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Un discorso organico ed esaustivo sulla storia delle religioni in Brasile (e su quelle tuttora praticate) implica una conoscenza e una mole di informazioni che in questo momento Musibrasilnet non è in grado di offrire. In questa fase riteniamo valga almeno la pena di soffermarsi su quella che, tra le religioni di cultura afro-brasiliana, è forse la più conosciuta: il Candomblé. Definire i brasiliani un popolo religioso è assolutamente corretto. Pochi paesi (forse nessuno) come il Brasile sentono con urgenza la questione religiosa, e per verificare ciò è sufficiente soffermarsi a parlare con qualcuno. Quasi sempre durante lo scambio di idee il nostro interlocutore avrà modo di dirvi come la pensa in tema di religione, se addirittura non si spingerà a spezzare una lancia a favore della religione che pratica. Definire il Brasile un paese cattolico può essere corretto (almeno per quanto riguarda l’aspetto statistico) e nello stesso tempo alquanto generico, considerato che qui il cattolicesimo ha da sempre subìto l’influenza di riti animisti provenienti dall’Africa, e in particolare dal Sudan.

Gli stessi che hanno in seguito dato origine al candomblé. Questo termine di lingua africana deriva etimologicamente dalla parola danza, alla quale è legato perché le invocazioni agli dei venivano e sono tuttora fatte danzando. Si tratta di una religione politeista che durante i propri riti sacri invoca il dio Oxalà e i santi Orixas che si identificano nelle forze della natura (sole, mare, fuoco, terra, etc.). Durante le riunioni religiose, che per la loro drammaticità e suggestione costituiscono spesso un interessante spettacolo per chi le osserva senza partecipare, vengono anche invocati i Cablocos (meticci) e i Pretos Velhos (saggi o antenati neri). La cerimonia, che ha una durata media di tre, quattro ore (ma può prolungarsi per una notte intera), si svolge al ritmo incessante di tre atabaques, tamburi di origine persiana; e la ripetitività ipnotica dei suoni e delle invocazioni induce la trance in molti partecipanti e in particolare in un medium che a seconda dei casi può trasformarsi in caboclo, in preto velho oppure in una figura demoniaca chiamata Exù.

I riti si svolgono in spazi privati chiamati terreiros e non sempre viene ammessa la presenza di estranei, mentre molto spesso agli astanti viene vietato fotografare o riprendere immagini. Il momento più importante del candomblé è quello del raggiungimento del sacro attraverso il rito della possessione, quando cioè gli orixas si impadroniscono dei corpi delle Mae.de-Santos (sacerdotesse) e girano danzando tra i presenti diffondendo l’energia vitale (Axé). E’ difficile per un occidentale cogliere il significato interiore della cerimonia, mentre più spesso è attratto dal ritmo incalzante dei tamburi e dalla suggestione dei costumi indossati dai partecipanti. Anche il candomblé, come tutte le tradizioni di estrazione africana, nel corso degli anni ha subìto le influenze da parte dei gruppi etnici da cui è derivato. Si può dire che ogni paese di origine (Guinea, Angola, Congo) possiede riti e usanze differenti, e tra questi mutano anche i nomi degli orixas. Il gruppo più noto per essere stato il primo ad erigere, nel 1830, un proprio centro di culto è quello di Nago-Yoruba.

Tra gli orixas, i più importanti sono oxalufam, oxossi, oxodia, oxum, iansà, oxumaré, oçaim, xangò, obà, exu, iemanjà. Ma non si può parlare di candomblé o di cattolicesimo senza soffermarsi sul fenomeno del sincretismo, un aspetto storico-religioso presente soltanto in Brasile. Durante il periodo di schiavitù, ai neri non veniva permesso di poter praticare le proprie religioni di appartenenza. Una delle mille violenze a cui per secoli hanno dovuto sottostare, fino al momento in cui per farle sopravvivere hanno accettato di convertirsi al cattolicesimo, ma continuando ad adorare le loro divinità sotto le spoglie dei santi cattolici. E’ per questo motivo che molti santi cattolici hanno il loro corrispettivo in una religione di origine africana. E così Oxalà, dio del candomblé, corrisponde al Gesù Cristo della religione cattolica. Grazie al sincretismo gli schiavi e i loro discendenti hanno saputo mantenere viva la propria cultura.