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Flavio Claudio Giuliano fu imperatore romano negli anni 360 - 363 e precedentemente, dal 355 cesare per la Gallia sotto Costanzo II . Nella tradizione storiografica cristiana è conosciuto come "Giuliano l'Apostata", a causa del suo tentativo di restaurazione del paganesimo. Viene anche chiamato "Giuliano il Filosofo" oppure "Giuliano II" (essendo il primo di questo nome l'imperatore Didio Giuliano).

La vita
Nato nel 331, era nipote di Costantino I, figlio del fratellastro di costui, Giulio Costanzo, nato dal matrimonio di Costanzo Cloro e Teodora. Suo padre e i fratelli di costui, Dalmazio e Nepoziano, erano stati uccisi dai figli di Costantino I dopo la sua morte nel 337: della sua famiglia si erano salvati solo lui e il fratello Costanzo Gallo.

Fu allevato al di fuori della corte nella religione cristiana, come seguace dell'arianesimo praticato nelle province orientali, sotto la tutela dei vescovi Eusebio di Nicomedia e Giorgio di Cappadocia. Segretamente tuttavia si convertì all'antica religione pagana e si diede agli studi letterari e filosofici. Tra il 351 e il 354 l'imperatore Costanzo II designò come cesare il fratello di Giuliano, Costanzo Gallo, che venne poi giustiziato dallo stesso imperatore.

Mentre aveva cominciato ad Atene ad approfondire i suoi studi di filosofia fu richiamato a corte nel 355 e gli fu data in moglie la sorella di Costanzo II. Fu poi insignito del titolo di cesare, diventando erede designato, e fu inviato in Gallia. Accettò malvontieri titolo e incarico: in una sua lettera agli Ateniesi leggiamo infatti:

"Non devo omettere di narrare qui come mai abbia consentito e accettato di vivere sotto lo stesso tetto con coloro stessi che avevano trucidato tutta la mia famiglia e di cui sospettavo che non avrebbero avuto bisogno di molto tempo per iniziare a complottare contro di me. Ho versato torrenti di lacrime e ho alzato gemiti. Ho teso le mani verso la vostra Acropoli, quando ho ricevuto il richiamo, e ho pregato Atena di salvare il suo supplice, di non abbandonarlo. Molti tra di voi mi hanno visto e mi sono testimoni. La dea stessa, meglio di chiunque altro, sa che le ho chiesto di farmi morire ad Atene piuttosto che affrontare questo viaggio. La dea non ha né tradito, né abbandonato il suo supplicante; l'ha dimostrato con i fatti. Infatti ovunque mi ha guidato e mi ha circondato da ogni lato di angeli guardiani che il Sole e la Luna le avevano accordato".
"Sei pronto a lusingare e ad adulare per timore di morire! Ma ti è possibile di lasciar andare tutto e di lasciare che gli dei agiscano come vogliono, affidando loro la cura di occuparsi di te, come Socrate ad esempio giudicava di fare a questo proposito. Puoi fare, nella misura del possibile, ciò che dipende da te, ma puoi far dipendere dagli dei l'intera faccenda. Non cercare di acquisire o ottenere una qualsiasi cosa, ma ricevi, in tutta sicurezza ciò che ti viene dato".
("Lettera agli Ateniesi", 274d-275b, 276c-277a).
Giuliano fece di Lutezia Parisorum (Parigi) la sua capitale, e si rivelò buon amministratore e buon soldato, respingendo le invasioni degli Alemanni nel 357 e nel 360 e dei Franchi nel 358. Nel 360 le sue truppe lo proclamarono imperatore. Costanzo II rifiutò di accettare il fatto compiuto e marciò contro di lui, ma non si arrivò al combattimento perché Costanzo morì nel 361.

Divenuto signore di tutto l'impero, Giuliano promulgò un editto di tolleranza, autorizzando tutte le religioni, a abrogò le misure prese non solo contro il paganesimo, ma anche contro gli ebrei e contro i cristiani che non seguissero il credo ariano favorito da Costanzo II. Tuttavia le sue preferenze per il paganesimo e la sua ostilità al cristianesimo si rivelarono ben presto (legge che proibiva ai cristiani l'insegnamento della poesia classica, che aveva come argomento degli dei che essi rifiutavano, favori alle città che restauravano i templi, indifferenza verso i casi di vessazione contro i cristiani). Non prese tuttavia alcuna misura persecutoria, dichiarando di auspicare che i cristiani stessi riconoscessero da soli il loro errore e che non aveva intenzione di costringerli a farlo. Parallelamente intraprese un'opera di riforma della religione pagana (moralità dei sacerdoti, creazione di istituzioni di carità).

Manifestò l'intenzione di tornare ad un impero di forma meno autocratica e più conforme all'antica tradizione repubblicana, ma fu costretto a governare in modo autoritario. Dopo aver riorganizzato ed alleggerito l'amministrazione, riducendo in particolare il personale di palazzo e quello che era utilizzato per opere di delazione e spionaggio, si stabilì ad Antiochia per preparare una spedizione contro la Persia. Entrò preso in conflitto con la popolazione della città, sia a causa del suo paganesimo, sia a causa del fatto che il suo rigore morale si opponeva alle abitudini di vita di quella metropoli.

Nella primavera del 363 Giuliano si lanciò in una vasta spedizione militare, che lo portò vittoriosamente fino a Ctesifonte, capitale dei Persiani. Dovette tuttavia ritirarsi e in quel frangente fu mortalmente ferito in combattimento il 26 giugno di quell'anno. Non designò alcun successore, contravvenendo al principio di continuazione dinastica seguito dai Costantinidi, quasi lasciando al fato questo arduo dovere. Più di tutto lo colpì probabilmente l'esempio di Marco Aurelio, sua ideale guida politica e filosofica, che in punto di morte commise tuttavia l'errore di lasciare l'Impero al figlio Commodo.


L'attenzione della tradizione storiografica cristiana e anticristiana si è concentrata sulla politica religiosa di Giuliano, che tuttavia non fu che una parte della sua politca, senza prevalere sulle altre. Per esempio sembra che non facesse discriminazioni religiose quando di trattava di prendere qualcuno al suo servizio.

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L'opera letteraria e filosofica
Giuliano è uno dei principali autori greci del IV secolo. Scrisse lettere, discorsi, e un'opera di critica al cristianesimo ("Contro i Galilei"). Quest'ultimo scritto, giudicato "demoniaco" nelle epoche successive, non ci è stato tramandato. Se ne conosce tuttavia una buona parte grazie all'opera "Contro Giuliano", composta da Cirillo di Alessandria nel V secolo (questa confutazione prova che lo scritto di Giuliano era ancora considerato pericoloso 50 anni dopo la sua morte).

Adepto della filosofia neoplatonica, Giuliano tenne sempre tuttavia a precisare che non era arrivato a diventare un vero filosofo e che in quest'ambito si considerava ancora uno studente. Questo è il motivo per cui non scrisse mai un'opera propriamente filosofica, anche se la maggior parte dei suoi scritti si ispirano esplicitamente alle posizioni filosofiche. Oltre alla citata opera contro i cristiani, possiamo elencare tra i suoi scritti:

lettere ad amici o a personaggi del suo tempo;
scritti satirici o polemici ("I Cesari", il "Misopogon", "Contro Eraclio cinico", "Contro i Cinici ignoranti");
scritti filosofico-religiosi ("Sulla Madre degli Dei", "Su Helios Re");
scritti politici o filosofico-politici ("Lettera a Temistio", "Lettera agli Ateniesi");
scritti retorici (elogio dell'imperatore Costanzo II, suo cugino, e di Eusebia, moglie di Costanzo, una Consolazione a se stesso).
Nella sua lettera al filosofo Temistio scrive:

"Che nessuno venga a dividere la filosofia in più parti, a ritagliarla in tanti frammenti, o piuttosto a crearne molteplici da una sola! La verità è unica e allo stesso modo la filosofia è una, e tuttavia non c'è motivo di stupirsi se seguiamo strade completamente diverse per raggiungerla. Immaginiamo uno straniero, o, per Zeus, un cittadino dei tempi passati che desideri ritornare ad Atene. Poteva recarvisi per nave, oppure a piedi. Se viaggiava via terra poteva servirsi, a mio parere, delle grandi vie pubbliche, di sentieri, o di scorciatoie. Navigando poteva costeggiare la costa, oppure fare come il vegliardo di Pilo e traversare il mare aperto. Che non mi si venga ad obiettare che alcuni di questi viaggiatori hanno deviato e che arrivati da qualche altra parte, adescati da Circe o dai Lotofagi, cioè dai piaceri, dall'opinione o da altre cose, hanno trascurato di proseguire il cammino e di raggiungere il loro obiettivo. Che si esaminino piuttosto i protagonisti di ogni setta e si scoprirà che tutto si accorda".
("Discorsi", VI, 184c-185a).
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Dopo la morte di Giuliano
Giuliano è divenuto presto un mito. Alcuni pagani, in particolare Ammiano Marcellino e Libanio ne hanno fatto un eroe di tolleranza, di virtù e di energia, un uomo troppo grande per il suo tempo, che soccombette sotto i colpi della meschineria e della malvagità (cristiana, ma non solo) che lo circondavano. Al contrario gli autori cristiani lo hanno presentato come un imbecille frenetico (Gregorio di Nazianzo, che l'aveva conosciuto come studente ad Atene) o come un mostro (gli storici ecclesiastici, che gli attribuiscono diverse profanazioni e sacrifici umani), un apostata perverso (tutte le misure che aveva preso, compreso il suo editto di tolleranza, sarebbero state volte a lottare ipocritamente contro il cristianesimo'. Questa immagine ha prevalso per tutto il Medioevo e il Rinascimento, sebbene il personaggio abbia affascinato occasionalmente gli spiriti più originali (come Montaigne).

Nel XVIII secolo i nuovi filosofi (in particolare Voltaire'hanno voluto riabilitarlo, come campione dei "lumi" contro l'oscurantismo cristiano e come campione della libertà contro l'assolutismo del Basso Impero. Anche durante il Romanticismo ci si è appassionati per il personaggio, vedendovi un romantico ante litteram, spirito lucido e disperato, incompreso nel suo tempo, e la cui morte in giovane età dava il segno del trionfo dei mediocri.

Nel XX secolo queste tre immagini, Giuliano l'apostata, Giuliano il filosofo e Giuliano eroe di una causa ormai perduta, si prolungano non solo nella narrativa, ma anche nei tentativi di riflessione storica (con, a volte, delle varianti: un Giuliano filosofo ateo che si nascondeva dietro un paganesimo di facciata secondo Alexandre Kojève). Anche per questo motivo è oggi così difficile distinguere chi fu il vero Giuliano.

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Un contemporaneo racconta
Lo storico Eutropio, che partecipò alla spedizione contro la Persia del marzo del 363 in compagnia di Giuliano, dice di lui nel suo "Breviario di Storia Romana":

"VII - Costanzo diede presto all'Oriente un Cesare, Gallo, figlio del suo zio paterno, e Magnenzio, vinto in diversi combattimenti, si suicidò a Lugdunum dopo un regno di tre anni e sette mesi; suo fratello, che aveva inviato come Cesare per difendere le Gallie, si uccise anche lui a Sens. Nella stessa epoca Costanzo fece perire anche il Cesare Gallo, che aveva commesso diversi eccessi di potere: era un uomo di natura feroce e che sarebbe stato abbastanza incline alla tirannide, se avesse potuto comandare come padrone a suo gradimento. Silvano che aveva fomentato una rivolta in Gallia, perì allo stesso modo in meno di trenta giorni e a quest'epoca Costanzo rimase solo come principe e Augusto nell'impero romano. Presto inviò nelle Gallie, con il titolo di Cesare, suo cugino Giuliano, fratello di Gallo, dopo avergli dato la propria sorella in sposa".
"I barbari avevano preso d'assalto diversi fortini e altri ne assediavano, ovunque c'era un'orribile devastazione e l'impero romano pendeva già senza dubbio verso la rovina, quando Giuliano, con forze modeste, annientò presso Argentoratum, città della Gallia, le immense forze degli Alemanni, fece prigioniero il più famoso dei loro re, e riconquistò le Gallie. Più tardi Giuliano compì ancora altre imprese notevoli contro i barbari, respinse i Germani ben oltre il Reno, e rese all'impero romano le sue frontiere. Poco dopo, l'esercito che aveva combattuto i Germani, vedendosi togliere il compito di difendere le Gallie, fece Giuliano Augusto, con accordo comune dei soldati; un anno più tardi, partì per impadronirsi dell'Illiria, mentre Costanzo era impegnato nella guerra contro i Parti. Tornando sui suoi passi per fare una guerra civile, a questa notizia, Costanzo morì per strada tra la Cilicia e la Cappadocia dopo trentotto anni di regno e all'età di quarantacinque anni. Meritò di essere innalzato al rango degli dei. Era un uomo di notevole dolcezza, placido, che si fidava troppo dei suoi amici e dei suoi familiari; ben presto anche troppo affezionato alle sue mogli; tuttavia, nei suoi primi anni del suo regno, si comportò con una grande moderazione; arricchì anche i suoi familiari, e non lasciò senza onori quelli di cui aveva apprezzato i servigi in momenti difficili; troppo incline forse alla severità se sospettava qualcuno di aspirare all'impero, era per il resto clemente, ed ebbe più a lodare la propria fortuna nelle guerre civili che in quelle contro i nemici."
"VIII - Giuliano divenne allora padrone del potere, e, dopo immensi preparativi, portò la guerra presso i Parti, spedizione a cui io stesso presi parte. Ricevette la sottomissione di numerosi luoghi e piazzeforti dei Persiani, o le prese d'assalto; dopo aver devastato l'Assiria, si accampò per qualche tempo presso Ctesifonte, e ritornava da vincitore, quando, esponendosi troppo imprudentemente nei combattimenti, fu ucciso dalla mano di un nemico, il sesto giorno delle calende di luglio, nel suo settimo anno di regno e nel suo trentunesimo anno di età; fu messo nel numero degli dei. Uomo eminente e che avrebbe amministrato lo stato in modo notevole se il destino glielo avesse permesso; molto versato nelle discipline liberali, sapiente soprattutto in greco, e al punto che la sua erudizione latina non poteva bilanciare la sua scienza del greco, aveva un'eloquenza brillante e pronta, una memoria molto sicura. Da certi punti di vista era più simile ad un filosofo che ad un principe; era liberale nei confronti dei suoi amici, ma meno scrupoloso di quello che conveniva ad un così grande principe: in tal modo certi invidiosi attentarono alla sua gloria. Molto giusto nei confronti dei provinciali, diminuì le imposte per quello che si poté fare; affabile con tutti, avendo mediocre preoccupazione per il tesoro, avido di gloria, e, tuttavia, di un ardore spesso immoderato, perseguitò troppo vivamente la religione cristiana, senza tuttavia spargere il sangue; ricordava molto Marco Antonino, che d'altronde si studiava di prendere a modello".
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Bibliografia
Gaetano Negri, L'imperatore Giuliano l'Apostata, Fratelli Melita, La Spezia 1990 ristampa anastatica della prima edizione Hoepli, 1902
Luis De Wohl, Cosi' tramonto' il sole (sull'imperatore Giuliano L' Apostata), BUR - collana "I libri dello spirito Cristiano"

it.wikipedia.org/wiki/Giuliano_(imperatore_romano)