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LA STAMPA
26 gennaio 2006
Silvio, famiglia e Cary Grant: «Volevo essere lui»
Jacopo Iacoboni


Quando a Lord Brooke chiesero «chi altro avresti voluto essere, se non fossi stato Lord Brooke?», rispose «solo un uomo: Sandokan». Formulata analoga domanda a Silvio, ha risposto: «Avrei voluto essere Cary Grant».
In una campagna elettorale in cui anche il familismo sembra un film (anzi, uno sceneggiato) ieri il presidente del Consiglio era in turno ai microfoni di Rtl, dove ha approfondito un copione già sviluppato da Bonolis il giorno prima. Ha detto che gli piacerebbe essere ricordato (sulla lapide) con un epitaffio tipo «era una persona buona e giusta», esattamente la frase che mamma Rosa non si stanca di ripetergli, rimproverandolo di «essere troppo buono e fiducioso negli altri, che è sicuramente un gran difetto soprattutto nel lavoro che faccio ora...». Il premier si è lagnato del «poco tempo che passo in famiglia», salvo aggiungere che viene «speso intensamente». Ha parlato del suo superlavoro, ammettendo di essere «un pochino stressato» e riconoscendo che un suo difetto (ma quanto assomiglia a un pregio!) è quello di sobbarcarsi quantità di lavoro inaudite, dunque di «voler far sempre credere di essere un po’ Superman»: come quella volta che, operato alle 8,30 del mattino di ernia, alle cinque del pomeriggio era «già alla scrivania». Ha quindi ammesso che non gli sarebbe dispiaciuto essere «un po’ più bello, come Cary Grant, o Gary Cooper».
Ha, in definitiva, mostrato il volto di un uomo normale, un papà di famiglia, che s’appassiona di botanica (novità), s’improvvisa dj, «sono l’unico milanese che scrive canzoni in napoletano», persino uno conscio di qualche sua debolezza fisico-atletica, e insomma: quello che la sua tribù non può non amare. Resta da capire quanto sia estesa, oltre appunto al nucleo familiare.
C’è un’acuta percezione dello spirito dei tempi, nel Berlusconi del nuovo familismo mediatico. L’Italia della campagna elettorale permanente ama lo spirito di conventicola ma ha visto transitare, in questo quinquennio, una buona dose dell’esatto contrario: la famiglia divisa e movimentata, le due Moratti, Letizia e Milly, contrapposte nella corsa per Milano; fratelli e sorelle che se ne cantano di tutti i colori, come Bobo e Stefania Craxi, uno a sinistra e l’altra a destra; o si dividono, come i fratelli Martino, lui con Forza Italia, lei, Carla, con i radicali nel centrosinistra. Altri illustri parenti vanno in giro dicendo «non sono io la sorella di, è lui che è mio fratello», come la signora Angiola, sorella del ministro dell’Economia Tremonti. Berlusconi invece no.
Va in tv da Bonolis e racconta della figlia ottima filosofa, «Cacciari m’ha detto che è la migliore allieva che abbia avuto»; va alla radio e parla di mamma Rosa: lei si rammarica perché il figlio ha costruito una tomba ad Arcore «ma la giunta di sinistra non gli ha dato il permesso di usarla, l’è cussì bella, ha tanti posti...», lui si rammarica per gli orari tiranni che lo tengono lontano da casa. Si duole, anche, di non andare a cena fuori praticamente mai, salvo che con un paio di amici, Fedele Confalonieri e Gianni Letta; che anzi, si apprende, «è anche il vero primo ministro, l’anima di Palazzo Chigi»...
Alcune cartucce erano già state esplose in altre occasioni, per dire, il racconto dell’eroismo di mamma Rosa durante l’occupazione tedesca (per esempio quando impedì a un ufficiale delle SS di portar via una donna ebrea destinata al campo di sterminio), o quello delle zie suore «che mi rimbrottano ancora adesso se non mi faccio bene il nodo della cravatta», o il commento su Barbara, figlia-filosofa. Però proprio Barbara aveva detto in un’intervista recente (a Verissimo) di «non essere ancora pronta per la politica», e dunque un altro Berlusconi col buzzo dell’attività pubblica il Cavaliere l’ha dovuto indicare, ancora, in mamma Rosa: «Si sta appassionando anche lei alla politica». Gli hanno raccontato che in un club di Forza Italia ha fatto un discorso di 45 minuti senza bere un sorso d’acqua, «ecco spiegato da chi ho preso»; dove è parso chiaro che la signora non avrebbe mai e poi mai scambiato il figliolo con un Cary Grant qualsiasi.
Vittorio Emanuele II era il primogenito di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e di Maria Teresa d'Asburgo Lorena. Nacque a Torino, fu principe di Piemonte, duca di Savoia e re di Sardegna dal 1849 al 1861 e quindi re d'Italia dal 1861 al 1878Umberto II di Savoia (Racconigi, 15 settembre 1904 - Ginevra, 18 marzo 1983) è stato luogotenente del regno dal 1944 al 1946 e Re d'Italia dal 9 maggio del 1946 al 2 giugno dello stesso anno, anche se da molti viene contestato che possa essere effettivamente considerato come re.
INES TABUSSO