In Egitto esistevano diversi luoghi, le cui divinità avanzavano la pretesa di essere dèi primordiali e creatori.
Conosciamo tre tipi fondamentali di cosmogonie: la eliopolitana, la menfita e la ermopolitanp-tebana.
A Eliopoli, Atum e Khepri erano considerati divinità primordiali, interpretati come nomi o forme del dio sole.
“Salute a te, Atum, salute a te, Khepri, autogeneratosi”. Sei grande in questo nome: collina. Ti formi in questo tuo nome “nascente”.”
Qui si allude all’immagine della collina primordiale, cioè la prima terra che si sollevò dalle acque primordiali, (oceano primordiale, Nun).
Si credeva quindi che il dio primordiale o fosse identico alla collina o fosse apparso su di essa.
Sull’origine della prima coppia divina dal dio primordiale esistono due versioni.
Secondo la prima, Atum “è diventato un masturbatore a Elaiopoli, prese il suo fallo nel pugno per suscitare piacere: venne genearata una coppia di fratelli, Shu e Tefnut” (Pyr, § 1248).
Shu è l’aria, Tefnut l’umidità.
Un’altra versione invece afferma “Atum-Khepri, eri alto come collina. Eri apparso come Benben nella sua casa ad Elaiopoli.
Sputasti come Shu ed espettorasti come Tefnut.
Li abbracciasti con il ka, affinché il tuo ka fosse il loro”.
Cosa significa?
Benben è la pietra sacra a Eliopoli, che rappresenta la collina primordiale nel culto.
Le parole per “espettorare” e “sputare” ricordano nel loro suono i nomi Shu e Tefnut.
In questo gioco di parole l’egiziano trovava l’espressione di una verità teologica. Il ka rappresenta la natura del creatore; l’abbraccio alludeva alle due braccia del geroglifico per ka, tutto ciò voleva dire che l’essenza del creatore passava ai suoi figli, il padre vive del figlio ed il figlio è nel padre.
Come successiva coppia si formò Geb e Nut, terra e cielo. Si accenna che all’inizio erano uniti, ma che furono divisi da Shu; nelle illustrazioni Nut è spesso piegata su Geb, mentre Shu sostiene il suo corpo con ambedue le mani.
Così si formò il mondo secondo il concetto eliopolitano. Più tardi a queste divinità si aggiunsero le quattro divinità del mistero di Osiride: Osiride, Seth e Nefti, e si formò dunque la cosiddetta enneade eliopolitana, ossia le nove divinità.
La teologia menfita è conservata sulla pietra di Shabaka, e cerca di far risaltare il dio Ptah come il primo ed il più nobile degli dèi. Il dio Ptah pensa ed esprime, e la sua parola crea, è il dio primordiale che pronuncia la parola creatrice. Le nove divinità eliopolitane di cui parlavamo prima sono però presenti come denti e labbra. In un linguaggio che ricorda la creazione biblica, si afferma che “così vennero eseguiti tutti i lavori e tutte le arti, l’agire delle mani ed il procedere dei piedi…E così Ptah fu contento, dopo aver fatto tutte le cose ed aver detto tutte le parole divine…”
Ptah parla, crea, ed è felice per le sue opere.
Diversa è la cosmogonia nei testi tebani.
Qui abbiamo all’inizio otto divinità, 4 maschili e 4 femminili, rappresentate sotto forma di rane e serpenti, i cui nomi rappresentano coppie di concetti astratti, l’oceano, l’oscurità, ecc…
Il mito di Osiride, e della lotta fra Horo e Seth, sono stati riportati nel post precedente.
Il “Libro della vacca celeste”, conservato in quattro copie in tombe di re, raconta come gli uomini si indignarono con il dio sole che stava invecchiando.
Re, su consiglio degli dèi, decise di inviare il proprio occhio, sotto forma della terribile dea Hathor-Sachmet, per punirli. Quando la dea, dopo aver ucciso molti uomini, ritornò, il dio sole si pentì e volle risparmiare il resto dell’umanità.
Fece preparare della birra rossa e la versò sui campi, e quando arrivò la dea per continuare la sua opera, la bevve credendo fosse sangue umano, ubriacandosi e non distinguendo più gli uomini. Poi, proseguendo, narra che Re si stancò degli uomini e si sedette sulla schiena della mucca Nut, di giorno la vacca si sollevò e divenne il cielo.
Questo racconto, da alcuni studiosi, è stato paragonato al racconto biblico del diluvio universale, anche se altri rifiutano di vedere il nesso, trovandovi invece la spiegazione per cui durante il culto di Hathor si bevessero bevande inebrianti.
Altro mito è quello dei due fratelli, Anubi, famoso dio dei defunti, e Bata, una scialba divinità locale.
Bata è il fratello minore di Anubi, la moglie di questi vuole sedurre Bata, ma costui si rifiuta, accusandolo di stupro presso il marito (simile a Genesi 39, Giuseppe e la moglie di Potifarre). Bata si rifugia nela “valle dei cedri”, dove Re-Horachte gli fa dono di una bella moglie.
La donna viene però rapita dal mare e portata in Egitto, dove alla corte del faraone, trama contro il marito. Bata ha conservato il suo cuore in cima al cedro; lei fa tagliare il cedro e fa cercare il cuore. Bata si tramuta in toro che viene infine portato in Egitto per essere sacrificato. (poveraccio!tutte a lui!) Da due gocce di sangue nascono due begli alberi. Quando questi vengono tagliati per farne dei mobili, una scheggia va a finire in bocca a sua moglie che rimane incinta e partorisce un figlio che infine diventa re d’Egitto.
Queste sono le più importanti storie degli dèi egizi.
Ciao
Ljuba