anima dannata prigioniera del serpente sarà liberata, e il malefico prodigio sarà sciolto .
    Ora questo sembra uno dei tanti banali racconti che gli anziani delle nostre terre amano raccontare a tavola, spesso dinanzi ad abbondanti bicchieri di vino, per spaventare gli ascoltatori, soprattutto se bambini. Ma se analizziamo attentamente l’essenza del racconto e della leggenda, ritroveremo interessanti riferimenti alla storia e alle vicende arcaiche della nostra terra. Tanto per cominciare la figura principale è quella del serpente, il cui richiamo evidente è al culto della divinità marsa incantatrice dei serpenti, la dea Angitia. La grotta è un ulteriore elemento non casuale, in quanto (e c’è da considerare che stiamo parlando della Grotta Cola, cioè di un sito preistorico abitato fin dalla notte dei tempi) probabilmente all’interno della stessa si praticavano sacrifici animali legati ad antichi culti della popolazione marsa. La vicenda dei briganti è un ulteriore, tardo elemento, che va ad innestarsi sulle vicende più antiche, in quanto sappiamo bene come il brigantaggio abbia caratterizzato un momento importante della storia recente delle nostre zone (quindi il ricorrente e frequente richiamo ai tesori nascosti dei tanti briganti che hanno taglieggiato le genti delle nostre zone). La leggenda del serpente di Grotta Cola è uno dei tanti riferimenti magici di una terra come la nostra, che ad onta dei cambiamenti globali della nostra epoca, tesi ad omologare e a far perdere le tracce della cultura popolare locale, resiste e continua a conservare quei tratti caratteristici delle genti che per secoli, millenni, hanno abitato le selvagge e sincere montagne della nostra magica e affascinante regione marsicana.


    NOTE:

    Esistono però diverse versioni della leggenda. Ad esempio a Petrella Liri si racconta che il luogo che si deve raggiungere per incontrare il serpente, non è la Grotta Cola, bensì la cosiddetta “Fonte dei ladri”, una piccola sorgente che si trova sul Monte Arunzo. Questa versione vuole che per impossessarsi del tesoro protetto dal serpente, bisogna vendere a quest’ultimo, che rappresenta il diavolo, la propria anima.


    Tratta dal libro Storia di Cappadocia, Petrella, Verrecchie, di Alessandro Fiorillo
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    Sittlieb
    Post: 7.267
    Signore della Montagna
    00 06/10/2006 20:10
    Re:

    Scritto da: ale3000 06/10/2006 19.45
    La leggenda del serpente di Grotta Cola è uno dei tanti riferimenti magici di una terra come la nostra, che ad onta dei cambiamenti globali della nostra epoca, tesi ad omologare e a far perdere le tracce della cultura popolare locale, resiste e continua a conservare quei tratti caratteristici delle genti che per secoli, millenni, hanno abitato le selvagge e sincere montagne della nostra magica e affascinante regione marsicana.



    Giusto .. w le tradizioni, io sono contrarissima alla globalizzazione intesa come piallatrice delle differenze, è giusto che ogni popolo/paese/valle conservi il suo dialetto, leggende e tradizioni [SM=x948575] .

    Concordo sul discorso dell'achetipo della grotta e del serpente/drago, sono figure che si trovano sin dalle origini dell'uomo nei suoi miti più antichi.

    [Modificato da Sittlieb 06/10/2006 20.11]

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    "Tu hai una tale voce, o grande montagna, da annullare gli inganni e i dolori, voce non da tutti compresa, ma che i grandi, e i saggi e i buoni interpretano, e profondamente sentono, e fanno sentire agli altri". P.B. Shelley

    "Fatto stupendo o cosa strana! L'orso. La belva si fa umana.
    Stupor maggior che l'uomo nato, in belva or cerchi esser cangiato."