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Rémi Hess ci ricorda che il termine walzer fu usato nel 1754 nella commedia di Josef Kurz, e precisamente "nella canzone di Bernardon (su una musica in 3/8)". (Hess Rémi, Il valzer. Rivoluzione della coppia in Europa, Torino, Giulio Einaudi, 1993,traduzione di Eliana Vicari). Nel 1766 lo stesso termine comparve nel minuetto di una sonatina di Franz Joseph Haydn, precisamente nella didascalia "mouvement de valzer". Giovanni Calendoli riferisce che "nel 1782 C. von Zangen publica un trattato sulla nuova danza intitolandolo Etwas uber das Walzen".(Calendoli Giovanni, Storia universale della danza, Milano, Mondadori, 1985). Si tratta di tre anteprime: infatti, fino alla fine del Settecento, il termine tedesco walzer non fu ufficialmente adottato per indicare un ballo codificato. Con tale termine si intendeva inizialmente definire, quindi, non una danza che già avesse delle precise regole e dei propri schemi, ma solo un modo particolare, estemporaneo o tendenziale, di ballare.

In tedesco walzen vuol dire rigirarsi (in inglese il termine corrispondente è waltz); e quindi si può presumere che, nei casi sopra citati, il termine walzer stesse ad indicare una serie di giravolte eseguite in perfetta armonia con le basi musicali. Molti studiosi, fra cui lo stesso H. S. Hampshire, sostengono che per centinaia di anni, in tanti balli popolari le coppie hanno eseguito movimenti di costante rotazione, mantenendo una posizione ravvicinata. In realtà, in ogni danza con battute di tre battiti, i giri vengono fuori quasi naturalmente, al di là delle codificazioni. Fra le popolazioni dell'Europa centro-meridionale i balli con ritmo ternario sono esistiti fin dall'inizio del secondo millennio.

Curt Sachs afferma che "la prima documentazione della parola Walzer" è Weller, una danza in tondo che si eseguiva durante le feste nuziali in Germania, definita 'sfrenata' dal maestro cantore di Norimberga Kunz Has, nel 1525.


Il valzer fu presentato per la prima volta in palcoscenico nel 1787, all'interno dell'opera Una cosa rara, di Vincent Martin, al Theater an der Wien. Ciò dimostra che, a quella data, il popolo era già ben disposto verso tale ballo. Come danza autonoma cominciò ad affermarsi all'inizio del XIX secolo, conquistando sempre più adepti, nonostante i moralisti ne parlassero come di un ballo pericoloso e per la morale e per la salute. Esso aveva un movimento moderato con accentuazione della prima unità di battuta. Solo successivamente da Andante diventò Allegro.

La diffusione di questo ballo, rapportata alle 'politiche' ostili delle Autorità, ne fa capire tutta l'intima forza.

Al 1760 risale un importante documento, rinvenuto in Baviera, che vietava espressamente le "walzende Tanze".

Nel 1767 J.M. de Chavanne, parlando a nome dei maestri di danza, condannava il valzer in quanto non rientrante nella tipologia della buona danza.

Nel 1785 il Walzer fu vietato in Boemia (con specifico provvedimento della corona) per motivi morali ed igienici.

Curt Sachs (op. cit.) riporta la descrizione che ernst moritz arndt fa di una scena di valzer nel libro Reisen durch einen Teil Teutschlands, Ungarns, Italiens und Frankreichs (Leipzig, 1804): la coppia balla "così strettamente allacciata" volteggiando "in un atteggiamento sconvenientissimo". A proposito dei danzatori che tengono sollevati i lembi dei vestiti delle dame, nota che "la mano (del maschio) che tiene il vestito poggia ben ferma sul petto della donna premendo con lascivia ad ogni piccolo movimento". Il giudizio sulle donne non è da meno: "Le ragazze poi avevano uno sguardo folle o sembravano prossime al deliquio".

Proprio questi divieti ufficiali stanno a dimostrare il successo che il ballo aveva conseguito nelle varie regioni europee: esso era entrato a far parte delle abitudini del popolo. Alla gente piaceva sempre di più. A dire il vero cominciava a fare breccia anche nelle menti più aperte della nuova cultura. Curt Sachs sostiene che agli inizi dell'Ottocento si avverte una stanchezza generalizzata per le vecchie danze europee ed inglesi. Si sente il bisogno di balli popolari forti, capaci di esprimere le passioni, le emozioni, i giochi dell'amore. "Ciò che quest'epoca cercava si poteva trovare nei dreher, nei saltarelli, nei landler o nei valzer che da tempo indeterminato esistevano nella Germania meridionale pronti a lasciare le loro valli e i loro villaggi, appena fosse suonata l'ora". (Curt Sachs, Storia della danza, Milano, Il Saggiatore, 1966). Il valzer riportava l'estasi, l'ebbrezza, il rapimento. Questa sua natura ne spiega il veloce successo, "la sua rapida accoglienza da parte della borghesia tedesca". Perfino la difficile Inghilterra finì per adottarlo (1812).

Il valzer fu nobilitato dai grandi della musica:

Danze Tedesche di Mozart (1789),

12 Walzer di Haydn (1792),

Danze Tedesche di Beethoven (1796),

Landler di Beethoven (1799),

Danze Tedesche di Weber (1801).

Il boom del Valzer si ebbe con la Rivoluzione francese che scoppiò alla fine del XVIII secolo e le cui ripercussioni varcarono i confini della Francia per investire quasi l'intera Europa. La Rivoluzione francese affermò i principi della libertà e dell'eguaglianza: il ballo, che era stato vietato per tanto tempo, rappresentò una delle prime manifestazioni della nuova filosofia di vita. Non a caso, le rivolte contadine trasformarono in sale da ballo molte chiese e molti monasteri. In tutte le feste, spontanee o organizzate, del popolo inneggiante agli ideali rivoluzionari, il ballo principale era il Valzer. Questo ballo fu amato anche dalla borghesia e dall'esercito. Gli autori di L'ABC DEL BALLO (MONDADORI, 1997) Regazzoni_Rossi_Sfragano scrivono che "le truppe napoleoniche lo fecero conoscere a tutta l'Europa, travolgendo le resistenze dei moralisti". Essi ricordano inoltre che il valzer sopravvisse anche al crollo dell'impero di Napoleone. "La restaurazione dei vecchi regimi non significò il ritorno delle danze nobili". Re e regine ne furono innamorati.

Alcuni studiosi hanno fatto notare che la stessa architettura del Valzer ha un contenuto sociale egualitario. Nel loro encomiabile testo LA STORIA DEI BALLI, Marlon Giuri e Simona Griggio sottolineano egregiamente tale aspetto:

(Il Valzer) "Tecnicamente non presentava alcuna differenza d'esecuzione per uomini e donne, poichè quel che contava non era l'emergere della differenza sessuale ma la fusione dell'uomo e della donna nella coppia. Entrambi gli esecutori compivano i medesimi passi in perfetta sincronia: l'uno di fronte all'altra, abbracciati, volteggiavano insieme a destra e a sinistra, girando attorno alla sala in senso antiorario. La ricerca del baricentro di coppia è alla base di tale uguaglianza tecnica: l'uomo e la donna nel valzer si fondono in un unico movimento per poter effettuare la rotazione e acquistare la velocità desiderata." Questo concetto non deve essere frainteso nel senso che si alterna la funzione di guida. E' sempre del cavaliere l'onere del condurre. Non è da condividere, pertanto, l'affermazione di Regazzoni_Rossi_Sfragano quando sostengono che il valzer "è stato il primo ballo di parità sessuale, nel senso che nella sua esecuzione dama e cavaliere si alternano alla conduzione".

In un altro passaggio fondamentale del loro libro, Marlon Giuri e Simona Griggio ci ricordano l'importanza del parquet: "L'accentuazione del ritmo del valzer è strettamente connessa all'invenzione del parquet che, permettendo ai ballerini di scivolare meglio sul terreno, provocò la scomparsa dell'elemento saltato che fino ad allora caratterizzava il valzer."

Sul piano strutturale la musica del Valzer ebbe una svolta importante grazie a Hummel che costruì una forma più complessa di componimento formato da tre elementi fissi: Introduzione, Walzer vero e proprio, Coda.

Il Valzer di Hummel era meglio articolato, con i periodi (di 48 battiti) ben collegati fra di loro. Forse senza volerlo, Hummel diede inizio alla fase della maturità del Valzer che diventò espressione artistica di alto livello. A partire dalle sue opere si attivarono in parallelo due percorsi musicali separati:

il valzer ballabile,

il valzer come composizione pura.

Nell'ambito del ballabile coesistevano il Lento e l'Allegro. La composizione dell'orchestra era predeterminata dalla scelta del genere musicale. Per i brani ballabili era sufficiente un'orchestra 'leggera', quella che oggi chiamiamo orchestrina. Il filone del valzer ballabile si sviluppò in modo particolare a Vienna dove ebbe interpreti illustri come i Lanner e gli Strauss. Furono scritte opere di grande respiro; e quando lo stesso Strauss-padre con la propria orchestra andò a suonare a Parigi e a Londra, fu tale l'entusiasmo suscitato dalla sua musica che automaticamente scoppiò anche in queste città la febbre per il nuovo ballo.

Il periodo di massimo splendore del Valzer come ballo si ebbe con Strauss-figlio. Questi, da grande e raffinato artista qual era, si propose (riuscendovi in pieno) di adattare la musica del Valzer ai valori mondani del suo tempo. Con tale intento si allontanò sempre di più dalla dimensione classica di Beethoven o romantica di Weber e Schubert per creare una sintesi perfetta tra momento musicale e momento coreico (Alla famiglia STRAUSS dedico un intero paragrafo all'interno della sezione TEORIE A CONFRONTO).

Fin dal 1800 Vienna tributò grande successo a questo genere musicale che in realtà rappresentava la fedele interpretazione della sua mondanità. Le varie trasformazioni ed elaborazioni tecniche che hanno fatto del Valzer il ballo che oggi conosciamo sono nate nella capitale asburgica. Ricorda Rémi Hess che "ai tempi del Congresso di Vienna, la danza riveste una grandissima importanza. I nobili europei sono ben decisi a riprendere al popolo tutte le libertà che ha conquistato dal 1789; ma al tempo stesso, ballando il valzer, assaporano il piacere di trasgredire alle regole della loro classe". "Il Congresso di Vienna ridisegna i nuovi confini dell'Europa. Al tempo stesso si trasforma però in un enorme corso di ballo, della durata di cinque mesi, e rappresenta lo strumento di istituzionalizzazione del valzer in tutti i paesi europei". (Hess Rémi, Il valzer. Rivoluzione della coppia in Europa, Torino, Giulio Einaudi, 1993, (traduzione di Eliana Vicari).

In tutta la seconda metà del XIX secolo il connubio danza-musica trovò nel Valzer lo strumento interpretativo artisticamente più elevato. E il Walzer tenne banco non solo nell'Europa continentale, ma anche in Inghilterra ed in America.

Con l'avvento dell'Operetta, il Valzer del filone 'ballabile' conobbe un ulteriore impiego, incanalandosi nei circuiti del divertimento e puntando soprattutto su valori melodici più che artistici. Contemporaneamente, l'altro filone spiccava il volo verso valori ideali fino a sfociare nella lirica pura, attraverso la musica dotta di Berlioz (Damnation de Faust), Liszt (Mephisto), Gounod (Faust), Cajkovskij (La Bella Addormentata nel bosco), a cui si devono aggiungere brani indimenticabili di Chopin, Brahms, Schmitt, Ravel, Stravinskij. Ma questa è un'altra storia.

Da quanto detto si capisce perchè il Valzer si chiama Viennese. Si deve comunque riconoscere alla Francia il merito di aver dato un contributo fondamentale alla affermazione di tale ballo e di averlo amato fino in fondo. E' sintomatica la vicenda relativa al capolavoro di Johann Strauss An der schonen blauen Donau (Il bel Danubio blu), il più affascinante e il più famoso dei 170 valzer da lui scritti:

Quando nel 1867 uscì tale opera, nel mondo viennese del ballo l'accoglienza fu tiepida, in quanto si trattava di un valzer da concerto, difficile da ballare, come tutte le solenni melodie caratterizzate da pause numerose e lunghe introduzioni.

Nello stesso anno, alla Esposizione Universale di Parigi, questo pezzo riscosse un successo inimmaginabile: fu presentato, accolto e promosso come il valzer più bello di tutti i tempi. Da quel momento diventò il simbolo stesso del Valzer.

A Boston nel 1872 "fu eseguito con un'orchestra di 1.087 strumenti, un coro di 20.000 voci, 200 direttori d'orchestra e un pubblico di 100.000 persone".(L'ABC DEL BALLO, Regazzoni_Rossi_Sfragano).

Attraverso i decenni, il Valzer Viennese ha mantenuto le sue caratteristiche fondamentali ed è riuscito a sopravvivere non solo a due guerre mondiali, ma alle grandi rivoluzioni che nel corso del XX secolo si sono verificate nel mondo delle danze. Il maestro Alex Moore lo definiva ai suoi tempi "uno dei balli più attraenti", presente in tutte le gare, anche quando queste non erano regolamentate in maniera uniforme. La "musica ispirata" rendeva questo ballo "gradevole da ammirare".

Nel corso degli anni, a fronte del successo sempre crescente del Valzer, diversi furono, nei vari paesi, i tentativi di contaminazione o di imitazione di tale ballo (Un discorso a parte è riservato, in questo sito, al Valzer inglese, all'interno della sezione STORIE DI BALLI):

Valzer scozzese (GERMANIA): un misto di valzer a due passi e giri tipici del viennese.

Boston (USA): valzer moderato, caratterizzato da giri e da passi avanti e dietro.

Valzer musette (PARIGI): valzer a contenuto sociale. Con accompagnamento di fisarmonica, si cantavano la tragedie umane delle metropoli di inizio secolo (1900).

Waltzer a due tempi (Russia): consta di due passi. Il primo è strisciato e si esegue sui primi due battiti (lento); l'altro è scacciato e si balla sul terzo battito.

Waltzer saltato: si esegue saltando alternativamente su ciascuno dei piedi. Il cavaliere parte col sinistro.

Waltzer Louis XV: si tratta di un mix tra valzer e minuetto.

Oggi il Valzer Viennese è una delle cinque Danze Standard. In Italia è presente anche nel Liscio Unificato come danza tradizionale del nostro paese, assieme a Polka e Mazurka. In forma brillante lo si ritrova nel liscio romagnolo e piemontese e in tante interpretazioni, suonato anche più velocemente rispetto alle previste 56-58-60 battute al minuto.






Solo due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana e non sono sicura della prima