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LA STAMPA
27/2/2007
INTERVISTA
Taormina: "Lascio la Franzoni, solo Dio farà la giustizia"
L’avvocato Taormina dopo l’abbandono della difesa
"Cercava a mia insaputa una strategia per salvarsi"
MASSIMO NUMA
TORINO

Amareggiato? No. Direi che mi sono tolto un peso...». E’ lo sfogo del professor Carlo Taormina, il giorno dopo l’annuncio che non sarà mai più il difensore di Anna Maria Franzoni. Una rottura totale, in cui gli aspetti personali sono in un certo senso pari ai contrasti nati sulle questioni tecnico-legali legati al processo di Cogne.

Professore, dunque è un abbandono vero. Molti hanno pensato a una tattica...
«Assolutamente no. Lascio il processo in Corte d’Assise e i due procedimenti ancora pendenti ad Aosta, quello che riguarda la posizione della persona di Cogne indicata come l’autore del delitto dai coniugi Franzoni-Lorenzi e quello contro i Ris di Parma, per la sparizione di un frammento osseo. La ragione è che si sta procedendo in una direzione, ad acquisizioni processuali, che rischiano di pregiudicare in modo irrimediabile l’esito del processo».

Può spiegare meglio?
«Nel corso di incontri che posso definire clandestini, cioè a me ignoti, tra il professor Carlo Torre e l’avvocato Paola Savio, che s’è affiancata alla difesa senza neppure avere l’educazione di informarmi di questo passo, è emersa questa pista, cioè che a fracassare il cranio di Samuele sarebbe stato il tacco di una scarpa da montagna. E’ la tesi elaborata da tempo da Torre, che però non aveva mai comunicato i risultati all’autorità giudiziaria. Mi domando se è giusto. Ma il punto non è questo: già i miei periti avevano scoperto l’impronta di uno scarpone sulla coperta. Ma, detta così, la ricostruzione della nuova difesa di Anna Maria rischia di essere un boomerang. Chiunque avrebbe potuto indossare o impugnare la grossa calzatura, presente in tutte le case di montagna. Quindi, erano fattori da valutare con estrema cautela. Temo che l’esito del processo, a questo punto, potrebbe essere una condanna o il riconoscimento dell’infermità mentale. Comunque, una rovinosa sconfitta».

Questi sono gli aspetti tecnici. E poi?
«Beh, un’altra motivazione addotta dai Franzoni-Lorenzi per affiancare la collega Savio, a cui auguro ogni fortuna, mi sembra francamente un’irrisione per la Corte. Pare che, essendo l’avvocato torinese, sarebbe accolta con più favore o più simpatia dalla Corte, rispetto a un catanese... Non credo che la stessa idea della piemontesità ne esca bene, da una situazione del genere, che ovviamente non corrisponde alla realtà. Ma noi "terroni" preferiamo andarcene. E’ anche una questione di stile».





Sembra di cogliere, dalle sue parole, una profonda delusione per il comportamento di Anna Maria Franzoni.
«Guardi, il termine "amareggiato" non è quello più giusto. Intanto mi sono levato un peso, continuare una difesa con le premesse di prima sarebbe diventato un compito impossibile, contro la mia stessa coscienza. Ma lei provi a immaginare il mio stato d’animo, dopo cinque anni di lavoro, di aperto contrasto con la magistratura che non ha affrontato il caso in modo sereno, con i periti e gli inquirenti che hanno commesso gli errori noti. Io credo ancora fermamente nell’innocenza della signora Franzoni. Certo la gratitudine umana è quello che è...».

Appunto. Sembra un voltafaccia. Lo è?
«Non esattamente, perchè mi era stato detto del ruolo che avrebe assunto la Savio. Ma che i signori Franzoni-Lorenzi abbiamo incontrato più volte, a mia insaputa, Torre e Savio, mi ha profondamente addolorato e deluso. Credevo di meritare, almeno, più rispetto. Io sono credente, cattolico e so che il Padreterno, alla fine, farà giustizia di tutto. Io che devo rispettare la segretezza che mi impone il mio ruolo di legale, la mia etica personale, mi faccio da parte. Sa perchè mi spiace, che sia finita così? Volevo bene ai due piccoli di Anna Maria, ho lottato tanto anche per restituire loro una madre libera dal peso di quell’accusa. Questo mi fa male».

Conferma che non presenterà la parcella?
«E’ un concetto espresso più volte dalla Franzoni ma non è vero. Sto esaminando anche questo aspetto. Se si pensa al tempo che ho dedicato alla causa, ai viaggi, alle spese sostenute, beh, credo che vada affrontata anche questa parte, non secondaria, del processo di Cogne. E poi non si può esercitare la professione forense a titolo gratuito».


INES TABUSSO