00 23/04/2007 19:04
LA STAMPA
23/4/2007
GUERRA DI TOGHE
Così volevano bloccare Woodcock
Il procuratore generale contro il pm: "False accuse e contatti con gli indagati"
ANTONIO MASSARI
POTENZA


Una guerra intestina scatenata contro la sua stessa procura e contro John
Henry Woodcock, il pm più celebre di Potenza, l’uomo dei riflettori e di
Vallettopoli, delle inchieste spettacolo ma anche della lotta alle truffe
contro lapubblica amministrazione. Una guerra feroce, scatenata addiritttura
dal procuratore generale, Vincenzo Tufano. Su di lui, sulle sue azioni e sulle
sue omissioni nella gestione della giustizia a Potenza, indaga ora la procura
di Catanzaro. La madre di tutte le battaglie fra toghe comincia nel 2005,
quando a Potenza l’avvocato Donato Pace sembrava l'unico in grado di «fare la
guerra» alla Procura e a Woodcock.

Con questa singolare motivazione, Tufano consigliò al colonnello dell’Arma
Pietro Gentili, a quei tempi indagato da Woodcock per favoreggiamento, di
rinunciare al suo difensore di fiducia e di scegliere Pace. Non era un processo
da poco: si trattava di un caso d'omicidio che vedeva imputati altri
carabinieri. Perché Tufano, il procuratore generale, caldeggiò la nomina di un
avvocato capace di «fare la guerra» a Woodcock e ai suoi stessi uffici? In
quell’inchiesta spuntarono intercettazioni che toccavano direttamente la
Procura generale, frasi che l'accusa non esitò a giudicare millanterie, ma che
forse misero in affanno sia Tufano, sia il suo sostituto Modestino Roca, visto
che gli intercettati sostenevano che Gentili avrebbe potuto «intervenire presso
di loro». Un affanno sufficiente a spingerli a indicare l'avvocato «giusto» per
l'indagato.

Gli interrogatori
L'episodio è stato messo a verbale due settimane fa nella procura di
Catanzaro, dinanzi al pm Luigi De Magistris, che sta indagando su un presunto
«comitato d'affari» in Basilicata e che ha iscritto, nel registro degli
indagati, cinque giudici delle procure lucane. Tufano al momento non risulta
indagato. Ma a insinuare sospetti negli investigatori sono state proprio le
dichiarazioni rese da quattro giudici della procura di Potenza: oltre a
Woodcock sono stati ascoltati - come persone informate sui fatti - il pm
Vincenzo Montemurro, e i gip Alberto Iannuzzi e Rocco Pavese. E proprio uno di
loro ha raccontato la storia. Riportando il racconto di un altro avvocato,
Donatello Cimadomo, i magistrati ricostruiscono la vicenda: il colonnello
Gentili incontrò Tufano nella sua stanza, insieme al sostituto Roca. Nel
frattempo Cimadomo, contattato per assumere la difesa, attendeva l'indagato per
formalizzare la nomina. Poi il colpo di scena. Roca e Gentili cambiano idea:
nessuna formalizzazione. Ma a quanto pare sarebbe stato proprio Tufano a
consigliare il nome di Pace.

«Mi meraviglia che il Csm non abbia ascoltato l'avvocato Cimadomo - dice oggi
il procuratore capo Giuseppe Galante -. Tufano dichiara che si tratta di un
fatto inesistente: quindi dovrebbero essere ascoltati entrambi. Io intravedo
dei profili penali e ho già rappresentato questa storia al Csm nel luglio 2006.
Ma finora, per quanto ne so, non è accaduto nulla». I giudici raccontano che
Tufano avrebbe preso più volte, p ubblicamente, posizioni in favore degli
avvocati contro i magistrati. Soprattutto contro Woodcock, Iannuzzi e
Montemurro. Tufano avrebbe invitato il prefetto di Potenza a intervenire perché
Woodcock, ai tempi dell'inchiesta su Vittorio Emanuele di Savoia, avrebbe
fornito ai giornalisti una « password» per accedere alle notizie della Procura.
Un'accusa ai limiti della «barzelletta», secondo i quattro giudici ascoltati a
Catanzaro, che invece mettono sul piatto silenzi inquietanti. Il procedimento
«Basilischi»: misure cautelari eseguite otto anni fa, rinvio a giudizio nel
2000. Ancora oggi - per la più imponente inchiesta contro la criminalità
organizzata in Lucania - il dibattimento non è ancora finito. Si profilano
danni erariali e indennizzi per l'eccessiva durata del processo eppure - dicono
i giudici - Tufano non ha mai mosso un rilievo.

Idem per l'inchiesta sui brogli elettorali di Scanzano Jonico, condotta dal pm
Felicia Genovese (indagata da De Magistris per abuso d'ufficio). I giudici
sentiti a Catanzaro precisano: gli arresti non hanno coinvolto alcuni
personaggi, che presero parte alla designazione dei presidenti di seggio
«compiacenti». Il sospetto? Che sia stato un atto di riguardo verso un alto
livello politico e amministrativo. Sul pm Felicia Genovese, però, Tufano non ha
mai mosso rilievi. E il colonnello Gentili? La «guerra», finora, non gli è
andata granché bene. E’ stato rinviato a giudizio.




INES TABUSSO