00 24/08/2006 17:04
In un passato remoto
esisteva un popolo di guerriere,
accertato storicamente
soprattutto nelle terre tra
l'Europa e l'Asia...
...questo era
il popolo delle
Amazzoni.

La parola “matrimonio” deriva da “madre”, non da “padre”. Ciò perché nel nostro passato le cose andavano diversamente da come vanno oggi. Nell’antica Grecia, all’inizio dei tempi, in molte zone dell’Egeo, era la donna a capo della famiglia. Nella stessa mitologia greca troviamo traccia di tali usanze. Le origini del matriarcato vanno ricercate nell’antica isola di Creta e in Licia. A Creta si venerava uno Zeus figlio di Rea, senza padre, dio “mortale” discendente da un’unica dea “immortale”. Infatti, sull’isola si troverebbe la tomba del dio che, una volta morto, venne seppellito, ritornando così alla Madre Terra, per l’appunto Rea. Creta è la “terra madre” per eccellenza (al contrario di “patria”, da “padre”). In tutte le culture antiche era venerata una dea Madre, cui radice del nome, nella maggior parte dei casi, era Lar-, Led-, Las-, Lat-. Latona ad esempio era la madre di Apollo; Leda, la madre mortale di Elena (di Troia); nella lingua licia, “leda” significa proprio “madre”. Dalla “Madre Terra” di Creta discendono tutti gli uomini e tutti sono fratelli. Per questo chi uccideva un altro uomo si macchiava di “paricidium”, termine che sopravvisse fino ai Romani per poi assumere altro significato, a livello più familiare. Inizialmente, il paricida era il comune assassino, in quanto il termine derivava dalla parola “pario”, cioè “partorire”, quindi veniva messo in risalto l’atto generativo da parte della madre.

Era considerato un atto sacrilego. Il paricida non poteva essere sepolto, perché in tal caso sarebbe ritornato alla madre terra. Veniva messo in un sacco insieme ad un serpente, oppure ad un cane, un gallo o una scimmia e gettato in un fiume. Fin dai tempi dell’antico Egitto, il Nilo straripava periodicamente inondando le terre adiacenti e rendendole fertili. Ciò veniva visto allo stesso modo di una fecondazione. L’acqua rappresentava il seme maschile, ecco perché la mitologia egizia vedeva il fallo di Osiride “disperso” nelle acque del Nilo, mentre la terra era la donna, che riceveva il seme nel suo “grembo” e lo faceva germogliare. Per questo Talete ed Omero vedevano l’acqua come primo elemento, origine della vita e di ogni cosa. Dall’acqua marina giunse a Creta il toro poseidonico che fecondò Pasifae, sposa di Minosse, trasformata in mucca, con l’aiuto di Dedalo, per essere fecondata. Da questa unione nacque Asterio, il Minotauro, sconfitto successivamente da Teseo. Nel matriarcato, il marito o il padre avevano poca importanza e i figli prendevano il nome dalla madre. La stirpe greca dei Molionidi derivava ad esempio da Moliona, gli abitanti di Locri venivano detti Epizefiri, da “Zefiritide”, uno dei nomi di Afrodite. Al matriarcato erano collegati dei simboli. La luna, quindi la pietra lunare, per questo la Medusa, regina delle Gorgoni, si dice fosse in grado di “pietrificare” chiunque guardasse; Pitagora collega al matriarcato il numero 2, in quanto tale numero è quello della femminilità, dell’eguaglianza e della giustizia: la suddivisione di un numero pari in due parti porta al “concepimento” di altri due numeri uguali. I numeri dispari invece sono propri del maschio, indivisibile, incapace di generare. Al matriarcato è legata la vita e la morte, che sono ancora 2 facce della stessa medaglia, così come la legge del taglione, ad ogni causa corrisponde un effetto, ad un agire, un soffrire, quindi si tratta di un diritto sanguinario, che assicura sempre agli dei del sottosuolo 2 corpi, quello della vittima e quello del giustiziato (in quanto colpevole di paricidium).



Durante la processione di Iside, in Egitto, il quarto sacerdote portava il calco della mano sinistra di Iside, la mano della giustizia, intesa come legge della morte. La sinistra è il lato femminile, la destra quello maschile. A Cuzco, in Perù, la città era disposta su due assi, quello di sinistra, ove sorgeva la piramide della Luna, sepolcro della regina, e quello di destra, ove si trovava la piramide del Sole, dedicata al Sovrano, l’Inca. Ritornano ancora il Sole e la Luna, l’uno simbolo dell’uomo, l’altro della donna. L’uno, simbolo del patriarcato, l’altro simboleggiante il matriarcato. Ma la diade è connessa con la triade. Se il numero 2 è femminile, il 3 è la perfezione, in quanto è l’unione del 2 (donna) e dell’1 (uomo). Il cosmo stesso era pensato come un triangolo. Ancora fino ad un recente passato, l’uomo era visto come la perfezione rispetto alla donna, che non era altro che una “versione mal riuscita” del primo. Ancora al tempo di Galeno (II sec. d.C.), si credeva che non esistessero due sessi diversi, ma uno solo. L’unica differenza stava nel grado di perfezione: la donna era un essere che non aveva raggiunto la perfezione che aveva l’uomo ed i suoi genitali erano rimasti atrofizzati, come gli occhi delle talpe. Questo, si credeva, accadeva per una “mancanza di calore”. Infatti, ancora nel rinascimento, e forse oltre, si credeva che una donna potesse diventare uomo, ma non viceversa, in quanto era solo possibile tendere verso la perfezione, non il contrario. Gli uomini che diventavano donne tutt’un tratto erano condannate al pari degli eretici. Al matriarcato è legata la ginecocrazia, ovvero il potere della femmina sul maschio. Il più classico esempio di ginecocrazia sta nel mondo animale. Le api sono un “popolo” di amazzoni. Il solo compito dei fuchi maschi è quello di fecondare l’ape regina, successivamente, al termine del loro compito, questi vengono uccisi dalle api femmine. Nell’antichità, sparsi in diverse zone, esistevano diversi popoli che basavano il loro diritto sulla ginecocrazia.

Le amazzoni erano popolazioni composte quasi esclusivamente da sole donne organizzate senza la presenza di uomini (o comunque, la loro presenza non era rilevante, in alcun senso). Seguivano le antiche leggi telluriche del matriarcato e vedevano la convivenza tra sole donne come la più perfetta. Tale particolarità aveva avuto origine all’interno delle società guerriere, quando l’uomo era costretto a stare molto tempo lontano da casa per combattere e, di conseguenza, era la donna che doveva stare a casa e fare da capofamiglia; doveva badare al fuoco domestico, ai figli, ai campi e partecipare alle assemblee cittadine. L’uomo tornava a casa solo di tanto in tanto, in quanto era impegnato, per la maggior parte del tempo, in battaglia. In questo tipo di società nacque la ginecocrazia e la vita amazzonica, nonché l’eterismo, ovvero la pratica sessuale indifferenziata, vista solo come un sacrificio al quale era portata la donna, con l’unico scopo di dare un futuro al proprio popolo (come valeva per l’ape regina).

Le donne, le amazzoni, accettavano ospiti di sesso maschile solo in certi casi e periodi, e solo per necessità, come nel caso delle donne di Lemno, che ospitarono Giàsone e gli Argonauti e poi si unirono ai Minii. Giacevano con questi uomini e speravano di rimanere incinte al primo amplesso. I figli maschi che nascevano, nella maggior parte dei casi, venivano uccisi. Ma, probabilmente, potevano anche essere venduti come schiavi. Le femmine venivano cresciute e abituate alla vita amazzonica fin da piccole. Popolazioni di amazzoni erano presenti in Africa, nell’Egeo e in Asia. Ancora al tempo di Alessandro Magno, esisteva il regno della regina Candace in India. L’esistenza di regni amazzonici vicino l’India è attestata dai racconti dei cronisti di viaggi in Cina. Nella storia dell’umanità ci sono state, di volta in volta, uomini che hanno scritto la parola “fine” al capitolo dell’Amazzonismo. Ricordiamo Teseo, Perseo, Eracle, che lottarono contro le Amazzoni e le sconfissero, imponendo il patriarcato. Perseo lottò contro Medusa, Eracle combatté due campagne militari contro gli Elidi. Quando l’amazzone Clita seppe della morte di sua figlia Pentesilea sotto le mura di Troia, partì col suo popolo, ma le tempeste la spinsero in Italia, ove fondò una città chiamata Clita. Le regine che si susseguirono vennero tutte chiamate Cliti. Queste Amazzoni vennero sconfitte da Crotone. La fine violenta degli antichi regni ginecocratici è evidentemente la regola. Al patriarcato, che subentrò grazie ad Eracle, Achille, Perseo, Teseo, Dioniso, etc. è direttamente connesso il simbolo solare (in contrapposizione alla luna), la vita (al contrario della morte) e lo spirito (invece del corpo). Ad esso è collegato il dio Apollo, dio solare, e la dea Atena, nata “dalla testa di Zeus”, quindi, senza madre. Al patriarcato è legato anche il numero 7. Licia trovò le ossa di Oreste e le portò a Sparta in una bara lunga 7 cubiti. Prima dell’ottavo canto dei cigni cantori del Pattolo, Latona mise al mondo Apollo sull’isola di Delo. La sua lira avrà 7 corde. Oreste è direttamente collegato al patriarcato, in quanto matricida. Vendicò l’assassinio di Agamennone, suo padre, ucciso in un complotto da Clitemnestra, sua madre, e dal suo amante. Oreste, per aver ucciso la madre, dovette subire la vendetta delle Erinni, 5 titani, ma ottenne la protezione di Apollo. Un caso simile è quello di un altro matricida, Alcmeone, il quale uccise la madre Erifila, colpevole di aver ucciso suo marito Anfiarao (il quale dopo morto venne “inghiottito” dalla terra, ritornando quindi nel suo grembo), essendo stata sedotta dal fratello Adrasto. Presso questi antichi popoli matriarcali l’unione tra fratello e sorella era vista come la più perfetta. Basti pensare a Osiride ed Iside in Egitto, a Zeus ed Era in Grecia o addirittura all’interno della civiltà precolombiana degli Incas. Al tempo di Sesostri, l’Egitto annoverava molte tribù di donne guerriere. Mirina, regina delle amazzoni, stipulò un patto di alleanza con gli Egizi. Qui, regnava il matriarcato. Chi giaceva con la regina, poteva divenire Faraone. Importante era quindi l’atto fisico, carnale, tipico dei popoli antichi e tellurici, legati alla Madre Terra. Solo la vergine di Amon dava al Faraone l’erede al trono. L’uomo dominava solo sul piano spirituale, infatti non esistevano sacerdotesse, solo sacerdoti. Così some la regina Candace, in India, senza marito sono anche la regina di Saba (Bilquis) e Semiramide, una vera e propria amazzone. L’incontro tra Bilquis e Salomone può essere paragonato a quello tra Candace ed Alessandro il Grande. Questi cercava un unione non solo politica del mondo allora conosciuto. Tolomeo, suo generale, creò il dio Serapide, in cui convogliavano tratti della religione egizia e della mitologia greca. Alessandria d’Egitto era la città dei 5 colli (2 + 3), cioè, la città dell’unione tra matriarcato e patriarcato, la città della perfezione. Alessandro incontrò anche altre amazzoni, come Talestri e Minizia. Personalità storicamente accertate sono Tomiri, Zarina, Sparetra, tutte regine di regni amazzonici in Asia. Lentamente, questi regni volsero al termine, sia pacificamente, sia violentemente. Con l’avvento di Roma, l’amazzonismo concluse definitivamente la sua parabola, divenendo così solo ricordo e leggenda.