00 07/07/2006 12:48
Caro amico lettore, la storia vera, verissima (purtroppo)
che ti racconto trae le sue origini successivamente alla stesu-
ra definitiva del mio libro-saggio-manuale che hai letto nei
capitoli precedenti. Infatti, pur iniziando nel lontano aprile
'83, rivela risvolti negativi solo più tardi e quindi mesi dopo
l'agosto dell'83, data nella quale completavo "I segreti
dell'editoria".
Ho ritenuto opportuno raccontartela perché a mio avviso
costituisce "il fiore all'occhiello" del mio volume e ne esem-
plifica mirabilmente i contenuti. Ne tantomeno comportava
modifiche di struttura all'insieme, potendola racchiudere nel
capitolo zero, e mai collocazione fu più esatta in quanto oc-
cupa degnamente il punto zero dell'editoria nei rapporti con
gli autori.
Protagonisti:
Lo scrittore
II direttore editoriale
II presidente
II direttore amministrativo e amministratore delegato
Impiegate e segretarie della casa editrice come coro.
Lo scrittore aveva terminato la stesura definitiva di quasi
tutto il suo nuovo romanzo. Era stanco, ma soddisfatto: gli
sembrava un buon. lavoro e l'aveva passato ad una solerte
dattilografa per la ribattitura in bella. Per completare il suo
lavoro occorreva rivedere il finale (circa 50 pagine su 300),
correggerlo, farlo battere con l'IBM elettrica e poi inviarlo
all'editore che avesse accettato di pubblicarlo entro 1'83. Sa-
peva lo scrittore (non era un illuso o così pensava) che non
sarebbe stato facile. Infatti i "grandi" editori usano pro-


grammare, a volte con anni di anticipo, i libri da immettere
sul mercato. Ma da mesi insistente la pubblicità di un edito-
re che non conosceva, l'ossessionava con la frequenza delle
inserzioni. Ne ricerca il numero telefonico, l'indirizzo e, pre-
so decisamente fra le mani l'apparecchio, compila brava-
mente il prefisso e i cinque numeretti in fila. Si qualifica, gli
passano, dopo una certa attesa, un certo professore, respon-
sabile per la narrativa. I due parlano cordialmente e lo scrit-
tore prende atto che esamineranno con piacere e rapidamen-
te il suo lavoro. Promette di inviarlo entro brevissimo tem-
po. S'informa sulla casa editrice e ciò che gli dicono lo con-
forta. La CASA EDITRICE S.p.A. ha qualche miliardo di
capitale, è conosciutissima e qualificata per la scolastica
(sembra non ci sia famiglia che non ne abbia qualche testo),
filosofia, saggistica. Un pò meno per la narrativa. Spedisce
quindi il dattiloscritto. Siamo alla fine di aprile '83.
Il 15 maggio lo scrittore e il professore si parlano a lungo.
Il direttore editoriale è entusiasta del romanzo, vuole pubbli-
carlo assolutamente entro l'ottobre dello stesso anno per
usufruire del periodo buono ante Natale. Lo scrittore chiede
precisazioni sul contratto, la pubblicità, distribuzione ed al-
tro. Immediate le risposte che soddisfano in pieno lo scritto-
re insieme ad i complimenti per l'ultimo romanzo e le sue
opere precedenti.
"Allora mi mandi il contratto", dice lo scrittore.
"Deve pazientare qualche giorno. Io sono d'accordo, ma,
per una questione di forma, devo consultare i due colleghi
del comitato di lettura che stanno per terminare il dattilo-
scritto".
"Quanto tempo?"
"Non più di tré giorni, sia gentile".
"Va bene".
Diciannove maggio '83 ore 11,15, il direttore telefona al-
lo scrittore.
"Caro scrittore, ho letto anche il finale che mi ha manda-
to, è stupendo, esalta le pagine precedenti, ma purtroppo
ancora non le posso dare una risposta definitiva. Sa, io ed il
secondo membro siamo d'accordo, il terzo ha invece qual-
che perplessità, ma non per la qualità del romanzo che an-
che lui trova molto buono, solo sull'inserimento nella nostra
"



collana finora annoverante grandi autori stranieri".
"Beh, siete due contro uno...".
"Non conta, ho voluto che vigesse l'unanimità, anche se
con un'atto d'imperio potrei decidere di pubblicarlo lo stes-
so, ma mi sono proposto di non farne più di uno ogni cinque
anni".
"Allora ci riteniamo liberi?"
"No, il mio collaboratore è uno che pressato nella fretta
propende per la soluzione più facile, ossia per il no. Mi dia
un'altra settimana di tempo, al 70 sono certo di portarlo
al sì come ho fatto altre volte. A me il suo romanzo piace
molto, lo pubblicheremo..." e la conversazione continua.
Come per un fatto scontato si parla di pubblicità, di tiratu-
ra, del desiderio del direttore di venire nella città dello scrit-
tore per la presentazione ufficiale, del risvolto di copertina,
della copertina e così via. I due prendono appuntamento per
venerdì 27 maggio.
Ancora una volta puntuale il professore telefona allo scrit-
tore. Il terzo membro insiste nella posizione, ormai decisa-
mente negativa, sempre per la linea della collana che prevede
(ma è proprio un vizio! Nota di B.C.) solo scrittori stranieri.
Il direttore editoriale appare dispiaciutissimo ed implora lo
scrittore (cose incredibili, ma vere!) di attendere.
"Non posso", risponde lo scrittore. "Ho altre offerte".
"Mi conceda solo questo week-end, ho ancora speranze.
Ci sentiamo lunedì".
Cosa sono tré giorni? Lo scrittore accetta.
Il lunedì nuova telefonata. Il terzo non molla, sono giunti
ad un accordo: sottoporre il testo ad un quarto consulente
(esterno), perché giudichi sempre in relazione alla linea della
collana. Lo scrittore si scioglie da impegni nonostante le
nuove insistenze del direttore.
Giunge allo scrittore l'offerta di pubblicazione da parte di
un editore molto importante, ma per 1'84. Lo scrittore si ri-
serva.
14/6/83 ore 15,45. Nuova conversazione fra il professo-
re e lo scrittore. Il quarto "lettore" s'è dichiarato d'accordo
con il terzo. Afferma (e per lo scrittore giustamente) che il
romanzo non rispetta il progetto che si sono imposti, ossia
una linea di scrittori stranieri.


"Allora la saluto e la ringrazio, sarà per una migliore oc-
casione", dice conclusivo lo scrittore. Ma il direttore edito-
riale non è d'accordo, gli assicura che gli scriverà prestissimo
per dirgli, su pagina, la sua e per fargli una proposta. Affer-
ma di essere un suo estimatore.
"Mi fa piacere", risponde lo scrittore.
"Voglio rispettare, sa... ma con un atto d'imperio..."
18/6/83 ore 15. Ulteriore conversazione fra i due. La let-
tera non è ancora giunta, ma il direttore è trionfante: al
99 è fatta! Assicura che il libro potrà, sarà nelle librerie ai
primissimi di novembre. Aggiunge che il 7 luglio ha riunione
e sta preparando una risposta conclusiva e vincente ai due
oppositori.
Lo scrittore valuta rapidamente la situazione: vuole uscire
nell'83. Potrebbe farlo solo con editori locali che, pur ammi-
revoli e validi, hanno una distribuzione più ridotta e s'impe-
gna con il direttore dopo aver ricevuto nuove "sicure" garan-
zie.
Verso il 28 giugno giunge la lettera datata 17 spedita gior-
no dopo. Una sorpresa! Ampi complimenti al romanzo dello
scrittore, ma alla fine dice: "...che non può tuttavia rientrare
nella linea della nostra collana di narrativa, attualmente
orientata alla traduzione di autori dell'area centro-europea e
latino-americana. Firmato p.la Dirczione Editoriale, un re-
dattore".
Allo scrittore s'intensificano dubbi sul perfetto equilibrio
mentale del direttore. S'informa, gli confermano che è l'in-
contrastato direttore editoriale oltre che docente universita-
rio e vestito di scuro. Gli telefona il 30/6/83 ore 10,40.
"Ah, non si preoccupi, è solo per accontentarli, ma il 7 lu-
glio riprenderò tutto in mano e si farà al 100!", afferma
deciso e sicuro il professore.
"Non ho dubbi, lei mi ha garantito l'assoluta sicurezza an-
che sulla data di uscita, quindi sto tranquillo", risponde
sconcertato l'autore, ma ormai è in ballo. Si parla della ri-
produzione sulla copertina che il direttore già ha scelto. Lo
scrittore annota: "O è pazzo, o fa sul serio".
7/7/83 ore 18. Il direttore dice:
"Sto lavorando per lei".
"Come vanno le cose?"
"


"Bene, riunione il 12. È cambiato il presidente della socie-
tà e mi fa piacere perché è uno della mia città a me legato".
"Sono tranquillo per la pubblicazione, ma preoccupato
per i tempi", dice lo scrittore.
"Ce la facciamo: una settimana per la fotocomposizione,
a fine settembre prime e seconde bozze corrette, il 10/15 ot-
tobre il libro sarà pronto, il 20 in distribuzione", afferma
conclusivo il direttore.
14/7/83 ore 14. Una signorina della casa editrice telefo-
na allo scrittore e lo prega, per conto del direttore editoriale,
d'inviare subito a mezzo spedizioniere il dattiloscritto corret-
to all'indirizzo del professore che abita in una grande città
meglio collegata.
Lo scrittore si da da fare e riesce a farlo partire in serata
con Mercé Espresso. Poi il giorno dopo, per sicurezza, invia
una raccomandata nella quale si riepilogano tutti gli accor-
di. Altra raccomandata il 27/7 contenente la nota: "Fautore
dichiara..." da porre nel libro e la richiesta: "a che punto è la
fotocomposizione".
In quei giorni il nostro scrittore s'era incontrato con un
grande autore, gloria e vanto della narrativa italiana, decisa-
mente uno dei maggiori scrittori italiani del Dopoguerra,
presente con larghezza in ogni enciclopedia ed in buonapar-
te delle antologie scolastiche, al quale aveva dato un dattilo-
scritto non corretto del suo romanzo per ottenerne un giudi-
zio. Le prime impressioni del grande scrittore erano state po-
sitive. Quindi nella conversazione fra lo scrittore e il diretto-
re del 2/8/83 ore 12, se ne parla e il prò fossore sollecita feli-
ce un pezzo del grande narratore da usare come presentazio-
ne od introduzione. Si stabiliscono il numero massimo di
battute e la data di consegna. Il direttore afferma che si sta
fotocomponendo e comunica il numero di pagine previste
(circa 300), la tiratura (circa 5000 copie) ed il prezzo del vo-
lume (intorno alle 14.000 lire) e, per la prima volta, parla
del contratto asserendo di aver dato disposizione d'inviare
allo scrittore quello standard della sua Casa editrice.
Inizia un periodo ancor più confuso: la fotocomposizione
non arriva, ma il direttore sempre sicuro ed entusiasta, il
9/8/83 ore 10 informa che, nonostante la macchina per fo-
tocomporre si sia guastata, il 20 del mese le bozze saranno
*



inviate allo scrittore che si rovina le vacanze nell'attesa.
Il 22 agosto lo scrittore spazientito telefona alla Casa edi-
trice. Il professore è in ferie. Parla con un tecnico, e appren-
de che le fotocomposizioni sono in arretrato e il direttore
tornerà dopo qualche giorno.
Il 26 agosto una segretaria del professore telefona allo
scrittore (ore 12) per comunicargli a nome del direttore che
presto lo chiamerà. Ciò avviene il 29/8/83 e "l'ineffabile"
dirigente, sempre più sicuro, afferma che i termini previsti
per la stampa e la distribuzione saranno rispettati.
Il grande narratore ha terminato la lettura del romanzo e
ne compila un'esaltante convinta scheda.
Lo scrittore la invia al direttore che il 12/9/83 ore 10,30
ringrazia entusiasta e comunica la sua intenzione di inserirla '
all'intemo come prefazione, mentre nell'aletta figurerà uno
scelto stralcio. La fotocomposizione, afferma il dirigente,
sarà pronta prestissimo, tanto vero che il 27 settembre anco-
ra non è giunta allo scrittore, ormai stufo ed irritato, ma
presto tranquillizzato dal professore, sempre più simile ad
un grande bugiardo, a un illuso o ad un incantatore, che sti-
la un programma "sicuro": il 4 ottobre pronta, il 5 spedisce,
il 10 lo scrittore deve ritornare le bozze corrette, il 15 in
stampa, 10/15 novembre nelle librerie! E non si ferma qui.
Aggiunge che nell'aletta, oltre lo stralcio del "pezzo" del
grande scrittore, aggiungerà un suo breve discorso sul primo
romanzo italiano inserito nella collana.
Il 6/10/83 ore 13,30 ancora nulla è giunto! Ma il diretto-
re, dopo essersi umilmente scusato, afferma:
"Stia tranquillo, parte sicuramente 1'8 mattina o il 7 sera.
(No, lettore, non pensare alle bozze, sarebbe troppo! L'ini-
zio della fotocomposizione. Nota di B.C.). Sarà finito il 17.
Sono convinto, e mi sono assolutamente proposto, che il li-
bro sarà pronto entro il 7/8 novembre, ma, per sicurezza,
dico il 15!"
"Guardi che io comunico in giro la data".
"Certo, può farlo con fiducia!"
Per la verità ormai lo scrittore di fiducia ne ha poca e il 18
ottobre parla con "il personaggio" editoriale e qui è meglio
stendere un pietoso velo su scuse, al di là di ogni immagina-
zione, e programmi. Non voglio tediarti, amico lettore, su



questa incredibile (e pur vera) storia. Ti dirò soltanto che
dopo quasi due ore di lamenti e di "sapesse quanto è duro
per un ligure mancare alla parola data" e di "guardi, se pro-
prio me lo chiede, con un atto d'imperio, lo faccio pubblica-
re subito, ma le sarà grato per sempre se mi eviterà di assu-
mere posizioni di contrasto col presidente", conclude:
"...accetti, la prego, di uscire a marzo in una nuova collana
di narrativa italiana".
"Chi altri pubblicherete?", chiede lo scrittore sfinito e
quasi commosso.
"Usciremo con quattro volumi quasi in contemporanea" e
cita nomi validi.
A cosa vale rinfacciargli la moltitudine di bugie quasi da
scolaretto o, a dir poco, le colossali leggerezze? Metterlo alla
prova se davvero è capace dell'ormai famoso e più volte
sbandierato atto d'imperio? Allo scrittore il direttore fa qua-
si tenerezza, la voce non è più giovanile, ma vecchia e stanca
e non riesce inoltre a dimenticare gli apprezzamenti, ne a
trascurare le nuove allettanti promesse. Sembra disposto a
tutto:
"M'impegnerò per iscritto, farò una lettera di scuse anche
al grande narratore. Se vuole le compenso i danni...", dice
concitato. Ormai anche con un editore locale non potrebbe
più "uscire" per Natale ed accetta, ma a queste condizioni:
"Mi farà un telegramma subito nel quale chiarisce la si-
tuazione e mi garantisce la pubblicazione entro marzo. Pub-
blicizzerà il mio libro e la nuova collana a partire dalle inser-
zioni intorno al Natale", chiede. La risposta è positiva ed
annega in un mare di scuse e di complimenti sul romanzo
dello scrittore.
Il telegramma arriva e dice testualmente (data 19/1-0/83
ore 15,15):
"Distintissimo dottore, la Casa editrice si scusa per la
mancata pubblicazione 'sua opera dovuta ritardi program-
mazione e assicura pubblicazione in prossima collana narra-
tiva italiana. Il Direttore editoriale".
Lo scrittore nota che mancano alcune precisazioni richie-
ste, ma, consultato un dizionario sull'aggettivo "prossimo",
legge: (superlativo di vicino) 1. molto vicino nello spazio. 2.
il più vicino nel tempo futuro. Ed in un altro: il più vicino di
i



tutti nel tempo futuro. Siamo ad ottobre, pensa, fino a mar-
zo ci sono cinque mesi, un periodo più che sufficiente per
esaurire un "prossimo"? E poi non vuole infierire, si sente
animato ancora da buoni sentimenti.
Trascorrono i mesi, e, fra Natale e Capodanno, il diretto-
re e lo scrittore si scambiano gli auguri.
"Tutto a posto? Usciremo a marzo?", chiede lo scrittore.
"Sì, senza meno", risponde il professore.
Identico colloquio verso il dieci di gennaio. Segue il silen-
zio. Lo scrittore ora ne ha le tasche davvero piene ed invia
un telegramma (20/1/84):
"Al Direttore editoriale.' Pregovi assicurarmi telegrafica-
mente data uscita mio romanzo vostra edizione entro mese
marzo '84 secondo vostri impegni verbali e scritti onde non
aumentare grave danno già da me subito mancata vostra
pubblicazione nella collana narrativa ottobre '83".
Nessuna risposta: i sospetti, l'irritazione aumentano e
parte un secondo telegramma (30/1/84):
"Alla Casa editrice. Mancata risposta mio telegramma co-
stringemi porvi termine 5 giorni per conferma uscita mio ro-
manzo con voi entro marzo '84. Ascolto registrazioni nume-
rose conversazioni con vostro direttore editoriale pone pur-
troppo luce grottesca promesse e preghiere fattemi non sol-
lecitate per assicurarvi mia opera non seguite dai fatti arre-
candomi gravi danni facilmente comprensibili".
Il 2 febbraio giunge allo scrittore il seguente telegramma
urgente:
"Ragioni serie assolutamente indipendenti nostra volontà
ci impediscono avvio entro breve tempo".
E qui davvero lo scrittore scoppia: telefona al direttore la
sera stessa e per la prima volta è duro con lui, seppur conte-
nendosi nei limiti dell'educazione. Il professore arranca, bo-
fonchia, prega, si scusa, "un momento un pò difficile", dice.
"State fallendo?"
"No, questo no".
"E allora?"
"Ancora un pò di pazienza".
"E no, ora basta! Senta, lei mi ha detto più volte che con
un atto d'imperio..., lo faccia, per tener fede alla parola più
volte mancata".
i



"Purtroppo in questo momento non e..."
"Lei è il direttore editoriale, è vero? È responsabile?"
"Sì".
"Allora si dimetta se non le consentono di mantenere..."
"Le scriverò una lettera esaurientissima della quale andrà
orgoglioso".
"Non posso attendere!"
"La prego, mi consenta di scriverle, entro sei giorni la ri-
ceverà, poi giudicherà, la prego".
"D'accordo, ma non oltre sei giorni" e si fissa la data.
La sera prima della scadenza una telefonata della segreta-
ria:
"Le telefono da parte del direttore, fra giorni le scrivere-
mo una lettera come giustificativo del nostro telegramma".
Ora basta!, pensa lo scrittore, ed il sospetto d'irresponsa-
bilità del direttore torna e, più consistentemente, ad affac-
ciarsi. E possibile gli si affidino incarichi tanto importanti
compreso, a quanto pare, uno stabilimento -grafico? Vuole
informare il presidente. "Vuoi vedere che non sa?" sussurra.
Gli ripugna comunque agire alle spalle e prova a telefonare
al professore. Non risponde. Lo scrittore compila e spedisce
il seguente telegramma (8/2/84):
"Riservato per Presidente Casa editrice. Serietà e credibili-
tà azienda editoriale riconosconsi nell'avallare impegni ver-
bali e scritti suo direttore editoriale o esautorandolo. Regi-
strazioni conversazoni tutte sono vostra disposizione e corri-
spondenza sotto vostri occhi. Alla luce episodi ottobre e at-
tuali non sfuggirà comportamento grottesco vostro dirigente
o società tutta procurante gravissimi danni morali materiali.
Chiedo formalmente pubblicazione immediata mia opera in
collana stranieri con solita tiratura e pubblicità o restituzio-
ne mezzo corriere dattiloscritto riservandomi ogni azione ri-
valsa morale materiale. Risposta dovrà pervenirmi telegrafi-
camente entro 14 corrente".
Cosa ti attendi, amico lettore, come soluzione di questo
giallo? Forse che il presidente intervenga con una parola
conclusiva? NO, nessuna risposta!
Ti dirò invece come ha chiuso lo scrittore con il direttore.
Gli telefona e gli dice di aver spedito il telegramma (non pu- ^



gnala alle spalle lui! fa male?) e non vuole ascoltare ulteriori
scuseo
II 15/2/84 manda l'ultimo telegramma:
" Casa editrice. Mancata risposta entro termini fissati
mio telegramma dell'8 corrente costituisce ulteriore prova
vostro agire. Ingiungovi immediato invio mezzo corriere
mio dattilo. Riservomi richiesta danni morali materiali e ogni diritto:"

Credi che qualcosa si smuova? No, tutto tace, nè giunge il
dattiloscritto l'unico corretto. Allora lo scrittore che in
fondo in fondo e lieto di non "uscire" in un tale bailamme e
desidera il dattiloscritto (che si augura di poter usare meglio
anche se purtroppo da mesi e mesi il tram dell'editore molto
importante che offrì pubblicazione per l''84 è perso), Telefonana alla Casa editrice e chiede del presidente
"Non c'è", risponde una signorina.
"Come si chiama?"
"Si chiama…ma non c'è quasi mai- se vuole posso passarle il direttore"
"Chi direttore?", domanda lo scrittore che sospetta di ri-
cadere nel ben noto professore.
"Il direttore amministrativo e amministratore delegato"
"Me lo passi". 6 '
Una voce simpatica e, vivaddio, franca.
"Sono lo scrittore, conosce il mio caso? Mi vuoi dire come
stanno le cose?"
"Si, non si preoccupi, mi interesso immediatamente ed in
mattinata le telefono".
"Grazie, ci conto".
Non in mattinata, ma alle 14,30, lo scrittore trova una re-
gistrazione nella sua segreteria telefonica. È stupefacente- il
direttore amministrativo dice che il suo dattiloscritto è in let-
tura presso il loro comitato esterno il cui rappresentante è malato.
Appena avranno valutazione faranno sapere. ASSURDO!
Lo Scrittore, che davvero è fornito di grande pazienza,
anche se molti sostengono il contrario, chiama l'amministratore delegato
"Guardi che lei non ha inquadrato bene il mio caso" , gli dice eli
dice e racconta, interrótto dall'interlocutore (che non si
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comprende bene se sa o finge di non sapere o fa confusione).
Promette di accertare tutto e di comunicare i risultati risolu-
tivi nel pomeriggio. Accenna ad un misterioso colloquio con
il presidente di alcuni giorni prima e fa intendere che forse il
dattilo è nella mani dei tecnici per la stampa. Lo scrittore
rabbrividisce.
Più tardi una gentile e compartecipe signorina chiama lo
scrittore e dice:
"L'amministratore si scusa, ma è in riunione finanziaria.
Le fa sapere che l'uscita in tempi brevi non è possibile e stia-
mo rintracciando il suo dattiloscritto per rispedirglielo".
"Come, non si trova nemmeno quello?"
"E no, purtroppo, lo stiamo cercando".
"E il direttore editoriale nemmeno sa?"
"Glielo chiederemo".
Qui, caro amico lettore, cala la tela. Il dramma-farsa è
concluso. Forse si riaprirà in un'aula giudiziaria.
Traine le conclusioni, ma bada bene, non fare di tutt'erba
un fascio. Lo scrittore fortunatamente ha altre esperienze,
anche con editoria "medio-grande", ben diverse.
Post Scriptum
Ah, quasi dimenticavo, caro lettore, abbi pazienza, c'è un
codicillo all'originale vicenda.
Il direttore si fa vivo dopo qualche giorno, beninteso per
telefono, e si scusa ancora più umilmente, e si accusa, e si at-
tribuisce tutte le colpe, ma, confortato dall'abulia dello scrit-
tore per il quale la vicenda è ormai terminata, gli accenna a
nuove riunioni, a nuovi incontri, a nuovi programmi e lo
prega di attendere fino al 10 marzo.
"Sia gentile ancora una volta, la prego".
Lo scrittore annuisce solo per curiosità, per vedere dove lo
strano personaggio andrà a parare. E giunge la nuova telefo-
nata e la trionfante affermazione:
"Sì, si può. A settembre la pubblicheremo!".
"Si ricomincerebbe tutto daccapo?", pensa lo scrittore.
"Pubblicate pure un altro", ribatte e ringrazia il ciclo di aver
saputo rispondere NO, sfuggendo così definitivamente a
quell'incredibile (ma vero) pestifero, caotico guazzabuglio.
Marzo 1984
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