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Antichi e nuovi misteri

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  • Lucifero
    00 29/03/2006 12:23
    Gli itinerari di antiche ricostruzioni storiche, che gli scritti di M. Saunier fanno intravedere, possono rivelarsi d’aiuto, per quanti ricercano la relazione tra gli antichi Cerimoniali Iniziatici ed il ricordo che se ne è conservato nelle metafore della Massoneria.

    Il segreto della Sfinge
    La Sfinge è il simbolo supremo di ogni iniziazione e racchiude tutti gli insegnamenti del passato. Il mito dice che sia nata dalla sapienza della razza Rossa (atlantidea), per trasmettere l’insegnamento: «L’uomo, per superare la propria natura inferiore deve saper osare, volere, sapere e tacere.»

    Solo l’iniziato intende ciò che proferisce la Sfinge: «Guardami! Sono la forza intelligente che emana dal Gran Tutto. Osservami! Ho il corpo da leone! Poiché un tempo non ero che un animale, una forza cieca della natura. Ma la luce fu fatta in me, ed io ho osato e voluto intendere ciò che distingue l’uomo dall’animale: l’Intelligenza radiosa che dorme nella mente. Tuttavia non ho voluto rinnegare la mia origine, e ho conservato il corpo di leone, e sono divenuta la Sfinge dalla testa d’uomo. Che il passante che mi interroga sappia, dunque, che la testa è l’Arca santa, dove l’Intelligenza s’è addormentata offuscata dai grevi vapori della materia. Sia risvegliata la Dea dell’Intelligenza, che darà all’uomo i mezzi per domare il Serpente del Desiderio. Allora, padrone del suo corpo di leone, egli diverrà una testa pensante e le sue labbra, come le mie, sorrideranno alla Vita. E come me, contemplerà impassibile sia l’oro del tramonto che il turbine nero del deserto solcato dai lampi, poiché, se il suo corpo apparterrà alla Terra, la sua mente abiterà nei Cieli.

    Ora che tu sai, taci! Prendi esempio da me, sii enigmatico, poiché la Forza risiede nel silenzio e la Verità non può che generare la follia in menti troppo deboli per comprenderla. Per altro, cosa sono gli uomini se non leoni ruggenti dell’insaziabile fame dell’egoismo? Che diverrebbe la Scienza Reale fra le loro mani, se non folgore maledetta che tutto distrugge? Essi, come già fecero in tempi più antichi, se ne servirebbero per distruggersi.

    Resti, dunque la scienza, racchiusa nel prezioso Tabernacolo dell’Iniziazione, perché, è meglio restare nell’ignoranza che sapere per opprimere il prossimo.

    Taci, dunque, taci. Che l’età dell’oro non è ancora giunta. Siamo all’età dell’argento e, lentamente, soltanto i più validi s’incamminano verso l’epoca gloriosa, ove tutti, padroni del loro corpo di leone, saranno tanto evoluti da poter ricevere la Sapienza e servirsene senza pericolo. Fino a quel giorno, l’Iniziazione è necessaria, e un abisso deve esistere fra l’Iniziato e il passante.»


    I misteri di Iside
    Per essere introdotti ai misteri di Iside, occorreva dar prova di coraggio, di volontà e di senso della morale. Lunga era la serie delle terribili prove che si dovevano superare. Il candidato doveva saper vincere la propria carne, morire alle gioie sensuali della terra, per risorgere nella luce del Sole Levante[1]

    In una notte di Plenilunio, l’aspirante si recava da solo, nella piana di Giza, dove si ergeva la grande Piramide (questa era considerata il simbolo d’unione tra cielo e terra, tra infinito e definito, con il suo vertice nell’elemento Aria, l’intelletto; e la sua base - quadrata - nell’elemento Terra, la fisicità). Allora, dominando l’emozione, saliva fino al sedicesimo grado, dove, dalla parte del Nord, simbolo dell’Ignoranza, si apriva una finestrella che dava su una bassa galleria a volta.

    Una lampada ardeva sull’entrata. Il candidato doveva prenderla, e avanzare carponi in un corridoio umido a forma d’imbuto. Il cunicolo sboccava sopra un pozzo da dove saliva un fumo denso e nero, quasi asfissiante, che spesso bastava a far rinculare sui propri passi l’indeciso. Invece, chi persisteva restando sul limite dell’abisso, vedeva improvvisamente sorgervi un Iniziato che gli faceva segno di seguirlo. Dopo, discendevano entrambi una scala, sino a raggiungere un’apertura che si apriva su un sentiero intagliato nella pietra. Alla sua fine vi era una porta di bronzo che, spinta dal candidato, si apriva senza rumore. Poi, dopo il suo passaggio, gli si richiudeva alle spalle, lasciandolo prigioniero del Tempio e delle Prove.

    Una volta entrato, l’aspirante non aveva scelta. Poteva solo avanzare, superare le prove o morire. Era ormai murato e già cadavere, e se voleva vedere la luce occorreva che resuscitasse.

    Gli era richiesto di fare testamento. Poi, senza più l’ausilio di una guida sicura, si avventurava per un’oscura galleria le cui ombre parevano spettri che lo attorniassero. Quelle tenebre, con le sue ombre, evocavano nell’immaginazione il regno dei trapassati. Alle sue orecchie erano fatti giungere frastuoni terribili, con singhiozzi, gemiti e scricchiolii di ossa. Ma questo non era ancora tutto. Domato lo sbigottimento, il neofita doveva proseguire il cammino che, dopo un tratto, veniva sbarrato da tre uomini, che gli si presentavano afferrandolo alla gola, gridando: «Passa, se osi!».

    Il neofito doveva lottare contro i suoi avversari, e se ne usciva vincitore, riprendeva la strada che, d’un tratto era sbarrata da una fornace. Ma non era quello l’ultimo ostacolo. Altri ne comparivano a sbarrargli il passo, e lui inciampava, cadeva, rantolava, aggrappandosi alla vita con disperazione, ma senza mai fermarsi.


    Chi completava il viaggio, giungeva infine in una grande sala, ornata delle statue di Osiride, Iside ed Oro. Sulla parete spiccava un Triangolo fiammeggiante, che racchiudeva uno splendente Occhio fatto con un grosso diamante. Improvvisamente, apparivano alcuni sacerdoti vestiti di paramenti rituali che lo salutavano così: «Tu hai vinto la natura grezza: gloria a te! Ringrazia Iside perché ti rinforzi per le Prove che ancora ti aspettano. Confessa i peccati davanti a quest’occhio che è l’Occhio di Dio».

    Apparivano, allora, tre Iniziati vestiti di rosso. Erano i tre Giudici infernali Minosse, Eaco e Radamante, venuti per raccogliere la confessione dell’aspirante, per assolverlo, dopo avergli presentato tre coppe. La prima conteneva la bevanda dell’Oblio, l’altra quella della Memoria e la terza quella dell’Eterna Verità. Egli doveva bere un liquido amaro, a cui seguiva una bevanda mielata, che gli faceva dimenticare il disgusto del primo.

    Dopo questa prova, il neofito riprendeva il cammino misterioso, dove era nuovamente fermato da uomini che, come pedaggio, gli chiedevano di riempire di ciottoli botti senza fondo e a far rotolare in salita dei pesanti cilindri di pietra. Durante queste fatiche, alcune donne comparivano per strappargli le vesti flagellandolo con delle verghe. In questa prova gli era dimostrata l’inutilità di molti sforzi in cui ci si applicava nel mondo profano e, allo stesso tempo, serviva a manifestare il controllo di cui era capace sulla collera e sulle passioni.

    Superate queste furie, un Anziano lo faceva risalire, introducendolo in un Tempio, dove poteva rivedere la luce diurna. Ma quando ogni prova sembrava essere compiuta, ecco apparire delle donne leggiadre che, ricoperte solo di leggerissime garze, gli offrivano coppe di vino. E se egli tentava di sfuggirgli, loro gli sbarravano la strada invitandolo a seguirle. Come per un supplizio di Tantalo, corpi voluttuosi lo circondavano di sensualità e d’ardore, e l’Intelligenza iniziava la sua lotta col desiderio. L’anima si confrontava col corpo e l’immortale voleva allontanarsi dall’abbraccio mortale!

    La battaglia era decisiva, e se il neofita ne era vinto, restava schiavo del Tempio e cacciato per sempre dalla Luce. Se invece riusciva a vincere le proprie passioni, dimostrava di essere morto alle seduzioni terrene e resuscitava alla Via della vita interiore. E solo questo lo faceva essere “accettato” tra gli altri Iniziati.

    Vittorioso, era condotto in una cripta dove, sulle pareti erano tracciati i Simboli eterni. Questo segnava l’inizio della sua età probatoria che durava ventidue anni. Ogni anno introduceva ad una nuova scienza che si richiamava ad un Arcano maggiore (del Libro di Tot-Ermete, divino scriba degli Dei). Ogni Arcano Maggiore era raffigurato in una pittura simbolica che, sintetizzando un insegnamento, prendeva il nome di Lama ed era incisa nell’oro.

    Ogni Lama d’oro, era una pagina del Libro di Ermete, estensore della scienza dell’Universo, e l’Iniziato conseguiva il supremo grado di Hierophante solo dopo aver conquistato l’insegnamento riposto in ognuna di loro.

    Il ricordo delle antiche vestigia raffigurate nelle 22 Lame finirono per degenerare nei Tarocchi che, seppure maneggiati da mani profane, terranno nascosta sotto i veli d’una invisibile allegoria, la saggezza degli antichi Iniziati.

    Dopo l’Accettazione, aveva luogo la sua iniziazione ai Misteri minori, con una Cerimonia che avrebbe segnato indelebilmente il suo animo profano, suggellando la santa Alleanza con lo spirito solare posto dentro il suo petto (detto, perciò, plesso solare). Allora, egli moriva come Osiride per poi resuscitare in Oro.

    Durante la Cerimonia, il candidato era condotto in un sepolcro, dove nell’ombra era posto un sarcofago vuoto. Lui vi si coricava e gli astanti ne piangevano la morte. E poiché la sua carne non era altro che putridume, la sua anima discesa in terra, iniziava il suo doloroso cammino nel mondo delle Ombre.

    Lo Hierophante (l’Iniziatore), facendogli bere una pozione di Soma (un estratto di pianta psicotropa N.d.R.), lo faceva cadere in un sonno profondo (alterazione coscienziale N.d.R) che durava tre giorni. Nella “fuoruscita astrale” che ne seguiva, l’iniziando percepiva quanto poteva esserci oltre la comune coscienza di veglia: il concetto di sovrasensibile, gli avrebbe ispirato altre sensazioni sottili, come quella della presenza dell’anima.

    Al suo risveglio, trasmutato dal contatto con immagini mentali tanto distanti da quelle prodotte nell’ordinaria fisicità, finiva per apprezzare la vita con sentimenti più profondi e ad osservarla con occhi diversi da prima.

    Questo dava corpo ad un diverso e più distaccato punto di vista con cui interpretare la vita. Una nuova vita irradiata dalla luce di Oro, il Sol che si leva, da Osiride resuscitato da Iside e dall’Intelligenza innamorata della Verità (la santa Sophia degli gnostici). Come simbolo del suo nuovo destino, gli era conferito un nuovo nome, che solo i Fratelli avrebbero riconosciuto. Poi, il corteo dei Fratelli della Luce, lasciava ritualmente la Piramide uscendo per la porta di Mezzogiorno, con canti inneggianti ad Iside.

    L’iniziazione ai Misteri minori non aveva lo scopo di rivelare all’iniziato l’Eterna saggezza, ma serviva solo ad indicare la Via che vi conduceva. Attraverso prove, ancora solamente fisiche, si selezionavano i candidati, rimandando al mondo profano i titubanti, i deboli ed i timorosi. A chi restava, fu insegnato che tacere, era il miglior mezzo per resuscitare l’Agnello (simbolo di Ram e del regno dell’Ariete) e conservare la purezza dell’Eterna saggezza.

    Sull’esempio dei piccoli Misteri (di Iside) e dei Misteri maggiori (di Osiride), altri Iniziati eressero Templi in tutti i paesi (ad es. la scuola di Pitagora in Magna Grecia) dove, in ricordo degli insegnamenti di Ram[2], anche le donne erano ammesse al ruolo di sacerdotesse.

    Iniziati, donne ed uomini, potevano unirsi in matrimonio, ed i loro figli crescevano nell’amore per la Scienza. In tal caso, venivano dedicati alla Trinità celeste ed erano chiamati: Figli di Dio.

    La loro istruzione durava sino ai trenta anni, e solo ai quaranta potevano accedere ai Misteri Maggiori.

    Alcuni tra loro, per diffondere ad altri popoli l’amore per l’Eterna saggezza, si univano con le figlie di quelle genti, affinché, i figli di quelle donne potessero diventare le loro guide.

    La tradizione popolare ha sempre definito orfani i grandi ispiratori dell’umanità e vedove le loro madri, perché i loro padri e mariti, si erano volutamente ammantati di un’apparenza così conforme a quella di un qualsiasi altro uomo, da rendere dissonante la loro presenza con il mito che seguiva la comparsa di quelle guide portentose.

    Da Ram ad Hiram, la storia di un messia simbolico
    L’insegnamento metaforico alla base del grado di Maestro Costruttore, racconta della condotta immorale di tre cattivi Compagni che, per proprio tornaconto, uccisero il loro Maestro, di nome Hiram.

    Hiram (Hi: vivo, Ram: elevato), anche lui figlio di madre vedova, è il progenitore ideale ed il messia spirituale di tutti gli Edificatori di Templi.

    A seconda del cammino scelto, gli antichi misteri prevedevano per il postulante prove di diversa natura. Ogni cammino iniziatico svelava un Mistero ed ogni mistero esprimeva una scuola ed il suo Tempio elettivo.

    Come nell’antichità, anche la cerimonia d’iniziazione a Maestro Libero Muratore (3° grado della Piramide iniziatica composta di 33 gradini) rappresenta la rinascita spirituale che avviene nell’atto dell’elevazione a maestro. Ogni rinascita iniziatica è connessa alla resurrezione, nell’animo dell’iniziato, dello spirito del Maestro. Una resurrezione spirituale che viene rappresentata simbolicamente nello psicodramma del cerimoniale d’iniziazione al 3°grado.

    Ma per risalire alle fonti del mito, bisogna considerare che ogni Scuola iniziatica (misteriosofica e religiosa erano due entità originariamente inscindibili), usava manifestare la sacralità della propria origine, con un avvento portentoso che era la raffigurazione exoterica ed antropomorfa del passaggio ad un nuovo stadio del progresso umano.

    L’avvento comunemente usato era quello di una divinità fattasi uomo per apportare nuovi ideali ad un particolare gruppo umano. Dio o semidio che fosse, egli nasceva sempre da donna ma senza padre, perché, nel sistema arcaico e patriarcale, la mancanza di una figura maschile evidenziava, nell’immaginario comune, com’egli fosse privo dell’influenza terrena che la presenza paterna, invece, avrebbe caratterizzato esemplificandone, così, l’origine divina di facoltà che facevano di lui una guida con qualità straordinarie, venuta per educare, mondare ed iniziare l’umanità.

    Il suo esempio spirituale, però, veniva tradito dalle passioni dei suoi beneficiati che finivano per sacrificarlo, uccidendolo per timore della dissomiglianza di cui era latore.

    Ogni tradizione attesta il ciclico passaggio di un salvatore. Restauratore e divulgatore di un modello spirituale unico, accomunante e perenne.

    Il Maestro Hiram, rappresenta uno spirito partecipe all’Opera dell’universo. Dispensatore di saggezza e Maestro d’Arte, il Maestro Hiram promulga ad “Operai, Compagni e Maestri” i segreti della costruzione cosmica ed universale. Ed anche i maestri massoni potranno trarre la stessa sapienza “leggendo” le pietre delle sacre rappresentazioni.

    Hiram è il maestro spirituale dei Costruttori che incidono nella pietra l’immagine del sacro. Anch’egli tradito ed ucciso dall’insipienza di cattivi discepoli, diventa il messia di una realtà interiore che viene trasmessa alle forme di un Tempio creato ad immagine e somiglianza di una Gerusalemme, per edificare in terra, virtù celesti dimenticate.


    I Misteri di Hiram
    Il Saunier descrive i Liberi Muratori come iniziati attenti a ricordare, nella loro arte, l’antica scienza dei simboli. E sempre ispirandosi alla leggenda d’Osiride, modellarono uno psicodramma che testimoniasse la spiritualità che animava i Costruttori di Templi. Nacque, così, il Maestro Hiram. Guida di tutti i costruttori che con Riga, Squadra e Compasso concorsero all’innalzamento della grande Piramide.

    Venne ucciso da tre cattivi Compagni, che rappresentano la depravazione dell’arte muratoria. Ma la morte, per l’iniziato è solo un’illusione della materia, perché nessuna essenza muore ma soltanto si trasforma e rinasce. Ed anche i bianchi fiori d’acacia che apparvero sulla sua tomba, restano il segno della sua immortalità spirituale. Perciò, l’Acacia è rimasto l’emblema dell’iniziato che risorge dal sarcofago, come Osiride rinasce in Oro.

    Durante l’iniziazione, il nuovo maestro deve giurare sul feretro sanguinante del proprio Maestro, di non aver partecipato all’immondo delitto che, altrimenti, ne avrebbe macchiato per sempre lo spirito che ravviva e affratella ogni maestro.

    Nella simbologia della tradizione iniziatica, la figura di Ram è ricordata nel segno del Rinnovamento (l’Era dell’Ariete) con cui si volle realizzare un progetto per il bene dell’umanità. Quello di applicare all’etica sociale i principi della grande Piramide che sino ad allora era stata solo un grandioso teorema matematico e simbolo di una Religione cosmica i cui significati erano rimasti d’esclusivo appannaggio di una classe di potere privilegiata e ristretta.

    Fu così che Ram, nella sua idea di rinnovamento, provò a determinare un’equa distribuzione sociale dell’antica saggezza.

    In principio, la Piramide era la rappresentazione di una gerarchia matematica che conteneva le matrici geometriche di tutte le forme: partendo dal Punto, per arrivare alle diverse Stelle paradigmatiche, segni d’antica scienza.

    Dal Punto metafisico posto all’apice della Piramide sorge l’Angolo, le cui linee divergenti rappresentano i principi mascolino e femminino dell’Unità. Ma distanziandosi tra loro, le sue due linee si esaurirebbero nell’infinito senza manifestare alcuna forma se una terza linea non s’intersecasse ad impedire la divaricazione, trasformando, così, l’Angolo in un Triangolo.

    Il Punto metafisico, dunque, è la rappresentazione dell’eterna Unità, dove coesistono Tre elementi sensibili che lo rendono manifesto: lo Spirito-Padre, la Materia-Madre ed il Moto-Figlio.

    Per corrispondenza, il vertice della Piramide è il Grande Costruttore dell’Universo, il suo corpo ne è il Tempio (nell’espressione della sua gerarchia creativa) e la base quadrata è il mondo delle forme sensibili, e la sua forma comprende la Croce che si sviluppa sino ad assumere la forma di una Stella a 12 punte.

    Molti significati scientifico-religiosi trovavano una concretizzazione nell’applicazione di una gerarchizzazione sociale che si distingueva per una ben definita geometricità delle sue divisioni.

    Affinché il popolo potesse accedere più facilmente alla conoscenza, Ram ritagliò simbolicamente la Piramide, traducendone i significati in miti inscritti nel cielo. Le forme meravigliose che rivestivano di mistero ogni mito, avevano lo scopo d’impressionare l’immaginazione di menti troppo deboli per trattenere concetti espressi in forme e principi troppo avanzati per la comune razionalità.

    Specchio di una inafferrabile realtà interiore, il Cielo divenne, dunque, il libro sacro del popolo e oggetto di ogni poetica contemplazione di quei miti sopravvissuti al tempo ed alle età. Le cui metafore, però, contengono sempre gli stessi antichi significati che non sfuggiranno all’occhio capace di penetrare le loro forme simboliche.

    Tra le corporazioni che costituivano la gerarchia piramidale di Ram, quella degli Edificatori di Templi divenne in breve preminente. Costruire un Tempio secondo gli antichi simboli, era un’opera di scienza posta sotto gli auspici di un ideale di Bellezza. Per questa ragione gli Architetti ed i Maestri Muratori erano iniziati (v. Mosè, anch’egli Costruttore della Piramide) versati nella scienza, nell’arte e nella cosmogonia. Membri considerevoli della società, la cui missione exoterica era quella di realizzare opere sacre che fossero d’insegnamento alle folle che dovevano essere guidate. Così, pur restando nell’ambito di competenze exoteriche e sociali, essi si riunivano in una Associazione a sé stante, con riti, cerimonie e prerogative particolari.

    Presero a proprio simbolo la Coppa che rappresentava il Triangolo della Piramide e la chiamarono Hiram, che significava “costruire secondo l’insegnamento di Ram”.

    Quanto agli strumenti di lavoro, anch’essi scaturivano dal Triangolo. Il Compasso rappresentava le due linee che dal Punto e si perdono nell’Infinito. Ed affinché il Compasso generi una forma, occorre che una linea lo trasformi in Squadra; la linea orizzontale è la Riga, i cui gradi definiscono l’Angolo, mentre nel Filo a piombo era raffigurata il principio della gravità che influenza e dirige la forza in ogni sua forma.

    Così, i Costruttori, con i simboli della propria arte, costituirono un contenitore dove la scienza della Piramide è ancora racchiusa.




    La leggenda della triade egiziana «Osiride-Iside-Oro», narra di Osiride (regno di Ram, o dell’Agnello, ossia l’Era dell’Ariete) squartato dal cattivo genio Tifone-Set, che getta ai quattro venti le membra del Dio morto. Iside, sua sposa (l’Intelligenza [la Sophia degli gnostici] innamorata della Luce), parte per ritrovarle e ricostituirne il corpo. Ma ciò non è possibile e la sua sola consolazione è di generare loro figlio, Oro (figurato dal Sole che sorge e si leva).

    Ram concepì un ruolo iniziatico per la donna che, dal modello patriarcale, era relegata in posizione d’incoscienza sociale ed asservimento al ruolo famigliare.

    nuovo modello, che Ram (in Oriente Rama) propugnava, era quella di una donna che “liberamente” accettava di divenire la compagna di un uomo, nel corpo, nel cuore e nell’intelligenza e per vivere e combattere con lui. Da questo modello ideale, nasceva un Focolare ispirato al Tempio della Piramide, che dava luogo ad una Trinità terrestre, un triangolo d’Amore fatto di Padre, Madre e Figlio, ad immagine della sacra Trinità Cosmica (in Oriente Trimurti). Simbolo dell’immutabile Unità celeste.


  • Venetus
    00 29/03/2006 12:27
    Nei misteri Isiaci a Roma, (centro culto Pompei), la Triade Iside- Serapide (Osiride) - Arpocrate (Horus) era chiamata "Santa Famiglia" proprio come oggi viene chiamata la Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria.
  • Lucifero
    00 29/03/2006 17:39
    Re:

    Scritto da: Venetus 29/03/2006 12.27
    Nei misteri Isiaci a Roma, (centro culto Pompei), la Triade Iside- Serapide (Osiride) - Arpocrate (Horus) era chiamata "Santa Famiglia" proprio come oggi viene chiamata la Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria.



    Sì !!Ma tutto questo ha solo una valenza simbolica,non è certo riferito alla famiglia come noi la conosciamo.La sacra triade racchiude il mistero del 3 in 1, Il maschio la femmina e l'androgino
  • pinkpanther
    00 29/03/2006 19:11
    Re: arpocrate

    Scritto da: Venetus 29/03/2006 12.27
    Nei misteri Isiaci a Roma, (centro culto Pompei), la Triade Iside- Serapide (Osiride) - Arpocrate (Horus) era chiamata "Santa Famiglia" proprio come oggi viene chiamata la Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria.


    E arpocrate è raffigurato col gesto del "silenzio" dell'Adepto.
    Di Gesù è detto che "stava muto" davanti a chi lo interrogava.